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Autore: fedegelmi    17/07/2019    1 recensioni
Questa storia partecipa alla “Soulmate Challenge” indetta sul gruppo facebook “Il Giardino di Efp”
Ogni ferita inferta a uno compare anche sulla pelle dell'altro.
"Insomma, chi diavolo è che in otto mesi si ritrova per quindici volte con delle ferite di questo genere?"
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla “Soulmate Challenge” indetta sul gruppo facebook “Il Giardino di Efp”
Ogni ferita inferta a uno compare anche sulla pelle dell'altro.
 
 
Mentre cammino sulla spiaggia, i miei piedi nudi percepiscono ogni piccolo granello di sabbia e io me li godo uno ad uno. Non ricordo di essermi mai sentita più rilassata, con l’infrangersi delle onde come sottofondo.
Il sole sta ormai tramontando, scende pigramente cercando di nascondersi dietro al mare calmo e sulla riva ci sono solo io.
È raro che in autunno la gente si ritrovi qui.
Per questo quando cado a terra improvvisamente, nessuno corre in mio soccorso.
Contraggo il viso in una smorfia di dolore, mi pulsa terribilmente la coscia destra, come se qualcosa mi avesse appena trafitto.
Socchiudo gli occhi, pur non avendo ancora sollievo dal dolore inaspettato, per volgerli alla gamba. Le mani sono appoggiate sul punto offeso e, sebbene io non comprenda ancora il motivo di tanta sofferenza, ancora non ho il coraggio di toglierle da lì.
Normalmente penserei che sia un crampo, anche se il dolore non è lo stesso, eppure dentro di me so che non è così. Tremo al pensiero che sia accaduto di nuovo, non riesco a trovare il coraggio per spostare le mani dalla coscia.
Il sangue che cola tra le dita mi precede facendomi trattenere il respiro.
Ancora una volta no, penso esasperata mentre gli occhi mi si inumidiscono e il battito aumenta.
Sposto lentamente le mani dal punto leso, mi tremano, tutto il corpo trema.
Oltre al liquido vermiglio che esce copiosamente dalla ferita, c’è un buco non troppo grande, ma abbastanza profondo da far sgorgare molto sangue.
La prima arma che mi viene in mente vedendolo è il cacciavite. Ho sempre amato i film e i libri splatter che alla gente solitamente fanno venire il voltastomaco. Avevo già letto da qualche parte di una ferita esattamente come la mia, sebbene quella di mia conoscenza fosse posizionata sul cuore.
Fortunatamente il punto in cui sono stata colpita –se così si può dire- non è pericoloso per la mia vita, ma se il sangue continuerà ad uscire, potrei anche rischiare.
Tenendo premuta una mano sulla ferita, recupero il cellulare che avevo relegato in fondo alla piccola borsa a tracolla.
Lo sblocco sporcandolo irrimediabilmente del mio stesso sangue e, lottando con il touch screen, riesco a trovare il numero dell’unica persona che posso contattare senza essere presa per una matta.
Due soli squilli. «Pronto?»
«Fabio, sono io» pronuncio senza riuscire a trattenere un gemito di dolore.
«Ehi, che succede?» domanda il mio agente.
«È successo di nuovo, questa volta sulla coscia. Sembrerebbe un cacciavite. Ho bisogno di una mano, puoi venire a prendermi?»
«Inviami la posizione esatta e sarò lì il prima possibile».
Chiudo la chiamata ringraziando lui e maledicendo il touch screen.
Mi trascino più vicino al mare facendo attenzione a non  aggravare la situazione della gamba e mi sciacquo con l’acqua salata per poi ripulire con la maglietta i residui dal cellulare.
Invio la posizione a Fabio per poi tornare a concentrarmi sulla ferita.
Con le mani chiuse a coppa mi disinfetto con il mare.
Le lacrime mi salgono agli occhi per la seconda volta.
 
Il dottore che Fabio ha chiamato per farmi vedere è un tipo silenzioso e ligio al dovere.
Disinfetta il buco malefico e ricuce la pelle con cura.
Quando finisce di curarmi se ne va abbassando il capo e salutando a malapena.
Vedo il mio agente passargli una busta.
«Maledizione!» impreco quando sento la porta d’ingresso chiudersi. «Non so più cosa fare con questa storia, non hai novità?» chiedo sospirando.
Ho chiesto a Fabio di indagare su quanto mi sta accadendo perché, per quanto scetticamente impossibile, credo che io sia legata in qualche modo a qualcuno. Un qualcuno che, evidentemente, si ferisce o si fa ferire di continuo.
Era cominciato tutto con dei piccoli tagli qua e là ai quali non avevo dato troppo peso, all’inizio.
Poi una notte ho riscontrato la prima vera ferita allarmante, che non potevo essermi fatta con un qualche oggetto che avevo preso dentro per sbaglio.
Stavo dormendo con al mio fianco Fabio: ci frequentavamo anche se era eticamente scorretto.
Improvvisamente un dolore lancinante al braccio sinistro mi aveva destato senza pietà. Ricordo che urlai tirandomi su a sedere in un colpo e, tastandomi il punto dolente, mi ero trovata tra le mani del sangue, il mio.
Mi girai verso Fabio convinta che fosse stato lui e che volesse uccidermi per chissà quale strana ragione, ma lo vidi svegliarsi dopo il mio urlo chiedendomi cosa avessi sognato di tanto brutto.
Non aveva neppure aperto gli occhi.
Gli avevo strillato contro costringendolo ad aprire gli occhi e, quando vide il sangue, sbiancò.
Dopo qualche minuto di totale panico da “cosa diavolo è successo”, eravamo finalmente riusciti a capire che sarebbe stato meglio correre in bagno a medicarmi.
Successivamente avevamo controllato le telecamere poste in ogni stanza della mia casa, ma nessuno si era palesato, e dalle registrazioni sembrava che io mi fossi svegliata senza alcuna ragione, come se avessi avuto un semplice incubo. Eppure il sangue c’era e le ferite pure.
Questo si ripeté altre due volte prima che io chiedessi a Fabio di indagare.
Con questa siamo a quindici casi, ma solo al decimo è uscita l’idea della connessione a un’altra persona.
C’era anche l’ipotesi della bambola voodoo, ma l’avevamo scartata dopo che una “maga” ci dicesse che era poco probabile che si trattasse di una connessione di questo tipo, quanto più ad un collegamento con un altro essere umano.
Sarei una bugiarda se dicessi che ero completamente scettica: tutte le cose sovrannaturali e di questo genere mi hanno sempre affascinata e mi hanno indotto a credere che esistano davvero fenomeni di questo tipo.
Perciò, per quanto assurdo possa sembrare, io credo a questa folle teoria.
«Forse ho qualcosa. È solo un indizio, per ora, ma vale la pena tentare. L’ho saputo poco prima che andassi a fare la tua solita passeggiata e non ho voluto disturbarti».
«Ok, bene. Che indizio è?»
«Beh, il mio informatore…» lo squillo del suo cellulare lo interrompe. «Ah, ecco. Parli del diavolo… rispondo un attimo. Sì, pronto? Sì… Certo… Davvero? Questo è molto interessante. In quanti casi coincide?... Benissimo. Mi dia pure l’indirizzo…Ah, bene… Segnato… Sì, ovviamente… Grazie mille, avrà presto la sua busta. Arrivederci».
Non appena chiude la chiamata, mi regala un sorriso enorme.
«Ora posso dirti con certezza di avere delle novità serie, senza più nessun indizio. Questa è una vera e propria pista».
«Oh, meraviglioso!» esclamo tirando un sospiro di sollievo. «Di cosa si tratta?»
«Te lo spiego in macchina».
   
 
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