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Autore: QueenVictoria    15/07/2019    25 recensioni
I Cavalieri d’Oro vengono richiamati al Santuario per una riunione straordinaria, questa volta partecipa anche Mu dell’Ariete che torna in Grecia di sua spontanea volontà per sondare la situazione. Ambientata due anni prima dell’inizio della serie classica, questa storia vedrà l’incontro tra i Cavalieri d’Oro in un momento in cui la situazione al Santuario è molto tesa; una breve missione li porterà in viaggio in Asia Centrale e li costringerà a interagire e confrontarsi tra loro.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia, Pisces Aphrodite, Virgo Shaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III




 
Com’era difficile emergere dal mare caldo e buio che lo avvolgeva. Dov’era? Si sentiva completamente stordito. Cos’era successo?
 
All’improvviso le immagini della battaglia gli tornarono alla mente nitide in tutta la loro violenza: il Santuario, i tre guerrieri, il combattimento. Era stato ferito, ricordò l’urto contro la parete rocciosa, le pietre che gli franavano addosso. Lo sforzo del richiudersi le ferite principali, la sensazione della mano del Maestro sulla spalla a fargli coraggio. Poi nulla, doveva aver perso i sensi steso sulla scalinata.
 
In seguito, solo sensazioni confuse. Un vento gelido gli aveva sferzato il viso, qualcosa lo aveva pizzicato in diverse parti del corpo provocandogli un forte dolore. Ricordava di essersi svegliato per qualche momento, adagiato sulla pietra. Un ragazzo dai lunghi capelli blu gli parlava, ma la sua voce arrivava ovattata. Era sicuro di conoscerlo. Ma chi era? Sopra di loro le travature del soffitto della Prima Casa, pulviscolo nell’aria. Da fuori, le grida e il rumore della battaglia. Poi di nuovo il buio.
 
Ma dov’era, adesso? Si rese conto di essere adagiato su un letto morbido, coperto da lenzuola pulite. Qualcosa di fresco sulla fronte gli dava sollievo, un leggero profumo di rose aleggiava nell’aria. Attorno, un confortante silenzio.
 
Aprì gli occhi cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante. Non riconosceva quel luogo.
 
“Ben svegliato. Come ti senti?”
 
Un giovane era seduto sul bordo del letto e, chino su di lui, gli tamponava il viso con un panno bagnato.
 
Ancora imbambolato guardò il volto di quello sconosciuto; i lineamenti delicatissimi che lo rendevano perfettamente androgino, i lunghi capelli indaco, gli occhi di un turchese quasi irreale.
 
“Mi chiamo Aphrodite,” disse questi precedendo la sua domanda “e questa è la Dodicesima Casa dei Pesci della quale io sono custode. Quando hai perso i sensi si è pensato che questo fosse il luogo più adatto per lasciarti riposare, in quanto più lontano dall'inizio della scalinata. In caso di un nuovo attacco qui saresti stato al sicuro.”
 
Una bacinella era posata su un basso comodino accanto al letto, era piena di acqua sulla cui superficie galleggiavano alcuni petali di rosa vermigli. Il giovane vi immerse il panno e lo strizzò.
 
“Chiudi gli occhi, ti sciacquo il viso.”
 
L’Ariete obbedì, un po' intimidito dalla situazione. Non era abituato a quelle attenzioni.
 
Aphrodite gli passò delicatamente il panno bagnato sugli occhi, il volto e il collo.
 
“Ecco qui, non hai fatto altro che agitarti e sudare. Un po' di fresco ti farà stare meglio.”
 
Mu cercò di muoversi. Una fitta di dolore gli attraversò il corpo.
 
“Chi mi ha portato qui?” chiese con un filo di voce.
 
“Quando sei svenuto gli altri erano ormai arrivati vicino a te. Mentre lo coprivano, Aldebaran, ti ha portato in braccio lungo la scalinata per metterti al sicuro nella Casa dell’Ariete. È lì che hai ricevuto le prime cure. Dopo il combattimento ti hanno portato qui e ti hanno vegliato a turno. Io sono rientrato poco fa da una missione.”
 
“Capisco… ma… quanto ho dormito?”
 
“Solo poche ore, stai tranquillo,” sorrise l’altro, comprendendo il suo disagio.
 
“Devo farti i miei complimenti,” continuò poco dopo il Cavaliere dei Pesci “ho saputo che hai sostenuto un bel duello. Mi hanno detto che hai materializzato polvere di stelle. È vero?”
 
Mu annuì lentamente, confuso da quel discorso.
 
“Che cosa elegante! Sai, io adoro la bellezza, in tutte le sue forme.”
 
“Capisco…” mormorò un po’ spiazzato da quell’affermazione di cui non era molto convinto di aver afferrato il senso.
 
“Non spaventarlo con questi discorsi o penserà che siamo tutti fanatici come te.” Una voce arrivò dalla stanza vicina.
 
Aphrodite alzò gli occhi al cielo per un momento e, voltandosi verso la porta, fece un gesto teatrale con la mano come per scacciare quelle parole.
 
Mu guardò in quella direzione, due Cavalieri erano fermi sulla soglia.
 
“Mi chiamo Camus,” disse il ragazzo che aveva appena parlato, mentre entrava nella stanza “sono Cavaliere dell’Aquario e custode dell’Undicesima Casa. Vedo che ti sei svegliato.”
 
Muovendosi con cautela, l’Ariete si mise a sedere, fu colpito da un improvviso giramento di testa che lo fece quasi ricadere all'indietro. Sostenendosi con le braccia, chiuse gli occhi un momento per riprendersi, poi li riaprì lentamente verso i due nuovi arrivati.
 
“Quell'ustione sulla guancia è colpa mia, mi dispiace,” continuò Camus.
 
Mu si toccò istintivamente il viso in corrispondenza di quella piaga, della quale, in verità, non si era ancora accorto.
 
“Il bruciore diffuso che senti è invece colpa mia,” disse l’altro cavaliere avvicinandosi anch’egli al letto. Era il ragazzo dai capelli blu che aveva visto appena aperti gli occhi nella Prima Casa.
 
“Sono Milo, Cavaliere dello Scorpione e custode dell’Ottava Casa. Ci siamo conosciuti tanti anni fa,” si presentò questi prima di continuare “Sembrava che con il freddo non ti svegliassi e ho punto i tuoi punti vitali pensando che quel dolore forse ti avrebbe scosso. Temo di averli infiammati un po’.”
 
“Non dovete scusarvi, anzi, sono io a dovervi ringraziare. Mi avete salvato la vita. Vi ho sentiti entrambi, anche se non vi avevo riconosciuti; è grazie a voi se ho ripreso i sensi.” Sì, la sensazione di freddo e della morsa di dolore che lo avevano scosso erano davvero opera loro.
 
“Quando siamo arrivati alla Prima Casa eri privo di coscienza e perdevi molto sangue. Aldebaran ha detto che durante il combattimento sei riuscito a trattenere da solo l’emorragia, ma ovviamente una volta svenuto non eri più in grado di farlo. Per questo abbiamo cercato di svegliarti. Aiolia comunque è riuscito a curati le ferite più gravi, ha detto che ti eri già richiuso l’arteria femorale da solo.”
 
“Sì, con i miei poteri non è difficile. Ma ero preso un po’ male e mi sono mancate le forze per fare altro. Temo di non aver combinato molto, oggi.”
 
“Beh, non direi, sei riuscito a dirci dove si nascondevano i nemici e permetterci di colpirli. Mi è piaciuta la freddezza con la quale ti sei battuto,” disse Camus “essere attaccati da tre persone contemporaneamente non è uno scherzo.”
 
L’altro scosse leggermente la testa, un po’ mortificato per dover ammettere una sua mancanza “Non so come, ma hanno inibito il mio teletrasporto. Me ne sono accorto all’ultimo momento e non sono riuscito a muovermi abbastanza in fretta. Mi sono fatto cogliere di sorpresa. È stato un mio errore, in realtà.”
 
“Ciò non toglie che ti abbiano attaccato in tre assieme, erano persone senza onore.”
 
Mu annuì, ancora avvilito ma grato per quella comprensione.
 
Guardò le braccia dove era certo di aver avuto delle ferite, erano perfettamente chiuse e quasi non se ne vedevano le cicatrici. Doveva essere opera delle proprietà curative di Aiolia.
 
“Ci sono stati altri feriti?”
 
“Niente di grave. Aldebaran e Aiolia hanno delle leggere contusioni. Aiolia è stato colpito di striscio ma gli hanno solo staccato un pezzo del diadema,” disse Milo.
 
“Cosa è successo dopo che ho perso i sensi? Siete riusciti a catturarli?”
 
“Non hanno voluto arrendersi” rispose Milo “hanno continuato ad attaccare fino all’ultimo. Sono morti tutti e tre, i loro cadaveri sono stati portati su al Tredicesimo Tempio per tentarne l’identificazione. Hanno delle armature piuttosto rozze. Shaka ha riconosciuto delle iscrizioni che vi sono incise sopra, ha detto che erano delle preghiere verso … boh, qualche dio che conoscono in Asia.”
 
“Indra, il dio si chiama Indra,” intervenne Camus mentre l’altro alzava le spalle “in ogni caso,” continuò “non c’è stato nessun modo di dialogare con loro. Hanno voluto solo combattere. Shaka ha accennato a qualcosa che aveva scoperto in una missione recente, poi è andato a riferire al Sommo Sacerdote. Credo sia ancora lì. La nostra riunione avrà luogo domani mattina come previsto; allora verremo aggiornati sulle Sue decisioni.”
 
Mu annuì ancora, meditando su tutte quelle informazioni; si rese conto però che il solo tenere gli occhi aperti per quei pochi minuti lo avevano stancato terribilmente.
 
“Adesso è meglio se ti riposi,” disse Aphrodite avvicinandosi di nuovo al letto “per questa notte abbiamo dei turni di guardia, ma ne sei stato dispensato. Penso sia meglio tu rimanga direttamente a dormire qui.”
 
“A dire il vero preferirei tornare alla Prima Casa” replicò l’Ariete appoggiando la testa sul cuscino “però… in effetti vorrei riposare ancora un po’.”
 
“Ti lasciamo tranquillo, se ti serve qualcosa io sono nel giardino qui fuori,” disse l’altro mentre gli sistemava le lenzuola.
 
Gli altri Cavalieri lo salutarono e uscirono dalla stanza. Mu chiuse gli occhi e, senza quasi accorgersene, sprofondò immediatamente nel sonno.
 
 
 
 
 
Quando, dopo poche ore, si svegliò, sentì di aver ripreso in gran parte le forze e che i dolori erano diminuiti considerevolmente. Lentamente si mise a sedere sul letto, le mani strette sul bordo, i piedi scalzi a contatto con il pavimento freddo. Bene, la testa non girava più.
Si guardò attorno; la luce rossastra del tramonto entrava dalla finestra e una leggera brezza muoveva le sottili tende che la ornavano. La porta della camera era stata lasciata aperta, forse per creare un po’ di corrente per contrastare il caldo della giornata estiva.
 
Sentì delle voci lontane provenire dall’esterno. Si alzò e uscì nella stanza attigua già immersa nella penombra. La struttura dell’edificio non era dissimile da quella della Prima Casa ma l’arredamento era di gusto decisamente diverso, semplice ma molto raffinato. Attraversò la sala, nella quale si respirava un leggero profumo di cannella, dirigendosi verso una portafinestra incorniciata da due lunghe tende.
Le voci tacquero nel preciso istante in cui uscì, ma fu talmente stupito da ciò che vide davanti a sé che quasi non se ne accorse.
 
Il giardino era molto più grande di quanto si fosse aspettato, lungo il perimetro, crescevano rigogliosi diversi rosai creando quasi delle pareti di foglie e di fiori.
 
Aphrodite li stava innaffiando con cura soffermandosi di tanto in tanto ad ammirarli.
 
Sulle gocce d’acqua rimaste tra le foglie e sui petali, brillava l’ultima luce del sole.
 
“Ti sei alzato, finalmente!” disse all'improvviso una voce alle sue spalle.
 
Mu, colto di sorpresa, si girò di scatto. Un Cavaliere, in piedi con le braccia conserte, lo guardava con un sorriso molto più simile a un ghigno che altro.
 
“Lui è Death Mask del Cancro, custode della Quarta Casa.” Lo presentò Aphrodite avvicinandosi con ancora l’innaffiatoio in mano.
 
“Finalmente ho il piacere di conoscerti” continuò il Cavaliere del Cancro “non ti ho mai visto qui prima d’ora.”
 
“Piacere mio. Effettivamente manco da diversi anni,” rispose Mu.
 
“Sei tornato proprio nel momento giusto per prenderti una bella bastonata, eh?” Disse l’altro ridendo sguaiatamente.
 
Aphrodite si lasciò sfuggire un sospiro e dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio chiese a Death Mask di accendere le lampade a olio ai lati della porta.
 
“Sono belle, vero?” disse poi a Mu indicando le sue rose “quelle di questi rosai non sono pericolose, puoi anche toccarle se vuoi. Non avvicinarti a quelle che crescono nel giardino là in fondo, oltre l’angolo della casa. E se dovessi vederne lungo la scalinata che porta da qui al Tredicesimo Tempio, tienitene assolutamente lontano.”
 
L’Ariete annuì. Tanti anni prima, Shion gli aveva raccontato della capacità del Cavaliere del segno dei Pesci di materializzare rose tanto belle quanto letali; alcune erano semplicemente avvelenate e uccidevano chiunque ne inalasse il profumo, altre erano come piranha e divoravano tutto ciò con cui venivano a contatto, altre ancora risucchiavano il sangue delle sue vittime attraverso lo stelo. Gli aveva anche parlato del Cavaliere dei Pesci che aveva combattuto al suo fianco nell’ultima Guerra Sacra; questi era stato talmente tanto tempo a contatto con quei fiori avvelenati da averne assorbito il veleno nel sangue e nei tessuti della pelle, diventando anch’egli un’arma pericolosa ed essendo costretto a vivere isolato dagli altri. Aphrodite per fortuna non sembrava avere questo problema.
 
“Mi fa piacere vedere che stai meglio.” La voce dell’altro lo distolse dai sui pensieri.
 
“Grazie. Sì, sto decisamente meglio. Ti ringrazio ancora per l’ospitalità. Adesso credo che dovrei tornare alla Prima Casa.”
 
“Sei sicuro di non volerti fermare qui?”
 
“Ti ringrazio, ma davvero, penso di averti già dato troppo disturbo.”
 
“Nessuno disturbo, ma fai come preferisci. Vorrei regalarti qualche rosa da portare giù da te ma credo sia meglio aspettare ancora un paio di giorni, quando inizieranno a sbocciare. Domani o dopodomani sarà il momento ideale per coglierle, te ne darò qualcuna da portare alla tua Casa, se ti fa piacere.”
 
“Non disturbarti… ” cercò di rifiutare.
 
“Ci tengo. Davvero. Accettalo come regalo di bentornato. Tra qualche giorno te le porterò.”
 
Mu si arrese davanti a quella cordialità, troppo ostentata per non sembrare falsa, che suo malgrado era costretto ad accettare.
 
Ringraziò ancora Aphrodite e si accinse a salutare entrambi i Cavalieri.
 
“Vengo giù anch’io,” disse inaspettatamente Death Mask “che se succede ancora qualcosa è meglio che ognuno sia al suo posto.”
 



Veduta notturna delle Dodici Case dello Zodiaco.




I due lasciarono la Casa dei Pesci e cominciarono a scendere verso le rispettive dimore. Anche se il sole era ormai quasi completamente tramontato, dalla pietra saliva ancora il calore del sole pomeridiano.
Il buio stava già iniziando a inghiottire il versante più lontano della valle e, lungo la scalinata delle Dodici Case dello Zodiaco, i soldati stavano accendendo una dopo l’altra numerose fiaccole a illuminare il percorso. Presso i templi venivano accesi i bracieri che ne avrebbero illuminato ingresso e deambulatorio per tutta la notte.
 
Milo e Camus, seduti sugli ultimi gradini davanti alla Casa dell’Aquario, chiacchieravano sottovoce attendendo il fresco portato dal vento della sera. Appena Death Mask e Mu si avvicinarono, i due cavalieri si alzarono e andarono loro incontro per informarsi sulle condizioni di quest’ultimo. Rimasero a chiacchierare per alcuni minuti e poi si salutarono.
 
Death Mask e Mu continuarono la loro discesa lungo la scalinata silenziosa. Giunti davanti alla Casa del Capricorno, l’Ariete si fermò sulla soglia ma l’altro entrò direttamente facendo segno di seguirlo.
 
“Vieni, vieni, Shura non è ancora tornato,” disse mentre si addentrava nel colonnato “possiamo passare senza chiedere a nessuno.”
 
Attraversare la Casa del Sagittario mise una grande malinconia nel cuore di Mu; l’ultima volta che vi era entrato, tanti anni prima, Aiolos lo aveva aspettato sulla porta sorridendo mentre guardava lui e gli altri bambini salire di corsa gli ultimi scalini. Il Cavaliere del Cancro, che lo guardava di sottecchi, percepì il mutamento del suo stato d’animo.
 
“La casa del traditore, eh?” borbottò, forse per vedere una sua reazione.
 
“Questa mattina, quando sono arrivato, ho visto che molte Case erano deserte,” disse l’Ariete dopo qualche minuto per spezzare il silenzio.
 
“Sì beh, immagino,” rispose l’altro “in realtà alcune lo sono sempre; la Casa del Sagittario è rimasta vuota undici anni fa, il Cavaliere dei Gemelli è in una lunga missione per conto del Sacerdote, quello della Bilancia se ne sta imboscato da duecento anni da qualche parte in Cina a fare non si sa cosa per Athena, in pratica qui non l’ha mai visto nessuno, e anche tu sei mancato per anni. Poi a periodi il Sacerdote ci spedisce in giro, nell’ultima settimana non c’eravamo neanche io e Aphrodite. Shura credo torni ‘sta notte.”
 
Nel frattempo avevano raggiunto la Sesta Casa.
 
“Anche qui non c’è nessuno,” constatò Death Mask “Shaka è stato a lungo a parlare con il Sacerdote e poi si è rintanato in biblioteca, si vede che è ancora lì. Scommetto che anche la prossima Casa sarà deserta, Aiolia lascia sempre la postazione quando non è di guardia. Se questo è l’impegno che ci mettiamo nel difendere il Santuario… siamo proprio a posto!” concluse ridendo nella solita maniera un po’ rozza.
 
Mu accennò un sorriso di circostanza, rammaricato di non poter incontrare i due Cavalieri e ringraziarli per l’aiuto ricevuto nel combattimento.
 
Quando arrivarono alla Casa del Cancro, Death Mask lo accompagnò fino all’uscita attraversando il lungo corridoio quasi totalmente immerso nel buio. I due camminavano fianco a fianco in silenzio quando a un tratto si udì un lieve lamento. Mu d’istinto si fermò guardandosi attorno.
 
“Ti consiglio di venire avanti,” disse l’altro tirandolo in malo modo per un braccio “a meno che tu non voglia intrattenerti con i miei souvenir,” continuò con tono canzonatorio.
 
L’Ariete obbedì ma, ora che gli occhi si erano abituati alla poca luce, iniziò a distinguere dei volti che spuntavano dalle pareti, come appartenessero a persone immerse nella pietra. In gran parte tenevano gli occhi chiusi, ma alcuni sembravano seguirlo con lo sguardo. Alcune teste spuntavano anche dal pavimento, subito dietro al fitto colonnato che fiancheggiava il percorso. Un senso di angoscia lo invase, erano dunque vere le voci che aveva sentito su di lui? Conservava davvero le teste delle sue vittime impedendo alle loro anime di raggiungere l’aldilà? Possibile che il Santuario permettesse a uno dei suoi cavalieri di fare una cosa del genere?
 
Arrivarono finalmente all’uscita, dove incontrarono quattro soldati che avevano appena terminato di accendere la fiaccole davanti alla facciata della Casa. Il Cancro fece loro segno di passare e questi obbedirono addentrandosi nell’edificio con passo sostenuto per poi iniziare a correre dopo solo pochi metri.
 
A Death Mask scappò un’altra risata “Guarda come se la fanno sotto! Quando passano di qua, attraversano sempre di corsa.”
 
Dopo aver salutato il Cavaliere del Cancro, Mu si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Quel ragazzo gli aveva dato una sensazione sgradevole, facendolo sentire a disagio per tutto il tempo.
 
Continuò a scendere da solo quella scalinata che sembrava non voler finire mai e, dopo pochi minuti, raggiunse la Casa dei Gemelli. Attraversare quell’ambiente semibuio gli infuse un senso di inquietudine, ci fu un momento in cui ebbe anche la netta sensazione di essere osservato, come se qualcuno, nascosto tra le colonne, lo stesse spiando. Quella sensazione svanì appena uscito dall’altro lato della Casa.
 
Finalmente raggiunse la Casa del Toro.
 
“Amico mio! Che piacere rivederti in piedi!” esclamò Aldebaran andandogli incontro non appena lo vide. Avrebbe voluto abbracciarlo ma temeva che le corna e gli spuntoni che ornavano le due armature non lo avrebbero reso molto piacevole, quindi si limitò ad appoggiargli affettuosamente una mano sulla spalla. L’Ariete ricambiò il gesto, sorridendo.
 
“Ti devo la vita,” disse Mu “sei sceso per venirmi a prendere rischiando di essere colpito anche tu.”
 
“Figurati. Lo avresti fatto anche tu se fossi stato al mio posto. Stai bene?”
 
“Si. Grazie. Mi sono rimesso perfettamente.”
 
“Hai mangiato qualcosa?”
 
Mu scosse la testa, mentre il suo stomaco gli ricordò all’improvviso di essere a digiuno dall’alba, quando aveva fatto colazione assieme a Kiki.
 
“Vuoi fermarti da me? Alle ancelle è scivolato un po’ di spezzatino in più nella pentola…” propose il Toro, strizzando un occhio.
 
L’Ariete accettò con piacere, sapeva che l’amico era stato in pena per le sue condizioni e, soprattutto, che quella porzione eccessiva di cena era stata in realtà preparata apposta per lui.
 
I due cenarono assieme nella piccola cucina della Seconda Casa, chiacchierando come non facevano da molto tempo.
 
Aldebaran era l’unico dei Cavalieri d’Oro con il quale Mu era rimasto in contatto negli ultimi anni. Questi amava molto viaggiare per l’Asia soprattutto in Paesi come India, Cina e Tibet. Per questo motivo gli venivano affidate spesso missioni in quelle zone, avevano avuto quindi molte occasioni per incontrarsi lontano dagli occhi indiscreti del Santuario.
 
“Posso chiederti cosa ti porta qui dopo tanti anni?” domandò a un certo punto il Toro mentre prendeva dalla credenza una bottiglia di liquore. “Pensavo mi avresti affidato la solita lettera di scuse per l’assenza alla riunione, assieme a quella di Dohko. Hai sempre detto di sentirti un pesce fuor d’acqua, qui.”
 
Mu si aspettava quella domanda e sorrise, pensando alla risposta che avrebbe dato.
 
I Cavalieri d’Oro erano obbligati a rispondere sempre alle chiamate del Santuario, in caso contrario sarebbero stati passibili di accusa di tradimento. Quelli davvero impossibilitati a presenziare dovevano inviare una lettera di scuse al Sommo Sacerdote spiegando dettagliatamente il motivo della loro assenza. Dohko si era sempre detto impegnato nella sua missione segretissima affidatagli da Athena stessa e Mu aveva ogni volta risposto di essere troppo occupato dai lavori di riparazione delle sacre armature.
L’impegno in missioni affidate dal Santuario o dalla Dèa, era l’unica motivazione accettata, ogni altra giustificazione non sarebbe stata presa in considerazione e avrebbe portato direttamente all’accusa di tradimento con la conseguente pena di morte.
 
Le leggi del Santuario erano molto chiare; ai membri dell’esercito di Athena, fossero Cavalieri o semplici soldati, era richiesta la più completa devozione oltre all’obbedienza assoluta. Numerose persone erano state condannate a morte in quegli anni; i casi di tradimento e disobbedienza erano stati talmente tanti da far sorgere il sospetto si trattasse spesso di accuse fatte con troppa leggerezza. Inoltre, tutto si consumava in un eccessivo silenzio.
 
Per questo motivo Mu non aveva mai ritenuto di raccontare ad Aldebaran ciò che sapeva e, ancora meno, ciò che sospettava. Mettere una pulce del genere nell’orecchio a qualcuno equivaleva a metterlo in pericolo, soprattutto se si trattava di una persona onesta come lui.
 
Era un bravo ragazzo, Aldebaran, sincero e discreto; lui e Dohko, erano gli unici amici fidati che aveva. In quegli anni gli aveva chiesto una sola volta il motivo del suo allontanamento dal Santuario e Mu aveva risposto con quella frase “mi sento un pesce fuor d’acqua”. Il Toro aveva compreso non si sentisse di parlare delle vere motivazioni, si era accontentato di quella risposta apparentemente evasiva. Sì, solo apparentemente, perché una risposta come quella era invece di per sé piuttosto significativa. E di molte cose.
 
Con quella frase Mu gli aveva rivelato che la sua assenza non era veramente motivata da un impegno lavorativo, ma da una volontaria disobbedienza; sapevano entrambi che condividere un’informazione del genere con la persona sbagliata avrebbe potuto costargli la vita. Aldebaran aveva preso atto di quella grande fiducia nei suoi confronti, che mai avrebbe tradito, e ne era stato lusingato. Non era contento del fatto che il suo amico gli nascondesse qualcosa, ma aveva compreso si trattasse di una motivazione personale molto delicata.
 
Ora, a distanza di anni, gli aveva ripetuto in qualche modo la stessa domanda, anche se senza pretese.
 
“Questa volta ho deciso di partecipare, per quanto continui a sentirmi un pesce fuor d’acqua,” aveva risposto Mu “ho deciso di incontrare gli altri Cavalieri e conoscerli. Per quello che ne so, sei l’unico di cui mi possa fidare. Diciamo che vorrei capire come stanno andando avanti le cose qua dentro. E poi era anche ora che mi facessi rivedere, no?”
 
Il Toro sorrise, annuendo leggermente con il capo. Soppesò per qualche minuto quelle parole e poi rispose con quella che sembrava essere una frase di circostanza.
 
“Capisco.”
 
In quelle poche parole avevano rinnovato la loro reciproca fiducia.
 
 
***

 
 
Era ormai notte quando Mu raggiunse la Prima Casa. Una volta entrato, si tolse l’armatura e si distese sul letto. Per quanto avesse dormito diverse ore nel pomeriggio, cominciava a sentirsi di nuovo stanco.
 
Cercò di riordinare i pensieri e riflettere sugli avvenimenti della giornata.
 
Dopo undici anni era tornato al Santuario, e un nemico aveva scelto proprio quel giorno per attaccare. Per quanto l’avvenimento potesse sembrare una coincidenza un po’ strana, non riusciva a immaginarlo come frutto di un complotto nei suoi confronti. Altri Cavalieri lo avevano affiancato in combattimento, si erano adoperati per aiutarlo durante lo scontro e si erano presi cura di lui quando non era cosciente. Inoltre aveva trascorso il pomeriggio dormendo alla Dodicesima Casa, senza nessuno che lo sorvegliasse realmente. Se il falso Sacerdote avesse voluto la sua morte, avrebbe avuto molte occasioni per farlo uccidere senza problemi. Al momento doveva avere altre intenzioni.
 
In proposito ripensò ad Aphrodite e Death Mask. Il Cavaliere dei Pesci era stato molto cortese con lui ma non gli aveva dato l’idea di essere una persona molto sincera, anche se non aveva percepito niente di minaccioso da parte sua. Death Mask invece gli aveva fatto una pessima impressione, aveva anche la netta sensazione che avesse voluto scendere dalla Dodicesima Casa assieme a lui più per controllarlo che altro. Ma, d’altra parte, un po’ di diffidenza nei confronti di qualcuno che era mancato dal Santuario per anni, era del tutto normale.
 
 
Si mise seduto, incrociando le gambe davanti a sé. Concentrandosi, attivò leggermente il cosmo, cercando di tenere un livello basso per non farlo percepire dagli altri Cavalieri; usò giusto il minimo indispensabile per raggiungere Dohko, a Goro-Ho, tramite il canale telepatico. Il vecchio maestro, che era sempre all'erta, rispose subito. Mu gli raccontò gli avvenimenti della giornata, le impressioni sugli altri cavalieri e il suo rammarico per il combattimento dove, per un errore da principiante, aveva rischiato di rimetterci la vita.
 
Dohko, pur stando sempre seduto davanti alla cascata, era in grado di percepire a distanza molti avvenimenti e, per quanto non ne conoscesse i dettagli, era già al corrente della battaglia. Anche il vecchio era convinto che quell’attacco fosse solo una coincidenza, e non una cospirazione contro di lui, ma gli raccomandò lo stesso molta prudenza in quell’ambiente dove non poteva fidarsi di nessuno. Parlarono ancora per qualche minuto, scambiandosi le loro considerazioni personali, poi si salutarono.
 
Mu si stese di nuovo sul letto, questa volta con l’intenzione di dormire. La chiacchierata con Dohko lo aveva rincuorato, e mentre si addormentava, ringraziò gli dèi per aver vicino una persona che, per quanto lontana, cercasse di prendersi cura di lui.
 
 
 
 
 
Quanti anni aveva quando era successo? Sei, forse sette.
 
Per la prima volta era riuscito a materializzare il Crystal Wall. Era troppo rigido, in verità, discontinuo e imperfetto. Probabilmente non sarebbe stato in grado di reggere neppure all’attacco di un altro bambino. Ma era stato un grande traguardo per lui che, finalmente, era riuscito a dare una forma fisica a quella forza che sentiva bruciare dentro di sé, quel cosmo di cui parlava sempre il Maestro e che finora aveva usato solo per tirare pugni ad alberi e rocce. Quello era stato il primo passo per diventare un vero Cavaliere.
 
Con il cuore gonfio di orgoglio aveva guardato Shion, il quale si era avvicinato sorridendo e gli aveva posato una mano sulla spalla. Non aveva mai dimenticato quel sorriso a mezza via tra il sorpreso e il soddisfatto, e l’emozione di quel momento.
 
“Bravo,” gli aveva detto con uno sguardo compiaciuto.
 
Quella sera stessa gli aveva mostrato lo scrigno che conteneva l’armatura dell’Ariete; un cubo perfetto e dorato sul quale erano incise l’immagine della testa dell’animale e diverse decorazioni.
 
“Non devi mai aprire questo scrigno,” si era raccomandato “sarà lui a dischiudersi quando sarà il momento giusto e ti riconoscerà suo custode. Ma anche allora non dovrà mai essere aperto né da te né da nessuno altro. Dovrai lasciare che sia l’armatura stessa a decidere di essere indossata, ti verrà in aiuto nei momenti in cui ti troverai in pericolo o dovrai combattere per Athena.”  
 
 
 
 
 
Mu si svegliò. Aprì stancamente gli occhi mentre quei ricordi svanivano nella sua mente. Perché aveva sognato il Maestro?
 
Era ancora notte fonda, una luce fioca entrava dalla finestra. Sorrise, riconosceva quella luce. Poteva sentirne la presenza senza nemmeno il bisogno di guardarla, ma si alzò lo stesso e si affacciò alla finestra.
 
Nel cielo, la costellazione dell’Ariete brillava in tutta la sua bellezza. Rimase qualche minuto a contemplare le sue stelle protettrici, le stesse che per tanti anni avevano vegliato sul Maestro Shion e che ora vegliavano su di lui ed anche sul piccolo Kiki. Fin da bambino, guardarle gli dava un senso di sicurezza.
 
Tornò a stendersi sul letto e si girò su un fianco, cercando di riaddormentarsi.
 
Portò istintivamente una mano sulla spalla destra. Ripensò alla battaglia di quella mattina; quella che aveva sentito sulla stessa spalla, era davvero la mano di Shion. Quel modo di posare il palmo e poi stringere leggermente le dita. Sì, era lui. Era stato troppo reale per essere frutto della sua immaginazione.
 
Com’era stato possibile? Forse il suo spirito dimorava ancora in quei luoghi dove aveva perso la vita, o forse era ancora in parte racchiuso nell’armatura dell’Ariete, della quale prima di lui era stato custode.
 
Si raggomitolò su se stesso, mentre sentiva gli occhi inumidirsi e un piccolo nodo formarsi nella gola.
 
Ovunque fosse, nel suo primo combattimento difficile, il Maestro gli era stato vicino.

 
 


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Vi lascio le schede dei personaggi apparsi nel capitolo, io intanto vi aspetto a fondo pagina.






Mu - Cavaliere dell’Ariete
Paese di Origine: Jamir (tra India e Cina)
Età: 18 anni
Particolarità: Psicocinesi, teletrasporto



Aldebaran - Cavaliere del Toro
Paese di Origine: Brasile
Età: 18 anni
Particolarità: Grande forza fisica



Death Mask - Cavaliere del Cancro
Paese di Origine: Italia
Età: 21 anni
Particolarità: Colleziona le anime delle sue vittime impedendo loro di raggiungere l’aldilà.



Milo - Cavaliere dello Scorpione
Paese di Origine: Grecia
Età: 17 anni



Camus - Cavaliere dell’Aquario
Paese di Origine: Francia
Età: 18 anni



Aphrodite - Cavaliere dei Pesci
Paese di Origine: Svezia
Età: 20 anni
Particolarità: Esteta, ama la bellezza in ogni sua forma



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Angolo di quella che scrive:

Eccomi qui. Ci tengo a precisare che alcune delle immagini dei Cavalieri "in borghese" sono fanart che ho trovato in giro. Se le riconoscete come vostre o ne conoscete l'autore vi prego di segnalarmelo in modo da poter indicare i giusti crediti.

Questa volta ho introdotto un bel po' di personaggi tutti assieme, spero di non aver creato confusione ma d'altra parte i Cavalieri sono tanti e ci servono tutti! :D

Grazie per aver letto anche questo capitolo!



 
   
 
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