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Autore: hikaru83    19/07/2019    11 recensioni
La storia di Sherlock e John, il modo in cui si sono incontrati, tutto ciò che hanno vissuto, la conosciamo bene. Molti di noi avranno rivisto la serie abbastanza volte da citare le frasi senza che le altre persone riescano a capire, ma neanche ci importa, noi sappiamo (e se il nostro interlocutore abbassa la media di intelligenza dell'intero quartiere non è nemmeno colpa sua). E molti di noi hanno avuto problemi con il modo con cui l'hanno conclusa (per ora). E allora che fare? Allora ho deciso che la storia provo a scriverla come vorrei fosse andata, magari grazie a qualcuno che ha sempre osservato ma non abbiamo mai visto. Qualcuno che come noi era sempre con loro, ma al contrario nostro ha potuto cambiare le carte in tavola.
Rivivremo la storia, e basterà cambiare una cosa, per cambiare un sacco di cose.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho iniziato questa storia una vita fa. Non volevo pubblicarla finchè non l'avessi finita, ma oggi è il compleanno di Ben e mi sembra il giorno perfetto. Comunque la fine nel mio cervello c'è quindi state tranquilli.

Non sarei mai riuscita a pubblilcarla senza il continuo supporto della mia Annina, senza la consulenza medica di Susanna e senza la mia Beta che è in grado di trasformare la mia lingua sgrammaticata in italiano. E vi assicuro, non è cosa da tutti.

E nulla, spero che la mia idea vi piacerà.





Dalla tua parte



2015
Notte
 
La sabbia della spiaggia, che alla luce della luna sembra bianca, risplende sotto i piedi di una ragazza.

È scalza. Indossa un paio di pantaloni di una tuta tirati fin sopra i polpacci per non farli bagnare mentre avanza sola sul bagnasciuga, incurante della temperatura di gennaio. Il mare sembra un’infinita macchia nera.

Il maglione di lana spessa la protegge dall’aria ormai gelida. Quell’indumento tanto orrendamente natalizio la tiene al caldo, non solo per il materiale di cui è fatto, ma per i ricordi a esso legati.

Avrebbe dovuto coprirsi di più. Nessuno sano di mente se ne andrebbe di notte, a quelle temperature, scalza sulla spiaggia, con i piedi a mollo, indossando solo dei pantaloni di una tuta e un maglione di lana, che per quanto caldo fa passare l’aria gelida tra le maglie.

Ma lei non ha mai creduto di essere particolarmente sana di mente. E in effetti le scelte fatte nella sua vita fino a quel momento danno ragione a questa tesi.

I capelli sciolti si lasciano accarezzare dal vento dispettoso che a volte glieli fa finire sul viso.

Cerca di sistemarsi una ciocca fastidiosa dietro l’orecchio con la mano libera, mentre nell’altra stringe una bottiglia di birra appena aperta e non ancora toccata.

Sospira, la ragazza, guardando il cielo tempestato di stelle e quella luna che sembra più grande del solito; così grande da credere di poterla sfiorare.

Osserva il liquido nella bottiglia come se fosse indecisa se berlo o meno.

Sembra aver preso ormai una decisione quando la suoneria del cellulare la ferma.

Infila la mano in tasca e ne tira fuori uno smartphone lucido e nero. Lo schermo illuminato le rivela il nome del suo interlocutore.

-Mr Government-

Un altro sospiro prima di rispondere. Sa che lui non smetterà di assillarla fino a quando non risponderà. Del resto, chi osa non ubbidire a Mycroft Holmes? Solo qualcuno molto molto molto stupido, o con tendenze suicide.

«Non riesci a fare a meno di me, Capo? Eppure ci siamo lasciati solo poche ore fa.»

«Devi venire a Londra.»

«Londra è troppo pericolosa per me, secondo qualcuno; e sì, ti sto citando: “Una città non è mai abbastanza grande quando non si vuole incontrare qualcuno”.»

Era stato lui a farla partire dopo aver sistemato tutto, aver rintracciato il loro obiettivo e aver dato abbastanza prove in mano a chi di dovere. L’aveva letteralmente cacciata. Anche se lei avrebbe potuto sistemare la “situazione” ormai da anni con un proiettile dritto in testa, o spezzandole il collo –  tutte cose che le aveva impedito di fare, sperando che tutto si muovesse secondo i suoi piani. Anche quella volta era stato irremovibile. L’aveva fatta andare via nonostante a Londra ci fosse stata per parecchio tempo a controllare quei due – spesso e volentieri anche da molto vicino –, e non sembrava che all’epoca si preoccupasse del fatto che potessero incontrarla e scoprirla.

Invece, dopo che tutto sembrava sistemato, l’aveva praticamente cacciata, come se fosse certo che per lei stare lì fosse pericoloso, ma non avesse avuto intenzione di ammetterlo.

«Devi tornare. Si tratta di... John.»

Un sobbalzo nel suo cuore.

John. Era successo qualcosa a John.

Era certa che Mycroft lo sapesse che per quanto manipolare fosse un’arte, e il suo capo ne era il Leonardo da Vinci, a volte le cose potevano prendere direzioni diverse, e non tutto andava come era stato programmato.

«John? Sta bene?» trova il coraggio di chiedere, anche se la voce le si spezza.

«Una macchina oramai dovrebbe essere arrivata,» la informa l’uomo.

Proprio in quel momento i fari di un’auto, sicuramente più costosa di quanto lei potesse immaginare, illuminano la strada alle sue spalle. La luce viene schermata dal muretto basso che delimita la spiaggia rispetto alla strada.
«Arrivata, sì.» La ragazza butta la birra sul bagno asciuga e si avvicina alla strada. Lascia la bottiglia di vetro nel
cestino dei rifiuti prima di salire in macchina.

A malapena riesce a individuare un uomo alla guida a causa del buio e dei finestrini oscurati. Un secondo uomo,
grande come una montagna, la aspetta fuori dal veicolo e le tiene aperto lo sportello posteriore.

«Ti ho fatto trovare i vestiti adatti.»

Non si stupisce neanche del fatto che lui sappia che non era pronta a partire subito. Del resto, l’ultima missione era finita da poche ore. Meno di dodici, per l’esattezza. Ed era convinta che l’avrebbe lasciata in pace per un po’.
Soprattutto perché totalmente cosciente del fatto che lei è arrabbiata con lui per aver dovuto obbedire a un ordine che riteneva sbagliato.

«Armi?» chiede.

Sorride appena quando all’interno dell’abitacolo riconosce l’assistente personale del suo capo. Sorride, ma nello stesso tempo un brivido di terrore le scorre lungo la schiena. Difficilmente Mycroft faceva a meno della sua assistente, a meno di rarissimi episodi.

Anthea risponde al suo sorriso con uno uguale. E, cosa a dir poco sorprendente, spegne lo schermo del suo Blackberry e lo infila nella borsa elegante posata sul sedile accanto a lei. È piccola, ma lei sa essere letale, esattamente come la proprietaria.

«Per ora non ti servono. Dove ti porteranno non sono necessarie.» La voce del suo capo arriva ancora dal microfono del telefono. Sta facendo tutto cercando di tenerlo in equilibrio tra spalla e orecchio.

Lei si sistema sul sedile. Appena l’uomo al di fuori, come un vero gentleman, le chiude lo sportello, il calore dell’abitacolo le fa arrossare le guance. Non appena Anthea le offre una maglia leggera, scura ed elegante, si sfila il maglione di lana con sollievo.

L’abitacolo è diviso in due da un pannello scuro.

«Non mi hai risposto, prima. Lui come sta?» chiede un po’ infastidita. Odia il modo in cui il suo capo non le dica mai tutto. Le informazioni centellinate, solo quando servono, non un instante prima. Ma lei ha una memoria formidabile, ed è una gran rompiscatole se ci si mette, e il suo capo di questo ne è pienamente consapevole.

Finisce di vestirsi. Il maglione ben piegato sulle gambe, il resto piegato nel sacchetto di carta dove erano contenuti i vestiti nuovi. Probabilmente, ipotizza, verranno distrutti o usati in altri modi. A lei non importa. L’unico pezzo importante è sulle sue ginocchia. Il calore che emana è forte, come il vero proprietario di quel maglione.

«È meglio che lo vedi con i tuoi occhi. Questa storia deve finire. I nodi devono essere sciolti e non posso farlo senza il tuo aiuto.»

Questa ammissione non se la sarebbe aspettata. Mycroft preferirebbe farsi sparare prima di ammettere di aver bisogno di aiuto.

«Quella... donna, è morta?» L’unica spiegazione plausibile che il suo cervello riesce a trovare. Deve essere colpa di quella donna. È sempre colpa di quella donna.

Lei gliel’ha sempre detto. Ma lui non l’ha mai ascoltata e lei si è fidata, con ritrosia certo, ma si è fidata.

Perché è sempre di Mycroft Holmes che si sta parlando. L’uomo che ha sempre tutte le risposte. L’uomo che è in grado di manipolare chiunque. L’uomo che sembra poter contrattare con Dio e con il Diavolo in persona, e non essere quello intimorito nella trattativa.

Eppure, quella volta aveva sbagliato.

«Non è cosa di cui parlare per telefono. Riposa durante il viaggio. Dopo non so quando potrai farlo.»
Anthea, come se potesse sentire la telefonata, le porge due pillole e una bottiglietta d’acqua ancora chiusa.

«Capo...» È reticente. Non ama non essere cosciente di ciò che la circonda; ma è Mycroft a volere che lei svuoti la mente e si riposi. E lei, nonostante tutto, di Mycroft si fida.

«Non gli succederà niente fino al tuo arrivo.» Riconosce dal timbro della sua voce una verità assoluta. Una promessa.
Un giuramento.

«Come vuoi.» Afferra le pillole senza toccare l’acqua. Non ha certo bisogno di bere per ingoiare delle pillole tanto piccole.

«Brava. Ci vediamo fra poco. Dormi, ora.»

E lei, obbediente, chiude gli occhi, si sistema comoda sul sedile utilizzando il maglione come cuscino e si lascia cadere in un sonno senza sogni.



Continua...


Note: la storia sarà un po' lunga, spero di riuscire a darvi un capitolo a settimana. Alla prossima! E Tanti Auguri Ben ❤️
  
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