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Autore: killian44peeta    20/07/2019    0 recensioni
Sequel di
-Gli Elementi 1
-Gli Elementi OS- L'esterno (1.1)
-Gli Elementi 2
-Gli Elementi OS- L'interno (2.1)
"La debolezza deve essere eliminata. Devi farla fuori. Se la manterrai viva sarai... umano"
Il battito cardiaco accelerò e rallentò così tante volte che pareva quasi il tempo fosse impazzito, sbattendogli nel petto e nelle tempie come non mai, dapprima velocizzandosi, poi cristallizzandosi, con i secondi che gli scorrevano addosso, pesanti come massi che crollavano sulla sua schiena già piegata, con i respiri che gli uscivano dalle labbra in un totale disordine, il sudore che gli percorreva la fronte e le mani.
Sentiva che l'arma poteva scivolargli dalle dita per quanto i suoi palmi si stavano bagnando, bollenti a dir poco rispetto alla superficie gelida e perfetta di quella sottospecie di spada.
"Uccidila. O ora o mai più"
Vide la ragazza aprire le braccia, mostrando a pieno il petto, pronta a ricevere il colpo, guardandolo, con le lacrime del biondo che le crollavano addosso, ma senza spostarsi affatto, senza cercare di asciugarle con la mano.
Semplicemente lo guardava ed aspettava, silenziosa, con la tranquillità inscritta in ogni movimento e ogni cenno del suo corpo.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Guy

Nulla.

Nulla a disturbare il silenzio.

Uno strano formicolio mi avvolgeva la pelle, producendo un rumorino basso e bizzarro di sottofondo, qualcosa di non traducibile con altri sensi.

Era una sorta di ticchettare, come se un ago venisse sbattuto ripetutamente su una superficie metallica per distanziare i secondi che correvano silenziosamente.

Il ticchettio continuava, non sapevo definire se mi infastidisse o se fosse un semplice rumore che sarei stato capace facilmente di isolare in un lato della mia mente per poi perderlo di vista, nonostante fossi in mezzo al silenzio più assoluto, silenzio che mi era attorno da... quanto?.

Non sapevo minimamente da quanto ero qui, quindi non ne avevo la più pallida idea.

Non sentivo null'altro, non una percezione sulla pelle, non un desiderio.

Solo quel ticchettare, che si ripeteva e si ripeteva ancora, squarciando la pace eterna con il suo esistere.

Una parte della mia mente mi spinse ad ignorarlo completamente, nella speranza che si bloccasse e non tornasse più.

Di tutta risposta, peró, un lieve bruciore inizió a percorrermi le goti, particolarmente irritante.

Non riuscivo a muovermi, ma non c'era nulla a permettermi di  capirne il motivo.

Non ero legato, non c'era assolutamente niente che mi tratteneva da ridurre il fastidio particolare e in parte attituito da quel nulla assordante.

Eppure non riuscivo proprio a muovermi e tantomeno ad aprire gli occhi, sempre che ce li avessi.

Non ne ero sicuro.

Non credevo nemmeno di star respirando.

Il bruciore era fortunatamente leggero, o almeno, così era stato all' inizio, siccome, man mano, insieme al ticchettio, inizió a farsi sempre più forte e opprimente.

La lieve infiammazione, infatti, si trasformó, ancora prima che potessi, in un modo o nell'altro, prepararmici, in dolore e per quanto io volessi gridare, la mia bocca non eseguiva per nulla i comandi, anzi, le richieste disperate.

La sofferenza  continuava ad aumentare ogni secondo di più in una tortura interna che decisamente non potevo esprimere.

E non feci a meno di chiedermi cosa diamine io potessi aver fatto per ricevere tutto questa sofferenza che mi si accalcava sulla faccia e per venir così punito con un rumore che avrebbe potuto far saltare in aria ogni mia singola resistenza.

E non lo sapevo proprio, non un concetto riusciva a passarmi nella testa.

Ero stato immobile e nel buio forse per una vita, forse per qualche ora, non sapevo definirlo.

Non sapevo nemmeno chi ero, dare una tempistica era decisamente più complicato che conoscere la propria esistenza.

-O cosa sei- mi punzecchió una sorta di vocina fastidiosa, con un tono cantilenante, una vocina che si spense in una lieve risatina, accompagnato dalla rimozione del dolore sulle goti.

Se avessi potuto anche solo aprire la bocca, avrei finito col sospirare, probabilmente.

Ne ero capace? Chi ero? Cos'ero io?

Non saper dare risposta a tutto quello che raggiungeva la mia mente  era una cosa che mi opprimeva in un certo senso.

Sapevo di essere un entità, sapevo di saper pensare, sapevo di poter provare emozioni.

Ma il resto? Perché c'era un resto, no?

Forse no, dopotutto.

La parte rimasta, inconcludente e non dettagliata, non era altro che un dipinto colorato di nero, privo di forme e di vita.

E non potevo non chiedermi se io fossi proprio quello.

Un dipinto nero.

"Eppure se sono un dipinto, perché quello  strazio? I quadri non hanno sentimenti.

Oppure sí? Provano qualcosa? Pensano?

Rimangono per tutta la loro eternità immobili, cercando di muoversi ma senza riuscirci? Non avranno mai alcun tipo di vita?"

-Che pensieri stupidi che ti fai, Guy-

Una nuova voce, non la stessa che aveva parlato in precedenza, stavolta condita con un tono di scherno che non mi diede nessuna sensazione in particolare.

Non mi interessava del suo prendermi in giro, non mi scalfiva, anche perché aveva detto qualcosa di ben più importante da farmi calcolare.

Guy

A quanto pareva, il mio nome era Guy.

Mi sembrava strano, ma per qualche motivo, sentivo che mi calzava a pennello, anche se la sicurezza nei confronti di tale riflessione non avevo la più pallida idea di da dove provenisse.

Ma almeno sapevo di non essere un quadro.

-Dannazione, sei ridicolo- saltó su una terza voce, più stridula delle precedenti.

"Mh... e voi siete seccanti"

A tale frase mentale non ebbi alcuna risposta, cosa che non mi dispiacque.

Le voci che non avevo mai sentito prima... preferivo mille volte quando non vi erano e basta.

Per qualche strano motivo, appena mi resi conto che il ticchettio, rimasto, al contrario del bruciore, stava man mano perdendo ritmo, rallentando fino a sparire a sua volta, percepii un improvvisa ansia non priva di tensione.

Una volta dopo che questo accadde, sentii le mie palpebre alzarsi, quasi venissero trasportate da una forza a me estranea.

E tutto intorno , ogni cosa era oscurità pura e buia, nulla a diminuirla, neppure il più fragile raggio a scostare la tenebra e a creparla con il suo sciamare timido e freddo.

Mi resi conto in poco di riuscire a muovere la testa, le braccia e le gambe, allungando perció con lentezza la mano verso l'alto, cercando di afferrare il nulla, con un brivido che mi scendeva e saliva per la pelle, come accarezzandomi.

Ma non stavo ancora respirando, non con la bocca, non con il naso, pareva quasi non ne avessi bisogno.

Galleggiavo... o volteggiavo, non ero minimamente sicuro di quale delle due opzioni fosse la corretta, ma per certi versi non mi importava andare nel dettaglio.

Affaticato, sentendo le mani e le braccia come se fossero pesanti perché addormentate, forse per il mio stato di totale annullamento, portai la mano al mio volto.

La mia pelle era liscissima, quasi scivolosa, come bagnata da liquido, mentre le mie dita erano così fredde che non riuscii a trattenere un ennesimo brivido.

Appoggiai per intero, noncurante di quelle strane percezioni che correvano lungo la mia schiena, i palmi ad essa, sentendo tramite il tatto la forma delle mie labbra, chiuse, la struttura del mio volto, le mie palpebre e le ciglia arcuate.

Erano sensazioni particolarmente piacevoli, rassicuranti, tranquille.

Provai dunque a spostare le gambe in avanti e all'indietro, sentendo come se stessi spostando della materia pesante e difficile da trascinare.

Arrivai dunque a rotare su me stesso, trovandomi a pancia verso quello che, momentaneamente, mi sembrava il basso, fissando al di sotto per qualche istante prima di sentire, sgranando gli occhi, un improvvisa pressione contro la schiena.

Mi sentivo cadere, scivolare verso il fondo, sempre di più

Per quanto volessi opporre resistenza, la spinta era più forte di tutto il resto, riusciva a farmi sprofondare.

E lo feci fino a sbattere contro una superficie, dura e dolorosa contro allo stomaco, che pareva bruciare contro la pelle.

L'esser placcato contro il terreno, sentendolo gelido come il ghiaccio mi fece rendere conto di essere completamente nudo, dettaglio a cui all' inizio non avevo fatto affatto conto.

Doveva essere una cosa normale, forse, però, in parte la cosa mi infastidiva, un po' per la temperatura sul fondo di quel... posto?

Dove mi trovavo esattamente?

Il ticchettare si riaccese di colpo, forte, insistente, tanto che lo sentivo perfino nel cervello, sembrava prodursi dentro la mia testa.

Il rumorino svanì un ennesima volta, man mano, diventando sempre più vago e lontano, fino al punto che, infatti, era scomparso ancora.

Non ne capivo sinceramente il senso, ma decisi di tralasciare, fissando il pavimento, alzando le sopracciglia, guardando il nero con decisione, cercando qualche sfumatura, qualsiasi cosa, provando poi, in seguito, ad alzarmi.

Tentativi che risultarono platealmente inutili, siccome non riuscivo ad alzarmi neppure di qualche centimetro da terra.

"Cosa mi tiene attaccato al suolo?"

Il mio pensiero si interruppe  quando improvvisamente il dolore riprese.

Non più sulle guance, ma sulla schiena, il peso che mi teneva fermo che aumentava, portandomi a sentire sempre più appiattito e schiacciato, come se avessi un masso enorme su di essa.

Stavolta non potei non urlare a gran voce, dimenandomi, cercando di sfuggire a quella pressione terribile ed insopportabile, per poi notare che le mie mani iniziavano ad essere avvolte da una sostanza scura, violacea, con la consistenza del vapore.

Sentendolo che mi percorreva le dita, percepii anche le mie gambe appesantirsi di colpo e praticamente incollarsi a terra.

Le mie mani non furono poi da meno, lasciandomi perfettamente parallelo al terreno, quasi fosse una calamita.

Smisi di gridare per il semplice motivo che la mia bocca si richiuse di botto.

Tutto stava tornando come prima.

Non avevo più capacità di movimento, non della bocca, non del corpo, ero tornato al punto di partenza, con solo la vista, inutile in un oscurità come quella che mi circondava.

Per quanto provassi a reagire per muovermi, anche solo di un poco, mi era così impossibile che avrei voluto poter piangere di frustrazione.

Anche solo la sensazione di muovere un dito sarebbe stata abbastanza, eppure non ne avevo la possibilità.

Tutto stava tornando a sparire nel turbine di nulla di cui, a quanto pareva, facevo parte.

Non ero un quadro, non ero una persona, non ero vivo.

O almeno, non potevo esserlo.

Una parte del mio cervello mi disse di arrendermi all' evidenza, l'altra mi chiedeva disperatamente la libertà, anche se era plateale che non ne fossi degno.

E null'altro giunge se non il dolore vivo sulla pelle, una sofferenza che mi schiaccia le ossa per renderle polvere.

O così rimase fino ad un istante.

Un istante particolarmente incerto in cui una voce, una soltanto, una che per qualche motivo non mi era sconosciuta, interruppe il silenzio di morte che mi era scivolato addosso.

-Ricorda come mi hai salvato-

Un flash, quasi un fulmine a ciel sereno, una scarica elettrica.

-Non dimenticare mai come mi hai salvato... non farlo, te ne prego-

Un immagine.

La mia, la mia di immagine.

C'ero io, quello ero io, ne ero più che sicuro, ne ero certo.

E poi molte altre, sempre mie.

Mie che mi alzavo, mie che mi mettevo a correre, fregandomene di tutto il resto.

Mie che procedevo tra tutta l'oscurità fitta alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa che potesse liberarmi dalle catene con cui io stesso mi ero legato, le catene che avevo stretto a me, cercando la morte, cambiando idea solo sulla soglia del burrone.

Non le volevo, non volevo più rigirarmi negli errori del passato di un me che sentivo dentro quanto in realtà non c'era.

Solo pensando alle cose negative che avevo fatto, non potevo andare avanti.

E le mie immagini procedevano, anche se inciampavo, perdendo l'equilibrio, riprendevo a correre.

O lo stavo facendo per davvero? Forse non erano solo foto impresse, ma era quello che io stesso stavo compiendo.

Dentro di me si fece strada una fascia di emozioni a vasta scala, come un ondata di acqua pura, mentre l'oscurità alle mie spalle si faceva sempre meno fitta, come quella che pareva dimorarmi dentro per divorare tutto quello che trovava.

Sollievo, euforia, timore, ardore, desiderio...

Troppe sensazioni accumulate, giunte in un solo istante, per poterle elencare tutte.

Avanzavo di passi in passi, sentendo come le gambe risvegliarsi mentre acceleravo, gettando al suolo ciò che era inutile.

Altre immagini, ma stavolta non più mie, tracce scattate di emozioni, di volti sorridenti i cui nomi parevano salire a galla nella mia testa come bolle, anche se a pezzi e alla rinfusa.

Più avanzavo e più sentivo di poter continuare a farlo, anche quando i miei muscoli fossero stati a pezzi, dolenti in maniera tale da farmeli sentire in fiamme, sentivo di poterlo superare.

Più camminavo e più mi sentivo leggero, leggero come una piuma trasportata dalla corrente, stranamente non persa in essa, ma su un proprio percorso.

La pressione sul mio corpo si stava alleviando sempre di più, diventando solo un ricordo, un bruttissimo ricordo, che inizialmente aveva preso il sopravvento, ma che era stato messo finalmente da parte.

Non riuscii a rendermi conto del tempo che passava mentre continuavo la mia strada verso una meta che neppure conoscevo.

Sapevo solo che dovevo procedere fino a raggiungere qualcosa, qualsiasi cosa si manifestasse davanti ai miei occhi.

E farlo fu nettamente necessario, anche perché non ci volle molto per ciò che ne seguì.

Raggiunsi improvvisamente una porta, già aperta, così spalancata da lasciarmi boccheggiante.

Riuscivo a vedere quello che mi aspettava, anche se in maniera sfocata.

C'erano tre persone, i cui nomi presero a navigarmi nella testa, sempre in disordine, sempre poco comprensibili, cercando di chiudere i buchi della mia memoria ancora poco raggiungibile.

Quelle tre persone mi guardavano, mi osservavano, aspettando che uscissi.

Il resto fu straordinariamente facile.

Un piede oltre la soglia, il secondo piede e poi la luce vera e propria.

Ogni cosa prese istantaneamente forma e mi trovai a fissare quelle tre persone, di cui due su tre avevano il viso stravolto dalle lacrime e il terzo un espressione scombussolata come poche.

Feci appena in tempo a formulare mentalmente i loro tre nomi prima di percepire un gran capogiro che mi fece perdere i sensi.

*

Sbattei le palpebre, particolarmente infastidito dalla luce che mi sbatteva sugli occhi.

Mi tirai faticosamente a sedere, la testa che mi doleva parecchio, un fastidio che però sparì velocemente, per chissà quale dono divino.

Appena alzai il capo per guardarmi attorno, mi trovai davanti ad un posto che non avevo mai visto prima e in cui non avevo la più pallida idea di come ci fossi arrivato.

Mi passai una mano sulla testa per massaggiarmela, cercando di ricordare se magari avevo qualche traccia di pensiero per rendermi conto seriamente di quando avessi deciso di venire qui e soprattutto come.

Mi bastò però vedere Silver, Diana e Will per perdere di vista ogni richiesta mentale e percepire un insieme di gratitudine e un vago calore al centro del petto, accompagnato da imbarazzo che provai a reprimere.

Perché avrei dovuto sentirmi in imbarazzo? 

Non era decisamente normale che mi sentissi così.

Più che provare dunque a reprimere, mi limitai a scuotere la testa, rimproverandomi mentalmente. 

Mi costrinsi in seguito ad alzarmi, sentendo le gambe faticare a reggermi, eppure, nonostante questo, riuscii davvero ad ottenere risultati.

Non volevo sentirmi a disagio, né fuori posto, anche quando notai una figura poco lontana che non avevo mai visto prima, ma che praticamente subito mi sorrise.

La osservai, turbato, aggrottando la fronte e prendendo a camminare in sua direzione, cercando di capire meglio se fossi soltanto io con la mia momentanea amnesia a non ricordarla per tale motivo o se piuttosto fosse davvero una sconosciuta.

Prima ancora che potessi aprire bocca vidi Silver girarsi in mia direzione e spalancare le palpebre.

-Tenebroso!- gridò a pieni polmoni, gettandomisi addosso in un abbraccio a sanguisuga che per poco non mi fece cadere a terra.

-Ohi, con calma! Così mi soffochi- sbottai, cercando di liberarmi dalla sua presa, per poi sentirle uscire di bocca un singhiozzo.

La guardai, preoccupato, fermandomi di colpo dal dimenarmi, portando le mani alle sue braccia, col risultato che all'Acqua uscì un secondo singhiozzo.

-Stai bene? Che è successo?-

La vidi scuotere il capo diverse volte, per poi alzare la testa e guardarmi sorridente -Tutto ok-

-Beh, sinceramente non mi sembra ma... ok- borbottai, ruotando lo sguardo, per poi trovarmi affianco anche la Luce e il Vento, con sempre la donna anziana che non conoscevo, la quale aveva un espressione particolarmente calma.

Il fatto principale era però uno.

Non ci stavo seriamente capendo nulla.

Ma nulla di nulla.

Sembrava tutto così dannatamente confuso, tra il posto in cui eravamo, la reazione di Irhina, la donna, il modo di guardarmi di Diana.

Non c'era assolutamente niente ad aiutarmi a sistemare il caos che mi regnava nella testa.

-Qualcuno sa dirmi cos'è successo e perché ci troviamo qui?- dissi dunque, dando vita alla mia domanda, portando Silver a staccarsi, guardandomi incerta.

-Non ricordi nulla?-

-Ehm... no-

-L'ultima cosa che ti ricordi?- intervenne Will, inclinando il capo, con un espressione attenta.

Aggrottai la fronte, cercando di riportare alla mente qualche evento, qualche cosa che potesse in chissà che modo dare risposte, come in precedenza avevo già fatto, ma senza mettermici di impegno.

Mi ritrovai a fissare il suolo, mordendomi il labbro con nervosismo.

La prima scena che tornò alla mia testa fu concentrata su Diana.

Alzai leggermente il capo, chiudendo le palpebre.

Vedevo lei, circondata dalle mura di una grotta, lei che si girava, prendendo ad allontanarsi.

E poi uno strato di ghiaccio che prendeva a circondarmi.

Un brivido mi percorse la spina dorsale, una sensazione gelida.

Neve, neve che mi cadeva addosso, cercando di soffocarmi.

Boccheggiai  istantaneamente, sentendo l'aria mancarmi a tutt'un tratto, il mio battito cardiaco che sbalzava, rallentando, i secondi che correvano senza darmi tregua.

Un ennesimo brivido, l'ossigeno che spariva di colpo, i sensi che si oscuravano.

Una stanza bianca, enorme.

Il mio stesso corpo che pareva dolermi al punto che urlare non bastava ad esprimere la mia sofferenza.

Uno specchio.

Di nuovo il buio, ma stavolta ininterrotto.

Aprendo le palpebre, mi ritrovai ad osservare i tre ragazzi che mi erano davanti e che aspettavano che rispondessi, quando non avevo la più pallida idea di come esprimermi.

-Il buio. L'ultima cosa che mi ricordo è il buio.- feci una pausa -Ma... prima c'eri stata tu... che te ne stavi andando. Eravamo in una caverna, credo- mi illuminai- Probabilmente quella della tipologia addestramento- guardai Cathy, la quale sussultò appena, per poi annuire.

-Sì, quello è accaduto- disse, spostando lo sguardo, portando una mano dietro al collo, con un tono leggermente nervoso .

-E dove siamo ora?- domandai -Come ci siamo arrivati qui?-

Come posto mi ricordava parecchio qualcosa di divino, l'aspetto ricercato e brillante, strano, troppo perfetto per risultare normale.

-Siete nella parte più alta della Montagna sul Lago-

Il mio cuore perse un battito, per non dire tanti battiti, mentre con quella semplice frase mi venivano in mente tante cose.

La mia missione.

Luxor.

Prima che potessi anche solo aprire bocca, Diana mi precedette.

-Sì, lo sappiamo- il suo tono era calmo, anche la sua espressione pareva esserlo, anche se le espressioni di Silver e Will erano completamente l'opposto.

Tacqui, sentendomi più che semplicemente teso, con la sensazione che stesse per iniziare uno di quei discorsi particolarmente lunghi, da cui però non mi sarei distaccato nemmeno per una parola.

-Forse è meglio che ne parliate fuori da qui- intervenne la donna dai capelli bianchi, la signora che mi era completamente sconosciuta.

-Aerus, Aguàr, Lirem, Briem... andate-




 

 

  
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