Serie TV > Lucifer
Ricorda la storia  |      
Autore: Journey    16/07/2019    5 recensioni
SPOILER 4x10 + un mio personale What If?
“Remi? Che ci fai di nuovo qui? Ti ho detto che non ti lascerò portare mio figlio nella Città d’Argento”
“Non è per Charlie che sono qui. Anche se penso che la tua decisione di crescerlo in questo posto sia assurda, avevamo un patto e ho intenzione di mantenerlo, fratello”
“E allora che ci fai qui?”
“Forse hai commesso un altro errore con la tua donna mortale. Ho percepito la presenza di un altro bambino”
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Devil Inside Me
 
“Remi? Che ci fai di nuovo qui? Ti ho detto che non ti lascerò portare mio figlio nella Città d’Argento”
“Non è per Charlie che sono qui. Anche se penso che la tua decisione di crescerlo in questo posto sia assurda, avevamo un patto e ho intenzione di mantenerlo, fratello”
“E allora che ci fai qui?”
“Forse hai commesso un altro errore con la tua donna mortale. Ho percepito la presenza di un altro bambino”
“Io non ne so niente!”
“Allora chi è stato Amenadiel? Lucifer è tornato a regnare all’inferno. Perciò non può essere stato lui. Tu sei l’unico altro essere divino sulla terra. Non possiamo permetterci che gli umani vengano a conoscenza del nostro mondo e soprattutto non posso permettervi di continuare a procreare con questi esseri inferiori. È un abominio, papà non ne sarebbe felice”
“Remiel ti posso assicurare che Charlie è il mio unico figlio. Non ho ingravidato nessun’altra umana. E ti ripeto, gli umani non sono esseri inferiori”
“Amenadiel, fratello mio, ti stai rammollendo sempre di più. Ti faccio una promessa, ti giuro su nostro padre che troverò quel neonato e la donna che lo porta in grembo. Fosse anche l’ultima cosa che faccio”
“Fa pure, Remi. Non ho nulla da nascondere questa volta”
“Questo lo vedremo”
 
Chloe Decker entrò nel suo ufficio e si sedette alla scrivania come ogni altro giorno. Si guardò attorno e riconobbe immediatamente i volti familiari dei suoi colleghi a cui rivolse uno sghembo sorriso di cortesia. Nell’ultimo periodo aveva sofferto come un cane e tutti in commissariato si erano resi conto del suo dolore. Avevano cercato di esserle solidali, di starle vicina e aiutarla in un modo o nell’altro. Ma, il suo cuore, non voleva saperne di smettere di sanguinare. Lucifer era andato via da due mesi e mezzo ormai. Le sembrava un’eternità. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e ogni secondo sembrava trascorrere così lentamente. Non c’era nulla che avrebbe potuto fare per riportarlo indietro. Aveva chiesto disperatamente ad Ameadiel di scendere negli inferi per farlo ragionare. Ma l’angelo si era rifiutato categoricamente. Le mancava come l’ossigeno, le mancava tutto di lui persino il suo insopportabile egocentrismo. Sarebbe stata disposta anche a vendere l’anima al diavolo per poterlo rivedere una sola volta. Ironico no? Lui era il diavolo, era il diavolo in persona. E lei ne era tremendamente e irrimediabilmente innamorata. Innamorata del diavolo, sembra quasi il titolo di un film per adolescenti, uno di quelli in cui avrebbe recitato sua madre. Con la mente cercava di ripescare l’immagine di Lucifer dalla memoria. Ma il ricordo diventava sempre più sbiadito ogni qual volta ci provava. Lo stava consumando. Aveva bisogno di rivedere ancora una volta il suo viso, di accarezzarlo, di sentire il profumo inebriante della sua colonia, di ascoltare il suo accento britannico e di sentirlo almeno un’altra volta chiamarla ‘detective’. E, ormai, sembrava impossibile. Era stato chiaro con lei, l’inferno aveva bisogno del suo re e si era sacrificato per salvare tutti coloro che amava. Il ricordo delle sue mani grandi sul suo viso, le fece scendere una lacrima sulla guancia che si sbrigò ad asciugare con la manica del cardigan grigio che portava. Ricordò quell’unica notte. L’unica notte in cui giacquero insieme e un’altra lacrima le rigò il viso. Doveva concentrarsi sul lavoro, era l’unica soluzione per smettere di piangere e focalizzare la sua attenzione su qualcos’altro.
 
Arrivò sulla scena del crimine velocemente. Ella e Dan erano già lì. Si chinò sulla vittima e la osservò con attenzione. Era un uomo sulla quarantina, aveva cominciato già a perdere dei capelli, la pancia gonfia, gli occhi sbarrati, rossi come il sangue. La bocca semi-aperta ormai secca e arida come il deserto del Nevada. I segni viola sul collo facevano intuire la morte per strangolamento, ma per sicurezza lasciò che fosse la persona più competente in quel luogo a dichiararlo. Si domandò, osservandolo, se almeno lui, uno sconosciuto qualunque, avrebbe rivisto il suo Lucifer. E, per un millesimo di secondo, desiderò essere morta anche lei. Per poterlo rivedere. Sì, avrebbe speso il resto dell’eternità a soffrire come un cane, ma la possibilità di poter soffrire per mano dell’uomo che amava, le sembrava un compromesso equo. Ricacciò immediatamente quel pensiero quando Dan, pochi istanti dopo, nominò per qualche motivo Trixie. Tutto tornò a essere chiaro. Non poteva lasciare sua figlia. Era ciò che ormai la teneva in vita. Si alzò in piedi, forse troppo velocemente perché la testa cominciò a girarle. Le figure delle persone di fronte a lei divennero sempre più sfuocate e il sole troppo accecante. Fece in tempo a portarsi una mano alla fronte e poi, cadde. Cadde proprio lì, accanto alla vittima. Prontamente Dan corse a sollevarla.
Quando si svegliò, riconobbe le pareti familiari dell’ospedale e quei suoni metallici dei macchinari. Guardò il suo braccio e notò l’ago che le bucava la vena e la teneva collegata ad una flebo. Che diavolo le era successo? Si era davvero rammollita al punto di svenire per amore di un uomo?
“Ehi, sei sveglia, meno male. Come ti senti?” domandò Ella entrando nella sua stanza con in mano un orsacchiotto che manteneva un cartello con scritto ‘Buona guarigione’. Chloe le sorrise dolcemente. Voleva un mondo di bene a Ella.
“Meglio” si limitò a rispondere.
In quel momento entrò Trixie assieme a Maze e saltò sul suo letto. L’abbracciò forte e finalmente Chloe si sentì bene. Sua figlia era ciò che più di prezioso avesse. Maze le si avvicinò guardandola con occhi tristi e lucidi. Le cose non erano ancora tornate alla normalità tra loro, ma era chiaro che entrambe non desiderassero altro. Il demone si chinò su di lei e le stampò un bacio sulla fronte. In quel momento entrò l’infermiera che le staccò la flebo ormai finita seguita dal medico.
“Detective Decker nonostante ci piaccia la sua compagnia, spero di non rivederla tornare per queste ragioni” commentò la dottoressa con un accenno di rimprovero nella voce.
“Mi creda, l’ospedale non è il primo posto a cui penso quando ho voglia di una vacanza” commentò lei scherzosamente.
“Le chiedo per favore di ridurre al minimo gli sforzi di qualunque tipo. Perciò niente sparatorie, inseguimenti o situazioni troppo stressanti. Capisco che lei è uno dei detective più bravi della polizia di Los Angeles, ma adesso deve pensare solo a lei e alla sua creatura”
“Le posso assicurare dottoressa che penso e provvedo a Trixie senza che me lo prescriva il medico. E questo svenimento è stato solo un caso, forse il sole era troppo forte o ho dimenticato di fare colazione. Ma le assicuro che presto molta attenzione a mia figlia” rispose prontamente e con un pizzico di fastidio la detective.
“Ne sono sicura, detective Decker, non è infatti di Trixie che le parlo. Una donna quasi al terzo mese di gravidanza non può fare sforzi inutili. La prego, stia al riposo la sua è una gravidanza a rischio” continuò la dottoressa.
“Mi scusi cosa? Ci dev’essere un errore, io non sono incinta. È impossibile” protestò Chloe.
“Non lo è affatto. Mi dispiace che debba scoprirlo così. Ero convinta che lo sapesse già altrimenti non mi sarei mai permessa di parlarle in quel modo”
“Se il figlio è di Pierce ti giuro che lo spedisco all’inferno prima che-” esordì Maze stringendo i pugni.
“Maze, la dottoressa ha detto che è di quasi tre mesi. Pierce è morto molto prima. Non può essere suo” le disse Ella cercando di farla ragionare.
“Forse il suo seme malvagio si è riattivato. Dannato Caino!” disse a denti stretti.
“Mamma questo significa che avrò un fratellino o una sorellina?” domandò Trixie guardandola con occhi sognanti.
Chloe si sentì la terra franare sotto i piedi. Guardò sua figlia senza essere capace di risponderle verbalmente. Quindi annuì cercando di ricacciare indietro le lacrime. Come diavolo era possibile che fosse incinta? Un attimo. Diavolo?
 
Da ormai due settimane faceva controlli regolari con la ginecologa dell’ospedale. Era troppo tardi per anche solo pensare ad un’ipotetica interruzione. E, infondo, sapeva che non l’avrebbe mai fatto neppure se avesse avuto quella soluzione a portata di mano. Si guardò intorno nello studio della dottoressa e guardò le foto di quei bambini minuscoli e bellissimi. Ricordò quant’era felice quando nacque Trixie e quanto era felice Dan. L’amore che le avevano dato entrambi era smisurato. E adesso avrebbe dato alla luce un bambino che non avrebbe mai conosciuto l’amore di suo padre. Non sarebbe stato il primo né l’ultimo e lei, certamente non era l’unica mamma single sulla faccia della terra. Certo, forse sarebbe stato più duro sopravvivere alle nottate insonni, alle coliche e all’allattamento senza qualcuno pronto a sostituirla e aiutarla. Poi la porta dello studio si aprì e Maze fece il suo ingresso. Prese uno sgabello e le si sedette accanto senza proferir parola. E in quel momento Chloe capì che non sarebbe mai stata sola. Che le sue amiche e Dan le sarebbero stati accanto. Guardò la donna al suo fianco e le sorrise prendendole la mano.
“Grazie Maze”
Il demone non rispose, ma accennò un sorriso. La ginecologa entrò in stanza e non appena vide Maze sbiancò. Chloe si affrettò a dirle che andava tutto bene e che Maze si sarebbe comportata bene. A quanto pare la donna era la stessa che aveva avuto in cura Linda. Ormai, senza saperlo, era l’esperta di gravidanze celestiali. Il piccolo Charlie cresceva a vista d’occhio, era un bellissimo bambino e non aveva le ali. Almeno non ancora. Chloe si chiese se il suo bambino sarebbe potuto nascere con le ali di Lucifer o col suo volto demoniaco e per un secondo le sembrò di non ricevere ossigeno. Poi sentì il gel freddo sulla sua pancia quasi invisibile e il suono del cuore di quella creatura fu sufficiente a farla calmare. Lo guardò sullo schermo ed era così bello.
“È perfetto, detective Decker. Vuole sapere il sesso?”
“Sì”, rispose decisa Maze.
Chloe sorrise ed annuì.
“È un bel maschietto. Da quanto vedo cresce bene, in regola con i tempi. A questo punto le consiglio di continuare a tenersi lontana dall’azione al lavoro e posso ufficialmente dirle che la sua non è più una gravidanza a rischio. Non dovrà venire da me ogni settimana. Ci vediamo tra tre settimane per il controllo” le sorrise la donna porgendole l’ecografia.
Maze gliela strappò di mano e la guardò con gli occhi lucidi.
“Un mini Lucifer” commentò sottovoce facendo sorridere Chloe.
“Posso riaverla indietro?” domandò la futura madre. Maze annuì e gliela restituì, poi l’abbracciò facendola rimanere di stucco.
 
Chloe tornava da fare la spesa e continuava a pensare e ripensare al fatto che da ormai quattro mesi le cresceva dentro il figlio di Lucifer. Del diavolo in persona. Aveva pensato a che volto avrebbe avuto sin dal primo istante in cui era venuta a conoscenza di quel bambino. Poi, all’improvviso, la strada le fu sbarrata da una ragazza. Era minuta e sembrava appena uscita da una di quelle fiere per nerd sui giochi di ruolo.
“Umana sono Remiel e sono qui per prendere il tuo bambino”
Chloe scoppiò in una fragorosa risata e fece per superarla, ma quella le afferrò il polso. Non riusciva a sottrarsi alla sua presa. Aveva una forza sovraumana. Che fosse un angelo?
“Umana non ti conviene provare a sfidarmi, non ne usciresti vincitrice. Non è stato facile trovarti, ma mentre sorvolavo la città, ho sentito il suo odore. L’odore del divino. Devo portare la creatura che hai in grembo nella Città d’Argento”
“Non farai niente di tutto ciò. Questo è il mio bambino” esclamò Chloe sulla difensiva. Ma Remiel non era una con cui poter scherzare. Aveva acquisito il suo obiettivo e adesso l’avrebbe portata d’avanti ad Amenadiel per dimostrargli di aver vinto. Volò con la detective stretta tra le braccia da suo fratello maggiore, il suo mentore. Colui che più di tutti l’aveva delusa.
“L’ho trovata, fratello. E ora porterò via il bambino. C’è qualcosa che vuoi dirmi adesso?” disse Remiel.
“Chloe?”
“Amenadiel aiutami!” esclamò lei cercando di andargli in contro, ma venendo trattenuta dalla forte presa dell’altro angelo.
“Remi, sorella mia, stai sbagliando. Non puoi portare via il bambino di Chloe”
“Il tuo bambino vorrai dire”
“No, Remi, non è il mio bambino. Questo è figlio di Lucifer, sta volta per davvero”
“Non è possibile, Amenadiel, Lucifer è tornato a regnare all’inferno”
“Non lo capisci? Era quello che nostro padre voleva, Remi. Chloe è l’unica donna che ha fatto innamorare il diavolo, l’ha reso umano. E adesso, dalla loro unione sta per venire al mondo un bambino”
“Che è per metà angelo. Devo portarlo a casa”
“No, deve stare qui, con sua madre. Il miracolo che nostro padre ha creato”
“Cosa?” domandò Chloe intromettendosi nella discussione. “Io sarei uno dei miracoli di vostro padre?”
“Sì Chloe. Mi dispiace che tu debba saperlo in questo modo, ma anni fa mio padre mi mandò a benedire una coppia che non riusciva ad avere figli. Erano i tuoi genitori. Sei un miracolo Chloe Decker”
“È per questo che i poteri di Lucifer non funzionano su di me? È per questo che lo rendo vulnerabile?” domandò la detective.
“No, i suoi poteri non funzionano con te e lo rendi vulnerabile non perché sei un miracolo, ma perché sei la donna che ama. Sei la sua unica debolezza” concluse Amenadiel.
“Quindi lei è la donna che ha fatto innamorare il diavolo. Ma comunque devo portare il bambino via con me” continuò Remiel.
“Pensi davvero che Lucifer te lo permetterà? Non appena lo saprà correrà in difesa di suo figlio e della detective e a quel punto, sorella mia, rischierai di finire come Uriel. Perciò ti prego, per il bene che ti voglio, lascia perdere questa assurda missione e torna a casa” disse Amenadiel avvicinandosi a lei e sottraendo Chloe alla sua presa.
“Non posso lasciar perdere. È la mia missione e devo portarla a termine” affermò da brava soldatessa Remiel.
“Allora non mi lasci altre alternative” Amenadiel prese Chloe e volò via.
 
Quando fu negli inferi, Amenadiel si mise alla ricerca del fratello. Non vedeva Lucifer da quasi quattro mesi. Aveva passato millenni lontano da lui, ma adesso gli mancava. Gli mancava tremendamente. Non sapeva come avrebbe reagito alla notizia della gravidanza della detective. Probabilmente non bene e probabilmente avrebbe lasciato che Remiel prendesse il suo bambino pur di non doversene occupare. A Lucifer i bambini non piacevano particolarmente, li trovava disgustosi e appiccicosi. Beh, almeno prima di incontrare la detective e sua figlia e di conoscere suo nipote Charlie per cui aveva lottato e si era sacrificato.
Finalmente lo vide, suo fratello nella sua forma demoniaca sedeva sul suo trono e sorvegliava le anime dei dannati che venivano ripetutamente torturate.
“Lucifer” lo chiamò.
Lucifer abbassò lo sguardo e non appena lo vide volò sino a lui. Guardò suo fratello Amenadiel e si chiese per quale motivo fosse lì. Ormai aveva ripreso il suo posto negli inferi, non c’era motivo per la sua presenza. Tutto era tornato alla normalità.
“Amenadiel vorrei dirti che è un piacere vederti, ma mentirei. E sai che io non mento mai”
“Lucifer devi tornare sulla terra immediatamente”
“Vedi fratello, a differenza tua, non mi è possibile. Il nostro caro padre ha deciso che devo governare questo posto e non posso tirarmi indietro oppure il male si diffonderà tra i nostri cari umani. E ora che tuo figlio cammina tra loro o forse no, considerando che è ancora praticamente un feto, dovresti essere d’accordo con me”
“Luci ti sono grato per il tuo sacrificio e soprattutto per aver salvato Charlie. Ma devi risolvere una questione urgente. E sei l’unico a poterlo fare. Io ci ho provato, ma non è bastato”
“Di che si tratta, fratello? E ti avverto, non ho accettato. Sono solo curioso”
“Si tratta di Remiel”
“Il tuo piccolo clone vuole di nuovo portar via la tua progenie?” chiese ridendo.
“Non la mia questa volta, Luci, ma la tua” disse Amenadiel con la solita freddezza che lo contraddistingueva.
“Stai dicendo che io, il signore degli inferi, avrei ingravidato qualche stupida umana? Non è possibile, fratello. E qualora dovesse essere vero, non ho alcuna intenzione di avere un figlio. Il solo pensiero mi disgusta. Dannati piccoli umani con le dita appiccicose, i loro capricci e i loro pianti demoniaci. Che Remi lo prenda pure e lo conduca il più lontano possibile da me!” commentò Lucifer ridendo.
“Luci si tratta di Chloe” aggiunse Amenadiel.
“Cosa è successo alla detective?” domandò irato prendendo dal collo suo fratello e sollevandolo da terra.
“È lei che porta in grembo tuo figlio, Luci” disse faticosamente l’angelo.
Lucifer tornò al suo aspetto umano. I suoi occhi neri erano spalancati e per un istante Amenadiel si chiese se fosse bastato quello a rompere suo fratello, a sconfiggere il diavolo. Lasciò la presa sul collo dell’angelo e, senza aspettarlo, volò via.
 
Chloe era sulla scena del crimine, non le era dato partecipare agli interventi sul campo, ma le era stato concesso di poter andare a visitare i luoghi dei delitti per poter aiutare i suoi colleghi nelle indagini. Esaminò la vittima con attenzione e formulò una prima ipotesi con Dan.
“Che abbiamo, detective?” chiese una voce incredibilmente familiare alle sue spalle.
No, non poteva essere lui. Ormai le mancava così tanto che aveva cominciato anche a sentire la sua voce? Stava perdendo la ragione? Stava impazzendo. Chiuse gli occhi e cercò di ignorare quel suono almeno fino a quando non sentì Ella esclamare ‘Lucifer!’. Si voltò e lo vide, era a qualche passo di distanza da lei. Più bello di come lo ricordava. I loro sguardi si incatenarono magnetici e lui le sorrise mentre lasciava che Ella lo stringesse.
“Che fine avevi fatto? Eravamo preoccupatissimi” esclamò la ragazza colpendolo sul petto.
“Mi dispiace di essere sparito così miss Lopez, ma sono dovuto tornare all’inferno”
“Sì, già, perché sei il diavolo. Mi sei mancato un sacco” continuò la ragazza stringendosi di nuovo a lui.
“Lucifer, razza di idiota! Metti incinta la mia ex moglie e sparisci? Io ti spacco la faccia” esclamò Dan andandogli in contro minaccioso.
“Oh beh, me lo merito. A mia discolpa non era mia intenzione mettere incinta la detective e non sarei mai voluto sparire. Ma purtroppo mio padre ha deciso che il mio posto è all’inferno e dovrò tornarci presto. Sono qui solo per risolvere una questione. Andrò via presto” disse Lucifer.
Quello fu abbastanza per Chloe. Si tolse in fretta i guanti di lattice e li gettò per terra. Camminò in fretta per allontanarsi il più velocemente possibile da Lucifer e dalla scena del crimine. Aveva bisogno di stare da sola. Il che era paradossale. Aveva passato gli ultimi mesi a desiderare di rivedere quell’uomo e adesso che aveva la sua possibilità, voleva restare sola? Che senso aveva rivederlo se presto sarebbe andato via, lasciandola sola di nuovo e forse per sempre. Non poteva permettergli di riavvicinarsi a lei e poi spezzarle il cuore. Lo amava, lo amava come non aveva mai amato nessuno, ma il dolore era ancora troppo forte.
 
Lucifer vide Chloe andar via e decise che non avrebbe sprecato un singolo momento sulla terra lontano da lei. Era stato via per quattro mesi che in inferno equivalgono più o meno a quattrocento anni. Aveva pensato a lei ogni istante. Si chiedeva come stesse, cosa stesse facendo e se pensasse a lui. Lasciarla era stata una carognata, ma il suo era un sacrificio necessario. Non avrebbe permesso che una sua mancanza portasse i demoni ad invadere la terra. Avrebbe fatto di tutto per salvare la sua detective, anche sacrificare il loro amore per la sua sopravvivenza.
La seguì e la raggiunse velocemente. La fermò per il braccio facendola voltare verso di lui. Si guardarono negli occhi per un istante prima che l’attirasse a sé, catturandola in un abbraccio che parlava più forte di qualunque altro gesto. Poi lei lo colpì sulla guancia con uno schiaffo.
“Beh non è proprio l’accoglienza che mi aspettavo, detective” affermò massaggiandosela.
“Perché mi fai questo?” chiese lei.
“Perché ti amo, detective. E se devo sacrificarmi per farti vivere una vita serena, lo faccio. Non ci penso due volte.”
“Una vita serena? Non ho la più pallida idea di cosa significhi avere una vita serena. E francamente non mi interessa, Lucifer. Volevo te al mio fianco. Dio solo sa quanto il mio amore per te sia grande.”
“Lasciamo il mio caro padre fuori da questa conversazione, detective”
“Vedi? In questo momento vorrei darti un altro schiaffo perché stai sdrammatizzando, ma non ci riesco perché tutto ciò che vorrei fare è legarmi a te per non farti andare più via”
“Sai che non è così semplice”
“Lo so”
“Ora che porti in grembo mio figlio, ti prego di non fare stupidaggini”
“Lo sai allora?”
“È venuto a dirmelo Amenadiel. A quanto pare mia sorella è venuta a farti visita. Remi non è tra i fratelli simpatici”
“L’ho notato. Vuole portarmi via il mio bambino, Lucifer. E ti avverto, questo non succederà mai. Non glielo permetterò mai. Dovrà passare sul mio cadavere”
“Nessuno passerà sul cadavere di nessuno, detective” si affrettò a dire lui con sdegno.
 
Lucifer seguì Chloe fino a casa. Non la lasciò sola per un istante. Doveva dirle che non era intenzionato a fermare Remiel, voleva confessarle quanto lo spaventasse l’idea che il loro bambino potesse crescere sulla terra. Ma improvvisamente dirle tutte quelle cose gli sembrava così difficile. Non era uno che si tratteneva o si faceva scrupoli, eppure non riusciva a dire alla donna che amava che avrebbe desiderato una vita migliore per quella creatura che portava in grembo. Improvvisamente fu raggiunto dalla consapevolezza che quel bambino, la sua progenie, avrebbe potuto immediatamente diventare il suo erede al trono. E quello lo spaventò. Il pensiero che, dopo un atto di ribellione, i suoi demoni potessero anche solo pensare di risalire sulla terra e catturare suo figlio per lo stesso intento per cui avevano rapito Charlie, lo terrorizzò. E lui, non si era mai sentito terrorizzato. Ok, forse quando aveva rischiato di perdere la detective. Ma oltre a quelle occasioni, non gli era mai successo.
Chloe aveva cercato di ignorarlo sin dal primo istante, ma senza riuscirci. Lo fissava di nascosto, mentre lui guardava da un’altra parte. Voleva imprimere ogni istante con lui nella memoria per poterselo ricordare una volta che sarebbe tornato all’inferno. Voleva disperatamente tornare tra le sue braccia, baciare le sue labbra e semplicemente stare con lui. Ma non poteva cedere così facilmente. O, almeno, così credeva. Entrò a casa sua e si sdraiò sul divano dopo essersi tolta le scarpe. Mise i piedi su un cuscino e si riposò come la ginecologa le aveva consigliato. Quando riaprì gli occhi, Lucifer era seduto sui braccioli del sofà e le stava massaggiando i piedi. La guardava con quella sua espressione ingenua e divertita. Ebbe contemporaneamente voglia di prenderlo a schiaffi e riempirlo di baci.
“Lucifer che stai facendo?”
“Ti massaggio i piedi, detective. A Linda piaceva molto durante la gravidanza.
“Massaggiavi i piedi di Linda?” domandò lei genuinamente curiosa e divertita.
“Certo, Linda è mia amica e portava in grembo mio nipote. E adesso tocca a te lasciarti massaggiare i piedi. In fondo, nonostante mi odi, porti in grembo la mia progenie” rispose lui.
“Non ti odio Lucifer ed è proprio questo il problema, capisci?”
“No, detective, non capisco”
“Lucifer io ti amo. E ti amo più di quanto potessi mai immaginare. Ti amo così tanto e tu andrai via presto. Io e rimarrò qui, da sola. A spiegare a mio figlio che suo padre l’avrebbe amato alla follia se solo avesse avuto l’opportunità di conoscerlo” rispose Chloe.
“Detective sai che non è vero. Non potrei mai amare questo bambino. Amo te, sì, ma i marmocchi no. Mi fanno impressione anche se sono sangue del mio sangue. Dannati parassiti!” commentò disgustato.
“Non sono d’accordo” Chloe rise.
“Ovviamente non dobbiamo preoccuparci di lui, Remiel lo porterà nella Città d’Argento dove vivrà tra i suoi simili e vivrà in tranquillità e pace. Amato da tutti. Così né io, né te dovremo preoccuparci per lui. Non sarà una nostra responsabilità”
“Cosa? Sei fuori di testa? Non ti lascerò portare via mio figlio. Pensavo fossi venuto a salvarlo, a far cambiare idea a tua sorella. Ma non è così. Ti vuoi liberare di lui. Beh, io non voglio”
“Detective non sappiamo nemmeno che faccia avrà! Cosa farai se dovesse venir fuori con la mia faccia demoniaca?”
“Non mi importa, è mio figlio e lo amerei comunque”
“Non dire assurdità, detective. Quel viso ti ha spaventato già una volta. Come lo spiegheresti a Trixie e a tutti gli altri quando vorranno vedere il tuo bambino”
“Non lo capisci? Non riesci proprio a capirlo, vero?”
“Cosa, detective?”
“Non avevo paura della tua forma demoniaca. Non era il tuo viso a spaventarmi, ma il fatto che nonostante quello io ti amassi con ogni fibra del mio essere. Non mi porta quale volto avrà il nostro bambino. Lo amerò e lo amerò con tutta me stessa. E se non è tua intenzione fare altrettanto, anche essendo confinato negli inferi, beh forse è meglio che tu vada via adesso.”
“Ma detective…”
“Lucifer ti sto dando una carta d’uscita gratis di prigione”
“Come a Monopoly?”
“Esatto, come a Monopoly. Puoi andare via adesso, non preoccupandoti di tuo figlio e non tornare mai più. Oppure puoi parlare con tua sorella, farle capire che non avrà mai il nostro bambino e venire a trovarci qualche volta”
 
Lucifer lasciò Chloe senza una risposta. Spiegò le ali e volò lasciandola sola. Di nuovo. Invocò sua sorella che lo raggiunse immediatamente. Era davvero il mini-clone di Amenadiel. Arrivò brandendo la sua lancia. Lo sguardo severo, freddo come sempre. La cicatrice sulla guancia più rossa che mai. E le labbra arricciate. Remiel era incorruttibile, forse era più integra e seria di suo fratello. La classica storia dell’allievo che supera il maestro. Lucifer la fissò con aria di sfida e quella ricambiò il suo sguardo.
“Vedo che alla fine sei riuscito a trovare un altro modo per infastidire nostro padre”
“Non penso che il problema sia lui questa volta, ma tu Remi”
“Lucifer ormai sei tornato all’inferno che ti importa di questo bambino. Comunque, non ti sarebbe dato vederlo. Dovresti ringraziare nostro padre che gli concede di vivere nella Città d’Argento pur essendone tu bandito. È un compromesso perfetto. L’umana continuerà a vivere la sua insignificante vita con queste altre insulse formiche, il bambino vivrà con i suoi pari e tu potrai continuare il tuo regno del terrore senza doverti assumere quelle assurde responsabilità che si è preso Amenadiel” rispose Remiel parlando con raggelante freddezza.
“Sai sorellina, alle volte penso che tu saresti perfetta come regnante dell’inferno. E comunque la progenie è la mia. Spetta a me la decisione. Ed era piuttosto semplice fino a qualche minuto fa. Volevo darti il moccioso alla nascita cosicché tu potessi portarlo nella vostra bella Città d’Argento e così nessuno l’avrebbe considerato un mostro se fosse nato con le mie sembianze demoniache. Ma poi ho parlato con sua madre. E, indovina un po’? L’insulsa umana che lo porta in grembo, la formica come l’hai definita tu, è intenzionata a tenerlo pur consapevole che potrebbe starle crescendo dentro un mostro. Un angelo caduto, l’erede del re degli inferi. Sai, Remi, pare proprio che gli insulsi umani siano più buoni di voi, miei cari fratelli. Predicate il nome di nostro padre e vi macchiate di qualunque tipo di peccato giustificandovi col fatto che operate per conto suo. Loro no, lei no. Lei è davvero una persona buona”
“Se è così buona come dici si ricongiungerà a vostro figlio quando salirà in paradiso. Un lieto fine per tutti mi pare un ottimo compromesso, non credi, fratello?”
“No, Remiel, non credo. Ho provato a spiegartelo con le buone, ma voi fratelli miei sembrate proprio non riuscire a capirlo. Non costringermi a farti fare la fine di Uriel. Non voglio farti del male, non voglio battermi con te. Voglio che tu lasci in pace Chloe e il diavolo che le cresce dentro. Sono tornato al mio posto, papà dovrebbe essere contento almeno di quello. Ho rinunciato a tutto per salvare la terra e i cari umani sacrificando tutto ciò che amo”
“Samael che parla d’amore. Questa non me l’aspettavo. Gli umani ti hanno rammollito, proprio come hanno fatto con Amenadiel. Non siete più voi, fratelli miei. Tu, l’angelo che si è ribellato a nostro padre, adesso mi vieni a parlare d’amore. Dopo millenni passati a castigare e punire le anime all’inferno, mi parli d’amore?” rise Remiel.
“Non ti ho mai vista così divertita, sorellina. Se vuoi te ne racconto un’altra” Lucifer prese le sue sembianze demoniache e si avvicinò minacciosamente a sua sorella. “Se non sarai andata via tra dieci secondi, ti ridurrò a un pugno di cenere” le urlò a pochi centimetri dal viso.
Remi era così piccola rispetto a lui e per un secondo si sentì in colpa di averla spaventata in quel modo. In fondo le voleva bene. Era piccolissima quando suo padre lo ricacciò all’inferno. Lo giudicava per quello che le avevano raccontato. Lucifer sapeva in fondo che non le avrebbe mai torto un capello, non dopo quanto successo con Uriel. Ma amava Chloe e non avrebbe lasciato che qualcuno le facesse del male. E portarle via quel bambino l’avrebbe fatta soffrire. Non poteva permetterlo. Remiel lo guardò con gli occhi impauriti di un cervo davanti ai fari di un’auto. Dispiegò le ali e volò via lasciandolo solo. Lucifer si guardò attorno nel buio della notte di Los Angeles. Pian piano ritornò alla sua forma umana. Il petto continuava a gonfiarsi visibilmente mentre riprendeva fiato.
 
Quando Chloe vide Lucifer tornare da lei gli corse in contro. Credeva che fosse andato via per sempre e il solo pensiero l’aveva terrorizzata. Si scontrò col suo petto e circondò la sua vita con le braccia stringendolo più forte che poteva. Lui lasciò che lei lo abbracciasse, lasciò che si avvinghiasse a lui. Quando Chloe alzò lo sguardo incontrò gli occhi scuri e fissi del diavolo che si persero nel verde dei suoi. Le lacrime si preparavano ad uscire e le bruciavano gli occhi mentre stringeva la stoffa della sua camicia tra le dita.
“Mia sorella non sarà più un problema. Potrai crescere il mostriciattolo qui” le disse fermo e serio.
“Resta, Lucifer”
“Non posso, detective” continuò lui mettendo su l’espressione più impassibile che aveva. Dentro gli si stava lacerando il fegato al solo pensiero di lasciarla ancora.
“Perché non possiamo restare insieme. Portami con te. Portami laggiù” lo implorò lei liberandosi di quelle lacrime che aveva cercato di trattenere e che adesso le scendevano prepotenti lungo le guance bagnandole il viso e bagnando la camicia dell’uomo a cui era avvinghiata.
“Detective lasciarti mi addolora, mi uccide, ma non posso sottrarmi al mio dovere. Devo ritornare all’inferno. E tu non puoi venire con me. Solo le anime che non meritano il regno di mio padre giungono da me in cerca di redenzione e punizione. Tu, Chloe sei un’anima pura. Il tuo posto è nella Città d’Argento”
“No, il mio posto è con te” continuò lei premendo il viso contro il suo petto. Lucifer le accarezzò la testa.
“Ti amo, detective”
“Ti amo, Lucifer”
“Ma ora è tempo di andare” disse lui allontanandola e lasciandole un casto bacio sulle labbra prima di sparire nell’oscurità della notte. Chloe si ritrovò di nuovo sola. Era finito tutto. Di nuovo.
 
Circa cinque mesi dopo, Chloe Decker fu portata d’urgenza in ospedale. Stava per partorire. C’erano tutte le persone a cui voleva bene. Maze le era stata accanto ogni secondo nonostante la relazione con Eve che le prendeva molto tempo. Linda e Ella avevano cercato in tutti i modi di non farle avvertire la mancanza di Lucifer impegnandola come potevano. Trixie aspettava di conoscere il suo futuro fratello. Amenadiel aveva dimostrato di essere un ottimo amico e soprattutto un confidente spettacolare. Dan, nel suo piccolo, aveva contribuito ad aiutarla come poteva. Che si trattasse di lavoro o di altro, era sempre pronto a intervenire dove e come richiesto. Ma, nonostante l’amore che le avevano dimostrato, sentiva profondamente la mancanza di Lucifer. Amenadiel aveva provato a parlargli, ma non aveva voluto ricevere alcun tipo di notizie riguardo il mondo degli umani e soprattutto riguardo la detective. Quelle informazioni lo facevano soffrire e gli facevano desiderare qualcosa che non avrebbe mai potuto avere: la libertà. Non era libero di poter tornare sulla terra dalla donna che amava e di vivere il resto dei suoi giorni con lei.
Nel frattempo, in ospedale, Chloe era in procinto di dare alla luce il suo secondo figlio. Il figlio del diavolo. La ginecologa la invitò a spingere per un’ultima volta. Poi, un pianto rotto fece cessare le altre voci nella stanza. Il piccolo era nato. Maze, che fino a un istante prima stringeva la mano di Chloe, si affrettò a lasciarla per andare a vedere quel bambino. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Guardò la sua amica e le sorrise.
“È bellissimo. È il diavoletto più bello che abbia mai visto” commentò.
La detective le sorrise, felice, rilassandosi e gettando la testa sul cuscino, era sfinita. Ce l’aveva fatta, era nato. E non le importava che aspetto avesse, quello era il suo bambino e lo avrebbe amato alla follia. La dottoressa glielo porse avvolto in una copertina. Quando lo vide si rese conto che era davvero il bambino più bello che avesse mai visto. Le somigliava tantissimo. Aveva la pelle chiarissima come la sua, delle guance paffute e pochissimi capelli di un biondo così chiaro da sembrare bianco. Il colore dei suoi occhietti era ancora difficile da decifrare.
“Congratulazioni detective Decker, ha avuto un bambino bellissimo. Non è professionale dirlo, ma lo farò comunque, di solito i nati da parto naturale non sono così belli, ma il suo lo è parecchio. Sembra un angioletto”
“Lo è!” disse sicura Maze guardando il medico che immediatamente si congedò.
“Bene, nessuna faccia demoniaca” esordì Amenadiel sorridendo quando entrò in stanza e prese tra le braccia suo nipote per la prima volta.
“Come l’hai chiamato?” domandò Linda stringendo la mano al piccolo Charlie che ormai aveva imparato a camminare.
“Samuel” rispose lei. “L’ha scelto Trixie”
“Samuel Morningstar, è bellissimo” affermò Amenadiel fiero.
“No, Samuel Decker. Lui è mio figlio ed è solo mio” lo corresse la detective. L’uomo annuì cercando di nascondere il dispiacere. Poi lasciò un piccolo bacio sulla fronte del neonato prima di riadagiarlo tra le braccia della madre.
Maze fece il suo ingresso con Eve poco dopo. La prima donna del creato corse a stampare un bacio sulla guancia della neomamma prima di passare al piccolino. Mazikeen si avvicinò a Chloe e le prese la mano. Gliela strinse senza dire nulla. Lei sapeva. Non avevano bisogno di scambiarsi parole inutili. Bastava uno sguardo per capire quanto si volessero bene e quanto tenessero l’una all’altra. Poco dopo arrivarono anche Dan e Ella con Trixie. Il detective ormai faceva coppia fissa con il medico forense del dipartimento di polizia. Persino la signora Decker li aveva degnati con la sua presenza. Per la nascita del suo nipotino aveva annullato tutti gli impegni e le convention. Non se la sarebbe persa per nulla al mondo. Le dispiacque tantissimo non vedere Lucifer, che tanto adorava, accanto a sua figlia e al neonato quando entrò nella stanza d’ospedale. Chloe le aveva detto che era stato costretto ad andar via per problemi di famiglia gravi. Ma la signora Decker faceva fatica a crederci. Aveva conosciuto quell’uomo ed era sicura che amasse sua figlia. L’aveva capito dal primo istante. Non riusciva a mandare giù la storia del grave problema di famiglia.
 
Mentre erano tutti riuniti in quella stanza d’ospedale a celebrare l’arrivo di Samuel Decker sulla terra, qualcuno li osservava dall’esterno. Li guardava e desiderava ardentemente poter partecipare. Stare tra loro, guardare in faccia quel bambino e abbracciare la donna che lo aveva messo al mondo. Fuori dalla finestra, sospeso in aria, c’era Lucifer. Non poteva mancare alla nascita di quel demonietto. Si era ripetuto che era lì per controllare che non avesse la sua faccia demoniaca e che non facesse morire d’infarto le infermiere e la ginecologa. Ma, in realtà, era lì perché moriva dalla voglia di conoscere suo figlio. Quel figlio che non avrebbe mai potuto tenere tra le braccia. Il solo pensiero fino a qualche ora prima lo disgustava, ma adesso, adesso sentiva il bisogno di abbracciarlo, di tenerlo tra le braccia come aveva fatto con suo nipote Charlie per pochi secondi. Di baciare sulla fronte Chloe e dirle che era stata magnifica e che l’amava. Ma non poteva. Non poteva restare sulla terra. Così diede un’ultima occhiata a quelle persone che insieme accoglievano al mondo Samuel Decker Morningstar, figlio di un miracolo e del diavolo. Posò per l’ultima volta gli occhi sulla sua detective che cullava il loro bambino e sparì nella notte.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Lucifer / Vai alla pagina dell'autore: Journey