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Autore: riccardoIII    15/07/2019    5 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, era stato tempo di sconforto.

Era stato… Difficile. Sirius non riusciva a definire in altro modo ciò che aveva sentito qualche ora prima, nell’Atrium del Ministero della Magia gremito di maghi e streghe, stretto in una veste scura e con uno sgradevole senso di oppressione sul petto.
Nonostante la Gazzetta del Profeta non fosse stata diffusa, in quei giorni, il Ministero aveva usato altri canali per fare in modo che la notizia raggiungesse ogni mago e ogni strega della nazione. “Radio Strega Network” aveva passato l’annuncio quattro volte al giorno, “Il Settimanale delle Streghe” aveva pubblicato un’edizione straordinaria, perfino un giornale a tiratura limitata e semisconosciuto come “Il Cavillo” ne aveva parlato. Sirius era piuttosto convinto che, fosse stato per loro, le fonti d’informazione non sarebbero state così disponibili a diventare i nuovi testimonial del Ministero nella sua campagna contro Voldemort, considerando cos’era accaduto alla sede del Profeta dopo che questa si era dimostrata un po’ troppo filogovernativa; evidentemente il Ministro aveva fatto uso di tutto il suo potere pur di raggiungere l’obiettivo.
La notizia che Amias Shacklebolt era morto da eroe, sacrificando la propria vita e il proprio buon nome per diventare una spia del Ministero tra i Mangiamorte, si era diffusa a macchia d’olio. Se Minchum e Crouch non avessero potuto utilizzare tutta quella faccenda come un’enorme pubblicità per tenersi strette le loro traballanti poltrone, secondo Sirius Moody e Charlus avrebbero perso il lavoro per aver agito alle spalle dei loro superiori. O forse no, considerato che il primo giaceva ancora in un letto d’ospedale e il secondo gli era di conseguenza subentrato come capo delle forze armate ministeriali.
Amias Shacklebolt era dunque stato trasformato, in poche ore, nel paladino della giustizia e della rettitudine morale. Un eroe, un martire sacrificatosi per il bene comune. L’incarnazione della lotta per il bene, la mascotte della guerra a Voldemort, l’Incantesimo di Adesione Permanente che avrebbe tenuto incollati i deretani dei due uomini più potenti del Paese al loro amato trono di governo.
Nonostante fossero passate ore dalla fine delle esequie, Sirius si sentiva ancora nauseato. Minchum aveva pronunciato un discorso accorato e terribilmente falso davanti al consesso di persone che si erano affollate per rendere omaggio alla vittima sacrificale; la moglie di Amias e Kingsley erano rimasti perfettamente composti, dignitosi nel loro dolore muto, senza nemmeno alzare lo sguardo sulla gente che era accorsa, senza avere la forza di smettere di fissare la bara sigillata.
Sirius aveva avuto la certezza che fosse stata chiusa per evitare che streghe e maghi capissero cosa davvero comportasse sacrificare la propria vita per la causa del Ministero; Charlus si era rifiutato, nei giorni passati, di scendere nei dettagli delle torture subite dall’Auror, ma Dorcas non era stata altrettanto reticente. Gli avevano cavato gli occhi e tagliato le orecchie, ma non la lingua; quella serviva per parlare. Unghie di mani e piedi erano state strappate, lividi e abrasioni avevano deturpato il cadavere, tagli profondi erano  ancora sanguinolenti quando il corpo era stato ritrovato. La testa, lasciata tra le mani di Shacklebolt, era stata spiccata dal corpo quando l’uomo era ancora vivo.
Ma questo non era ciò che il Ministero voleva si sapesse. Il marketing ne avrebbe risentito.
Sirius si lasciò cadere sul divano di casa, il pugno che gli aveva stretto lo stomaco per tutta la cerimonia non si rassegnava ad allentarsi.
Non c’era stato un momento per le condoglianze; i partecipanti alle esequie erano stati troppo numerosi, tutto il tempo disponibile era stato dedicato alla propaganda. Sirius avrebbe voluto salutare Kingsley, anche se non aveva davvero idea di cosa avrebbe potuto dirgli, ma non era stato possibile. Dopo che la bara era svanita nel nulla sotto i colpi di bacchetta dell’officiante, la signora Shacklebolt e suo figlio avevano ricevuto la stretta di mano del Ministro e un Ordine di Merlino, Prima Classe, alla memoria. Poi erano stati scortati in un rifugio sicuro. E tutto era finito.
Una mano si posò sulla sua spalla, in una carezza lieve e confortante. Il tocco gentile di Lily gli fece sollevare la testa lievemente, un mezzo sorriso che trasformava le sue labbra in una ferita aperta sul viso. Lei gli porse una tazza di tè mentre James si lasciava cadere stancamente accanto a lui; Remus e Peter avevano trascinato un paio di sedie attorno al tavolino da caffè, su cui Lily aveva disposto teiera a biscotti.
Non parlarono, tutti troppo presi dai loro pensieri ossessivi e dai propri ricordi; il funerale di Amias Shacklebolt aveva scatenato un putiferio dentro ciascuno di loro, Sirius non era così stupido da non capirlo. Avevano solo diciotto anni, ma quanto avevano già perso?
A quante altre esequie avrebbero dovuto assistere? Quante medaglie al valore avrebbero stretto?
Quanto sarebbe costata loro quella guerra, quanto ancora?
-Lo facciamo per questo. Perché non capiti più-
James l’aveva mormorato tra i denti, quasi non fosse sicuro di voler esprimere a voce alta quel pensiero; si era levato gli occhiali, posati sul basso tavolino con noncuranza, e a Sirius sembrò in qualche modo un’altra persona senza di essi. Lily, accomodata sul bracciolo del divano, stringeva la sua mano destra con forza.
-Però capita a noi. Può capitare a chiunque di noi, ogni giorno-
L’attenzione di tutti si puntò su Peter. Dopo il silenzio prolungato e dopo il sussurro di James, le sue parole erano risuonate alte e forti come lo scoppio di un calderone.
Per una volta, nonostante il fulcro di tutti i loro sguardi fosse lui, Wormtail non parve intimidito. Sirius ebbe la folgorante sensazione che la paura di morire, di finire scomposto per strada o in una bara chiusa per non spaventare chi lo vedesse fatto a pezzi, stesse dando a Peter una forza d’animo che non aveva mai avuto prima, nell’affrontare i suoi amici.
-Sì. Può capitare a noi. Quindi?-
Il tono di Sirius era stato colloquiale, quasi noncurante; sapeva, però, che i suoi occhi erano duri e freddi. Da come si era agitato sulla sedia doveva essersene accorto anche Wormtail.
-Come… Come fate a non avere paura? Come fate a non…-
Non ebbe la forza, o il coraggio, di finire la frase. Evidentemente anche la paura di Peter aveva dei limiti.
-Mia madre è morta-
James non era stato bravo quanto Sirius a confinare il gelo negli occhi. Poteva anche essere cieco senza occhiali, ma la sua espressione dura e fredda rimaneva comunque abbastanza convincente da far irrigidire Peter come se fosse stato colpito da un Petrificus.
-Mia madre è stata rapita, torturata per settimane, ammazzata. La madre di Sirius è stata sacrificata per la guerra. La madre di Remus si è uccisa, per questa guerra-
La mano di Lily era serrata su quella di James, ma nel suo sguardo più che rabbia c’era quasi pena per il loro più debole amico.
Le nocche di Remus erano sbiancate attorno alla tazza arancione.
James, implacabile, non si fermò.
-Pensi che non sappiamo che possiamo morire domani? Pensi che non abbiamo paura ogni sera e ogni mattina per noi stessi, per chi amiamo?-
-Siamo tutti spaventati- disse Remus, la voce pacata, -Questo non è in discussione. Il punto è che c’è qualcosa che vale di più della nostra paura, la possibilità di un futuro diverso per chi verrà dopo di noi. Abbiamo fatto questo discorso quando abbiamo deciso di farlo, di unirci all’Ordine-
-Pete, tutti noi abbiamo paura. Non devi sentirti… In colpa, se sei spaventato. Non siamo diversi, non siamo migliori. Non c’è niente di cui vergognarsi, siamo in una situazione estrema e abbiamo appena visto morire un uomo in un modo orribile, questo ha scosso tutti noi. È normale, Pete-
Le parole di Lily erano risuonate nella stanza silenziosa, dolci ed empatiche. Peter arrossì e distolse lo sguardo da lei per puntarlo sul pavimento, e Sirius sentì la collera che l’aveva assalito fino a poco prima scemare senza tuttavia abbandonarlo completamente.
Poteva capire la paura. La provava ogni volta che salutava Charlus, ogni volta che James lo usciva per andare in missione, ogni giorno che passava senza incontrare i suoi amici e assicurarsi che stessero bene; la provava quando vedeva un bagliore argenteo balenare davanti a lui, terrorizzato che fosse un nuovo Patronus messaggero di sventura. La provava perfino per Dorcas.
Ma avevano appena sepolto un uomo. Un uomo che aveva dato tutto, ogni brandello del suo corpo e della sua anima. Un uomo che aveva detto addio a suo figlio per senso del dovere, per quella guerra.
Quanta paura aveva avuto Amias Shacklebolt?
Che diritto avevano loro di temere per se stessi, in un giorno come quello?
-La paura va bene. Ci fa essere prudenti, ci fa tornare a casa sani e salvi. La paura è una buona cosa, è da lì che nasce il coraggio. Tutti noi abbiamo paura-
“Tutti”.
 
-Benvenuti, tutti voi-
La voce di Silente era pacata come al solito, ma Sirius era convinto ci fosse qualche ruga d’amarezza in più sul suo viso.
-So che sono stati giorni difficili per tutti e mi rammarico di non essere stato più presente; purtroppo alcune ricerche mi hanno condotto lontano da qui. Prima di cominciare la nostra riunione, credo sia doveroso rendere il nostro tributo ad Amias Shacklebolt, l’uomo che ha sacrificato la sua vita per permetterci di combattere questa guerra-
Tutti si alzarono in piedi, sollevando i bicchieri di Whisky Incendiario; mentre il liquido gli bruciava la gola Sirius si disse che stava diventando una tradizione piuttosto macabra, quella di brindare alla memoria dei morti dell’Ordine della Fenice. Con un moto di nero sarcasmo pensò che avrebbero potuto diventare tutti alcolisti, se le cose si fossero messe male.
Si trovavano nelle London Docklands, un posto decisamente diverso rispetto ai loro soliti luoghi di ritrovo; meno isolato e decadente, in qualche modo, niente a che vedere con il vecchio teatro abbandonato o il magazzino polveroso e umido che avevano occupato in precedenza. A quanto Sirius aveva potuto intuire, i Babbani stavano operando una rivalutazione dell’intera zona: infilarsi di soppiatto in uno dei cantieri aperti non era stato troppo difficile.
-Ora, per cominciare, mi preme informarvi delle condizioni di Alastor: le cure fornite dal San Mungo stanno funzionando, fortunatamente. La prognosi è stata sciolta anche se Alastor non si è ancora svegliato, ma i Guaritori sono fiduciosi. Si riprenderà completamente-
Fu come se tutti avessero tirato un sospiro di sollievo; Sirius sapeva già tutto, Charlus aveva aggiornato lui e James quando si erano incontrati per pranzare insieme, il giorno precedente. L’uomo era stato talmente impegnato col lavoro che per incontrarlo si erano dovuti recare nel suo ufficio, nell’ufficio di Moody, con un paio di panini preparati da Milly e una bottiglia di succo di zucca. Proprio come quella sera, Charlus era sembrato stanco e provato nonostante si sforzasse di sorridere mentre parlava di come il suo capo stesse guarendo.
-Per una buona notizia, tuttavia, ne abbiamo altre davvero cattive. Charlus?-
Silente si accomodò dopo aver ceduto la parola e le spalle dell’Auror si fecero immediatamente più dritte mentre riacquisiva il solito contegno.
-L’attentato alla Gazzetta del Profeta ha causato ventisette morti. Redattore, giornalisti, segretarie, fotografi. E siamo stati fortunati che il fuoco non si sia propagato agli edifici circostanti, altrimenti… Poteva bruciare tutta Diagon Alley.
Abbiamo cercato di ricostruire l’accaduto interrogando tutti coloro che abbiamo identificato nella zona. Nessuno ha colto qualcosa di strano prima che scoppiasse l’incendio, nessuno ha visto figure sospette. Un minuto prima era tutto normale e quello dopo si era scatenato l’inferno. Il che significa che Voldemort ha deciso di operare con un basso profilo, per una volta, scatenando il panico senza esporre i suoi uomini o se stesso. Non sappiamo per quale motivo abbia cambiato modus operandi: non ci sono stati attacchi in contemporanea su più fronti, questa volta, e di sicuro non gli mancano i seguaci. Sembra di essere tornati indietro di anni, a quando la strategia di Voldemort era seminare il panico senza esporsi, e questa non è una cosa positiva per noi: non solo abbiamo perso il nostro vantaggio su di lui quando Amias è stato scoperto, ma se continua ad agire in questo modo non avremo la possibilità di intervenire, compiere arresti o prevedere le sue mosse. Non conosciamo le identità della maggior parte dei Mangiamorte, il che significa che possono ingannarci facilmente proprio com’è accaduto a Diagon Alley. Siamo piuttosto sicuri infatti che tra le persone interrogate ci fossero coloro che hanno scatenato l’attacco, ma stiamo parlando di decine di possibili sospetti e, ovviamente, non possiamo indagare su ciascuno di loro.
Nel frattempo, avrete tutti notato che i vertici del Ministero hanno trovato il modo di sfruttare la nostra rivelazione su Amias Shacklebolt per rafforzare la loro posizione. Il Wizengamot ha apprezzato molto lo spirito d’’iniziativa dimostrato da Crouch, la sua tattica di spiare Voldemort dall’interno, per non parlare di quanto la popolazione magica sia stata positivamente influenzata dal racconto romanzato che i mezzi di comunicazione hanno così zelantemente diffuso. Se speravamo di rovesciare il governo e mettere un freno alle politiche spietate di Crouch, adesso dubito che ne avremo l’occasione. Almeno fino a quando la risonanza del sacrificio di Amias basterà a distogliere l’attenzione dalle manchevolezze del Ministero, o fino alla prossima strage-
Il tono di Charlus era stato così tanto disgustato che Sirius aveva quasi temuto che vomitasse bile davanti a tutti. Non riuscì a trattenersi.
-Non abbiamo sbagliato. Dire la verità su Shacklebolt è stata la scelta giusta, era la cosa giusta da fare. Se loro hanno trovato il modo di sfruttare il sacrificio di quell’uomo per i loro scopi non è colpa nostra-
Gli sembrò che Charlus fosse in qualche modo sollevato dal sentirsi dire quelle cose, ma non gli sfuggì l’occhiata pensosa di Silente.
-Sirius ha ragione- intervenne Daniel, risoluto, -Non avevamo idea di cosa avrebbe potuto causare la decisione di consegnare la dichiarazione giurata, e di sicuro nessuno di noi si augurava che il suo sacrificio venisse sfruttato in modo tanto meschino dal Ministero, ma la nostra coscienza non avrebbe potuto essere pulita se non avessimo rischiato. Amias Shacklebolt è un eroe e la sua famiglia, i suoi amici meritavano di saperlo. Non mi pento della decisione che abbiamo preso-
Sirius lanciò uno sguardo a Fenwick, seduto tra Cora Fawley e Sturgis Podmore. Era rigido e scure occhiaie sporcavano il suo viso; la sua espressione era talmente tesa che avrebbe potuto essere quella di una maschera di cera. L’ex professore si rese conto dei suoi occhi puntati su di lui e lo fissò di rimando, tanto che Sirius si sentì gelare mentre il senso di colpa gli rodeva le viscere; si affrettò a spostare la sua attenzione su Silente, che aveva ripreso a parlare.
-Posso comprendere ciò che vi ha spinti a prendere questa decisione e sono più che convinto che Amias meritasse di essere riconosciuto per ciò che era, ma è innegabile che la decisione di rendere pubblico il suo ruolo ha messo in pericolo alcuni dei nostri piani e ha rischiato di mettere in pericolo la nostra copertura-
L’occhiata che Charlus rivolse al preside, Sirius non l’avrebbe mai dimenticata.
-Oh, Albus, non prendiamoci in giro: la nostra copertura è già compromessa. Metà degli Auror mi hanno chiesto come mai i miei figli e i loro amici finiscano sempre in mezzo alle battaglie, e sono più che certo che non siano stati individuati solo loro. Se sono stati riconosciuti dai ministeriali, puoi essere certo che anche i Mangiamorte abbiano colto un certo schema nelle identità dei civili presenti agli attacchi. Nell’ultimo anno due dei nostri sono stati torturati per ottenere informazioni su di noi e non possiamo escludere che abbiano parlato, anche se ci piace pensare che non l’abbiano fatto. Metà di noi sono bersagli a prescindere dal ruolo che ricoprono nell’Ordine della Fenice. Noi combattiamo per degli ideali, e mi rifiuto di venire meno ai miei principi. Sono già sceso a troppi compromessi-
Dopo lo sfogo di Charlus calò il silenzio per quella che parve un’eternità; tutti cercavano di evitare di guardarsi negli occhi, troppo imbarazzati da ciò a cui avevano assistito, e Sirius si sentì particolarmente stordito mentre lanciava uno sguardo di sbieco a un James che non riusciva a staccare gli occhi da suo padre.
Non era mai capitato prima che qualcuno si opponesse in quel modo al parere di Silente, in pubblico e con sfrontatezza. Nominalmente non c’era un leader nell’Ordine ma sapevano tutti chi fosse in realtà il capo e, se questo non fosse bastato, il preside possedeva quell’aura di autorevolezza che portava chiunque si confrontasse con lui a sentirsi automaticamente in soggezione. Certo, era capitato che durante i loro incontri privati con Silente alcuni esponenti dei Malandrini si rivolgessero a lui in modo un po’ irrispettoso, ma la situazione era completamente diversa: James e Sirius erano sempre stati in po’ arroganti e insubordinati, ma erano ragazzi e si rapportavano al preside su un piano completamente diverso rispetto a quello su cui si era posto Charlus con le sue parole. Non avevano mai davvero attentato alla sua autorità. Loro erano stati studenti riottosi tendenti a ribellarsi all’ordine costituito di fronte a un professore che aveva accolto i loro sfoghi con la benevolenza di un nonno comprensivo; l’Auror era un uomo fatto che stava sfidando Silente davanti ad altri adulti senza alcuna remora, da pari a pari, sfidando la sua leadership. E nessuno dei presenti avrebbe potuto ignorarlo.
Il silenzio si fece tanto pesante che alcuni cominciarono a muoversi sulle rispettive sedie, a disagio; la McGranitt aveva la stessa espressione di chi avesse pestato un escremento di dimensioni ragguardevoli, il faccione di Hagrid era rosso come se stesse per sputare vapore dalle narici. Elphias Doge studiava i due uomini con una ruga d’apprensione tra le sopracciglia e Mundungus Fletcher aveva acceso la sua pipa e spargeva fumo puzzolente attorno alla sua testa, mentre i piccoli occhietti vispi correvano tra Charlus e Silente. La signora Figg con le sue scarpette di feltro sembrava terribilmente fuori luogo mentre si stringeva le mani in grembo, e sua sorella era a disagio quanto lei anche se si sforzava di non dimostrarlo; Daniel e Marlene, come al solito, erano impassibili e come loro tutti gli Auror. Le loro espressioni erano dure e decise come quelle delle statue greche, come quelle che mostravano in battaglia probabilmente, e Sirius si chiese se fosse un senso di cameratismo a spingerli a schierarsi silentemente con Charlus o se fossero semplicemente d’accordo col loro capo ad interim. Dedalus Lux aveva preso a rigirarsi tra le mani il suo cappello strambo in un modo che a Sirius ricordò Cornelius Carmell, Fenwick teneva lo sguardo illeggibile fisso su Charlus e Podmore pareva non avere idea di come comportarsi, esattamente come Peter che aveva cominciato a mangiarsi le unghie. Caradoc non aveva perso niente del suo solito atteggiamento sereno e risoluto, come se ciò che era appena avvenuto non lo turbasse, mentre al suo fianco la sua collega era pietrificata nella sua posa più rigida; Edgar stringeva la mano della sua fidanzata con inconsueta forza, ma a parte questo i due sembravano semplicemente attendere che l’impasse finisse. Sarah, accomodata tra un Remus imperturbabile e un Chase decisamente più agitato, sfoggiava la stessa attenzione rapita che sarebbe stata di casa nell’osservatore di un duello serrato. Sirius dedicò un’occhiata a Lily, scoprendo nei suoi tratti una risolutezza simile a quella degli Auror, prima di tornare a guardare James. Prongs sprigionava talmente tanta ammirazione per suo padre che si meravigliò che non avesse preso a brillare di luce propria.
A essere sincero, Sirius capiva benissimo quello che stava provando James perché lo sentiva anche lui. Era un fuoco che aveva pensato di essersi lasciato alle spalle, nel tempo delle burle e delle frasi dirette sparate senza riflettere, nel tempo delle recriminazioni per le bugie agli innocenti e le omissioni agli alleati. Aveva creduto che finire la scuola e diventare parte attiva dell’Ordine avrebbe significato mettere via una parte del suo idealismo, quella che l’aveva spinto a essere insubordinato e strafottente dentro allo studio del preside di Hogwarts. Aveva creduto di dover scendere a compromessi e si era sforzato di accettarlo, anche se spesso era costretto a mordersi la lingua. Diventare membro dell’Ordine della Fenice aveva significato prendere atto del fatto che essere un soldato significava obbedire agli ordini, che gli piacessero o meno, e che in una guerra non sempre si agiva in modo giusto ma molto più spesso in modo conveniente.
La scelta di consegnare la memoria che avrebbe scagionato Shacklebolt era stata quasi un riscatto. E capiva di non essere l’unico, in tutto il gruppo, ad aver accettato quella scelta per ciò che era: loro erano i buoni e per una volta avevano fatto la cosa giusta, fino in fondo e completamente.
-Sono d’accordo, siamo in una condizione piuttosto precaria dopo le perdite subite e tutto ciò che i recenti eventi hanno comportato. Ciò significa che dobbiamo riorganizzarci-
Le parole di Silente risvegliarono ciascuno dei presenti dallo stallo in cui erano caduti; il preside aveva congiunto le mani sotto il mento e teneva lo sguardo puntato sul soffitto come se stesse riflettendo, ma Sirius ebbe la netta sensazione che stesse dando modo a i suoi auditori di riprendersi dal piccolo shock che avevano subito. La scelta di Silente di non rispondere all’attacco era stata talmente evidente da lasciare qualcuno con la bocca aperta, cosa che probabilmente il preside reputava divertente perché Sirius avrebbe potuto giurare che ci fosse un piccolo sorrisino sotto i suoi baffi.
-Quindi, quali sono le nostre opzioni adesso?-
 
Quella notte, mentre giaceva supino fissando il soffitto della sua stanza, non poté evitare di ripensare a ciò che era accaduto alla riunione. Nemmeno il respiro regolare e rilassato della donna che dormiva al suo fianco era riuscito a conciliare il sonno che per lui tardava a venire.
Erano stati giorni strani, quelli. Giorni pieni di ricordi e di dolore, di sguardi truci e pensieri contorti, di ansia e di preoccupazione. Il funerale di Shacklebolt aveva riportato a galla momenti difficili, i segni che il dolore aveva scavato sul viso di Kingsley l’avevano fatto tornare indietro nel tempo.
Si era sentito in colpa, terribilmente in colpa, nei confronti di Fenwick e di Kingsley, soprattutto di Kingsley: loro avevano saputo la verità, eppure avevano lasciato che un ragazzo si convincesse che suo padre fosse un traditore, un uomo malvagio. E be’, se solo pensava a cosa avrebbe provato lui se fosse stato convinto che James, o Remus, o Peter fossero diventati dei Mangiamorte… Quanto era stato crudele da parte loro nascondere una cosa simile? Quanto dolore avevano causato?
Certo, Amias Shacklebolt sarebbe morto comunque, ma non era questo il punto.
E Silente avrebbe voluto che, nonostante tutto, continuassero a mentire? Che Shacklebolt fosse seppellito e ricordato come uno squallido disertore, e per cosa? Per tutelare un segreto che forse era già stato svelato? Per rimanere nell’ombra ancora per qualche settimana, qualche mese? Quale onore avrebbero potuto conservare se avessero agito così, che giustizia avrebbero difeso?
Gli pareva evidente che Silente durante la riunione avesse lasciato correre per evitare di far nascere un vero e proprio scontro, ma era altrettanto evidente che lui e Charlus non si sarebbero mai trovati d’accordo su quella questione e che tutto ciò che avrebbero mai potuto raggiungere era un compromesso.
Era l’eterna lotta tra la morale e la necessità, tra il fare ogni giorno la scelta giusta e il raggiungere l’obiettivo del bene comune usando qualunque mezzo.
Sirius comprendeva che sconfiggere Voldemort fosse il fine ultimo, perché ogni giorno in più di vita per quell’uomo significava sofferenza e morte, ma era stato bello per un momento soltanto tornare a vedere la netta distinzione tra ciò che era giusto e ciò che non lo era; forse perché quell’idea semplicistica e ingenua del mondo rappresentava ciò che avrebbe potuto essere la sua morale se la guerra non l’avesse costretto a sporcarsi, se avesse potuto diventare come un tempo aveva sognato di essere: un uomo buono, totalmente. Sirius, non Black.
Prendere parte a quella guerra aveva condizionato la sua vita in modi che non aveva ancora compreso fino in fondo; non era solo battaglia e rischi, non era solo paura e sangue. Charlus aveva provato a mettere in guardia lui e James, ma loro erano stati testardi e forse un po’ ingenui nella loro ferrea convinzione di stare facendo la scelta giusta. Non che si fosse pentito di essersi unito all’Ordine, quello no, ma non aveva calcolato che avrebbe dovuto mettere in gioco anche la propria morale, oltre che la vita. Consegnare quel documento al Ministero aveva forse in parte redento la sua anima, le anime di tutti loro; era stato un modo per ricordarsi da che parte stavano, nonostante tutti loro si fossero sporcati un po’ nel processo che, si sperava, li avrebbe condotti a sconfiggere il male.
E ancora una volta era stato Charlus a incarnare ai suoi occhi l’ideale di persona che avrebbe voluto essere, che avrebbe potuto essere. L’Auror, come tutti loro ma forse anche un po’ di più, era stato costretto dagli eventi a compiere azioni che riteneva ignobili e a dover convivere ogni giorno con la sua coscienza; Sirius non avrebbe mai dimenticato come i suoi occhi si fossero abbassati sul pavimento per la vergogna quando aveva confessato ai suoi figli di cosa si era reso partecipe, la volta in cui era stata sacrificata una vita per consolidare la posizione della spia tra i Mangiamorte. Era uno spettacolo che avrebbe preferito non vedere mai più. Se qualcuno aveva bisogno di ricordarsi cosa significasse combattere per il giusto quello era Charlus, e la cosa migliore era che l’aveva ricordato a tutti loro.
Dorcas si voltò verso di lui, ancora addormentata, e Sirius si prese del tempo per studiare il suo viso rilassato. A parte quando si fermava a dormire lì non erano molte le occasioni in cui Sirius poteva prendersi la libertà di guardarla davvero, per il puro gusto di farlo, senza rischiare che una stoccata pungente lo raggiungesse.
Sembrava un’altra persona, quando dormiva. Forse la persona che sarebbe potuta essere se suo padre non fosse stato ucciso, se il bisogno di vendetta non l’avesse resa dura come l’acciaio. Non che Sirius si aspettasse che se le cose fossero andate diversamente lei non avrebbe deciso di lottare, di diventare un Auror o di unirsi all’Ordine, ma magari sarebbe stata… Diversa.
Non fu la prima volta in cui Sirius si chiese se l’avrebbe attratto ancora così tanto, in quel caso, ma fu la prima volta in cui si concentrò su quanto e in quanti modi diversi gli anni in cui erano nati e cresciuti avessero condizionato le loro vite, le vite di tutti. Si rese conto che era un ragionamento piuttosto stupido, perché era piuttosto ovvio che la società e la storia personale condizionassero la formazione di una persona, ma probabilmente l’influenza di ciò che aveva vissuto nei giorni passati sarebbe rimasta a offuscare la sua razionalità ancora per un po’ di tempo. Sospirò pesantemente e chiuse gli occhi, deciso a smettere di rimuginare.
 
-Buon compleanno!-
Il rumore dei boccali che si scontravano risuonò nel locale semivuoto; il tavolo attorno al quale erano radunati era uno dei pochi occupati al Paiolo Magico, dopotutto era un venerdì sera di novembre e di quei tempi poche persone si trattenevano a Diagon Alley fino a tardi.
Sirius si stampò sul viso un sorriso sfrontato prima di prendere un lungo sorso di Burrobirra; Mary, accanto a lui, pareva parecchio esagitata mentre gli faceva domande sui regali che aveva ricevuto. Probabilmente non era più abituato al suo fare allegro e ciarliero che gli stava provocando un terribile mal di testa. Remus, il viso ancora segnato dalla stanchezza per il recente plenilunio, era stato trascinato in una discussione su un qualche libro da Sarah mentre Caroline e Lizbeth stavano informando Lily sui più recenti trend sartoriali. Peter, al suo fianco, sgranocchiava patatine ascoltando James raccontare per l’ennesima volta di quanto era stata emozionante la sua unica partita giocata da Cercatore.
-Ah, da Lily ho ricevuto un fantastico disco di Lou Reed, perché continua a sostenere che dovrei ascoltare più autori americani; i ragazzi, invece, mi hanno regalato un paio di biglietti per le prossime partite del Puddlemore, e sono convinto che James segretamente speri che ci porti lui ma io non lo farò-
-Ehi! Dovrei essere il tuo migliore amico!-
-E questo dovrebbe essere il mio compleanno, non puoi farmi un regalo credendo seriamente che ne usufruirai, sarebbe come rubare a Rem e Pete!-
Remus sbuffò, distogliendo l’attenzione da Sarah.
-A me non importa davvero chi ci porti, per la cronaca. E, tecnicamente, non è più il tuo compleanno-
Sirius alzò gli occhi al cielo e buona parte degli astanti ridacchiarono.
-Se abbiamo spostato i festeggiamenti a oggi è solo perché il giorno del mio compleanno tu eri impegnato col lavoro-
Quella era una bugia, ovviamente; la luna piena quell’anno era capitata giusto il quindici novembre e, nonostante Remus avesse insistito perché lo lasciassero solo per festeggiare e fare il proprio dovere, ovviamente quella notte l’avevano passata tutti insieme nella loro forma animale, correndo per la foresta di Dean.
In realtà Sirius non aveva avuto una particolare voglia di far festa; Lily gli aveva detto qualcosa circa il fatto che fosse normale che il dolore si riacutizzasse in concomitanza con gli anniversari della perdita. Lui non aveva idea se fosse normale o meno, ma in quei giorni faceva davvero molta fatica a smettere di pensare al rapimento di Dorea; e sapeva benissimo di non essere l’unico a essere ossessionato dai ricordi dolorosi.
Vedevano ancora poco Charlus, al massimo un paio di volte a settimana; Moody non era ancora rientrato al lavoro e la pressione che l’opinione pubblica e i vertici del Ministero avevano posto sulle spalle dell’Auror che lo sostituiva sarebbe già stata sufficiente a sfiancare chiunque, ma Sirius sapeva che non era il lavoro a causare le nuove rughe sul viso di Charlus. L’uomo cercava di nasconderlo, ovviamente, ma i suoi occhi si erano fatti più simili a quelli dell’uomo disperato che aveva perso sua moglie un anno prima.
James, dal canto suo, da degno figlio di suo padre tentava di mascherare ciò che sentiva ma si era fatto taciturno e sfuggente; Lily era sempre più spesso a casa loro, almeno quando non era al Ministero, e Sirius ne era felice. Se c’era qualcuno che poteva far star meglio James quella era lei, non importava quanto questa constatazione potesse ferirlo.
-Allora, sono secoli che non ci vediamo. Che mi raccontate? Cosa state combinando delle vostre vite da adulti?-
Sirius bevve un nuovo sorso di Burrobirra dopo aver concluso la domanda, sorridendo conciliante. Era per quello che erano lì dopotutto, no?
-Oh, io ho dato una mano ai miei ad aprire il nuovo negozio e finalmente mia nonna si è convinta che non mi drogo. Ora pensa che io sia una specie di agente segreto del governo babbano, per via di tutte le omissioni e le risposte evasive, e che in questi anni ho studiato in un’accademia della Military Intelligence. Quando ha suggerito a papà che l’incendio probabilmente era stato causato dal controspionaggio lui si è quasi soffocato con il purè di pastinaca-
Tutti gli ex Grifondoro scoppiarono a ridere, come ogni volta in cui Mary raccontava uno dei suoi aneddoti sulla sua sospettosa nonna.
-Ti prego, dimmi che prima o poi ce la farai conoscere-
-Oh, sono sicura che penserà che siate tutti miei colleghi infiltrati. Dovrei procurarvi delle pistole false-
-Di fronte a questo le nostre storie impallidiscono, temo. Io faccio solo la commessa da Madama McClan- sospirò Caroline, apparendo evidentemente delusa.
-Be’, suppongo dipenda dal punto di vista. È stato parecchio movimentato da queste parti nei mesi scorsi-
Caroline fu scossa da un brivido.
-Fortunatamente non ero di turno l’ultima volta, quando c’è stato l’attacco alla Gazzetta. Voi eravate qui?- domandò poi, rivolgendosi ai due Malandrini. Remus annuì con aria grave.
-Sia io che Peter stavamo lavorando, e la cosa assurda è che c’erano anche loro- rispose, accennando ai posti occupati dai suoi amici.
-Non è poi tanto assurdo, avevamo appuntamento per venire a cenare qui insieme!- ribatté James, punto sul vivo. Lizbeth ridacchiò.
-Mi sono spesso chiesta se foste una specie di calamita per i guai, sempre in mezzo alle situazioni più pericolose-
-C’erano almeno una cinquantina di persone a Diagon Alley quel pomeriggio, eh. Non è come se ce la fossimo andata a cercare- le rispose Sirius, una lieve nota di sarcasmo di fondo.
-Comunque a parte stare in luoghi in cui non dovremmo essere io e Sirius non facciamo granché. Ci siamo presi un anno per scegliere cosa fare da grandi, quindi ce ne andiamo a zonzo per il Regno unito e dormiamo fino a tardi, o veniamo a trascinare questi due via dal lavoro prima del previsto-
La facciata da sbruffone di James era stata quasi credibile; era parso terribilmente simile al se stesso quindicenne, almeno per chi non lo conoscesse abbastanza da notare le crepe nella sua maschera.
-Non vi annoiate?- domandò Lizbeth, giocando con una ciocca di dei suoi lunghi capelli.
-Annoiarci, noi? Liz, forse abbiamo passato troppo tempo separati- rispose Sirius, ridacchiando, -E comunque, avere un impegno fisso è sopravvalutato-
Lei sbuffò.
-Ah, questo lo so bene. Soprattutto se consiste nel servire in un pub-
-Hai cominciato a lavorare nel locale dei tuoi, quindi?-
-Sì, Lily, ed è davvero sfiancante. Quando non ci sono clienti mia madre mi trascina in cucina per insegnarmi i suoi trucchi, ora si è messa in testa che dovrei prendere il suo posto. Vi ricordate quanto facessi schifo a Pozioni, vero? Secondo voi potrei davvero gestire la cucina? Senza contare che io odio quel posto-
-Non ti piace lavorare al pub?- domandò Remus con la sua consueta gentilezza; Lizbeth rispose con un verso sprezzante.
-Avete idea di quanto sia sperduta Tinworth? Cioè, io voglio bene ai miei genitori, ma non ho studiato sette anni a Hogwarts per fare la cuoca nel pub di un villaggio semi-magico! Vorrei… Fare qualcosa di più, ecco-
Lily le dedicò uno sguardo comprensivo.
-Capisco che sia difficile tradire le aspettative dei tuoi, ma se davvero vuoi fare altro nella tua vita dovresti provarci. Darrell cosa ne pensa?-
Fu breve, istantaneo, ma Sirius colse comunque il lampo di rabbia che passò negli occhi della sua compagna di scuola.
-Darrell mi ha lasciata. A quanto pare non avevo capito quali erano i suoi propositi. Non aveva alcuna intenzione di continuare a vedermi una volta fuori da Hogwarts, soprattutto quando ha capito che sarei finita a fare la factotum in un locale dimenticato da Merlino-
Sarah, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, rivolse uno sguardo comprensivo a Lizbeth.
-Mi dispiace, Liz, davvero-
Lei scosse la testa di rimando.
-A me no. Sono stata una sciocca a non capire che tipo fosse, davvero, ma ormai è andata. Ma noi dovremmo essere qui per divertirci, non per commiserarci. Che ne dite di un altro giro?-
Tutti approvarono con sorrisi posticci, impazienti quanto Lizbeth di mettere da parte quell’argomento spinoso. Sirius non riuscì a evitare di lanciare uno sguardo significativo a James: quella serata era stata un fallimento.
 
Note:
mi scuso per il giorno di ritardo, è un periodo sfiancante per me.
London Docklands è il nome di una porzione del vecchio porto di Londra, uno dei più grandi porti del mondo fino alla metà del '900; comprende diversi quartieri ed è stato rivalutato a partire dagli anni '80, adesso è diventato una zona piena di vita, grattacieli e quant'altro.
Il disco che Lily regala a Sirius è Street Hassle, album di consacrazione dell'artista statunitense come idolo punk; è stato pubblicato nel febbraio del '78.
La Military Intelligence è il servizio segreto britannico, e spero che tutti voi ricordiate la simpatica nonnina complottista di Mary!
Mi sembra non ci sia altro da specificare, ma se avete domande io sono sempre a disposizione!
Grazie per aver letto (e per aver aspettato)!

 

 
   
 
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