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Autore: Nazuhi    21/07/2019    2 recensioni
[Questa OS partecipa alla Halastamatu challenge indetta da carachiel; il prompt è "Predizione"]
***
In un noioso pomeriggio di metà novembre, Faker si ritrova, suo malgrado, incastrato in una dimostrazione di magia del noto mago Byron. Tra foglie di tè, chiromanzia e strambe interpretazioni, Faker realizza che, forse, il collega non è così estraneo come ha sempre pensato. E che, forse, l'idea di cacciarlo fuori a pedate non è poi così azzardata.
***
"Non vedeva l'ora che quella tortura finisse e magari avrebbe gradito anche sapere perché, di punto in bianco, si fosse messo a fare tutte quelle cose assurde. L'idea che fosse impazzito del tutto continuava a sfiorarlo. Forse doveva chiamare uno psichiatra e farlo portare in manicomio? Oppure cacciarlo via e dimenticarsi di lui?"
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron, Dr Faker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Foglie da tè e chiromanzia

 

«Posso sapere cosa hai intenzione di fare?»
Byron gli fece un largo sorriso e continuò ad accumulare oggetti sul piano di metallo del tavolo. Faker sollevò un sopracciglio. Non capiva cosa avesse intenzione di fare e non era certo di volerlo sapere. Quella mattina era strano, molto più del solito. Chissà perché, poi, aveva mandato via anche Christopher. Si strinse nelle spalle e tornò a concentrare la sua attenzione sul collega, che aveva preso posto davanti a lui. Tra di loro c'erano un paio di tazzine, foglie di tè che non sapeva da dove fossero saltate fuori, una caraffa di caffè, qualche pendaglio e persino un mazzo di tarocchi. Corrugò la fronte: perché cavolo Byron aveva un mazzo di tarocchi? Lo sapevano tutti che erano solo baggianate per idioti, si meravigliava del fatto che l'amico – un così brillante fisico quantistico – credesse davvero a quelle cose. Che volesse prenderlo in giro? Serrò le labbra: poteva sopportare tutto, ma non quello! Stava offendendo la sua intelligenza.
«Ti avverto» gli disse, «se inizi a tirare fuori l'oroscopo giuro che ti caccio fuori a pedate.»
Byron scoppiò a ridere. «Sarà divertente!»
«Mi stai prendendo in giro? Come puoi anche solo pensare di poter parlare di certe cretinate con il sottoscritto?»
«Oh, vi chiedo scusa, esimio collega, non era assolutamente mia intenzione!»
Faker corrugò la fronte. Adesso cosa faceva, lo prendeva pure in giro? L'amico diede in un colpo di tosse e allargò le braccia.
«Benvenuto dal Mago Byron, mortale!» esclamò, a gran voce.
«Mortale?»
«Oggi avrai l'onore di ricevere i miei servigi» proseguì il collega, fingendo di non averlo sentito. Faker sollevò le sopracciglia: non c'era alcun dubbio, era impazzito per il troppo lavoro. «Non c'è bisogno che tu mi ponga alcuna domanda, so quali quesiti si aggirano nella tua mente. Con le mie doti di veggente e l'aiuto di questi preziosi strumenti, darò le risposte che cerchi.»
«L'unica cosa che cerco è la tua sanità mentale.»
Byron gli scoccò un'occhiata offesa e gli puntò contro l'indice.
«Senti, il mago, qui, sono io. L'unica cosa che devi fare è rimanertene in silenzio e ascoltare, niente di più.»
«Oppure sbatterti fuori dal laboratorio a calci.»
«Certo, come se tu potessi privarti del mio aiuto.» L'amico scrollò le spalle e sospirò. «Sarà breve e divertenti, fidati.»
«Non vedo come tu possa trovare divertenti queste cose» borbottò Faker. «Sono per gli stupidi e io di certo non lo so. E, in teoria, neanche tu.»
«Vogliamo scommettere che ti divertirai?»
«Non se ne parla.»
«Facciamo che se non ti diverti, allora lasciamo perdere la mia idea di interpellare Tsukumo Kazuma.»
Faker si lasciò sfuggire un verso esasperato e si passò la mano sul volto. Ma era mai possibile che oggi non si degnasse neanche di ascoltarlo quando parlava? Cosa doveva fare, prenderlo a sberle? Urlargli nelle orecchie? Cielo, aveva la sensazione che lo stesse soltanto prendendo per il naso!
«Non possiamo tornare al nostro lavoro?» provò.
«No. Il Mago Byron resterà in città solo per oggi, dovresti approfittarne.»
«E sia! Tanto non avrei altra scelta!»
Il collega gli fece un largo sorriso vittorioso, poi ordinò all'IA E.D.I.T.H. di abbassare le luci della stanza. Faker si trovò immerso nell'oscurità, con la sola torcia di Byron come fonte di illuminazione. Non vedeva più nulla, oltre al suo viso, che non era neanche tutta questa grande visione.
«Iniziamo» disse l'amico, mimando un tono basso e cavernoso, che cozzava molto con l'espressione divertita che aveva fatto capolino sulle labbra. «Adesso sfruttando le mie capacità extrasensoriali da telepate carpirò il tuo nome.»
Socchiuse gli occhi e iniziò ad agitargli le mani davanti al volto. Faker roteò gli occhi: iniziava a trovarlo irritante, ma una parte di lui era davvero curioso di sapere dove sarebbe andato a parare con quell'assurda messinscena.
«Hiroto» disse, dopo una lunga pausa. «Sì, il tuo nome è senza dubbio Hiroto. Hiroto Tenjo.»
«Complimenti, sei davvero bravo a leggere il mio cartellino.»
«Silenzio! La seduta non è ancora finita. Adesso risponderò al quesito che ti angustia così tanto.»
«Tipo cosa ti sei bevuto questa mattina per essere così?»
«Tipo cosa nasconde il tuo futuro» replicò Byron, con tono drammatico. Prese una manciata di foglie di tè e le gettò in una delle due tazze, vi versò sopra dell'acqua da una caraffa e rimase a lungo in silenzio, osservando le piccole foglioline che vorticavano pigre in superfice. Aggrottò la fronte e Faker fece altrettanto. L'amico era senza dubbio impazzito, ormai non aveva alcun dubbio, altrimenti non se ne sarebbe mai uscito con qualcosa di così ridicolo.
«Vedo… Vedo….»
«Delle foglie, senza ombra di dubbio» lo interruppe Faker, storcendo le labbra.
«Vedo una forma! Sembra una mezzaluna…»
«Secondo me hai le traveggole.»
«O una falce» mormorò, dubbioso, Byron. Si massaggiò il mento. «Sì, è senza alcun dubbio un falcetto.»
«E poi cosa ci sarà, il martello?»
«Le tue battute sagaci sull'Unione Sovietica non funzionano con me.» Si sporse sulla tazza e corrugò la fronte. «C'è un falcetto o una mezzaluna. Ricordatelo.»
Faker sollevò le sopracciglia. «Come, scusa? Sei tu a dovertelo ricordare, non io.»
«Invece devi ricordartelo tu.» Prese la tazza e la svuotò dall'acqua in un altro recipiente. Gli mostrò il fondo, in cui si trovava un ammasso informe di foglie verdognole. «Vedi? La premonizione è chiara.»
«Io non vedo proprio niente.»
«Ma come? E' proprio qui! Questo piccolo grumo nell'angolo sinistro, anzi destro, della tazza.»
«Sinistro o destro?»
«La tua destra, che è la mia sinistra. Oh, insomma, è qui!»
Faker assottigliò lo sguardo, ma l'unica cosa che vide fu la solita massa informe di foglie. Tornò ad appoggiarsi sullo schienale della sedia.
«Diciamo che ho visto qualcosa… Cosa dovrei aver visto, di preciso?»
Byron sbuffò. «Un cane, è ovvio! Non lo vedi?»
Scosse la testa. L'unica cosa che vedeva era una macchia informe e appiccicosa, che iniziava pure a fargli venire la nausea.
«Ah, ho capito, d'accordo! Il grande Mago Byron perdona la tua mancanza di vista.»
«La puoi smettere? Inizi a essere irritante.»
Byron gli sorrise e mise da parte la tazza. Si schiarì la voce con un colpetto di tosse.
«Il cane significa "amici fedeli", perciò mi pare che la tua domanda abbia finalmente trovato una risposta…»
«Io non ti ho fatto alcuna domanda.»
«…caro Hiroto…»
«E smettila di chiamarmi in quel modo, lo sai che è un nome che detesto.»
«Perciò possiamo passare alla lettura della mano» concluse Byron, tendendogli il palmo. Faker lo squadrò sospettoso.
«Tu non ascolti, vero?»
«Non oggi. Avanti, dammi la mano.»
Faker sospirò e gli mostrò il palmo. L'amico assunse un'espressione concentrata e rimase a lungo in silenzio.
«Ah, sì, è chiaro come il sole. Lampante direi!»
«Cosa?» gli chiese lui, fingendo un tono interessato. Non vedeva l'ora che quella tortura finisse e magari avrebbe gradito anche sapere perché, di punto in bianco, si fosse messo a fare tutte quelle cose assurde. L'idea che fosse impazzito del tutto continuava a sfiorarlo. Forse doveva chiamare uno psichiatra e farlo portare in manicomio? Oppure cacciarlo via e dimenticarsi di lui? Certo che, per essere un fisico teorico, aveva anche fin troppa immaginazione.
«Questa macchia!» esclamò Byron, indicando qualcosa sul suo palmo. «Ha la stessa forma di una scimmia a sedere su uno sgabello.»
«E' un neo.»
«No, è l'impronta del potente Tsui-Goab.»
«Che?»
«Un dio secondo la popolazione Khoi.»
«La popolazione Khoi.»
«Già» annuì Byron. «La conosci?»
«Vagamente. Mi meraviglia che tu la conosca?»
L'amico scoppiò a ridere. «Pensi davvero che sia un completo ignorante su tutto ciò che non riguarda la fisica?»
«Un po'.»
«Ah, diretto come sempre, vedo.» Byron fece un sorriso divertito. «Bè, Alex me ne ha parlato a lungo. Li ha incontrati e ha avuto a che fare con loro per diversi mesi.»
«Alex?»
«Il mio amico archeologo.»
«Davvero frequenti gente inutile come gli archeologi?»
«Non vuoi sapere cosa dice la tua mano?»
Faker si strinse nelle spalle. «Se dice che sono un genio puoi risponderle che lo sapevo di già.»
«Vuoi che parli alla tua mano?»
«Hai parlato con i fondi di tè, prima.»
«Non ho parlato, li ho interpretati. E' ben diverso.»
«E' sempre una cretinata, esattamente come questa cosa che stai facendo. Quello è un neo e ce l'ho da quando sono nato.»
«Dovresti dirgli che è un gran chiacchierone, allora, visto che mi ha raccontato un sacco di cose.»
Faker sollevò un sopracciglio. Ma era serio? Non è che per caso era ubriaco? Oppure aveva tirato qualcosa dal naso prima di arrivare? Gli occidentali erano conosciuti per la loro passione per le droghe ricreative e anche per quelle un po' meno ricreative. In effetti Byron aveva un atteggiamento fin troppo libertino, scoprire che si faceva di cocaina non avrebbe dovuto sorprenderlo più di tanto. Avrebbe spiegato perché si fosse messo, di punto in bianco, a leggere fondi di tè e palmi delle mani.
«Allora, vuoi sapere cosa mi ha detto oppure no?»
«Non mi pare di avere alternative.»
L'amico ridacchiò, poi si schiarì la gola. «Dice che sei un testardo egoista e che hai un pessimo rapporto con i tuoi figli.»
«Vuoi metterti in mostra?»
Byron si strinse nelle spalle. «Non avrebbe molto senso, tu sei un pessimo padre persino per gli standard giapponesi.»
Faker gli sfilò il palmo da sotto il naso e incrociò le braccia al petto. «Immagino che tu ti ritenga un ottimo padre, invece.»
«Ovvio.»
«E raccomandare tuo figlio per farlo ammettere in un prestigioso laboratorio di ricerca sarebbe qualcosa che un ottimo padre farebbe?»
Byron storse le labbra. «Io non ho raccomandato nessuno, Chris è una mente brillante. L'hai detto tu stesso, ieri.»
«Ho detto che sa ragionare, non che è brillante.»
«E detto da te significa che è un genio come non ne hai mai visti prima.»
«Non ti hanno mai detto che sei irritante?»
«Certo. A Oxford i miei colleghi mi hanno pure fato una targa da mettere sulla scrivania. C'era scritto The sharp-tongued professor Arclight, che tradotto significa…»
«Lo so cosa vuol dire, per chi mi hai preso?» lo interruppe Faker, irritato.
«Ah, già, dimenticavo che sei un genio poliedrico come non ne sono mai apparsi negli ultimi cento anni sulla faccia della Terra.»
«Se continui ti prendo a pugni.»
Byron si appoggiò allo schienale della sedia. «Sono più grande e grosso di te, finiresti a gambe all'aria nel giro di pochi secondi. Comunque penso di aver capito il significato di tutti quei simboli messi assieme.»
«Non m'interessa saperlo.»
«E io te lo dico lo stesso, perché ti voglio bene e perché ho sprecato troppi minuti della mia vita con questa storia.»
«Quello che ha sprecato tempo sono io.»
Byron gli fece un largo sorriso. «Significa che qualsiasi ostacolo o pericolo tu ti troverai ad affrontare, potrai sempre contare sui tuoi amici più fedeli. Che, ovviamente, sarei io. E che comunque rimarrai un pessimo genitore se non inizi a parlare con i tuoi figli.»
«Perché ho l'impressione che tu l'abbia costruito a tavolino?»
«Forse perché sei un rompiscatole sospettoso?»
«O forse perché sei un pessimo bugiardo?»
«Allora fattela da solo, la premonizione!»
«Non ti ho mica chiesto di farla!»
«Mi sembravi abbattuto e ho pensato che fosse una cosa simpatica da fare» borbottò Byron, incrociando le braccia al petto. «Alex lo faceva sempre, quando ero triste, e in effetti funzionava.»
Faker sospirò e si massaggiò il ponte nasale. Aveva appena esaurito la sua già scarsa pazienza. Se si fosse messo a mischiare i tarocchi l'avrebbe davvero cacciato via a calci.
«Sei veramente scemo» gli disse. «Se vuoi farmi felice devi trovami quelle cavolo di coordinate, non inventarti delle cretinate per minorati mentali.»
«Non sono cretinate e sono interessanti.»
Faker sbuffò. «Certo, come no, e io sono una ballerina in tutù. Ma per favore! Sono un genio, io, non me le bevo queste idiozie. Siamo uomini di scienza, non donnicciole annoiate. Quei giochi lasciali alle ragazzine.»
«Simpatico. A me le ha insegnate Alex, che era tutt'altro che un idiota.»
«Forse dovresti sceglierti amici migliori.»
«Se l'avessi fatto non avrei scelto te, caro amico.» Byron fece un sorriso vittorioso e Faker ebbe l'impulso di prenderlo a sberle.
«Ti vedo un po' nervoso, amico» continuò il collega, ghignando. «Come mai?»
«Indovina.»
Byron strabuzzò gli occhi, con fare teatrale. «Io? Dici davvero? Giammai, non è possibile che la mia simpatica presenza possa averti fatto perdere le staffe.»
«Ti odio.»
«Io no.» Si voltò verso l'IA. «E.D.I.T.H., accendi di nuovo le luci.»
Un ronzio proruppe nel silenzio e i neon si accesero di colpo, illuminando di nuovo la stanza. Faker si riparò gli occhi con una mano, finché la vista non si fu abituata di nuovo.
Byron, nel frattempo, aveva versato il caffè, ormai freddo, nella seconda tazza. Vi mescolò dentro due cucchiai di zucchero, poi leccò il cucchiaino e fece schioccare la lingua. «Ah, sì, è perfetto.»
«Perfetto per cosa? Leggere i fondi?»
«Berlo, mi pare ovvio» replicò l'amico, sorridendo. Si portò la tazza alle labbra e sorseggiò a lungo il caffè. «Non dirmi che credi a quelle baggianate?»
Faker serrò le labbra. Domani l'avrebbe cacciato dal laboratorio a calci, era deciso.

  
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