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Autore: saitou catcher    13/07/2019    2 recensioni
"Molte stagioni sono passate, ma non è mai venuta quella del tuo ritorno".
Dopo essere ritornato nella Contea, Bilbo attende qualcuno che non farà ritorno e va avanti... in qualche modo.
[Post BotFA; Bagginshield; Ispirato dal finale di Violet Evergarden]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Autunno

L'autunno è la stagione che Bilbo attraversa senza quasi rendersene conto.

L'autunno è la stagione che Bilbo trascorre raggomitolato nella sua poltrona davanti al fuoco, una tazza di the tra le mani e il luccichio di una misera cesta a ricordargli che tutto è diverso e niente è cambiato; è la stagione in cui il suo cuore salta ogni volta che nel silenzio risuona lo squillo del campanello, in cui l'eco di una voce profonda lo induce a voltarsi in mezzo alla strada, in cui la tinta delle foglie ricorda troppo da vicino quella accecante del sangue- è la stagione in cui il dolore lo assale senza accennare a cicatrizzarsi, e i sogni sono così vividi da fargli credere che, anche solo per un istante, la storia possa essere cambiata... che quando aprirà gli occhi troverà uno sguardo azzurro a ricambiare il suo, e un finale che sia meno insensato, meno assurdo, meno inevitabile per la sua avventura.

L'autunno è la stagione delle cose morte, o forse di quelle che sono vive soltanto a metà, e quindi probabilmente ha senso che parte della sua mente non abbia cessato di sperare, che nemmeno troppo in profondità un angolo del suo cuore sia ancora in attesa, che il tempo sembri essersi fermato e la possibilità che un mago venga a bussare alla sua porta tremoli tra le sue dita come un miraggio- un sogno, nient'altro che un sogno, destinato a spegnersi al primo soffio di vento.

L'autunno è la stagione in cui il mondo resta sospeso e come inerte, in cui tutto cambia solo per restare uguale, e così Bilbo non si sorprende quando l'ultima foglia abbandona le cime degli alberi e lui sta ancora aspettando qualcuno che non tornerà.

 

Inverno

L'inverno nella Contea si presenta con volto gentile, fragrante dell'odore intenso della cioccolata e dei biscotti preparati con mani amorevoli, brillante di una neve morbida che accarezza le distese dei campi sotto il quieto scintillio delle stelle, accogliendo le corse sfrenate di bambini dagli occhi ancora ricolmi di sogni. È una stagione di calore, per strano che possa sembrare, il calore delle lunghe notti trascorse in famiglia attorno al focolare a narrare storie di Elfi e boschi incantati, mentre il bagliore del fuoco traccia ombre danzanti in grado di tenere lontani tutti i mostri- o almeno così Bilbo credeva, quando ancora la vista della neve non gli apriva uno squarcio in fondo allo stomaco, prima che gli bastasse sbattere le palpebre per scorgere il luccichio crudo del sangue sul bianco che riveste il vialetto, quando ancora era troppo giovane, o troppo ingenuo, per immaginare che sapore avessero le lacrime troppo trattenute.

L'inverno è la stagione in cui Bilbo cessa di aspettare, ma non perché la sofferenza si sia fatta più sopportabile, o i ricordi meno vividi; cessa di aspettare perché Thorin è morto e il suo corpo giace miglia e miglia lontano nell'abbraccio ferroso di una Montagna, e sarebbe facile, così facile, lasciarsi andare alla morsa del freddo, accogliere il senso di torpore che la solitudine porta con sé. Sarebbe facile, davvero, lasciare che la neve ricopra anche quel poco che è rimasto dello Hobbit che era un tempo, fino a che di lui non sia rimasta che una vaga ombra biancastra e le memorie siano volate come fiocchi nel vento. Sarebbe facile, e per un istante è tentato, perché Thorin è morto... ma lui è vivo, ricorda un giorno a sé stesso mentre siede con un libro tra le mani davanti al camino, lui è vivo e continua ad esistere e se c'è una cosa che ha bisogno di sapere è che c'è stato un senso in tutto questo. Per cui, stringe gli occhi e si costringe a tirare avanti, prepara biscotti fino a che l'intera casa si permea dell'odore di burro, esce sul vialetto e spala la neve e un giorno si sorprende persino a raccoglierne tra le dita e a portarsela al volto, senza avvertire il sapore del sangue.

L'inverno è la stagione in cui Bilbo cessa di aspettare, e quando il sole fa capolino e anche l'ultima macchia di bianco si è sciolta quasi non è una sorpresa scoprire di essere nuovamente in grado di respirare.

 

Primavera

La primavera scivola negli ultimi giorni d'inverno senza quasi farsi notare, un timido baluginio verde nello strato uniforme di nevischio, una nota lievemente più calda nel vento che accarezza le colline della Contea. Bilbo ne avverte il sapore sulla lingua mentre siede sulla soglia di casa con la pipa in mano come ha fatto quel giorno che ormai sembra ere lontano nel tempo, lasciando vagare lo sguardo sull'orizzonte tinto di rosso, e improvvisamente una brezza tiepida gli sfiora il volto, un tocco inatteso e fugace che lo abbandona dopo pochi secondi, portando con sé i suoi anelli di fumo. Bilbo li osserva veleggiare e sfilacciarsi tra le nuvole e un pensiero vola e si sfalda con essi- finalmente sta arrivando la primavera.

“Addio, Mastro Scassinatore. Torna ai tuoi libri, e alla tua poltrona. Pianta i tuoi alberi, guardali crescere”.

Ricorda queste parole mentre seppellisce la ghianda sotto uno strato compatto di terra, in un piccolo spiazzo circondato di fiori, e se il sapore delle lacrime gli riveste le labbra è solo per un istante, e non fa così male: Bilbo scopre di star sorridendo quando si rialza e i suoi occhi incontrano un cielo sgombro di nuvole, vasto e azzurro come quello che circondava la Montagna-come lo sguardo di qualcuno che non tornerà, ma che nessuno gli può portare via.

La primavera è la stagione che Bilbo accoglie nel suo cuore senza accorgersene, la voce di Thorin che sussurra nel suo orecchio che ancora c'è rimasto qualcosa da fare per lui. Bilbo pianta i suoi alberi e li guarda crescere, osserva la quercia spingere i primi, timidi germogli fuori dal terreno; questa volta non ci sono lacrime nel suo sorriso.

 

Estate

L'estate è la stagione in cui Bilbo comincia a trascrivere la sua avventura.

Si siede al tavolo un mattino in cui il sole rifulge in tutta la sua potenza e apre un volume ancora intonso, la carta candida e crepitante sotto le dita, l'odore della pergamena che gli colma le narici: la inspira per un lungo istante, gli occhi chiusi, e d'un tratto è come essere di nuovo lì, nel buio penetrante di Bosco Atro, nello scintillio malefico delle sale di Erebor, nella vastità di un mondo che aveva troppo da offrire a un giovane Hobbit ingenuo, molto più di quanto lui sperasse- o temesse. È come non essersene mai andati e non essere tornati allo stesso tempo, e potrebbe quasi credere di non essere diverso, se non fosse per il peso gelido di una vera d'oro che gli colma la tasca, se non fosse per la quercia che ondeggia rigogliosa al di là della sua finestra, se non fosse per lui.

Andata e ritorno, così intitola il suo racconto, la piuma che vola rapida sul foglio, il sole che traccia lunghe strisce sui caratteri neri, brillanti come lo era quel mattino in cui uno Stregone si è presentato alla sua porta e la sua vita è cambiata fino a non essere più riconoscibile; Andata e Ritorno, perché nulla è mutato nella Contea e nulla è mutato nella casa a cui da sempre voleva tornare, perché le stagioni si sono susseguite e il mondo ha cominciato a risplendere, com'è sempre stato, come sarà sempre... come farà lui, e non importa che sia più difficile andare avanti quando lo si sta facendo per due.

L'estate è la stagione in cui Bilbo Baggins accetta una volta per tutte che la vita non è finita, che c'è ancora qualcosa che i racconti di un Hobbit stanco e triste e molto eccentrico possono donare, che è valsa la pena partire e tornare indietro, anche se solo per un attimo-l'estate è la stagione in cui Bilbo solleva lo sguardo verso la luna e promette silenziosamente a qualcuno che non può più sentirlo Io vivrò.




Ormai dovrebbe essere chiaro, per chiunque abbia letto Ghost, o anche solo dato un'occhiata al nostro account, che per Saitou e Catcher shippare Bagginshield costituisce un imprescindibile dogma esistenziale, una condicio sine qua non la nostra naturale vena per gli scleri non avrebbe modo di sfogarsi. Ecco quindi che presento alla vostra attenzione questa shottina senza pretese ispirata dal finale della serie animata Netflix Violet Evergarden, che consiglio a chiunque abbia dei condotti lacrimali ostruiti e bisognosi di una ripulita, o anche solo a chi nutra in sé delle sane tendenze masochistiche. è necessaria una piccola precisazione: come già saprà chi ha letto Ghost, siamo in due a gestire questo account; mia sorella Catcher è l'autrice delle altre Bagginshield che potete trovare sulla nostra pagina, spero quindi di non aver sfigurato XD. Un grazie a chiunque si prenderà il tempo di leggere e/o recensire.
Un bacio a tutti,
Saitou  

 

 

 

 

 

  
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