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Autore: crazy640    13/07/2019    4 recensioni
SEGUITO DI "IL PAGAMENTO DI UN DEBITO"
I personaggi di Harry Potter appartengono a J.K. Rowling. NON permetto la pubblicazione della storia in altri siti.
"Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.
A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.
Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Blaise Zabini, Ginny Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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losing

 

"Every whisper
Of every waking hour
I'm choosing my confessions
Trying to keep an eye on you
Like a hurt lost and blinded fool, fool
Oh no, I've said too much
I set it up"

 

 

UNDICI ANNI PRIMA

 

La telefonata era stata totalmente inaspettata e aveva provocato non pochi problemi tra lei e Blaise.

Dopo anni di silenzio, Ginny aveva relegato la figura di Harry in un angolo lontano della propria mente, insieme ai ricordi di quel difficile anno che aveva segnato la fine del suo matrimonio e l’inizio della sua storia con Blaise.

Ancora adesso, dopo tanti anni, ripensando a quello che era successo, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per la parte inconsapevole che aveva giocato nel rapimento di Prudence, nel dolore causato a Hermione e Draco e soprattutto agli effetti che le azioni di Harry e Ron avevano avuto sulla loro vita.

Dopo aver firmato le carte del divorzio, Ginny aveva fatto in modo di non ricevere più nessuna notizia sull’ex marito, cercando di proteggere se stessa e i loro figli dalle azioni dell’uomo e, nonostante le minacce lanciate contro di lei durante il loro ultimo incontro, Harry doveva essere dello stesso parere visto che negli ultimi tre anni non aveva mai cercato di prendere contatto con i suoi figli.

Fino a quella telefonata.

Che cosa voleva?

Era stata una telefonata breve, giusto il tempo per dirle che desiderava incontrarla per parlare.

Di cosa? Voleva incontrare James e Albus?

Se quella era la sua intenzione, Ginny non avrebbe avuto nulla in contrario, anzi sarebbe stata la prima a prodigarsi perché i ragazzi ricostruissero un rapporto con quel padre che non vedevano da anni.

Con Blaise avevano discusso a lungo cercando di decidere quale fosse la scelta più giusta: accettare l’incontro oppure lasciare le cose come stavano?

Il compagno era preoccupato soprattutto per lo stress che quella situazione le avrebbe provocato e che avrebbe potuto influire sulla sua gravidanza.

Harry non avrebbe potuto scegliere un momento meno adatto per chiederle di incontrarsi: dopo tanti anni di silenzio, aveva deciso di rifarsi vivo proprio ora, mentre lei era al quinto mese di gravidanza.

Alla fine avevano deciso di accettare l’incontro con Harry ma di porre alcune condizioni: avrebbero invitato l’uomo nella loro casa, in modo da essere in un territorio a loro familiare; inoltre avrebbero fatto in modo che i ragazzi non fossero presenti all’appuntamento per evitare possibili momenti imbarazzanti o di tensione e infine Blaise sarebbe stato presente all’incontro tra gli ex coniugi pronto a intervenire se la situazione fosse degenerata.

Fortunatamente, Harry aveva accettato le loro condizioni e fissare un appuntamento era stato facile.

Ginny non aveva chiuso occhio la notte prima del fatidico incontro: le erano ritornati alla mente tanti episodi della sua vita con Harry, durante gli anni di fidanzamento e di matrimonio, momenti che aveva analizzato minuziosamente cercando di capire se ci fossero state delle avvisaglie che le avrebbero permesso di prevenire quello che era successo e che inaspettatamente aveva sconvolto le loro vite.

Possibile che fosse stata così cieca da non rendersi conto di quello che stava accadendo intorno a se?

Come aveva fatto a non notare il cambiamento che stava avvenendo nel marito?

C’erano stati degli avvertimenti che lei aveva scelto di ignorare troppo sicura dell’amore di Harry per lei e per la loro famiglia?

Purtroppo tutto ciò che aveva ottenuto, era una notte in bianco e un’enorme confusione.

Si era alzata all’alba e dopo una veloce colazione aveva atteso pazientemente l’arrivo di Harry, incapace di restare ferma per più di due minuti nello stesso posto a causa del nervosismo e della paura di veder svanire tutto quello che aveva costruito di lì a poche ore.

-Devi cercare di calmarti- disse per l’ennesima volta Blaise, sedendosi accanto a lei sul divano e prendendole una mano nella sua in un gesto rassicurante.

-Credimi, lo vorrei tanto ma è più forte di me.

Mi calmerò soltanto quando saprò il motivo di quest’incontro- rispose lanciandogli un veloce sguardo prima di tornare nuovamente a fissare la finestra del salotto che affacciava sulla strada.

-Ginevra per favore guardami-

Ginny sospirò profondamente e portò lo sguardo sul volto di Blaise, incontrando i suoi occhi.

Era consapevole che il suo comportamento verso Blaise negli ultimi giorni era stato pessimo: lo aveva trascurato focalizzando la sua attenzione sui ragazzi e su come affrontare le possibili ripercussioni che sarebbero scaturite da quell’incontro.

Eppure Blaise le era rimasto sempre accanto, mostrandole il suo supporto incondizionato in ogni piccolo gesto, senza mai farla sentire in difetto per le sue evidenti mancanze nei suoi confronti.

-Andrà tutto bene. Qualunque sia il motivo per cui Potter ha chiesto di vederti la affronteremo insieme.

Tu ed io. Come abbiamo sempre fatto- le disse l’uomo con voce calma, allontanandola dai suoi pensieri negativi.

La rossa abbassò leggermente la testa, lasciando che quelle semplici parole facessero effetto sulla sua mente agitata e pochi istanti dopo annuì espirando profondamente.

-Vieni qui- disse ancora Blaise, avvicinandosi a lei sul divano e poggiandole un braccio sulle spalle per attirarla a se.

Ginny si rifugiò nell’abbraccio dell’uomo, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il collo e respirando profondamente l’odore del compagno.

-Non so davvero come hai fatto a sopportarmi in questi giorni-disse poi in un sussurro, quasi avesse paura di farsi sentire da orecchie estranee. –Sono stata talmente presa da questa storia che ti ho completamente abbandonato a te stesso-.

Blaise sorrise.

-Non è stato facile, lo ammetto, ma forse al tuo posto mi sarei comportato allo stesso modo.

Ciò che mi tranquillizzava era avere la certezza che tutto questo interesse per Potter non era dovuto a un ritorno di fiamma-aggiunse.

A quelle parole, Ginny si lasciò andare a una piccola risata divertita.

-Sei matto?- gli domandò muovendo leggermente la testa sulla sua spalla per incontrare il suo sguardo.

Blaise le sorrise nuovamente.

-Tranquilla il pensiero non mi ha neanche sfiorato. Quale donna sana di mente sceglierebbe Potter quando ha a disposizione un uomo sexy e intelligente il sottoscritto?-le domandò in tono ironico.

-Un uomo così modesto soprattutto- commentò la donna con lo stesso tono ironico.

Blaise alzò le spalle.

-Come tu ben sai tesoro, sono un uomo dalle mille qualità-replicò Blaise inarcando le sopracciglia in modo malizioso.

Ginny rise divertita, per poi posare una mano sulla guancia del compagno e avvicinare il viso a quello di Blaise facendo incontrare così le loro labbra.

Fu un bacio breve capace, però di trasmettere tutto ciò che la donna non era capace di esprimere a parole: la gratitudine per esserle stata accanto in quel momento di confusione, l’amore che la legava a Blaise e che con il passare degli anni si era rafforzato sempre di più dandole la certezza che il loro legame fosse indissolubile, e infine la sensazione di aver ritrovato qualcosa che negli ultimi giorni aveva perso.

-Mi sei mancato- disse Ginny, cercando nuovamente il suo sguardo.

L’uomo accennò un sorriso.

-Anche tu tesoro-rispose posandole un bacio tra i capelli.

Prima che uno dei due potesse aggiungere qualcos’altro, il suono del campanello risuonò per la casa silenziosa.

Blaise incontrò gli occhi della compagna fissandola per qualche altro istante in silenzio.

-Pronta?- le domandò poi.

Ginny annuì alzandosi in piedi lentamente, imitata l’attimo dopo dall’uomo.

Un dopo l’altro si avviarono verso il corridoio e, dopo aver preso un respiro profondo, Ginny aprì la porta di casa.

Trovandosi a faccia a faccia con il proprio passato per la prima volta in tre anni.

I due ex coniugi si fissarono per qualche istante in silenzio osservando i cambiamenti avvenuti nell’altro durante gli anni, sperando segretamente che fosse l’altro a interrompere il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare tra loro.

Harry Potter era notevolmente cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto: i capelli, sempre spettinati e di un nero brillante, ora erano tenuti perfettamente sotto controllo con il gel in un’acconciatura che lasciava scoperta la fronte e metteva ben in mostra la cicatrice, inoltre sulle tempie Ginny notò le prime ciocche di capelli bianchi.

Il corpo agile e scattante che la donna aveva tanto amato aveva lasciato il posto a un fisico leggermente imbolsito, forse a causa di cibo spazzatura o di qualche pinta di birra di troppo.

In compenso i vestiti erano di buon taglio e chiaramente di marca, quasi Harry volesse dimenticare i vestiti di seconda mano e troppo grandi per la sua taglia che era stato costretto a indossare durante la sua infanzia e parte dell’adolescenza.

Ciò che colpì maggiormente l’attenzione di Ginny fu il suo volto: era più rotondo, ma allo stesso tempo la sua fronte era segnata da profonde rughe e sotto i suoi occhi erano evidenti delle occhiaie nonostante gli occhiali.

-Ciao Ginny- la salutò spezzando il loro gioco di sguardi.

La donna fece un cenno con la testa.

-Ciao Harry. Accomodati- gli disse facendosi da parte per lasciarlo entrare in casa.

Una volta entrato nel vestibolo, Harry si fermò permettendo così alla rossa di chiudere la porta di casa e di sistemare il cappotto dell’uomo insieme con gli altri sull’attaccapanni.

L’attimo dopo Ginny gli fece strada fino alla cucina, dove li attendeva Blaise.

Consapevole del momento delicato, l’uomo aveva deciso di concedere qualche istante di privacy ai due ex coniugi, dirigendosi così in cucina in modo che fosse tutto pronto per l’incontro.

Arrivato sulla soglia della cucina Harry si fermò.

-Ciao Blaise- lo salutò senza alcuna acrimonia nella voce.

Il Serpeverde gli rivolse un cenno con il capo.

-Benvenuto Potter-.

I tre si sedettero attorno al tavolo con l’occorrente per il tea e per alcuni istanti nella stanza cadde il silenzio.

Doveva essere Harry a parlare per primo, spiegare cosa lo aveva spinto a chiamare dopo tanti anni e fin da subito fu evidente quanto fosse difficile per l’uomo iniziare quella conversazione; infatti sia Ginny sia Blaise lo videro schiudere le labbra più volte pronto a parlare per poi richiudere la bocca preferendo l’istante dopo restare in silenzio.

Fu soltanto dopo qualche altro minuto che Harry si lasciò andare a un respiro profondo e, finalmente, iniziò a parlare.

-Innanzitutto, voglio ringraziare entrambi per aver accettato questo incontro.

So che non deve essere stato facile per voi- disse con voce ferma guardando entrambi.

Ginny annuì.

-Devo confessarti che la tua telefonata mi ha colto alla sprovvista- rispose sincera.

-Ho riflettuto a lungo prima di chiamarti. Non ero certo se questa fosse la cosa più giusta da fare, poi alla fine mi sono reso conto che non potevo fare altrimenti-.

Nella stanza tornò nuovamente il silenzio, carico della tensione provocata dalle parole sibilline pronunciate da Harry.

-Ti devo delle scuse Ginny.

So di essere fuori tempo massimo e che dopo tutto quello che ho fatto e il modo in cui mi sono comportato con te e con i ragazzi probabilmente le mie parole non avranno alcun valore, ma tu meriti una spiegazione e delle scuse.

-Non cercherò di giustificare il mio comportamento perché sono consapevole che quello che ho fatto è inqualificabile.

Ero accecato dal mio desiderio di rivalsa verso Draco che ho perso di vista tutto ciò che mi circondava e mi sono lasciato convincere da Ron ad aiutarlo nel suo piano assurdo.

Ho fatto del male a te, ai ragazzi e a Hermione e ho continuato a giustificare le mie azioni e quelle di tuo fratello convinto che fosse la cosa giusta da fare… L’unica azione possibile perché Hermione aprisse gli occhi e si rendesse conto del grande errore che stava commettendo…-.

Harry si bloccò improvvisamente, lo sguardo fisso sulle sue mani strette attorno alla tazza di tea, troppo pieno di vergogna per incontrare lo sguardo di uno dei suoi ascoltatori.

-Ho la nausea soltanto a dire queste cose ad alta voce… Mi sconvolge l’idea di aver creduto veramente a simili assurdità.

Sarebbe facile incolpare Ron, dire che mi ha plagiato o che mi ha fatto il lavaggio del cervello in modo che lo aiutassi nel suo piano, ma la verità è che io ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo.

Ero fermamente convinto di fare la cosa giusta-aggiunse.

-Cosa ti ha fatto cambiare idea?-domandò Blaise cercando di mantenere un tono neutro.

Harry rialzò gli occhi, incontrando lo sguardo di Blaise e alzò le spalle.

-Hai molto tempo per riflettere ad Azkaban.

L’anno che ho passato lì dentro mi ha permesso di rimettere tutto nella giusta prospettiva: sono stato giorni interi a rivivere quello che era successo, analizzando tutto da prospettive diverse.

Ho ripensato spesso alle tue parole Gin- le disse posando lo sguardo sulla donna.

Ginny accennò un sorriso privo di allegria: sapeva benissimo di quale conversazione stava parlando.

-Quando ti chiesi se eri innamorato di Hermione- disse senza paura di sbagliarsi, sentendo su di se lo sguardo dei due uomini.

Harry annuì, inumidendosi leggermente il labbro inferiore con la punta della lingua.

-All’epoca ti diedi una risposta meschina, in modo da ferirti il più possibile.

Ad Azkaban mi sono interrogato più volte su cosa mi avesse spinto a comportarmi in quel modo…- iniziò Harry.

-Ed hai capito che il vero fattore scatenante è stato il tuo amore per Hermione. Non è così Harry?- lo interruppe Ginny, sicura ancora una volta della risposta che avrebbe ottenuto.

Dopo un breve istante di esitazione, Harry annuì.

Ginny si lasciò andare nuovamente a un sorriso triste; l’attimo dopo la mano di Blaise prese la sua e la strinse in un gesto rassicurante.

-Non so come sia successo…- disse ancora Harry.

-Siamo troppo vecchi per prenderci in giro Harry.

Credo che tu abbia iniziato a provare qualcosa per lei fin da quando il suo matrimonio con Ron è entrato in crisi: eri sempre pronto ad andare in suo soccorso, ti piaceva essere di nuovo indispensabile per qualcuno.

Se non fosse stato per l’arrivo di Draco, forse saresti stato tu a lasciare me per tentare un approccio con lei-spiegò per lui la rossa.

Ancora una volta Harry annuì.

-Forse hai ragione tu.

Sono stato un pessimo marito prima ancora che Ron mi trascinasse nel suo piano- ammise.

Nelle ore notturne che precedevano il suo incontro con Harry, Ginny aveva avuto riflettuto a lungo sul loro matrimonio ed era arrivata alla conclusione che non poteva imputare la colpa del loro fallimento soltanto a Harry.

-Anche io ho le mie colpe Harry.

Eravamo troppo giovani e troppo idealisti- iniziò senza guardare nessuno dei due. –Ci siamo sposati subito dopo la fine della Seconda Guerra, senza tener conto dei danni che la guerra aveva avuto su di noi.

Avremmo avuto bisogno di tempo per riprenderci, per vivere serenamente quei momenti di pace e per capire che se eravamo veramente innamorati l’uno dell’altra.

Durante questi anni mi sono resa conto che l’amore che c’era tra di noi è svanito molto velocemente, lasciando il posto a una relazione di facciata.

Io ho nascosto i miei dubbi per anni perché era inconcepibile per me che dopo tante lotte, tanta sofferenza quel grande amore che avevo sognato fin dall’età di dodici anni fosse scomparso proprio nel momento in cui potevamo essere felici.

Tu, invece, sei rimasto accanto a me per senso del dovere probabilmente per non deludere le aspettative che tutti avevano nei tuoi confronti e perché una piccola parte di te si sentiva in colpa nei miei confronti per la morte di Fred-concluse certa delle sue parole.

Il silenzio che calò nuovamente nella stanza dopo il suo discorso le fece capire che Harry almeno in parte condivideva le sue idee e per alcuni istanti i tre adulti cercarono in ogni modo di non incrociare lo sguardo dell’altro.

-Perché hai chiesto di incontrarmi?-si decise a domandare la donna.

Harry si sistemò gli occhiali sul naso e tornò a fissare il volto di Ginny, pronto a una nuova rivelazione.

-Ho incontrato una persona. Una donna- confessò. –Quando sono uscito da Azkaban, volevo allontanarmi il più possibile dal mondo magico spaventato da quello che avrei fatto se fossi rimasto qui.

Per un po’ ho accarezzato l’idea di cambiare continente, ma poi ho scelto la strada più semplice e ho deciso di ritornare nel mondo babbano-.

-Sei tornato tra i babbani?-chiese stupito Blaise.

-Avevo bisogno di un periodo di disintossicazione, se così possiamo chiamarlo.

La mia idea era di restare tra i babbani soltanto il tempo necessario perché tutti si dimenticassero quello che era successo, ma poi mi sono abituato al fatto di essere completamente anonimo per le strade della Londra babbana, al non dover spiegare come mi sono procurato la mia cicatrice o dover raccontare per l’ennesima volta come ho sconfitto Voldemort.

Così ho deciso di restare… e poco dopo ho incontrato Rory- aggiunse.

Ginny restò in silenzio, in attesa che l’ex marito continuasse il suo discorso.

-Rory… Rory è speciale. L’ho capito dal primo momento in cui ci siamo incontrati.

E’ una sopravvissuta: anche lei come me ha perso il padre quando era piccola per colpa di una guerra insensata che con il passare degli anni le ha portato via parte della sua famiglia-continuò.

-Sa chi sei veramente?-domandò Ginny interrompendolo.

Harry annuì.

-Le ho raccontato di essere un mago sei mesi dopo il nostro primo incontro.

All’inizio non voleva credermi, mi ha anche tenuto a distanza per diversi giorni, poi ho avuto modo di spiegarle meglio tutta la mia storia, senza tralasciare nulla-confermò Harry.

-Le hai parlato anche dei ragazzi?-

Ancora una volta, Harry fece un cenno d’assenso.

-Sa che sono stato sposato e che ho due figli.

Quando mi ha chiesto come mai non li avesse ancora incontrati, le ho raccontato l’ultimo pezzo mancante della mia storia: il nostro divorzio, il mio coinvolgimento in quello che è successo a Hermione e Prudence e infine i mesi che ho passato ad Azkaban.

Dopo quest’ultima confessione ho avuto veramente paura di perderla, ma Rory mi ha sorpreso scegliendo di restare al mio fianco con la sola condizione che mi allontanassi per sempre dal mondo della magia-.

-Quindi è per questo motivo che hai deciso di non cercare più i tuoi figli- commentò Blaise senza curarsi del suo tono di voce chiaramente critico.

Se quello che Potter raccontava era la verità, allora l’idea che si era fatto dell’ex marito di Ginevra peggiorava ulteriormente: che razza di uomo è quello che permette a una donna di decidere sul suo rapporto con i propri figli?

Harry voltò leggermente lo sguardo verso l’uomo e scosse la testa.

-No Blaise.

Avrei potuto prendere contatto con Ginny appena uscito da Azkaban e lei non avrebbe avuto alcuna obiezione a un mio incontro con i ragazzi-disse portando lo sguardo sul volto dell’ex moglie e ricevendo un cenno d’assenso come risposta.

-All’epoca è stata una mia scelta quella di non tornare nelle vite dei nostri figli e ed è stata sempre una mia decisione quella di allontanarmi consapevolmente e definitivamente da loro.

L’ho fatto per il loro bene e sinceramente anche per il mio- confessò.

-Che vuoi dire?- chiese Ginny aggrottando leggermente la fronte.

Harry portò lo sguardo sul piano del tavolo e alzò le spalle in un gesto di disfatta.

-Sono una persona ingombrante Ginny, lo sono sempre stato.

Prima era per colpa del mio passato e di Voldemort, adesso purtroppo la mia fama è dovuta a quello che è successo a Prudence e Hermione.

Non vorrei mai che i ragazzi soffrissero per colpa di quello che ho fatto, che fossero oggetto di scherno a Hogwarts per i miei errori.

Non potrei mai perdonarmelo.

-Allo stesso tempo, però, devo ammettere che ritornare nel mondo magico dopo tutto quello che ho fatto mi spaventa- confessò cogliendo di sorpresa Ginny.

Sul volto di Harry si dipinse un sorriso amaro che deformò i tratti del suo viso.

-Per tutta la mia vita ho creduto di essere moralmente superiore agli altri eppure non mi sono dimostrato meglio del peggior Mangiamorte…-.

-Harry questo non è vero-lo fermò Ginny.

-Che cosa sarebbe successo a Hermione se non fosse arrivato Malfoy a salvarla?- ribatté prontamente Harry. –E’ una domanda che mi assilla da quando le porte di Azkaban si sono chiuse dietro di me e non mi abbandona neanche adesso.

Ogni giorno ripenso a quello che ho fatto e non riesco a credere di essere stato così cieco e pieno di me stesso da non essermi reso conto della follia di Ron e di quello che sarebbe potuto succedere se non fosse stato fermato.

Per questo ho deciso di lasciare il mondo magico e di tagliare i ponti con tutto e tutti.

Ho paura di come potrei comportarmi. Ho paura che il mondo che ho tanto amato sia diventato una maledizione per me-confessò.

-Le cose sono cambiate…- commentò la rossa con voce mesta.

Gli occhi dei due ex coniugi s’incontrarono per qualche istante in un silenzio carico di parole non dette.

-Ho saputo di Ron…- disse cautamente Harry.

Ginny scosse subito la testa per interrompere il discorso.

-Non ne voglio parlare-rispose semplicemente la donna.

Harry annuì, accettando in silenzio la sua decisione.

Malgrado Ginny avesse accettato quell’incontro certa di poter raggiungere un compromesso con l’ex marito per il bene dei loro figli, ora si rendeva conto che quell’idea era irrealizzabile: Harry si era presentato all’appuntamento per dire definitivamente addio non per cercare di recuperare il rapporto con James e Albus.

Inoltre la donna capì che il loro passato e il dolore che avevano inflitto a se stessi e agli altri, anche in maniera inconsapevole, avrebbe reso impossibile ogni sorta di riconciliazione.

Probabilmente quella era l’ultima volta che avrebbe visto Harry in vita sua.

-Qual è lo scopo della tua visita?-gli domandò decisa a mettere fine a quell’incontro il prima possibile.

Harry espirò rumorosamente, cercando visibilmente di farsi coraggio e ancora una volta cercò gli occhi castani della donna.

-Sono venuto per dirti che d’ora in poi non dovrai più preoccuparti di una possibile intromissione nella tua vita da parte mia. Né in quella dei ragazzi.

Ti prometto che non cercherò di avvicinarli e che non mi opporrò se un giorno decidessero di cambiare nome e diventare dei Zabini.

-Tra i babbani ho trovato una pace e una stabilità che non ho mai trovato tra i maghi e per questo ho deciso di allontanarmi per sempre dal mondo magico.

Sparirò dalle vostre vite come se non fossi mai esistito- le disse con voce calma e seria allo stesso tempo.

-Che succede se dovessi avere bisogno di contattarti per qualche problema con i ragazzi?- domandò pragmatica Ginny.

-Ti lascio il mio biglietto da visita con tutti i miei contatti e prometto che sarai sempre informata nel caso dovessi cambiare numero, casa o se decidessi di lasciare l’Inghilterra.

Ciò che ti chiedo in cambio è l’anonimato: non raccontare a nessuno di quest’incontro e quando i ragazzi saranno grandi, fa in modo che non vengano a cercarmi.

Non farebbe bene né a me né a loro- le chiese.

Ginny restò in silenzio qualche istante, riflettendo sulle parole dell’ex marito e quasi immediatamente capì di non poter accontentare completamente quella richiesta.

-Posso prometterti fin da ora che nessuno saprà quello che è accaduto oggi e che io e Blaise faremo del nostro meglio affinché i ragazzi non sentano la tua mancanza.

Conosco i nostri figli e so già che James farà di tutto per incontrarti almeno una volta.

E’ identico a te Harry, sia fisicamente sia caratterialmente: ha la stessa testardaggine e caparbietà che ti motivava quando eri ragazzo.

Nonostante l’età ha già il mito del grande Harry Potter ed è molto curioso su di te, proprio come tu eri interessato a ogni piccola informazione su tuo padre-commentò con un lieve sorriso.

Harry accennò un sorriso a sua volta prima di prendere un respiro profondo e annuire.

-Va bene. So che non cercheresti mai di forzare un incontro tra me e i ragazzi che si rivelerebbe deleterio per tutti e tre, quindi dal canto mio ti prometto che se un giorno dovessi ritenere di aver bisogno del mio aiuto, allora sarò pronto a incontrare i ragazzi-concesse Harry.

Ginny lo fissò qualche istante, valutando la sua proposta, per poi annuire.

Sancendo con quel piccolo gesto un patto che avrebbe resistito per undici anni.

 

 

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Appena uscita dalla stanza del paziente, Sadie sistemò la cartella medica dell’uomo appena visitato insieme con le altre, ordinatamente sistemate nella postazione delle infermiere, per poi controllare velocemente il tabellone per assicurarsi che non ci fosse nulla di urgente che richiedesse la sua attenzione.

Solo dopo essersi accertata di avere qualche minuto di pausa lasciò vagare la sua attenzione su ciò che la circondava: il movimento veloce d’infermieri e medici, il rumore di sottofondo delle macchine mediche e delle conversazioni che avevano luogo attorno a lei e altri piccoli suoni caratteristici che contraddistinguevano la vita del reparto cardiotoracico.

Amava la sua vita in ospedale: tutto quello che aveva conquistato fino a quel momento, lo doveva soltanto alla propria caparbietà e al suo talento.

Non riusciva a sentirsi a proprio agio in nessun posto come quando si trovava in una corsia d’ospedale immersa nel proprio lavoro.

Quelle mura ormai erano diventate per lei un sinonimo di casa, più di quanto lo fosse quella che condivideva con Prudence e Ben.

Il corso dei suoi pensieri fu interrotto quando il suo sguardo fu attirato dalla figura di Scott, fermo a pochi metri di distanza lei e intento in una fitta e animata conversazione con il primario del Pronto Soccorso.

Osservando l’espressione serena sul volto di Scott, Sadie capì che non si trattava di una ramanzina, ma l’atteggiamento quasi euforico del primario la portò a chiedersi di cosa stessero parlando i due uomini.

Era accaduto qualcosa in Pronto Soccorso che aveva fatto scalpore? Improbabile, altrimenti Sadie sarebbe stata la prima ad averne notizia.

Erano in arrivo nuovi macchinari per il reparto? Anche quell’ipotesi era assurda, poiché il primario avrebbe tenuto una cerimonia solenne per pubblicizzare al meglio l’evento.

Allora cosa portava i due uomini a confabulare in quel modo in piena vista di colleghi e pazienti?

Pochi istanti dopo, il primario del Pronto Soccorso strinse calorosamente la mano di Scott per poi avviarsi a grandi passi verso il camino che lo avrebbe condotto al quinto piano dove si trovavano gli uffici della direzione.

Cercando di controllare la curiosità, Sadie prese nuovamente la cartella medica che aveva posato pochi attimi prima e finse di interessarsi alle parole scritte nel referto.

Pochi secondi dopo sentì la presenza di Scott accanto a se.

La loro relazione, se così poteva chiamarla, la confondeva.

Al loro primo appuntamento ne erano seguiti altri due e a ogni occasione aveva sentito sempre più forte la chimica che c’era tra loro farsi ogni volta sempre più forte.

Aveva sempre punzecchiato Prue per la capacità che aveva di terminare le frasi di Ben, eppure adesso aveva trovato una persona in grado di capire i suoi pensieri prima ancora che lei desse loro voce e di finire al suo posto una frase.

Nonostante tutta l’attrazione fisica e intellettuale che c’era tra loro, né lei né Scott avevano mosso il primo passo per portare la loro relazione al livello successivo.

Sadie era consapevole di essere frenata dal trasformare quell’amicizia in qualcosa di più per via della sua carriera e per il suo bisogno d’indipendenza, ma per quale motivo Scott non si decideva a fare la prima mossa?

E se lo avesse fatto lei come avrebbe reagito?

-Sai che è maleducazione fissare le persone?- le domandò Scott con un leggero sorriso divertito a inarcargli gli angoli della bocca.

Senza neanche rendersene conto, Sadie ricambiò il sorriso pochi attimi prima di voltare leggermente la testa e incontrare lo sguardo dell’uomo.

-Chi ti ha detto che stavo osservando te? Magari la mia attenzione era rivolta completamente sul Dr. Perry- rispose con una punta d’ironia nella voce.

Scott scosse leggermente la testa in gesto di finta esasperazione.

-Stai per caso pensando di cambiare specializzazione? Perché altrimenti non capisco il tuo improvviso interesse per Perry- la punzecchiò.

-Il giorno che deciderò di passare a medicina d’urgenza sarai il primo a saperlo, in modo da poter trovare un nuovo lavoro prima che io ti soffi sotto il naso la posizione di responsabile del Pronto Soccorso- ribatté la ragazza senza la minima esitazione.

Scott ridacchiò e alzò le mani in segno di resa, strappando una risata anche a Sadie.

-Allora, quale grande evento si sta preparando al Pronto Soccorso? Ci sarà una delle solite cerimonie interminabili in cui Perry si lascia andare a uno dei suoi noiosi discorsi?-domandò poi Sadie incapace di trattenere oltre la propria curiosità.

Scott scosse la testa.

-Nessun grande evento-disse semplicemente.

Sadie aggrottò la fronte a quelle parole.

L’attimo dopo osservando l’uomo di fronte a se si rese conto di una nuova tensione nei muscoli di Scott e di come l’espressione divertita, che aveva rasserenato il suo volto fino a quel momento, era scomparsa per lasciare il posto a un’espressione più seria.

-Nessun grande evento? Per quale motivo allora Perry si è scomodato a scendere tra noi miseri medici di terz’ordine?- commentò, sempre con una leggera ironia nella voce.

-Perry era qui per me-rispose Scott.

Quelle parole la incuriosirono ancora di più ma allo stesso tempo la preoccuparono: c’erano stati dei problemi in Pronto Soccorso di cui Scott non le aveva parlato?

Prima ancora che potesse dischiudere le labbra per fare altre domande, Scott si voltò completamente verso di lei e cercò il suo sguardo.

-Sono in partenza-le annunciò.

Un brivido gelato scese lungo la schiena della ragazza, portandola a irrigidire ogni muscolo del corpo.

-Sei mesi fa ho fatto domanda per lavorare di nuovo con Medici Senza Frontiere e due giorni fa mi hanno contattato per sapere se ero ancora disponibile.

Parto tra una settimana per il Venezuela- disse con voce chiara e misurata per evitare che ci fossero fraintendimenti.

Sadie si scoprì incapace di formulare anche una singola parola, scioccata dalla notizia e dall’imminente partenza di Scott.

Cosa ne sarebbe stato di loro? Scott si aspettava qualcosa da lei?

Perché quella proposta era arrivata adesso?

-Sadie… Dì qualcosa-la sollecitò gentilmente Scott senza mai staccare lo sguardo dal volto della ragazza.

Senza neanche rendersene conto, Sadie atteggiò il volto in un’espressione raggiante, riuscendo anche a materializzare un sorriso sulle proprie labbra.

-Sono felice per te- disse.

Consapevole che non sarebbe riuscita a mascherare a lungo il tumulto che si agitava dentro, la ragazza fece un cenno con il capo in segno di saluto e voltò le spalle all’uomo, avviandosi velocemente per uno dei corridoi.

Senza guardare s’infilò nella prima stanza che si parò davanti, accorgendosi soltanto dopo aver richiuso la porta di essere entrata nel magazzino delle infermiere.

Il cuore le batteva all’impazzata e incapace di restare ferma per l’adrenalina che le circolava in corpo, Sadie iniziò a percorrere avanti e indietro il poco spazio lasciato libero dalle scatole di forniture mediche.

Scott stava per partire, tra una settimana la loro quotidianità sarebbe stata interrotta: niente più colazioni insieme, ne commenti post-operatori e neanche quei brevi momenti che riuscivano a ritagliare per loro due ogni giorno.

Per quanto tempo non lo avrebbe più visto?

Voleva che aspettasse il suo ritorno? Oppure voleva porre fine a quella pseudo relazione che stava nascendo tra loro?

Che cosa doveva fare?

Un rumore inaspettato la fece sobbalzare e la riportò alla realtà, costringendo il suo sguardo a fissarsi velocemente verso la porta dove vide Scott fermo sulla soglia, una mano sulla maniglia e un’espressione battagliera sul volto.

-Sei felice per me? E’ tutto quello che hai da dire?-le domandò chiaramente infastidito richiudendo la porta dietro di se.

Sadie aggrottò la fronte.

-Cosa?-chiese incerta.

-Ti dico che partirò tra una settimana e tutto quello che riesci a dirmi è che sei felice per me?- ripeté Scott chiaramente seccato dalle sue parole.

-E’ una grande opportunità…- tentò Sadie.

-Non me ne frega niente delle frasi di circostanza! Ne ho sentite fin troppe da Perry-la interruppe subito l’altro.

-Allora cosa ti aspetti? Che cosa vuoi sentirti dire?- domandò a sua volta Sadie, ritrovando un po’ del suo spirito battagliero.

-Voglio la verità!Voglio sapere che cosa pensi veramente della mia partenza- rispose prontamente Scott.

Per alcuni istanti nel piccolo stanzino calò il silenzio mentre i due continuavano a fissarsi in attesa di qualcosa che cancellasse gli ultimi quindici minuti.

-Quanto tempo starai via?-gli domandò Sadie con voce calma, cercando di tenere a bada tutti i sentimenti contrastanti che si agitavano dentro di lei.

-Minimo sei mesi. In Venezuela hanno un disperato bisogno di personale medico e di scorte sanitarie- rispose l’uomo.

-Cosa farai al termine di questi sei mesi? Tornerai qui?-chiese ancora Sadie bisognosa di avere più notizie possibili.

Scott annuì.

-E’ per questo che Perry ha voluto vedermi: si è congratulato con me per l’opportunità che mi è stata offerta e mi ha rassicurato promettendomi che al mio ritorno ci sarà sempre un posto libero nel team del Pronto Soccorso-

Istintivamente Sadie annuì, non sapendo quale reazione si aspettasse l’uomo da lei.

-Sadie per l’amore del cielo, dì qualcosa!- la esortò Scott.

-E’ una grande opportunità…- ripeté nuovamente.

-Per una volta puoi dirmi cosa pensi veramente di tutta questa situazione?- chiese ancora lui alzando leggermente la voce.

-Non lo so, va bene?

Non riesco a pensare! Sei riuscito a mandare in tilt il mio cervello, sei contento?-replicò lei alzando a sua volta la voce. –Perché non mi hai mai detto di aver fatto di nuovo domanda per lavorare con Medici Senza Frontiere?-gli domandò poi.

-Ho fatto quella richiesta sei mesi fa! Le cose tra noi erano molto diverse rispetto ad adesso…-.

-Perché non me ne hai parlato quando hai visto che la situazione stava cambiando? Perché hai permesso che mi avvicinassi a te quando sapevi che un’ipotetica relazione tra noi due aveva una scadenza?-lo incalzò.

Scott si passò una mano tra i capelli in un gesto impaziente e sospirò rumorosamente.

-Perché non volevo che tu ti allontanassi da me.

Ho faticato tanto perché tu ti accorgessi di me, che smettessi di vedermi solo come un amico e non volevo pensare che tutto potesse interrompersi bruscamente-le confessò.

Sadie restò in silenzio, lo sguardo fisso in quello dell’uomo.

Dov’era finita la sua mente analitica ora che aveva bisogno di essere lucida e razionale per affrontare questa situazione?

-Chiedimi di restare-disse Scott cogliendola di sorpresa.

Sadie cercò nuovamente lo sguardo di Scott consapevole che un’espressione scioccata si era impossessata del suo volto.

-Chiedimi di restare ed io lo farò- disse ancora Scott senza abbandonare il suo sguardo.

Aveva davvero tanto potere su di lui?

Sarebbero bastate poche parole e la loro quotidianità non sarebbe stata sconvolta, le loro vite avrebbero potuto continuare come avevano fatto fino a quel momento, avrebbero potuto continuare a esplorare quella relazione che era ancora all’inizio e lei si sarebbe liberata del senso d’oppressione che l’aveva colta nel momento in cui Scott le aveva annunciato la sua partenza.

Sarebbero bastate poche parole per dimenticare tutto, ma anche nello stato confusionale in cui si trovava Sadie era consapevole di non poterlo fare.

-Non posso- disse scuotendo leggermente la testa, cercando di nascondere la tristezza che accompagnava quella decisione.

Scott allontanò lo sguardo dal suo, atteggiando i muscoli del corpo in una posa sconfitta dando così voce a quella tristezza che Sadie sentiva roderle dentro.

-Non posso chiederti di restare.

Se lo facessi, con il tempo finiresti per odiarmi per averti privato di quest’opportunità, della possibilità di essere utile al prossimo, e finiremo per rovinare quello che c’è tra noi.

Non c’è niente che io voglia di più in questo momento che vederti rinunciare a quest’incarico, ma non sarò io a chiederti di farlo- gli disse sincera.

Per un breve istante nella stanza scese il silenzio mentre i due fermi uno di fronte all’altra prendevano coscienza dell’imminente e inevitabile separazione.

Nonostante i pochi passi che li separavano, la distanza tra loro sembrava già immensa e Sadie si rese conto che quel vuoto che sentiva alla bocca dello stomaco fin da quando Scott le aveva annunciato la sua partenza l’avrebbe accompagnata per molto tempo, fino a diventare quasi una parte di lei.

Scott cercò nuovamente il suo sguardo permettendole di vedere tutta la tristezza che, ne era certa, era riflessa anche nei suoi occhi.

-Cosa ne sarà di noi due?-le domandò infine rompendo il silenzio.

Sadie sospirò mestamente, messa a confronto con l’unica domanda cui non sapeva dare una risposta.

L’unica certezza che aveva in quel momento era che qualsiasi decisione avessero preso, la sua vita non sarebbe più stata la stessa.

 

 

__________________________________

 

 

Se c’era qualcuno da incolpare per la bomba nucleare che era esplosa durante il pranzo di famiglia, allora quella persona era sicuramente Albus.

James era riuscito in qualche modo a resistere per ore, in attesa paziente del momento più adatto per parlare con sua madre delle scoperte che aveva fatto il giorno prima a Godric’s Hollow; la sua idea era di trovare l’attimo perfetto in cui Blaise non era tra i piedi e quindi pronto a ficcare il naso nelle loro faccende familiari o a offrire la sua opinione non richiesta su qualsiasi argomento, in modo da permettere a lui e a sua madre di avere un confronto diretto e onesto sulle nuove informazioni che aveva scoperto su suo padre.

Invece Albus aveva dovuto rovinare tutti i suoi piani.

Una volta tornati a casa da King’s Cross James e i suoi fratelli si erano diretti nelle loro stanze con l’intenzione di sistemare i loro bauli ma James aveva abbandonato i suoi bagagli accanto alla soglia, concentrato nella preparazione di un discorso che avrebbe aiutato la madre a capire il suo bisogno di sincerità e chiarezza alla luce delle notizie scioccanti che aveva ricevuto il giorno prima.

Aveva bisogno di sapere.

Perché non c’erano informazioni su suo padre da vent’anni a questa parte? Perché il Salvatore del Mondo Magico era accusato di aver partecipato al rapimento di una bambina? Possibile che la Comunità Magica si fosse rivoltata contro suo padre per un fraintendimento, un errore che aveva pregiudicato completamente le loro vite?

Inoltre aveva bisogno di capire il ruolo giocato da Ron Weasley in tutta quella faccenda: il suo nome compariva troppe volte sul monumento dei suoi nonni Potter ed era lampante che fosse colpevole di un reato grave quanto se non maggiore di quello di cui era accusato suo padre.

Dalle sue letture intensive sulla vita di suo padre James sapeva che Ron Weasley era il fratello di sua madre e il migliore amico di Harry Potter, chi insieme alla zia Hermione aveva combattuto al fianco di suo padre per tutti gli anni di Hogwarts e durante la Seconda Guerra Magica.

Eppure anche di Weasley si perdevano completamente le tracce poco dopo il termine dei processi seguiti alla fine della guerra.

Che fine aveva fatto? Perché le persone che si avvicinavano ai Serpeverde di questa famiglia avevano la tendenza a scomparire misteriosamente?

Le sue domande continuarono a vorticare senza risposta nella sua mente fino al momento in cui sua madre li richiamò al piano di sotto per il pranzo.

Trovandosi seduto attorno ad un tavolo con Blaise Zabini e suo fratello James si rese conto di essere completamente fuori posto in quella famiglia: l’unico Grifone in un mondo di Serpi.

La consapevolezza che presto sarebbe stato maggiorenne e avrebbe potuto decidere della sua vita in modo autonomo lo rasserenò leggermente: presto sarebbe stato libero di lasciare quella casa in cui non si era mai sentito accettato e soprattutto avrebbe potuto cercare una famiglia che lo capisse e non lo facesse sentire inferiore perché non apparteneva ai Serpeverde.

Doveva soltanto stringere i denti per un altro paio di mesi.

Come al solito, però, Albus aveva dovuto mettergli i bastoni tra le ruote.

-Vorrei parlarvi di una cosa- annunciò quasi alla fine del pranzo.

Sia Zabini sia sua madre voltarono la testa verso Albus e lo osservarono attentamente in attesa che suo fratello continuasse.

Erano settimane, dalla loro ultima lite, che Albus si comportava in modo strano, ma James non si era interessato particolarmente ai problemi del fratello convinto che fossero una sorta di protesta personale contro la sua decisione di cercare il loro padre.

Inoltre, se doveva essere sincero, aveva problemi più importanti che richiedevano la sua intenzione delle scene da prima donna di Albus.

Albus prese un respiro profondo e alzò leggermente il volto cercando lo sguardo di Zabini.

-Ho riflettuto molto nelle ultime settimane ed ho preso una decisione: voglio diventare un Zabini- disse con voce ferma e decisa.

Le parole di Albus fecero nascere un’espressione scioccata sul volto di sua madre e di Zabini e, prima che i due adulti potessero interromperlo, Albus parlò nuovamente.

-Essere un Potter per me non ha nessun significato.

Anzi, ultimamente è diventato quasi un peso: soprattutto da quando, di recente, mi è stato fatto notare che tutto quello che otterrò nella mia vita sarà probabilmente dovuto alla figura di Harry Potter e non grazie alle mie capacità-.

-Questo non è vero tesoro- lo interruppe prevedibilmente sua madre.

-Potrebbe esserlo ed io non voglio correre questo rischio- disse a sua volta Albus.

James osservò il volto di suo fratello farsi serio e cercare lo sguardo di Zabini.

-Per te sarebbe un problema se io diventassi uno Zabini?-domandò ancora con voce leggermente insicura.

Zabini restò in silenzio qualche istante, ricambiando lo sguardo di suo fratello prima di accennare un sorriso.

-Credi che basti questo per far dimenticare alla gente chi sei veramente?- domandò James bloccando sul nascere la risposta di Zabini.

La richiesta di Albus e soprattutto le parole che aveva usato parlando di suo padre e per riferirsi alla conversazione che avevano avuto settimane prima lo infastidivano, aggravando ulteriormente il suo nervosismo.

A quelle parole, Albus si voltò verso di lui con un’espressione indispettita sul volto.

-Forse no: probabilmente tutti continueranno a pensare a me come al figlio di Harry Potter, ma voglio fare qualsiasi cosa in mio potere per cancellare ogni collegamento tra me e nostro padre.

Contrariamente a te che veneri le sue imprese e sei felice di vivere nell’ombra gigantesca che ancora adesso il suo nome e la sua figura si portano dietro, per me Harry Potter è soltanto un nome sul mio certificato di nascita.

Non ha nessun significato per me-ribatté battagliero Albus.

Un sorriso malevolo distese le labbra di James: inconsapevolmente Albus aveva acceso la miccia necessaria per far scoppiare la guerra.

Ora non poteva più tornare indietro.

-Ah davvero? Pensi di essere migliore di me? Tu che hai passato tutta la tua vita a venerare la causa di tutti i nostri problemi?La ragione per cui non abbiamo avuto un padre in tutti questi anni?-domandò ancora James.

-Noi abbiamo un padre! E’ qui seduto davanti a te, soltanto che tu sei così accecato dalla tua idolatria per Harry Potter che non te ne sei mai reso conto- replicò prontamente Albus.

-Lui non è mio padre! Zabini è un estraneo che si è insinuato nella vita dei nostri genitori e ha causato la fine del loro matrimonio… Ed io dovrei ringraziarlo per questo?-chiese adirato Jim.

Per alcuni istanti nella stanza calò il silenzio; James era consapevole di avere su di se quattro paia di occhi che lo fissavano attentamente in attesa della sua prossima mossa.

-Jim tesoro, ma di cosa stai parlando?-domandò prevedibilmente sua madre con un filo di voce.

James spostò lo sguardo dal volto di Albus a quello di sua madre, osservando brevemente quanto fosse tesa e preoccupata da quello che stava avvenendo sotto i suoi occhi e su cui non aveva chiaramente alcun controllo.

Per alcuni istanti James fu combattuto tra due possibili scelte: doveva confrontare sua madre sulla tresca clandestina che aveva portato alla fine del matrimonio dei suoi genitori e all’allontanamento di suo padre, oppure doveva prima chiedere informazioni su quello che aveva scoperto il giorno prima?

Alla fine una nuova domanda si fece largo nella sua mente.

-Perché negli ultimi vent’anni non sono state più scritte biografie su mio padre?-domandò, lo sguardo fisso in quello della madre.

-Cosa c’entra adesso questo con la nostra famiglia?-chiese Albus chiaramente sorpreso.

-La vostra famiglia, vorrai dire. E’ evidente che io non ne faccio parte: l’unico Grifondoro in un mondo di Serpi!

Cresciuto in mezzo ad estranei e circondato da persone che mi hanno mentito per tutta la mia vita!-rispose il ragazzo alzando leggermente la voce.

-Jim non ti ho mai mentito…- replicò sua madre, ancora una volta con un filo di voce.

-James perché non ti calmi e ne parliamo in modo civile?- s’intromise Zabini con voce moderata.

-TU NON DEVI INTROMETTERTI!

E’ colpa tua se il matrimonio dei miei genitori è andato a puttane!- gridò James fissando Zabini con occhi fiammeggianti di rabbia. –Per quanto tempo ve la siete spassata alle spalle di mio padre prima che lui vi scoprisse?

Abbastanza da fargli credere che Albus fosse suo figlio?-lo accusò l’attimo dopo incurante dell’effetto che le sue parole potevano avere su sua madre.

Era ora di far venire a galla la verità.

Un silenzio incredulo scese nella stanza a seguito delle sue accuse e per alcuni secondi nessuno dei presenti osò dire nulla o muovere un muscolo, quasi avessero paura di rompere nuovamente l’equilibrio fragile che si era ristabilito dopo la sfuriata di James.

-Ruby va in camera tua- disse improvvisamente sua madre con voce ferma e decisa.

La ragazza scosse la testa.

-Io resto-rispose prontamente l’adolescente.

-Ruby per favore…-

-Non vado da nessuna parte, non dopo quello che ha detto James- replicò nuovamente la ragazza.

Ginny annuì.

-Fa come vuoi. Jim siediti-ordinò poi rivolta al proprio figlio maggiore.

James la fissò con uno sguardo battagliero pronto a lanciare nuove accuse, ma si trovò a fronteggiare un’occhiata altrettanto agguerrita che lo portò a obbedire all’ordine della madre.

Il silenzio ritornò nuovamente nella stanza per qualche minuto gravato da una forte tensione che si era impossessata anche dei volti di Ginny e di Blaise.

I due adulti si fissarono per qualche istante, comunicando tra loro in silenzio e prendendo una decisione nel giro di pochi secondi.

L’attimo dopo, Ginny tornò a fissare lo sguardo sul volto del primogenito.

-Hai sempre desiderato essere come tuo padre.

Hai fatto di tutto per assomigliargli, nel bene e nel male.

Oggi posso dirti che sei proprio come lui; so che questo ti riempirà d’orgoglio ma credimi quando ti dico che non c’è niente di cui essere fieri.

In questo momento ti stai comportando proprio come ha fatto lui: le sue azioni hanno messo fine al nostro matrimonio e tu ora con le tue accuse e il tuo comportamento stai cercando di fare a pezzi la nostra famiglia.

Non te lo permetterò Jim, non dopo tutto quello che abbiamo passato- disse con voce chiara e ferma.

James aprì la bocca per controbattere, ma Ginny lo precedette.

-Non ho ancora finito.

E’ chiaro che tu abbia raccolto in giro delle informazioni e che sulla base di quello che hai scoperto, hai costruito una versione della verità che ti facesse più comodo.

Dimmi cosa hai scoperto ed io e Blaise risponderemo alle tue domande.

Prima però voglio mettere bene in chiaro una cosa: il mio matrimonio con tuo padre è finito per motivi che non hanno nulla a che vedere con Blaise.

Quando il nostro matrimonio è entrato in crisi, io e Blaise ancora non ci conoscevamo e la nostra relazione è iniziata molti mesi dopo, quando io e tuo padre non vivevamo più insieme-aggiunse infine.

-Ti aspetti veramente che ti creda?-le domandò James, fermo sulle proprie convinzioni.

Ginny alzò le spalle.

-Sono certa che dopo aver sentito la mia versione della storia, ti renderai conto di come molte delle tue convinzioni siano sbagliate-

-Risponderai a tutte le mie domande?- s’informò James, curioso e sospettoso allo stesso tempo.

-Ti dirò tutto quello che posso-

James la fissò qualche istante indeciso se accettare o no la proposta della madre per poi annuire.

-Sono stato a Godric’s Hollow ieri-iniziò.

-Ecco perché non eri presente all’appello al ritorno a Hogwarts- commentò Albus.

-Di quello parleremo in un altro momento.

Perché sei andato lì? Cosa ti aspettavi di trovare?-chiese Ginny.

-Avevo bisogno d’informazioni: la biblioteca della scuola non aveva testi recenti su mio padre e quando ho provato a chiedere se esistevano dei libri recenti alla bibliotecaria, mi ha fatto capire che non avrei dovuto cercare o chiedere informazioni su mio padre.

Credevo che andando nella città in cui è nato, avrei trovato qualche notizia su dove è adesso-.

-Invece hai trovato una città fantasma-commentò Ginny.

James annuì.

-E’ tutto in rovina! Il museo è stato chiuso nel 2011 e hanno cambiato anche il monumento ai nonni Potter! Lo sapevi?- domandò con tono adirato a sua madre.

Ginny annuì.

-Ero presente all’inaugurazione del nuovo monumento-confessò la donna. –Che cosa hai fatto dopo aver visto il monumento e il museo?- lo incalzò l’attimo dopo.

James sospirò.

-Sono entrato in una libreria.

Ho chiesto al proprietario se c’erano dei libri sui processi dopo la Seconda Guerra Magica e se esistevano delle biografie su mio padre scritte negli ultimi vent’anni-raccontò James.

-Ed hai scoperto che ne è stata vietata la pubblicazione dal 2009- continuò Blaise al suo posto.

James annuì.

-Per quale motivo?- chiese sorpreso Albus.

James mosse velocemente lo sguardo da sua madre a Blaise e osservò lo sguardo veloce che i due si lanciarono, chiaramente indecisi se parlare o no e decise di farlo al posto loro.

-A quanto pare nel 2009 è stata approvata una legge che vieta di parlare di Harry Potter, ad eccezione della sua infanzia e del suo impegno contro Voldemort- spiegò senza rivolgersi a nessuno in particolare.

-Cosa è successo nel 2009?- chiese Ruby, chiaramente curiosa.

Questa volta James cercò lo sguardo di sua madre, chiedendole silenziosamente di confermare ciò che gli era stato rivelato il giorno prima dal proprietario della libreria.

Ginny sospirò e si passò nervosamente una mano tra i capelli.

-Voglio che mi promettiate che quello che sto per rivelarvi non uscirà da questa stanza-disse l’attimo dopo.

Uno per volta i tre ragazzi annuirono.

James vide la mano sinistra di Blaise avvicinarsi a quella destra di sua madre per poi intrecciare le loro dita in un gesto chiaramente rassicurante.

-Le cose erano molto diverse allora: io e vostro padre eravamo felici, o almeno era quello che credevo all’epoca, il solo pensiero di ritrovarmi in compagnia di un gruppo di Serpeverde mi spaventava e tra me e Blaise non c’era alcun tipo di rapporto- iniziò Ginny muovendo alternativamente lo sguardo tra Albus e James.

-A ripensarci adesso mi sembra di aver vissuto una vita parallela- commentò con un lieve sorriso divertito.

L’attimo dopo Ginny sospirò e alzò leggermente le spalle.

-Tutto è cambiato nel 2009.

Vostra zia Hermione iniziò a frequentare lo zio Draco e lentamente vostro padre ha iniziato a comportarsi in maniera diversa dal solito.

Era seriamente preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere alla zia Hermione in compagnia dei Serpeverde e in particolare di Draco e lentamente si lasciò trascinare in qualcosa di più grande di lui-.

Albus aggrottò la fronte.

-Perché preoccuparsi quando è palese che siano innamorati l’uno dell’altra?

Lo capirebbe anche un cieco- commentò confuso.

-A quel tempo i rapporti tra Grifondoro e Serpeverde non erano dei migliori e vostro padre temeva che Draco si fosse avvicinato a vostra zia per gioco o peggio ancora per portare avanti un’elaborata vendetta contro di lui-raccontò Blaise.

Al si lasciò scappare una risata ironica.

-Assurdo. Che senso avrebbe avuto?-

-E’ chiaro che una Serpe come te non si renda conto del problema.

Hai forse dimenticato che il tuo caro zio Draco è stato un Mangiamorte e che ha fatto di tutto perché il lato Oscuro trionfasse?- replicò acido James.

-Questo non è affatto vero!- ribatté prontamente Blaise.

-James non puoi giudicare qualcosa di cui non sai assolutamente nulla!- ribatté contemporaneamente Ginny. –E’ vero: Draco è stato reclutato tra i Mangiamorte, ma non è stata una sua scelta.

Fu costretto da suo padre e fino all’ultimo fece di tutto per opporsi al compito che gli era stato assegnato e al ruolo che avrebbe dovuto avere nella Seconda Guerra.

Non puoi basare le tue convinzioni su ciò che hai letto sui manuali di Storia-.

-Era la mia unica scelta, no? Ogni volta che ho provato a parlare con te di mio padre o degli anni della Guerra tu mi ha sempre detto che non volevi parlarne, che era meglio non rivangare il passato.

Cos’avrei dovuto fare secondo te? Restare nell’ignoranza come questa Serpe?- disse indicando Albus alla sua sinistra.

-Contrariamente a te, io non ho bisogno di conoscere il passato: tutto quello che è successo, mi ha portato a oggi ed io del presente non cambierei nulla- rispose calmo Albus, non lasciandosi trascinare dalle provocazioni del fratello.

-Tu invece ti sei sempre sentito privato della figura di Harry Potter, convinto che sarebbe stato un padre eccezionale e che sarebbe stato fiero di ogni tua azione a Hogwarts.

Eppure ora che hai la possibilità di chiedere a nostra madre se fosse davvero il grande uomo che immagini, tu te la fai sotto dalla paura di veder crollare le tue illusioni- disse ancora Albus.

James lo fulminò con lo sguardo, consapevole che le parole di Albus avevano colpito nel segno.

Ginny sospirò attirando nuovamente l’attenzione dei suoi figli su di se.

-Harry… Era un uomo complicato: aveva passato gran parte della sua vita a guardarsi le spalle con il terrore di essere ucciso da un momento all’altro.

Alla fine della Guerra avremmo avuto bisogno di tempo per godere di quel momento di pace inaspettata, per riprenderci dalle enormi ferite che avevamo entrambi, magari anche passare del tempo separati per essere certi che volessimo realmente stare insieme.

Invece ci siamo gettati subito nei preparativi per il matrimonio, convinti che fosse la cosa giusta da fare, quello che tutti si aspettavano da noi e credo che quello sia stato il nostro più grande errore- raccontò sincera.

-Non rimpiango i primi anni di matrimonio con vostro padre, ma con il senno di poi mi rendo conto che la nostra relazione era destinata a finire.

Eravamo due ragazzi danneggiati che si sono aggrappati alla prima persona in grado di capire il danno psicologico che ci portavamo dietro dalla Guerra-.

-Quindi mi stai dicendo che anche senza l’intervento di Zabini non avrei avuto mio padre accanto?-domandò seccato James.

Ginny alzò le spalle.

-Ti ho già detto che Blaise non ha nessuna colpa per la fine del matrimonio tra me e tuo padre- ripeté con maggiore enfasi nella voce. -Probabilmente il nostro matrimonio sarebbe finito comunque, oppure sarei rimasta con tuo padre per il vostro bene sacrificando la mia felicità.

Che cosa avresti fatto al mio posto Jim?-gli chiese sua madre.

Consapevoli di quale sarebbe stata la risposta e del dolore che avrebbe provocato a sua madre, James restò in silenzio.

Per alcuni secondi nella stanza cadde un silenzio imbarazzato finché Albus non prese la parola sorprendendo tutti.

-E’ ancora vivo?- domandò rivolto alla madre.

Ginny si limitò ad annuire.

-Tu sai dove si trova?-chiese ancora Al.

Ancora una volta la donna annuì.

-Per tutti questi anni hai sempre saputo dove si trovasse e non mi hai detto niente?- sbottò James.

Per un breve istante Ginny abbassò lo sguardo sul piano del tavolo poco distante dai piatti da portata ormai completamente dimenticati.

-Ho fatto una promessa Jim.

L’ultima volta che vidi tuo padre mi chiese di non rivelare a nessuno, voi compresi, il suo nuovo indirizzo- spiegò con voce calma.

-Quindi per tutti questi anni tu lo hai aggiornato sulle nostre vite?- domandò sorpreso Albus.

Questa volta Ginny scosse la testa, un sorriso triste a inarcargli gli angoli della bocca.

-Mi ha chiesto di non farlo-

James scosse la testa.

-Non ci credo! Forse non gli frega un cazzo di Albus ma sono certo che di me ha chiesto notizie… Sono il suo primogenito, porto il nome di suo padre! Deve averti contattato per avere mie notizie- disse veementemente.

James vide gli occhi di sua madre diventare lucidi per le lacrime che cercava di trattenere.

-Oh tesoro… Te l’ho ripetuto tante volte di non innamorarti di un’immagine.

Tuo padre prese la sua decisione con coscienza e dopo aver riflettuto a lungo, tenendo bene a mente quale fosse la cosa più giusta da fare per il vostro bene…-.

-Il mio bene? Sono cresciuto senza mio padre e ora vuoi farmi credere che l’ha fatto pensando a me? Perché hai lasciato che se ne andasse?-domandò in tono accusatorio.

Soltanto in quel momento James si accorse che la mano lasciata libera dalla stretta di Blaise tremava visibilmente.

Forse quella conversazione era troppo stressante per sua madre, ma lui aveva bisogno di sapere la verità.

Scoprire che per tutti questi anni avrebbe potuto incontrare suo padre lo rendeva furioso.

Perché sua madre si era sentita in dovere di separarli?

Cosa le faceva credere di aver preso la scelta più giusta nel suo interesse?

Era pronto a gettare nuove accuse su sua madre, rinfacciandole l’errata decisione di lasciarlo crescere in un covo di Serpi, quando alla sua mente ritornò la conversazione avuta soltanto il giorno prima con il proprietario della libreria di Godric’s Hollow.

-Hai detto che tutto è cambiato nel 2009-iniziò cercando nuovamente lo sguardo della madre.

Ginny annuì restando il silenzio.

-Ieri il proprietario della libreria mi ha detto una cosa che riguarda mio padre… o meglio, il motivo per cui sono stati vietati nuovi libri su di lui- disse ancora James, osservando attentamente il volto della donna.

Capì subito di aver toccato l’argomento giusto quando vide il volto di sua madre impallidire.

-Che cosa ti ha detto?-domandò Albus.

-Ha accennato qualcosa riguardo al rapimento di una bambina…-disse finalmente James.

-Che cosa?- chiese incredulo Al.

Jim annuì lentamente, incapace di nascondere la propria perplessità.

-Il vecchio mi ha detto che mio padre è stato processato per il rapimento di una bambina- disse ancora, prima di voltare nuovamente lo sguardo su sua madre. –E’ vero?- le chiese.

Ginny sospirò e si passò la mano libera tra i capelli, cercando di sfogare in qualche modo il proprio nervosismo.

-Quell’uomo non avrebbe dovuto dire nulla-commentò Blaise seccato, massaggiandosi il mento con una mano.

-E’ la verità?- chiese Albus.

Messa alle strette, Ginny annuì.

Solo per quel piccolo gesto, James si sentì mozzare il fiato.

Era sicuramente una bugia, un complotto contro suo padre ordito dalle Serpi che lo circondavano.

-Vostro padre fu complice nel rapimento di una bambina.

Fu processato e condannato a un anno di prigione ad Azkaban.

Dopo la sentenza, la Comunità Magica decise di approvare la legge perché non fosse divulgata quello che era successo: i giovani maghi avrebbero continuato a studiare le gesta di vostro padre e il suo impegno per il Bene durante la Seconda Guerra, ma non avrebbero mai saputo della sua caduta in disgrazia-spiegò Ginny con voce calma.

-Questo spiega perché non esistono biografie su Harry Potter negli ultimi vent’anni- commentò Albus.

Sia Blaise sia Ginny annuirono.

-Blaise e Draco si mobilitarono affinché fosse approvata la nuova legge in modo da tutelare tutti quelli che erano stati coinvolti in quella maledetta faccenda…- continuò la donna.

-Immagino il piacere che ha provato nel ricoprire di fango il nome di mio padre-commentò maligno James.

-James adesso basta!

Continui a considerare Blaise come un nemico senza renderti conto che è grazie a lui e al suo intervento in quella situazione che hai potuto continuare a essere orgoglioso del tuo cognome e della figura di tuo padre.

Avresti preferito sapere la verità? Volevi che tutti a Hogwarts sapessero cosa ha fatto tuo padre?

Come pensi sarebbe stata la tua vita e quella di Albus al Castello se tutti avessero saputo che eravate i figli di un ladro di bambini invece che del Salvatore del Mondo Magico?

-Sei talmente certo delle tue idee da non renderti conto di quanto queste siano basate su una visione distorta della realtà.

Se tu sapessi anche soltanto la metà di ciò che è successo allora, smetteresti di pensare a vostro padre come a un grand’uomo…- commentò l’attimo dopo.

-Mio padre è il Salvatore del Mondo Magico! E’ un eroe!- replicò James lasciandosi andare nuovamente alla rabbia.

Ginny lo ascoltò in silenzio, un sorriso triste sulle labbra; l’attimo dopo un’espressione determinata si era dipinta sul suo volto e le sue labbra si dischiusero pronte a controbattere per l’ennesima volta alle accuse del figlio.

-Tuo padre è il Salvatore del Mondo Magico, ma non è un eroe.

E’ un essere umano con i suoi pregi e i suoi difetti ed è stato proprio per colpa di questi ultimi che ha messo fine alla nostra famiglia.

Mi ha mentito per mesi, ha tramato alle mie spalle e ha approfittato del mio amore per lui in modo che mi rendessi complice inconsapevole del rapimento di… di quella bambina.

Quando gli chiesi spiegazioni su cosa lo avesse spinto a commettere un’azione simile sai cosa mi disse?

Che doveva farlo, che doveva dimostrare al mondo magico quanto fossero folli nelle loro decisioni, che dovevano aprire gli occhi e rendersi conto di essersi fidati delle persone sbagliate.

Aveva messo a rischio la vita di una bambina innocente per desiderio di rivalsa personale.

Che cosa avresti fatto al mio posto? Avresti lasciato che i tuoi figli scoprissero la verità sul loro padre oppure avresti fatto di tutto per proteggerli?- gli domandò.

James sostenne lo sguardo di sua madre, pronto a rispondere a tono ma Albus lo precedette dando voce a una domanda che si era insidiata in un angolo della sua mente fin da quando aveva scoperto del rapimento.

-Che ne è stato della bambina?-

Ginny sospirò e si sistemò alcune ciocche di capelli dietro un orecchio, ancora visibilmente scossa.

-Dopo un mese di ricerche siamo riusciti a riportarla a casa- rispose Blaise per lei.

Qualcosa nel modo in cui era formulata la risposta dell’uomo colpì l’attenzione dei due ragazzi.

-Si tratta di qualcuno che conosciamo, non è vero?- chiese Albus. –Se così non fosse avresti detto che era ritornata dai genitori o qualcosa di simile- gli fece notare.

I due adulti si fissarono per un brevissimo istante, prima di tornare a guardare i tre ragazzi.

-Ricordate la promessa che avete fatto all’inizio di questa conversazione? E’ fondamentale che non facciate parola con nessuno di quello che avete scoperto oggi-disse Blaise con voce seria.

Ancora una volta i tre ragazzi annuirono, consapevoli della gravità della situazione.

Per la prima volta da quando era iniziata quella lunga discussione, James si rese conto che qualsiasi cosa avessero detto sua madre o Zabini, il suo mondo sarebbe cambiato per sempre, in un modo o nell’altro.

Finalmente sua madre tornò a voltarsi verso la parte del tavolo in cui erano seduti lui e Albus e, dopo aver preso un respiro profondo, dischiuse le labbra.

-Prudence.

Vostro padre fu complice nel rapimento di vostra cugina Prudence- confessò infine.

Gravato dal peso di quella scoperta, James scattò in piedi lo sguardo fisso sul volto della madre per alcuni secondi prima di voltare le spalle alla tavola e alle persone ancora sedute e avviarsi con passi veloci alla scala che lo avrebbe condotto al piano superiore e alla tranquillità della sua stanza.

Soltanto dopo essersi richiuso rumorosamente la porta alle spalle, James si lasciò cadere a terra, le spalle contro il legno della porta e, senza rendersene conto si prese il volto tra le mani.

La sua mente era nel caos più totale.

Qual era la realtà? Doveva credere a ciò che sua madre gli aveva appena confessato, oppure doveva restare sulle sue idee?

Ma perché inventare qualcosa di così articolato, perché scegliere proprio Prudence come vittima?

Possibile che fosse la verità?

Ciò che lo spaventava di più era non sapere cosa ne sarebbe stato di lui ora che sapeva la verità su suo padre.

Del resto, chi era James Potter senza la gloria e l’onore del grande Harry Potter?

 

 Salve a tutti!

Bentrovati! ^_^ Chiedo scusa per la lunga attesa, ma la sessione estiva mi ha devastato e sono riuscita a liberarmi soltanto una settimana fa.

Spero che il capitolo sia stato all'altezza dell'attesa. Come aveete visto ci siamo concentrati principalmente sulla famiglia Zabini/Potter facendo scoppiare una delle prime bombe nucleari, come le ha chiamate James, che ovviamente avrà delle ripercussioni su tutto il gruppo di Serpeverde (ricordate quanto era sconvolta Hermione?)

Molti di voi probabilmente storceranno il naso all'idea che Harry sia tornato tra i babbani, ma ho usato questo espediente già in un'altra FF; la motivaziione che lo spinge a tornare nell'anonimato del mondo babbano è scaturita dal senso di colpa o, come in questo caso, dalla vergogna.

Del resto, in una situazione come quella di Harry, non preferireste anche voi nascondervi in un posto in cui siete completamente sicuri che nessuno vi riconoscerà mai?

Passando oltre, so che nelle intenzioni di James c'era anche quella di parlare di Ron, ma quante volte durante una lite si segue il copione che ci eravamo immaginati nella nostra mente? Inoltre credo che l'argomento Ron debba essere affrontato da qualcun altro.

Per quanto riguarda Sadie e Scott ho scelto di inserire la loro parte per dimostrare come la vita vada avanti nonostante tutto il caos che riusciamo a creare e anche, e soprattutto, perchè la loro situazione era diventata troppo statica e Sadie aveva decisamente bisogno di una scossa che la portasse ad interrogarsi realmente sui suoi sentimenti verso Scott...Quindi cosa c'è di meglio di sei mesi di lontananza?

La frase all'inizio del capitolo ed il titolo sono tratti dalla canzone omonima degli R.E.M.

Ringrazio tutti coloro  che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, mi scuso per eventuali errori di battitura e/o di ortografia.

Ed ora i ringraziamenti: Marta_cr_Cullen92(Una nuova attesa ed un nuovo capitolo...Prometto che non diventerà un abitudine, ma la vita degli universitari è un inferno xD), Fiorenntinasara(Come vedi, bisognerà aspettare un altro capitolo perchè James apra finalmente gli occhi e capisca tutti gli errori che ha fatto negli ultimi mesi), Mia_hp( Benvenuta e bentrovata! ^_^ Grazie per i complimenti! Eh già, c'è già stato un primo tentativo di sequel ma a quanto pare è difficile scrivere un seguito per questa FF, speriamo di riuscirci questa volta xD), Bastavolerlo(Bentrovata e Benvenuta! ^_^ Grazie per i complimenti, soprattutto quelli sul modo di scrittura( cerco sempre di migliorare nonostante non sia una professionista); apprezzo anche il tuo commento sulle scene di sesso, anche io rileggendo a volte la 1 FF mi rendo conto di aver usato quell'espediente un pò troppo spesso, ma a mia discolpa posso dire che all'epoca ero molto più inesperta e romantica xD; non ti sei sbagliata: nella 1 FF James era più grande di Prue e Sadie, ma nel primo capitolo del sequel ho aggiunto un avviso per mettere in guardia i lettori che avevo deciso di invertire la loro et per una questione creativa), Gonziz(Grazie per i complimenti!^_^ Spero che il caapitolo sia valso la lunga attesa :D )

Bene, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo

"When Harry met Albus & James"

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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