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Corvi
B |
rienne
di Tarth cavalca da giorni con Lord Davos e alcuni uomini fedeli. Non
pensava
che sarebbe tornata a nord. Nonostante la Fortezza Rossa sia piena di
fantasmi
– Jaime, Jaime
– Brienne teme più i
ricordi che ha a Grande Inverno.
Teme
la nostalgia della sua stanza e di un camino
acceso. Di un uomo con una mano sola che ha caldo –
è geloso e ha caldo – e
dice di non volersene andare.
I momenti più belli della sua vita li ha
trascorsi con lui. Solo lui aveva il potere di spezzarle il cuore
– ha fatto
crack quando ha sellato il cavallo ed è andato via
– e solo lui ora potrebbe
rimetterne insieme i pezzi.
Ma alla morte non c’è rimedio.
«Non
pensavo che sarei tornato a nord» dice
Davos, affiancando il cavallo con il suo. «E per ordine di un
terzo Re.»
«Stannis
non era un vero Re» mormora Brienne
senza nascondere il disprezzo.
«In realtà, mia lady Comandante, Stannis era il
Re legittimo dei Sette Regni.»
Lei stringe la presa sulle briglie, stringe i
fianchi dell’animale e aumenta il passo.
Renly e Jaime. Due uomini, due amori. Due
cadaveri.
«Ha usato la magia per assassinare suo fratello»
ribatte Brienne. Vorrebbe aggiungere che ucciderlo è stata
una delle gioie
della sua vita, ma preferisce tacere.
E
questa
gioia nessuno potrà portarmela via.
«Lo
neghi?» domanda a Davos.
Lui scuote la testa. «Non lo nego, ma questo non
lo rende meno legittimo.»
«Forse ai tuoi occhi.»
Ma poi ricorda Sansa in compagnia di Ditocorto.
Le sue parole di rifiuto, prima di essere venduta ai Bolton.
“Ti
ho
vista inchinarti dinanzi a Joffrey.”
Spinge
il cavallo al trotto e si allontana dalla
compagnia. Ha bisogno di restare sola. Non vuole parlare. Le parole
portano
brutti ricordi.
Poi riconosce la strada, il ponte di pietra.
Rammenta una risata e una spada rubata. Un uomo
non più in grado di combattere.
Stringe
gli occhi e fa fermare il cavallo. «È qui
che ci hanno presi» sussurra, a nessuno in particolare.
Quel giorno, risparmiare la vita di un contadino
è costato molto. La libertà, una mano, il
tradimento di un alfiere al suo Re.
“Devo
riportare a casa le ragazze Stark.”
“Troverò
Sansa. Per lady Catelyn.” Uno
sguardo, il respiro che si ferma. “E
anche per te.”
∞
Quando
maestro Ronald ritorna con l’ordine di
aprire le porte, Jon non riesce a trattenere un sorriso. Non
è solo per gli
uomini che stanno entrando o per il metalupo che lo raggiunge per
leccargli le
mani e il viso. È anche per Sansa.
«Piccolo
corvo» esordisce Tormund, colpendolo con
una manata sulla schiena. «Mi hai fatto tornare a sud a
soffrire il caldo.»
«Questo è il nord» dice Jon, ridendo.
«È il sud per me.»
Jon gli fa dei cenni di ringraziamento. Saluta la
decina di uomini che Tormund ha portato con sé. Poi prende
lui da parte, in
modo che possano parlare senza essere uditi dalle guardie.
«Ora
è Sansa la regina» sussurra.
«Noi non ci inchiniamo.» Le parole di Mance.
«Non
sei qui per questo. Hanno tentato di
ucciderla.» Fa una pausa, guardandosi intorno. «Non
mi fido di nessuno qui, e
ho bisogno di gente fidata per trovare chi la vuole morta.»
Tormund si batte una mano sul petto.
«Sbrighiamoci allora. Alle donne del sud non piacciono i
Bruti.»
Jon fa un grosso sorriso. «Più tardi parleremo.
Ora devo fare una cosa.»
«Sbrigati,
piccolo corvo! Il nord ci aspetta!»
Jon
raggiunge il cortile, dà disposizioni al
maestro di trovare un alloggio ai Bruti all’interno della
fortezza, poi va a
cercare Spettro. Ma è il metalupo a trovare lui.
«Ehi» lo saluta, chinandosi alla sua altezza per
guardarlo negli occhi. «Mi sei mancato.»
Gli gratta il collo, poi l’orecchio. Scorre il
dito sopra quello mancante, senza toccarlo. Si alza e lo guida nel
castello.
Quando
raggiunge la camera di Sansa, sente un
groppo in gola.
Ha capito di cosa ha paura. Ha visto i suoi occhi
tristi mentre lo guardava muoversi nella stanza. Non vuole spaventarla.
Deve
aver riconosciuto il lampo di desiderio che gli ha lambito le viscere.
Forse
sospetta che vada avanti da tempo…
La sua bella sorella. Che aspetta il momento
giusto per trovare i suoi assalitori. Ferita in un letto che non
può lasciare.
Ora che il maestro ha dato il permesso alla
guardia di lasciarlo entrare, Jon gli fa solo un cenno, accarezzando la
testa
di Spettro.
La guardia apre la porta di pochissimo, in modo da
non vedere nulla.
Nessuna
pelliccia sul ventre, nessuna fasciatura
sul petto. E nemmeno i capelli rossi sparsi sul cuscino, o gli occhi
azzurri
come il cielo d’estate che sembrano leggerti dentro.
Spinge la porta, e Spettro entra come un fulmine
nella stanza. Raggiunge il letto, posando le sue enormi zampe bianche
sulla
pelliccia – ciò che non può fare lui.
Sansa, addormentata, solleva la testa di scatto.
«Spettro?»
domanda incredula. «Spettro!»
Le
braccia nude lasciano il rifugio sicuro delle
coperte e afferrano la testa del metalupo. Lo grattano sul collo,
percorrono il
muso e lasciano che il naso nero raggiunga il suo viso.
Jon posa gli occhi sulle sue mani, percorre la
linea tesa del braccio fino alla spalla ricurva.
Non può restare in quella stanza. Non può.
«Dov’è
Tormund?» chiede Sansa, non appena lui si
volta verso la porta.
«Lo vedrai presto.» Poi si rivolge al metalupo
bianco, mentre gli occhi sono due torce rosse puntate su di lui.
«Resta qui,
Spettro. Proteggila.»
Proteggila
per me.
∞
Una
tempesta ha colpito la nave. Bisogna tornare
indietro, dice tutto l’equipaggio. Ma lei vorrebbe
proseguire, ed è lei il
Capitano. Spetta a lei decidere se scoprire nuove terre valga il
rischio.
Finché qualcuno non la chiama, puntando il dito
verso il cielo coperto di nubi.
Arya copre la fronte con il braccio e guarda in
alto. Stringe le palpebre, e poi, finalmente, lo vede.
Un
corvo.
Un piccolo corvo nero che affronta le avversità
del mare.
Siamo
ancora vicini a terra,
si dice.
La
nebbia di quei giorni le ha impedito di
trovare una direzione. Non c’erano stelle a guidarla.
Ma un corvo in mezzo al mare non lo aveva mai
visto, nemmeno nei suoi sogni.
Lo osserva planare verso di loro, e si chiede di
quale magia sia frutto quell’immagine.
«Non
è possibile» mormora, guardandolo cadere.
Il
vento lo aiuta a ritrovare la via, lo porta
fino alla nave.
Arya corre sul ponte, dove il corvo si è appena
posato. Vede un uomo stupito quanto lei.
«Come
si insegna a un corvo a raggiungere una
nave?» chiede lui. «Come può
trovarla?»
Arya scrolla le spalle. «Sei tu l’esperto di
navi.»
«Di navi. Non di corvi. Quelli sono animali di
terra, e l’esperta di terra sei tu, Capitano.»
Lei
lo ignora. Non ha idea di quale magia ci sia
voluto per portarlo fin lì, né se sia davvero per
lei. Sa solo di non aver mai
visto niente di simile.
Lo raggiunge e si china per prendere il
messaggio.
Le basta riconoscere il sigillo per capire che la
sua avventura è finita.
Se
mi
hanno trovata in mare, significa che è grave.
«Torniamo indietro»
ordina alla ciurma.