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Autore: XShade_Shinra    21/07/2019    1 recensioni
«Le ho detto che sono più interessato ai draghi che alle donne. Perciò, se non vuole diventare un delizioso spuntino per il Petardo Cinese che vive qui vicino, le conviene sparire», ripeté Charlie, aggiungendo anche la parte dove la invitava, nella maniera più gentile che conosceva, a girare sui tacchi.
Rita stava per ricevere la porta dritta sul naso, ma lei non era una donna qualunque: era un demone in gonnella, con tantissimi assi nella manica. «So della GiraTempo», disse, sbrodolando puro miele dalle labbra stirate in un sorriso odioso.

[ Shounen-ai – Charlie/Newt ]
[ Fanfiction partecipante alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" indetto da Soly Dea sul Forum di EFP ]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Charlie Weasley, Newt Scamandro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Le parole di cui hai bisogno
«Le ho detto che sono più interessato ai draghi che alle donne. Perciò, se non vuole diventare un delizioso spuntino per il Petardo Cinese che vive qui vicino, le conviene sparire», ripeté Charlie, aggiungendo anche la parte dove la invitava, nella maniera più gentile che conosceva, a girare sui tacchi.
Rita stava per ricevere la porta dritta sul naso, ma lei non era una donna qualunque: era un demone in gonnella, con tantissimi assi nella manica. «So della GiraTempo», disse, sbrodolando puro miele dalle labbra stirate in un sorriso odioso.
[Shounen-ai – Charlie/Newt]
Fanfiction partecipante alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" indetto da Soly Dea sul Forum di EFP

 
Titolo: Le parole di cui hai bisogno
Autore: XShade-Shinra
Fandom: Harry Potter + Fantastic Beast and Where to Find Them
Personaggi: Charles Weasley,  Rita Skeeter,  Newt Scamander
Pairing: Charlie/Newt (Charliewt)
Genere: Malinconico, Sentimentale
Rating: Verde
Avvisi: Crack pairing, Shounen-ai
Capitoli: Oneshot
Wordcount: 3925 parole
Prompt: Odnoliub (una persona che ha un unico amore nella propria vita)
Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
Note: Per il contest "Ti odio tanto che potrei morirne" indetto da Setsy sul forum di EFP, mi sono venute in mente due possibili coppie crack che amo alla follia: una di queste è appunto la Charlie/Newt! *^* Credo che se i due avessero avuto la possibilità di vedersi nella serie di Harry Potter sarebbero stati subito in sintonia, vista la loro grande passione per gli animali fantastici. Spero che questa coppia possa piacere anche a voi coraggiosi che sono passati per di qui!
Per questa FF mi sono basata sul fatto che Rita Skeeter è davvero andata da Charlie a chiedergli perché non si fosse ancora sposato (come non cogliere la palla al balzo? XD).
Ringrazio tanto Gala per aver letto la storia in anteprima! ^^
Buona lettura a tutti! :3


 
Le parole di cui hai bisogno


Charles Weasley non era mai stato un mago armato di pazienza, soprattutto quando si trattava di esseri umani viscidi e falsi; che fossero purosangue, mezzosangue o nati-babbani non aveva importanza: la porta di casa era sempre lieta di far conoscenza con il loro naso.

Nonostante questo, per Rita Skeeter l’odore di uno scoop era più forte di una qualsiasi porta sbattuta in faccia. Era riuscita a eludere la barriera magica presente a protezione della riserva naturale dei draghi, presentandosi tutta profumata e imbellettata nel suo vestitino verde davanti a casa di Charlie, mostrandogli il sorriso più accattivante del repertorio.

Fu un flop.

«Le dispiacerebbe ripetere, signor Weasley?».

Charlie guardò verso l’alto, constatando tristemente che quell’ombra che aveva appena oscurato il sole non era un Ungaro Spinato pronto a papparsi in un sol boccone quella donna, ma una semplice nuvola. «Le ho detto che sono più interessato ai draghi che alle donne. Perciò, se non vuole diventare un delizioso spuntino per il Petardo Cinese che vive qui vicino, le conviene sparire», ripeté, aggiungendo anche la parte dove la invitava, nella maniera più gentile che conosceva, a girare sui tacchi. In realtà non avrebbe mai permesso ai draghi di divorarla: temeva che quella donna avesse un saporaccio e li avvelenasse.

Rita stava per ricevere la porta dritta sul naso, ma lei non era una donna qualunque: era un demone in gonnella, con tantissimi assi nella manica. «So della GiraTempo», disse, sbrodolando puro miele dalle labbra stirate in un sorriso odioso.

Charlie si fermò con l’enorme mano sull’uscio, guardandola male, mentre la sua dannata penna prendiappunti si muoveva sul bloc-notes sospeso, come fosse una spada, colpendo e ferendo Charlie con parole che ne descrivevano la sorpresa.

«Oh, non si preoccupi, signor Charles...».

«È signor Weasley, per lei».

«Signor Weasley, la vicenda è talmente datata che è ormai caduta in prescrizione. Non sarebbe carino raccontarmela?».

Charlie sospirò e le fece segno con gli occhi di entrare. Rita si intrufolò dentro la casupola dell'uomo, un monolocale piccolo e disordinato, andando subito a prendere posto su una sgangherata sedia in legno.

Charlie si sedette davanti a lei, facendo cigolare il tavolo sul quale poggiò le grosse braccia macchiate da innumerevoli lentiggini e segnate da profonde cicatrici, ma la donna non sembrava affatto inquietata dalla sua mole o dal suo aspetto.

Gli unici due motivi per i quali Charlie l’aveva fatta entrare erano: perché quella donna, anni prima, aveva aiutato Harry Potter scrivendo quell’articolo sul Cavillo che riportava la verità su Voldemort e perché Charlie aveva paura che rimanesse lì in giro a spiarlo sotto forma di scarafaggio, alla ricerca di un altro scoop, quindi meglio fornirgliene uno che la facesse andare via una volta per tutte.

Se voleva la storia della GiraTempo, l’avrebbe avuta e dopo si sarebbe levata dai piedi.

La penna prendiappunti era indaffarata a descrivere gli innumerevoli soprammobili, peluche e poster a forma di drago presenti in quella casa – “Sembra un tempio dedicato al culto draconico! Impensabile che un uomo grande e grosso come Charles Weasley possa avere un animo dolce da collezionista di pupazzetti!” –, quando Rita iniziò a raccontare al suo interlocutore ciò di cui era già a conoscenza.

«Suo fratello minore Percy Ignotus Weasley era, ed è tuttora, un mago brillante: al terzo anno di Hogwarts ha avuto ben dodici in G.U.F.O., come vostro fratello William», disse, senza bisogno di consultare alcun appunto. La memoria di quella donna era inquietante. «Non chiederò le ragioni per le quali lei, signor Weasley, non ha raggiunto lo stesso livello dei suoi fratelli, mi sembra palese», sentenziò con una smorfia, senza soffermarsi troppo su queste frivolezze. «Piuttosto, so che la professoressa McGonagall aveva fatto richiesta al Ministero della Magia di dotare Percy di una GiraTempo per i suoi studi».

«È esatto», annuì l’uomo, passandosi una mano tra i corti capelli rossi.

«E quando suo fratello Percy era in terza, lei era al settimo anno».

«Corretto anche questo».

«E gli ha rubato la GiraTempo».

«Non le si può proprio nascondere niente».

«Ho le mie fonti».

«Chi glielo ha detto?», domandò a quel punto Charlie. Non poteva essere stato suo fratello Percy: piuttosto che ammettere di aver perso di vista un oggetto così raro e prezioso, permettendo a qualcuno che non disponeva dell’autorizzazione ministeriale di utilizzarlo, si sarebbe cruciato da solo.

«Si dice il peccato, non il peccatore, signor Weasley», sorrise Rita, sistemandosi meglio gli occhiali sul ponte del naso.

Charlie sospirò, facendole cenno di continuare; avrebbe indagato dopo sulla faccenda.

«Lei non si è reso conto di ciò che è riuscito a fare, signor Weasley: quell’artefatto magico è creato in modo che non ci si possa scostare nel tempo per più di cinque ore; lei è l’unico mago che è sopravvissuto a un viaggio nel tempo mooolto più lungo». Charlie la odiò seriamente quando prolungò le vocali, sembrava lo stesso tono con il quale lui si rivolgeva ai Kneazle del vicinato per poterseli ingraziare. «Purtroppo aveva appena compiuto gli anni e per questo non aveva la Traccia su di sé, dunque non è stato possibile risalire all’incantesimo da lei utilizzato per questa sua… marachella», continuò lei.

Charlie si chiese perché quella donna non si faceva l’intervista da sola, visto che già sapeva tutta la storia. Sul serio, che ci faceva ancora a casa sua e che stava scrivendo quella maledetta penna?!

«Sì, avevo lanciato un incantesimo per attivarla, non volendo farle fare i giri manualmente, ma devo aver sbagliato qualcosa», annuì l’uomo, cercando di fare buon viso a cattivo gioco. «Gradisce del tè, intanto?». La domanda non era per essere ospitale, affatto: il suo vicino di casa era un Nato-Babbano e aveva lasciato lì da Charlie una boccetta di un certo Guttalax, un farmaco babbano molto efficace che stavano usando per il suo Firedrake con l’intestino pigro. Non voleva avvelenarla, ma almeno le avrebbe reso il viaggio di ritorno indimenticabile.

«Grazie, Charles», fece lei, sorridendo lieta, non sapendo cosa l’avrebbe attesa.

Il secondogenito della famiglia Weasley non la corresse, e mise a bollire l’acqua magicamente. «Dunque cosa vuole sapere?», domandò lui, tornando a sedersi comodo.

«Voglio che mi racconti cosa è successo quando è tornato indietro nel tempo; semplice, no?».

Charlie sollevò gli occhi celesti al cielo. «Va bene». A quelle parole, Rita fremette per l’emozione. «Niente veritaserum?», chiese a mo’ di sfottò.

«Oh, non utilizzerei mai una cosa così barbara per estorcere la verità a un intervistato… ma se vuole direttamente farmi vedere i suoi ricordi...».

«Neanche morto», rispose l’altro, porgendole sul finale un sorriso palesemente falso, di rimando a tutti quelli della donna.

La teiera iniziò a fischiare proprio mentre Charlie cominciava a raccontare la storia; utilizzando un incantesimo non verbale riempì le tazze con l’acqua calda, le foglie di tè e qualche goccia di lassativo, approfittando del fatto che la donna fosse distratta. «Mio fratello Percy sarà pure il più intelligente della famiglia, ma non ha mai brillato per accume, a differenza di noi altri, e una notte ho visto che aveva una GiraTempo. Ho fatto l’unica cosa che andava fatta: gliel’ho rubata. Volevo vedere come funzionava, così la mattina dopo sono uscito prestissimo dalla Torre Gryffindor e sono andato nella foresta proibita, conscio che lì non avrei trovato nessuno. Come le ho detto, sbagliai l’incantesimo per farla funzionare, e le lancette girarono molto più del previsto: non andai indietro di poche ore, ma di anni: settantasei per la precisione». Il tè venne servito sul tavolo e Charlie dovette veramente trattenersi per non ghignare quando vide la giornalista prendere la bevanda calda. Un altro incantesimo non verbale, e quando Charlie portò il contenitore di ceramica alle labbra, il livello di liquido nella tazza si abbassò, senza che lui avesse dovuto berne neanche un sorso.

«La foresta non era poi diversa da come lo era quando frequentavo Hogwarts, ma di sicuro erano cambiati gli studenti, e seppi esattamente in che anno mi trovavo quando incontrai uno di loro, che cercava di tornare all’interno della scuola prima che si potessero accorgere della sua fuga notturna».

«Newton Artemis Fido Scamander», ghignò la giornalista, centellinando la propria bevanda.

Charlie annuì, proseguendo con il suo racconto, cercando di narrare soltanto i fatti oggettivi, mentre, dentro di sé, sentiva la dolcezza e il calore di quel ricordo, rimembrandolo come fosse veramente in un pensatoio.


*^*^*^*^*^*


«Newt Scamander...». Charlie non ci mise che un secondo a capire chi aveva di fronte.

Lo aveva visto in una foto d’epoca tratta dalla sua autobiografia, e sapeva di non sbagliarsi: anche da adulto aveva mantenuto le particolarità nella posa e nella camminata che aveva da giovane.

Gli occhi color miele di Newt si posarono stupiti su quello che per lui era un totale estraneo. «Chi… chi sei? Co-come fai a conoscermi?», gli chiese, preoccupato. Nonostante la livrea Gryffindor – anche se la cappa era di fattura leggermente diversa da quella che indossavano –, non aveva mai incontrato quello studente prima di allora, ed era ormai al sesto anno!

Charlie fece per rispondere, ma venne attratto da ciò che il giovane Hufflepuff teneva tra le mani: poteva essere scambiato per un semplice riccio, ma Charlie ebbe l’intuizione che si trattasse di una creatura magica. «È uno Knarl, vero?».

Newt trasalì, non aspettandosi una domanda del genere. «Sì, l’ho trovato nel bosco… è debole e ferito...».

«Non possiamo nemmeno dargli da mangiare o si arrabbierà…».

«Già… speravo di rubare del latte agli elfi domestici nelle cucine prima di tornare al dormitorio», sussurrò Newt, carezzando piano la testina della creatura per tranquillizzarla. Sollevò piano lo sguardo al Gryffindor, battendo più volte le palpebre. «Come fai a sapere queste cose?», domandò, genuinamente curioso. Non gli era mai capitato di incontrare qualcuno con quel tipo di conoscenze sulle creature magiche. Chiunque fosse quel ragazzo, ne era affascinato.

«Be’, l’ho...». Charlie si fermò, osservando di nuovo colui che aveva di fronte, sentendo il rumore delle lancette scandire i secondi di quel viaggio nel tempo.

Quell’Hufflepuff non era il magizoologo Newt Scamander – uomo di grande cultura, conosciuto in tutto il mondo per i suoi viaggi, le sue pubblicazioni e per il suo cuore, dedicato alle creature magiche e al loro studio –, quell’Hufflepuff era un ragazzo che ancora frequentava la scuola e, stando alle sue autobiografie, si prendeva cura degli animali in difficoltà nella foresta proibita.

Charlie sorrise. Quello non era l’uomo che ammirava e con il quale aveva parlato solo poche volte durante gli incontri con l’autore nella libreria di Diagon Alley – aveva tutte le edizioni dei suoi libri, alcuni anche autografati, tenuti come un prezioso tesoro. «L’ho sperimentato sulla mia pellaccia. Uno Knarl mi ha distrutto il giardino dopo che gli ho dato del cibo», spiegò, sperando che Newt si bevesse quella balla.

A quanto pareva, il piano riuscì. «Wow… sai anche altre cose?», chiese Newt, guardandolo con occhi affamati di conoscenza.

Quel ragazzo era molto carino, nella sua corporatura esile e quei sorrisi imbarazzati, mentre tentava invano di mantenere il contatto visivo. Sembrava una bestiola della foresta, molto schiva verso gli uomini, se non verso quelli che gli portavano da mangiare, e non c’era cosa che sfamasse di più Newt che sapere qualcosa di nuovo sui suoi piccoli amici. Ispirava tenerezza e senso di protezione.

Charlie aveva sempre amato gli animali, da quelli piccoli e carini che avrebbe vezzeggiato tutto il giorno, a quelli più grandi e selvaggi come i draghi, ad esempio. Newt gli ricordava quelli della prima categoria: lo avrebbe davvero coccolato fino a farlo addormentare. Era strano pensare quelle cose su un tizio che nel presente di Charlie aveva più di novant’anni, ma lì era solo uno studente di Hogwarts, di un anno più piccolo di lui.

Il secondogenito dei Weasley si riscosse dai propri pensieri. «Non molto, giusto qualcosina», mentì, notando poi un movimento sotto lo stemma Hufflepuff cucito sul mantello di Newt. «Tipo che hai un asticello nascosto proprio lì». L’aveva tirata a casaccio, ricordando che Newt teneva sempre con sé, nel taschino della giacca, un asticello di nome Pickett. Purtroppo per Newt, si era ritrovato davanti uno dei suoi più grandi fan.

Newt trasalì; avendo le mani impegnate a tenere lo Knarl non poté nascondere la leggera silhouette dell’asticello e si ritrovò ad arrossire. «Ti prego, non dire nulla: non potrei tenerlo, ma lui vuole stare con me», disse sincero.

Charlie sorrise. «Non dirò nulla sul tuo amico, ma tu non devi dire nulla su di me, va bene?».

Il futuro magizoologo annuì deciso. Era un accordo perfettamente pari.  

«Andiamo a curare la zampa dello Knarl», disse Charlie, dando una leggera pacca alla schiena di Newt.

«Non è che hai qualche pozione nella tua borsa?», chiese, indicando la cartella a tracolla consunta che Charlie aveva ereditato da Bill.

«No, niente del genere», disse mortificato.

Il ragazzo annuì e fece strada a Charlie verso il proprio antro segreto, dove teneva tutte le creature ferite.

Normalmente, Newt non avrebbe portato nessuno lì – solo lui e Leta Lestrange sapevano che quel magazzino era stato adibito a clinica –, ma sentiva che quel ragazzo dai capelli rossi, con talmente tante lentiggini da sembrare abbronzato, non costituiva una minaccia né per sé, né per gli animali.

«Non ho capito il tuo nome», disse Newt, senza voltarsi indietro, mentre camminava con passo storto.

«Charlie».

Newt girò appena il capo per porgergli un sorriso. «Piacere».


*^*^*^*^*


Rita aveva ascoltato tutta la storia di Charlie senza interrompere, e osservava con fare scettico i fondi di tè rimasti nella propria tazza.

”Devi essere veloce o qualcosa ti scapperà”, interpretò mentalmente, pensando a qualche altro scoop nei paraggi.

«Dunque lei ha fatto amicizia con il signor Scamander in quel periodo?», chiese a Charlie, non interessata alla descrizione delle creature delle quali si occupava Newt sotto Natale. Erano cose che già sapeva dalle autobiografie del magizoologo.

«Sì, mi ha ritrovato come fossi una creatura smarrita nel bosco e si è preso cura di me per quei giorni in cui sono stato suo ospite», rispose Charlie, con un sorriso addolcito da quei ricordi.

Rita ci pensò: era davvero una frase calzante, e la penna magica era già al lavoro per trascriverla sul bloc-notes.

«E quanto durò il suo soggiorno nella clinica?».

«Solo tre giorni, ed è stato un bene».

«Perché?».

«Perché altrimenti sarei rimasto lì per sempre».


*^*^*^*^*


Newt Scamander si presentò alla pseudo-clinica subito dopo pranzo, portando da mangiare ai suoi ospiti.

In quei tre giorni, Newt e Charlie avevano fatto amicizia e perfino Pickett si mostrò al Gryffindor, anche se all’iniziò lo odiò per avergli toccato le cimette senza nessuna creanza.

Era la prima volta che Newt si sentiva così in sintonia con qualcun altro che non fosse Leta. Charlie era basso e grosso, e all’inizio gli aveva fatto un po’ di paura vederselo spuntare tra la selva, lambito dalle luci rosate dell’aurora, ma gli era bastato osservarlo come prendeva tra le mani in maniera attenta lo Knarl per aiutare Newt a steccargli la zampina, perché cambiasse idea.

Il suo corpo non era così per ferire le persone, ma per proteggerle.

Newton ne era inconsciamente attratto, e se ne rese conto solo quando Charlie sollevò lo sguardo e lo colse in flagrante a fissarlo, più volte; il giovane Hufflepuff abbassava prontamente gli occhi, in imbarazzo. Non era abituato a incrociare lo sguardo con qualcuno, gli unici con i quali accadeva erano i famigliari e Leta; gli altri di solito lo ignoravano o lo reputavano fastidioso, mai interessante.

Charlie, invece, lo ascoltava incantato, rapito dalla gioia e l’energia che sprigionava Newt mentre gli mostrava le creature alle quali aveva prestato soccorso e quelle che aveva incontrato nei dintorni di Hogwarts.

«Sai, gli altri miei compagni di scuola non mi capiscono. E non capiscono nemmeno loro», disse Newt, imbronciato. «Da grande mi piacerebbe girare il mondo e studiare le creature fantastiche, in modo da scrivere una guida su di loro e poter aiutare gli altri maghi».

Quelle parole fecero sorridere tenero Charlie, che arruffò appena i capelli del ragazzo, pur sapendo che Newt non era amante del contatto fisico. «Sarebbe una splendida idea, Newt».


Mente Charlie era intento a guardare degli avvincini in una larga boccia cilindrica, Newt, seduto contro il muro, si ritrovò a fissarlo ancora e Pickett lo punse appena con una delle sue gambette, richiamando l’attenzione della “mamma”. Bastarono due parole del serviente per tingere di rosa le guance dell’Hufflepuff. «Non è vero, Pickett...», soffiò in risposta a quei versetti, portandosi le ginocchia al petto.

L’asticello gli fece una pernacchia e corse in direzione di Charlie. «Pickett! Pickett non ci provare! Ti riporto nell’albero assieme agli altri!». Le parole di Newt però non servirono a fermare la creatura, che si infilò nella borsa di Charlie, lasciata là vicino.

Senza nemmeno chiedere il permesso, Newt la aprì per riprendere l’amico, trovando, però, insieme a lui, anche un libro.

Il titolo riportato sulla costina attirò la sua attenzione come mai gli era successo in tutta la sua vita, nemmeno quando aveva trovato quell’unicorno nella foresta proibita: “Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli, di Newton Artemis Fido Scamander”. Era impossibile che si trattasse di un’omonimia.

Newt lo prese con mano tremante, guardandone i bordi consunti e le pagine rovinate.

«Forse non avresti dovuto vederlo», mormorò Charlie, dietro di lui, facendolo sobbalzare.

Newt si girò verso di lui, impaurito e colpevole, pensando che l’altro lo volesse colpire per aver frugato tra le sue cose; invece, Charlie si sedette accanto a lui, lasciandogli quel volume in mano.

«Scusa, Newt. Avrei dovuto essere sincero con te fin dall’inizio», gli disse, volendo spiegare cos’era quel libro. «Io vengo dal futuro, e nel futuro dal quale provengo tu hai scritto questo libro: è il libro di testo di Cura alle Creature Magiche, un corso di studi di Hogwarts».

Tutte quelle rivelazioni colpirono Newt come una secchiata d’acqua fredda.

Lui aveva scritto davvero il libro che sognava? Ed era addirittura riuscito a trovare un editore? Ed era diventato un libro di testo ufficiale per Hogwarts?!

Rimase a fissare Charlie con gli occhi sbarrati e la bocca schiusa, incredulo.

«Davvero l’ho scritto io? Non è tutto uno scherzo dei miei compagni di scuola?», chiese, con la voce incerta. Charlie gli sorrise, prendendogli una mano. «Nessuno scherzo, Newt». Come controprova delle sue parole, aprì piano il libro, mostrando a Newton la sua stessa firma con una piccola dedica a Charlie.

Una lacrima solcò la guancia lentigginosa dell’Hufflepuff, mentre intrecciava le dita con quelle dell’altro ragazzo. Nei suoi occhi risplendeva tutta la gioia che provava nel cuore.

Pickett spuntò appena dalla borsa di Charlie, con le braccine incrociate e lo sguardo furioso. E dire che lo aveva fatto per farli litigare… Deluso dalla vita grama, tornò dalla mamma.

«Posso leggerlo?», chiese Newt, in fibrillazione.

«No, mi dispiace», sussurrò Charlie.

«Perché?».

«Perché tu devi fare queste esperienze in prima persona, Newt. Devi imparare queste cose, viverle sulla tua pelle. Solo così il libro verrà fuori per il capolavoro che è davvero, l’enciclopedia che ogni buon mago dovrebbe avere. L’unica cosa che mi porterei se dovessi usare una GiraTempo nella foresta proibita».

Le parole di Charlie fecero sorridere dolce Newt.

Era sempre stato molto determinato nel voler scrivere quel libro e sapere che ce l’avrebbe fatta lo riempì di forza e risolutezza. «Sarà facile?».

«No, sarà molto difficile, ma tu non demordere mai. Fallo per queste creature che entrambi amiamo».

Newt annuì, stringendo ancora un poco le dita con quelle di Charlie. «Tra quanto andrai via?», sussurrò.

«Se solo potessi… rimarrei qui per sempre», sussurrò Charlie, carezzando il dorso della mano dell’altro con il pollice. Gli sarebbe piaciuto rimanere lì con Newt, ma ripensò a sua moglie Propertina, al loro figlio, al loro nipote…  Come avrebbe potuto essere così egoista da portargli via il suo vero futuro? Lui era solo un errore nel tempo, non voleva essere l’errore più grande della vita di Newt. Una persona buona e dolce come lui non se lo meritava. «Sento il ticchettio delle lancette sempre più vicino, temo che la mia partenza sia imminente».

«Magari ci potremmo rivedere, quando sarai tornato nel tuo tempo?», propose l’Hufflepuff, con la stessa ansia nel petto di come chiederebbe un appuntamento a qualcuno.

«Nel mio presente sei un adulto. Non è possibile», rivelò triste. Avrebbe dovuto obliviarlo, gli aveva davvero rivelato troppo, ma Charlie era sempre stato un po’ egoista: voleva che Newt lo ricordasse e non dimenticasse le parole che gli aveva detto.

Newt sorrise mesto e separò la mano da quella di Charlie, frugando nella borsa fino a trovare penna e calamaio. «Non guardare», disse, sollevando la copertina del libro per fare da barriera, in modo che Charlie non vedesse ciò che stava scrivendo.

«Ehi, è il mio libro!», gli fece notare l'altro.

«No, è il mio libro», lo corresse Newt con un sorriso furbo, poco prima di renderglielo. «Guardalo quando sarai tornato a casa».

Quelle furono le ultime parole prima che il ticchettio dell’orologio diventasse ancora più forte e veloce, facendo ritrovare Charlie Weasley in un polveroso magazzino del castello di Hogwarts. Da solo. Senza nemmeno essere riuscito a salutare il suo dolce Newt.


*^*^*^*^*


Un inquietante rumore proveniente dall’addome di Rita interruppe quel racconto, giunto ormai alla fine. L’espressione sul volto della donna era sofferente: si sentiva sudata e l'intestino sembrava aver preso vita propria; ma soprattutto, avvertiva una certa impellenza.

«Tutto ciò è molto interessante, Charles. La ringrazio per aver rilasciato questa intervista», sorrise a disagio, alzandosi. La fretta le si leggeva negli occhi. «Ora credo di doverla salutare, l’ho disturbata fin troppo».

«Ma come, non vuole sapere di quando sono stato ritrovato nel magazzino?», domandò l'altro con un sorriso.

«Ohw, no, Charles. Voglio mettere tutto per iscritto prima di dimenticare qualcosa», disse la donna, nonostante la piuma avesse preso nota di ogni singola cosa – pompandola, ovviamente. Fece per intascarsi il taccuino, che una lingua di fuoco le passò accanto alla mano, carbonizzando il suo fedele bloc-notes e sbruciacchiando alcune piume della penna prendiappunti.

Rita rimase basita nel vedere la propria intervista andare letteralmente in fumo.

Con la bocca ancora semi-aperta si girò verso Charlie, vedendo qualcosa, che ai suoi occhi ignoranti era un piccolo draghetto, svolazzargli vicino.

«Il suo drago… i miei appunti...», balbettò incredula.

«Non è un drago: è un firedrake, una lucertola», la corresse Charlie con noncuranza.

Rita diventò paonazza e indicò il Weasley con un dito inquisitore, ma un altro suono dalle proprie interiora la fece desistere. «Questa me la ricorderò, signor Weasley!», disse a mo’ di minaccia, senza intimorire per niente Charlie, che le aprì magicamente la porta.

«Arrivederci, signora Skeeter», disse compiaciuto, vedendola andare via senza ulteriori indugi.

Una volta solo, Charlie diede qualche bocconcino sfizioso alla lucertola, ringraziandola, e andò alla propria libreria – ben protetta da incantesimi ignifughi, come tutto il resto della casa.

Il suo sguardo nostalgico si posò sulle coste dei libri, trovando ristoro su quelle che portavano il nome di Newt. Con mano ferma e sicura, prese l’edizione alla quale era più legato, togliendola dalla scansia.

Da anni la tristezza non adombrava più i suoi occhi, nel pensare a cosa si era lasciato indietro. Lo avevano fatto entrambi per l’unica buona causa che valesse la pena: proteggere quelle innocenti creature magiche.

Forse in un altro tempo lui e Newt sarebbero potuti stare insieme, ma a quale costo?

Charlie aprì il libro alla prima pagina, sorridendo nel leggere la grafia di Newt.

Come i draghi, che nella vita hanno un unico partner, così anche Charlie non avrebbe voluto nessun altro se non il suo dolce Newt, il giovane Hufflepuff che non avrebbe mai dimenticato.


È meglio aver amato e perso, che non aver mai amato.
Tuo Newt



Fine
XShade-Shinra



Note.
– “Tis better to have loved and lost than never to have loved at all”/“È meglio aver amato e perso che non aver mai amato” è una famosa frase di Alfred Tennyson.
  
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