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Autore: Francesca_Silvia    12/07/2019    0 recensioni
Xander Hyde. Un nome che tutti conoscono, un volto che quasi nessuno ha mai visto e uno dei criminali più temuti dell'Inghilterra. Si dice che abbia eliminato tutti quelli che erano sulla sua strada e che sia pronto a macchiarsi di ogni crimine per appagare il suo desiderio di potere. Ma cosa farà quando si imbatterà in Ione Vaughan? Cosa c'entra questa ragazza aristocratica e apparentemente perfetta con uno come lui? E com'è possibile che i due in realtà abbiano così tante cose in comune?
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dovevo uscire da quella casa. Immediatamente.

Non so nemmeno come ma in pochi secondi mi trovai al piano terra, con lo sguardo puntato sulla porta d’ingresso e i capelli spostati in avanti a coprirmi il più possibile il viso. Sapevo che non sarei mai passata inosservata in una casa piena di gente che conoscevo, ma speravo almeno che nessuno mi fermasse mentre cercavo di andarmene. Mentre cercavo di farmi largo tra la gente e di raggiungere l’uscita, mi imposi di mantenere gli occhi fissi davanti a me: sapevo che se avessi alzato lo sguardo lo avrei visto, ne ero sicura.

Ma la tentazione era così forte.

Non lo vedevo da circa un anno e sapere che in quel momento lui era lì, mi faceva sentire in modo strano. Avete presente quando si dice avere le farfalle nello stomaco? Molti la considerano una cosa carina, ma in realtà è come dire che hai dei grossi insetti pelosi e con le ali, che volano dentro la tua pancia e sbattono contro il tuo stomaco facendoti venire voglia di vomitare.
Ecco, io mi sentivo esattamente così: come se stessi per vomitare.

Ero ormai a due passi dalla porta, quando un idiota all’improvviso mi venne addosso barcollando e ridendo, forse spinto da qualcuno o forse perché era semplicemente ubriaco. Mi girai verso di lui e lo fulminai con lo sguardo, squadrandolo dall’alto in basso.

“Levati di mezzo.”

Immediatamente sbarrò gli occhi e smise di ridere, poi annuendo si voltò e sparì di nuovo tra folla con la coda fra le gambe. Ma bastò quello. Mi bastò ruotare leggermente la testa mentre quello sconosciuto si allontanava, per vedere due occhi di ghiaccio che mi fissavano da non molto lontano: Aiden aveva visto tutta la scena e mi guardava con aria divertita.

Non potei fare a meno di fermarmi a osservarlo, per vedere se tutto quel tempo lontano da me lo aveva cambiato o se era rimasto lo stesso ragazzo con cui ero cresciuta. Il fisico muscoloso era quello di sempre, fasciato in una delle camicie bianche che tanto amava indossare, così come il sorriso mozzafiato e quel ciuffo di capelli biondi che non riusciva mai a far stare in ordine, nonostante le ore passate davanti allo specchio a sistemarlo. Notai che era leggermente abbronzato e inconsciamente mi chiesi se recentemente fosse andato in qualche paese caldo, magari a Miami dove i suoi genitori spesso passavano le vacanze.
E quegli splendidi occhi azzurri, così chiari da sembrare trasparenti e per questo così simili ai miei. Anche in quel momento quegli occhi mi tenevano prigioniera, così come era successo tante altre volte in passato, fin dal momento in cui ci eravamo conosciuti.

*FLASHBACK*

Ero a una festa insieme alla mia famiglia ed ero molto contenta perché indossavo il mio vestito rosa preferito, quello con la gonna morbida e i fiori rossi sul colletto. Mia mamma non voleva che lo indossassi perché lo avevo già messo per una cena qualche mese prima e secondo lei non era elegante usare lo stesso vestito più di una volta, ma alla fine aveva ceduto dopo aver ascoltato le mie suppliche per tutta la mattina.
Eravamo andati fino al centro di Londra quella sera e il viaggio mi era sembrato infinito, immerso nel silenzio e con solo qualche piccolo sorriso da parte di mio fratello. Ci
ero abituata però, i miei genitori non parlavano molto quando erano insieme e io pensavo che fosse giusto così.


Avevo passato tutta la serata con la mia migliore amica Sarah, che in quel momento mi stava raccontando di un nuovo gioco che aveva inventato con le sue bambole, quando vidi i miei genitori che si avvicinavano sorridendo, accompagnati da altre due persone e un bambino che non avevo mai visto prima. Sapevo che volevano presentarmi quelle persone, quindi dissi a Sarah di aspettarmi e andai loro incontro sorridendo, con i capelli che ondeggiavano leggermente a ogni mio passo.

“Tesoro, questi sono i Jones, si sono appena trasferiti da Boston” disse mia madre indicando le persone accanto a lei.

“Buonasera signori Jones, io sono Sarah”

Notai lo sguardo di approvazione con cui mio padre guardava la mia mano protesa verso quegli sconosciuti, mentre mia madre osservava discretamente il mio vestito e i miei capelli, per accertarsi che nulla fosse fuori posto.

“Ma che bambina adorabile!”, esclamò la signora di fronte a me, che si abbassò per stringermi la mano. “Io sono Martha, questo è mio marito Brad e mio figlio Aiden, anche lui ha 10 anni come te”

Feci un sorriso all’uomo che si trovava alla sinistra di Martha e mi voltai verso il bambino, Aiden, che invece era alla sua destra. Così come molti altri bambini quella sera, Aiden indossava una camicia bianca, con anche un piccolo papillon grigio chiaro perfettamente annodato. Aveva i capelli biondi come il padre, ma gli occhi erano azzurri come quelli della madre e furono proprio quelli a catturare la mia attenzione.
Tutti nella mia famiglia avevano gli occhi azzurri, ma erano di un azzurro come quello del cielo d’estate, mentre io ero l’unica ad averli chiari come il ghiaccio. Avevo sempre pensato di essere speciale per quello, ma adesso vedevo un altro bambino con gli occhi come i miei, e la cosa mi infastidiva e mi incuriosiva al tempo stesso.


“Ciao”

“Ciao”, mi rispose lui con un piccolo sorriso.

Mi sembrava un bambino molto simpatico e speravo sarebbe piaciuto anche a Sarah, così noi tre avremmo potuto giocare insieme. Sembrava un po’ timido, ma probabilmente era solo perché si era appena trasferito e non conosceva nessuno.
Gli chiesi di venire a giocare con me e lui rispose subito di sì.

*FINE FLASHBACK*

Da lì eravamo diventati grandi amici e crescendo i miei sentimenti per lui erano diventanti sempre più profondi. Era stato il mio primo amore e io il suo, ma ora era tutto diverso. Erano successe troppe cose tra di noi, io avevo visto dei lati di lui che non pensavo nemmeno esistessero e ormai il ricordo di quel dolce bambino dagli occhi azzurri sembrava appartenere a un’altra vita, a un’altra me.

Vederlo lì quella sera faceva male, perché mi faceva tornare in mente tutti i momenti belli che avevamo passato insieme e tutti i modi con cui mi aveva spezzato il cuore, finché non se n’era andato senza dire una parola, lasciandomi sola e con più problemi di quanti riuscissi a gestire. Non volevo parlargli, non volevo stargli vicino, non volevo nemmeno guardarlo. Non volevo avere niente a che fare con lui.
Ma sapevo che quella sera era lì per un motivo e che non mi avrebbe lasciata andare tanto facilmente, perciò non appena vidi che si muoveva per venirmi incontro mi girai e uscii correndo dalla porta.
Continuai a correre per tutto il viale, maledicendo i genitori di Michael per aver deciso di comprare una casa con quel giardino enorme, che più che altro sembrava un parco, e maledicendo anche me stessa per non aver preso la mia macchina. E per aver indossato i tacchi. Non avevo nemmeno chiamato un taxi e i passi dietro di me mi fecero capire chiaramente che non potevo fermarmi e aspettarne uno. No, avrei dovuto continuare a correre e sperare che prima o poi Aiden si stufasse di seguirmi.

Superato finalmente il lunghissimo viale, girai a destra e continuai a correre lungo il marciapiede, che procedeva leggermente in discesa. Mi trovavo in uno dei quartieri più belli della città, quindi non avevo paura ad andare in giro da sola ed ero sicura che non mi sarebbe successo niente. Pensai che al massimo avrei urlato e qualcuno mi avrebbe sentita.

Dopo pochi - ma infiniti - minuti mi sembrò di non sentire più nessuno dietro di me e di getto svoltai in un piccolo vialetto a lato della strada, nascondendomi velocemente dietro una staccionata. Era buio e nessuno mi avrebbe vista da quella posizione, mentre io dovevo solo alzare di poco la testa per vedere la strada.
Non c’era traccia di Aiden e in generale sembrava non ci fosse nessuno in giro, ma pensai che sarebbe stato meglio restare nascosta ancora per un po’.

Accovacciata per terra, mi girai verso la casa accanto a me, quella delimitata proprio dalla staccionata che avevo scelto come nascondiglio. Era una villetta bianca abbastanza anonima, con il tetto scuro e un giardino ben curato, uguale alla maggior parte delle case che si vedevano lì intorno.
Mi stavo per voltare nuovamente verso la strada, decisa finalmente a chiamare un taxi e tornare a casa, quando con la coda dell’occhio vidi un’ombra passare dietro una finestra poco lontano da me. Era stato solo un attimo, ma ero sicura di aver visto qualcuno muoversi dentro la casa, anche se tutte le luci erano spente e non si sentiva nessun rumore.
Incurante dei campanelli dall’allarme che suonavano nella mia testa, mi avvicinai silenziosamente a una finestra. Ci volle un po’ per riuscire a distinguere qualcosa nella penombra, ma non appena i miei occhi si adattarono alla mancanza di luce, capii che quello che stavo vedendo era una specie di studio e che davanti a me c’era una persona di spalle che frugava in un armadio.

Aprii la bocca per urlare, quando qualcuno mi afferrò da dietro e mi spinse una mano contro la bocca, impedendomi di chiamare aiuto.

Il cuore iniziò a battermi subito all’impazzata e sentii le lacrime formarsi velocemente nei miei occhi. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere e non sapevo cosa fare. Non riuscivo a muovermi e non riuscivo quasi a respirare, mi sembrava di soffocare con quella mano enorme che mi copriva la bocca e parte del naso.
La persona che mi aveva afferrato mi trascinò lontano dalla finestra e si diresse verso la strada deserta, spingendomi contro un pick-up nero parcheggiato a pochi metri dalla casa, completamente mimetizzato in mezzo alle altre macchine. Una fitta di dolore mi attraversò la schiena quando andai a sbattere contro la portiera e la maniglia mi si conficcò all’altezza dei reni, ma per lo meno potevo respirare di nuovo liberamente e potevo guardare in faccia il mio assalitore, che mi stava fissando a sua volta.
Era vestito totalmente di nero, ma nonostante la felpa e il giubbotto pesante si capiva chiaramente che quel ragazzo aveva un fisico tutto muscoli e steroidi. Dovetti piegare leggermente il collo per guardarlo negli occhi ed era tutto dire, visto che indossavo i tacchi e già di mio ero alta un metro e settanta.
Aveva il volto parzialmente coperto dal cappuccio della felpa, ma riuscii comunque a capire che aveva i capelli  e gli occhi scuri, e i tratti del volto decisi e spigolosi. In generale, emanava quell'aura misteriosa e minacciosa che ti aspetteresti da uno che va in giro di notte a rapire la gente. 

Mi resi conto che quel ragazzo non aveva intenzione di tapparmi di nuovo la bocca, dato che aveva incrociato le braccia ed erano passati già un po' di secondi da quando mi aveva lasciata andare per spingermi contro la macchina. Forse pensava che io fossi troppo spaventata per urlare, ma in quel caso si sbagliava di grosso. 
Fermamente convinta che qualcuno mi avrebbe sentita, aprii di nuovo la bocca per chiamare aiuto, ma mi uscì solo un verso strozzato perché improvvisamente avevo una pistola puntata contro.

Sapevo che avrebbe sparato e questa consapevolezza soffocò subito tutto il coraggio che avevo raccolto per chiamare aiuto. Chiusi la bocca, mi appoggiai alla macchina dietro di me e strinsi forte gli occhi, cercando di non pensare alla situazione in cui mi ero cacciata, al fatto che ero sola, in balia di un possibile assassino e che avevo una pistola puntata contro. 

Stavo cercando di fare dei respiri profondi e di non andare nel panico, per paura di peggiorare ulteriormente la situazione, quando una voce tagliò il silenzio che aleggiava nell'aria da parecchi minuti.

"Cosa succede qui?"

   
 
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