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Autore: Carme93    21/07/2019    1 recensioni
Conoscete il gioco "Fantastic Beasts. Cases from the wizarding world" (WB games, Media tonic)?
L'ho trovato abbastanza piacevole in generale, ma ciò che mi ha colpito maggiormente sono le trame dei vari casi: sono belle, articolate e dall'enorme potenziale narrativo. Da tale riflessione è nata questa fanfiction.
Siete pronti a seguire le avventure dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche?
Sì? Bene, allora iniziamo!
Non vi pentirete di aver voluto conoscere il capo ufficio, Robert Jackson, e i suoi compagni di squadra!
Genere: Avventura, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo quarto



 
In profondità
 




Era un’ottima serata per pescare. Aveva già preso diverse anguille e delle trote. Il giorno dopo un bel barbecue avrebbe senz’altro attirato un po’ di gente. In quel periodo dell’anno il suo pub attirava i soliti avventori del villaggio, che bramavano una partita di carte e una buona birra che li scaldasse dopo una dura giornata di lavoro. Oh, se l’estate avesse potuto durare in eterno! Una zona lacustre come quella attirava senz’altro un buon numero di turisti.
Gettò la lenza, ripromettendosi di rientrare al più presto: alcuni avventori si ubriacavano facilmente e diventavano alquanto turbolenti a una certa ora, in più quella sera c’era un gruppo di londinesi figli di papà con la puzza sotto il naso. La peggior specie quando si trattava di far danno. E non si sentiva per nulla tranquillo all’idea di aver lasciato da sola la moglie.
La canna ebbe un forte strattone. «Oh, oh. E che abbiamo qui? Speriamo sia qualche grosso storione, ci farei senz’altro una bella figura» borbottò. Allungò una mano verso il fondo della barchetta di legno e recuperò la bottiglia di liquore. Diede un lungo sorso, mentre la lenza si tendeva preoccupantemente.
Lasciò andare la bottiglia, mentre il mulinello ruotava sempre più velocemente. Lo fermò e cominciò a tirare. Qualunque pesce avesse abboccato al suo amo, doveva essere incredibilmente grosso. Eccitato mantenne la presa, ben intenzionato a non farselo scappare. Con un grande sforzo riuscì a issare sulla barca la preda.
«Aaah». Il suo urlo lacerò la notte. Che razza di creatura era? Gettò la canna lontano da lui, ma non abbastanza velocemente da evitare che lo colpisse in volto quello che sembrava un tentacolo. Gli occhiali volarono sul fondo della barca. Perciò a tentoni recuperò uno dei rami e fu pronto a colpire l’animale quando lo aggredì nuovamente. Sembrava piccolo, ma aveva la stessa foga di un gatto infuriato che tirava fuori gli artigli. Aiutandosi con il remo lo allontanò da sé e tentò di stordirlo, ributtandolo in acqua. Non attese di scoprire se fosse vivo o morto, ma rimise al posto il remo e fuggì velocemente verso la riva.
Le sue urla e la lotta con il mostro non dovevano essere passate inosservate, visto che il gruppo di ragazzi londinesi si era radunato all’ingresso del pub e lo additava in lontananza; sua moglie si fece largo e gli venne in aiuto appena fu più vicino.
 «Ho bisogno di qualcosa di forte» borbottò sotto shock.
«Che ha visto? Il mostro di Loch Ness?» sghignazzò uno dei ragazzi.
«C’era davvero un mostro!» sbottò dopo un paio di bicchieri di whisky. «Ancora, amore mio, non vedi come sto?» soggiunse rivolto alla moglie.
«Un mostro? E di che tipo?» indagò un giovane dai capelli castani e il colorito chiaro.
«Ma non vedi che è ubriaco, Manuel? Lascialo perdere. Sta straparlando!».
«Non è vero!» s’irritò il locandiere. «Sono stato aggredito da un mostro, vi dico! Dev’essere rimasto impigliato al mio amo e non era per nulla contento! Se non ci credete guardate il remo con cui mi sono difeso!».
Manuel lo fissò scettico, ma qualcosa gli disse che sarebbe stato meglio verificare. Non ebbe difficoltà ad allontanarsi furtivamente, visto che l’attenzione di tutti era focalizzata sul locandiere farneticante e certamente non sobrio. Avevano visto tutti la scena a distanza: l’uomo ritto sulla barchetta dondolante che muoveva il remo con foga contro qualcosa che a quella distanza non erano riusciti a distinguere. E a meno che non fosse un pipistrello, doveva essere ben altro. Non impiegò che pochi minuti a raggiungere la barchetta abbandonata malamente sulla sponda dal lago. Cercando di non bagnarsi i piedi si chinò ed esaminò entrambi i remi. S’incupì notando i graffi presenti su uno dei due: doveva essere quello con cui il locandiere si era difeso. Scosse la testa: nessuno pesce poteva fare una cosa del genere. Si guardò intorno, assicurandosi che non ci fosse nessuno, estrasse la bacchetta ed evocò il suo patronus. Fissò il suo cavallo argentato sparire nella notte e poi tornò indietro.
L’atmosfera alla locanda era ormai totalmente ilare, il locandiere stesso era sufficientemente sbronzo da ridere sulla sua avventura e inventare dettagli sempre meno credibili.
Manuel sospirò e uscì nuovamente all’esterno, stringendosi le braccia al petto: era una fredda notte d’inizio ottobre. Poco dopo il familiare crack di una smaterializzazione lo fece voltare verso la zona più in ombra, per nulla illuminata dalla chiassosa insegna del locale.
«Il ritrovo della sirena. Mmm sembra un posto delizioso. Adatto a sbronzarsi quando la mattina dopo si dev’essere di turno alle nove in punto. Forse finalmente mi spiego i tuoi continui ritardi».
Ma perché proprio lui?, pensò seccato Manuel. «Fagan. Posso fare quello che voglio nel mio tempo libero. Piuttosto non sei troppo vecchio per frequentare i pub?» rispose a tono.
«Un po’ di rispetto, ragazzino» sibilò Fagan. «Hai chiamato e sono arrivato. Sono di turno, non hai altra scelta che collaborare con me. Oltre il fatto che sei ancora sotto la mia responsabilità».
«È passato un mese! Quando entrerò nella squadra a pieno titolo?» sbuffò Manuel che mal sopportava quella situazione.
«Quando dimostrerai di essere pronto» replicò Fagan avviandosi verso l’interno del pub. «E al momento sei ben lontano dall’esserlo».
«E chi dovrebbe stabilirlo?».
«Io naturalmente».
«Ecco appunto» bofonchiò Manuel afflitto, ma prima che entrasse nel locale si smaterializzò anche Fabricio.  «E tu che fai qui?».
«Oh, non potevo perdermi una serata al pub! Ci sono belle ragazze?».
«Niente di eccezionale» ghignò Manuel. Probabilmente quella nottata non sarebbe stato così male.
«Smettetela. Siamo in servizio» ringhiò Fagan.
Manuel raccontò ai colleghi quanto visto e scoperto.
«Il proprietario è completamente andato. Dovremo aspettare domani» borbottò spazientito Fagan.
«Non ti facevo così pudico, però» intervenne Fabricio. «Ha esagerato un pochino e si è preso un bello spavento».
«Non mi combinerei mai in quello stato, lasciando ciò che mi appartiene alla mercé di ubriachi» ribatté Fagan, andando verso la locandiera infastidita da alcuni giovanotti piuttosto audaci. «Interroghiamo un po’ di gente e mandiamola a casa».
Manuel e Fabricio obbedirono, per quanto pochi dei presenti fossero in grado di fornire risposte di senso compiuto.
«Non è che abbiamo ottenuto un granché» sospirò Manuel, dopo un po’.
«Oh, ma non trovi divertente quest’atmosfera?» esclamò Fabricio.
«Miller! Il locandiere ha iniziato a ciarlare di un mostro sputafuoco! Non mi hai parlato di fiamme» sbottò Fagan raggiungendo i due comodamente seduti a un tavolino. «È così che lavorate voi due?» soggiunse in un ringhio sommesso.
«Tecnicamente io non sono di turno» gli ricordò Manuel. «E comunque non ho visto alcuna fiamma. Probabilmente se l’è appena inventato».
«Bene, allora datevi una mossa. Ho detto alla signora che siamo della polizia. Cacciate tutti gli avventori e poi perquisite il locale con calma».
«E cosa vuoi trovarci? L’aggressione è stata fuori» ribatté Manuel.
«Sta zitto. E poi andrete a controllare anche le barche. Infine pattuglierete le sponde del lago per essere sicuri che non emerga nulla di pericoloso».
Fabricio e Manuel obbedirono, sebbene, specialmente quest’ultimo, lo ritenessero inutile.
«E questo cos’è?» borbottò Manuel dopo aver messo a soqquadro l’intero locale, mangiandosi anche un hamburger sotto lo sguardo di rimprovero di Fagan. Sfiorò la copertina di quello che sembrava un diario chiuso con il lucchetto. Roba da femminucce, l’aveva visto alle sue compagne di Casa più di una volta. Ma quello era particolare: non aveva un bellissimo e dolcissimo unicorno sulla copertina, ma uno yeti, per giunta non una rappresentazione fedele. Lo portò da Fagan e il più anziano aprì il lucchetto con la magia.
«Oh, oh, è della cacciatrice di mostri» sbuffò Manuel leggendo il nome sulla copertina interna.
«Quella ragazza è una persecuzione!» ringhiò, invece, Fagan.
«Hai detto la cacciatrice dei mostri? Perché non mi hai detto che c’era Jessica qui, eh? Insomma devi essere preciso quanto fai un resoconto! Fagan, non gliel’hai insegnato?».
Manuel boccheggiò di fronte all’atteggiamento improvvisamente furioso di Fabricio. «N-non l’ho vista» bofonchiò in risposta, tentando di allontanarsi da lui.
Sul viso di Fagan si era formata un’espressione interrogativa. «Nulla di quello che l’insegno rimane nella sua testaccia» borbottò in risposta, ma con gli occhi fissi su Fabricio. «Vediamo piuttosto dove si è nascosta. Quella ragazza è un vero pericolo!».
«Vado a controllare la barca» disse Manuel.
«Veniamo anche noi» disse Fagan. «Voglio vedere il remo di cui mi hai parlato».
«Io cerco Jessica. Hai detto anche tu che è pericolosa» disse, invece, Fabricio e si allontanò senza neanche aspettare risposta.
«Ma che ha?».
«Spero nulla» tagliò corto Fagan. «Forza, fammi strada».
Manuel obbedì e lo guidò fino alla barchetta del locandiere. Ormai era notte inoltrata, ma i lampioni della strada illuminavano suffusamente anche quella zona. «Ecco questo è il remo».
«Mmm» mormorò Fagan afferrandolo. «Guarda se c’è altro».
Manuel obbedì e salì sulla barca in modo da perquisirla meglio. Certo l’illuminazione non era delle migliore, per cui dovette aiutarsi con la magia. «Qui c’è del vetro… Reparo… Wow una bottiglia di whisky, ecco perché il locandiere non moriva di freddo mentre pescava… Magari era già ubriaco, eh, Fagan? E si è inventato tutto…».
«Non hai detto che l’hai visto tu stesso dimenarsi?» grugnì l’anziano.
«Sì, ma ero fin troppo distante… magari è solo molto fantasioso e con l’aiuto dell’alcool si è immaginato un’aggressione…».
«I segni su questo remo non sono immaginari» replicò Fagan. «Non c’è altro su quella barca?».
«Vediamo» disse il ragazzo illuminando ogni interstizio. «C’è il secchio con i pesci presi e la cassetta con tutto l’occorrente… oh…».
«Che hai trovato?».
«Mi sa che sono gli occhiali del locandiere. Effettivamente ne indossava un paio quando sono arrivato e ripensandoci quando è tornato non li aveva più… Sono rotti…».
Fagan gli esaminò e disse: «Devono essere stati colpiti dalla stessa creatura che ha graffiato il remo».
«Hai qualche idea?».
«Come no. È dovresti avercela anche tu, ragazzo» ribatté Fagan. «Ma preferisco essere sicuro prima di esprimermi. Avanti facciamo un giro di tutto il lago per sicurezza».
«Anche perché se rimaniamo fermi qui, geleremo» borbottò Manuel.
«Non ti lamentare sempre» lo rimproverò Fagan. «Ti sei unito alla Divisione Bestie non a quella dei Brevetti Ridicoli».
Era ormai giorno quando un sempre più burbero Fagan e un infreddolito Manuel tornarono al Ritrovo della Sirena, trovando Fabricio intento a leggere il diario di Jessica e a bere una tazza di tè fumante gentilmente offerto dalla locandiera. Manuel lo incenerì con lo sguardo.
«Oh, ma io ve lo dico che quella ragazza è geniale!» li accolse Fabricio. «Appena ha sentito del mostro è andata a fare ricerche! Prima che noi entrassimo in azione, capite!».
Fagan gemette. «Se Robert non fosse così buono, ci ritroveremmo nella Sezione Centauri per una cosa del genere».
Manuel non poté dargli torto questa volta: una Babbana li aveva battuti sul tempo, come faceva Fabricio a essere tanto allegro?
«L’hai trovata?» gli chiese Fagan.
«La locandiera dice che ha affittato una camera, ma stanotte non è rientrata a dormire».
«Speriamo che non si sia messa nei guai» borbottò Manuel.
«Ecco, ho portato la colazione anche a voi. Spero sia di vostro gradimento».
Fagan e Manuel ringraziarono la signora che gli servì con un sorriso stanco. Probabilmente neanche lei aveva dormito molto quella notte.
«Suo marito come sta?» le domandò Fagan.
«Oh, bene, non si preoccupi. Ha preso sbornie peggiori, ma è un brav’uomo. Spero che non incorrerà in problemi legali dopo stanotte». Era visibilmente preoccupata e Manuel si ricordò che Fagan si era presentato come un poliziotto babbano.
«Non si agiti, noi vogliamo assicurarci che la creatura del lago non sia pericolosa» spiegò il più anziano.
«Oh, quindi voi ci credete sul serio?». Ella era veramente stupita.
«Sì, signora» rispose Fagan. «Abbiamo controllato la barca di suo marito e vi sono realmente segni di colluttazione».
«Ma una creatura sputafuoco…?» mormorò ella ancora incerta.
«No, no, stia tranquilla. Suo marito era pur sempre ubriaco, qualcosa l’hai inventata… Piuttosto ho necessità di parlare con lui, appena si sveglia mi può avvertire?».
«Certamente! La ringrazio per la sua pazienza».
 
Solo a tarda mattinata, però, il proprietario del pub fu in grado di sostenere con loro un discorso di senso compiuto. Ammise di essersi inventato qualcosa a un certo punto e di non ricordarsi bene neanche che cosa, ma ribadì di essere stato realmente aggredito.
«Può mostrarci il punto preciso?» gli chiese Fagan.
«Sì, venite».
Manuel era stato mandato al Ministero per fare rapporto e, possibilmente, trovare qualcuno più fresco di loro che avevano trascorso la notte in bianco. Fabricio non si era voluto muovere di lì e così erano in due a seguire il locandiere. Non vollero che quest’ultimo li accompagnasse nel loro giro, ma accettarono di prendere la barca in prestito.
«È più o meno questo il punto» disse Fabricio.
«Sembra anche a me. Uno di noi dovrebbe immergersi e dare un’occhiata».
«Vado io» si offrì volontario Fabricio e iniziò a spogliarsi. Rimasto a torso nudo rabbrividì.
«Non essere avventato. Non conosciamo questo lago né le creature che lo abitano» lo ammonì Fagan.
«Tranquillo, mi limito a dare un’occhiata». Si tuffò e, prima di immergersi, applicò su di sé l’incantesimo Testabolla.
Il lago era limpido e poco inquinato, solo qualche busta di plastica e bottigliette varie gettate da qualche turista maleducato e poco rispettoso dell’ambiente. Fabricio andò più in profondità, ma non trovò nulla di strano o interessante, così riemerse.
«Allora?» lo accolse Fagan.
«Nulla. Non possiamo mica pretendere che la creatura se ne rimanga sempre nello stesso posto no?».
«No, ma da quello che ha detto il locandiere dev’essere ferita, quindi non credo sia andata lontano».
Fabricio s’issò sulla barca. «Che facciamo?».
«Torniamo a riva e vediamo se arriva qualche notizia dal Quartier Generale».
E così fecero.
«Oh».
«Che c’hai?». Fagan seguì lo sguardo del collega. «Oh, no».
Fabricio a malapena accostò la barca alla riva prima di scendere a precipizio e raggiungere Jessica, la cacciatrice di mostri. «Ciao».
La ragazza sembrò perplessa dal vederselo comparire davanti così in fretta. Fagan non comprendeva che cosa stesse passando per la testa dell’amico, certo era sempre stato un don Giovanni ma questa sembrava più un’ossessione.
«Vengo a dare una mano e magari il cambio a qualcuno di voi e trovo Fabricio che mostra i pettorali a una ragazza, ma bene! Forse dovrei raccontarlo a Robert».
Fagan si voltò verso la ben nota voce maliziosa. «Ciao, Nerissa».
«Fagan» replicò ella avvicinandosi di più.
«Ricordi la ragazza?».
«Dovrei?».
«Sì».
Nerissa assottigliò lo sguardo e scrutò la giovane. «Non mi dire che è quella Babbana squinternata che va alla ricerca di mostri».
«Oh, sì. E a proposito di follia credo che abbia contagiato anche Fabricio».
«Le ha appena offerto da bere! E noi che facciamo? Ci ha ignorati!» sbuffò Nerissa seguendo il collega con lo sguardo.
«Seguiamoli» sospirò Fagan.
«Robert dice che puoi andarti a riposare, è da ieri sera che sei in servizio. Ha mandato Manuel a dormire e più tardi manderà qualcun altro qui».
«Tra un po’ magari. Voglio essere sicuro che quello stupido torni in sé e ti dia una mano».
Fabricio, continuando bellamente a ignorarli, fece accomodare Jessica in uno dei tavolini della locanda spostandole addirittura la sedia.
«Almeno si coprisse» sussurrò Nerissa a Fagan. I due si erano seduti nel tavolino più vicino a quello di Fabricio e Jessica.
«Ma noi ci conosciamo già? Mi pare di aver già incontrato te e i tuoi amici».
La domanda della cacciatrice lasciò basiti Nerissa e Fagan, ma sul volto di Fabricio si dipinse un’espressione sognante subito sostituita da un’infastidita quando notò i due colleghi a poca distanza.
«No, ti sbagli» rispose Fabricio. «Non ci siamo mai incontrati. Però anche a me pare di conoscerti da sempre. Dev’essere il destino».
«Vomito» mormorò a voce non tanto bassa Nerissa aggrappandosi al braccio di Fagan, altrettanto disgustato. A dirla tutta neanche Jessica sembrava molto impressionata.
«Sarà» commentò infatti.
«Che cosa ti porta in Galles? Sei di queste parti?» domandò Fabricio, mentre la locandiera li serviva un pranzo leggero.
«Sono originaria della Cornovaglia. E tu?».
«Io sono argentino» rispose Fabricio con un sorriso.
«E come mai qui in Gran Bretagna?».
«Lavoro».
«Che tipo di lavoro?».
«Oh… ehm…» qui Fabricio si trovò leggermente in difficoltà, poi vide la locandiera a qualche tavolo di distanza e si ricordò di come li aveva presentati Fagan la sera prima. «Sezione speciale della polizia del Galles. Mi occupo di creature pericolose».
«Veramente?!». Gli occhi di Jessica brillarono. «Allora anche le forze dell’ordine hanno rilevato onde probabilistiche di grado quarto e stramberia atmosferica di livello cinque!».
Nerissa quasi si affogò con la birra a quelle parole e Fagan si passò una mano tra i capelli tra l’irritato e l’imbarazzato. «Non racconterò mai questa cosa a Robert. Non voglio che mi ridano dietro per i prossimi dieci anni» brontolò.
Fabricio al contrario non appariva minimamente scosso. «Diciamo che noi usiamo una scala diversa, ma sì».
«Ma è magnifico! Per anni le autorità mi hanno derisa! Sono stata costretta a fare infinite sedute psicanalitiche perché dicevo di vedere delle creature per tutti gli altri inesistenti!».
«Quindi ieri sera hai visto la creatura aggredire il locandiere?» chiese Fabricio. Fagan e Nerissa tesero le orecchie sperando di ascoltare qualcosa di interessante per una volta.
«No. Ero troppo lontana» replicò scocciata Jessica. «Ma ho provato a immergermi nel lago ieri notte».
«Di notte? Ma è pericoloso!».
La ragazza scrollò le spalle con noncuranza. «Sono una buona nuotatrice, ma non altrettanto brava come sub. Per questo stamattina sono andata a cercare un po’ di attrezzatura adatta».
«Io non credo dovresti farlo» borbottò Fabricio.
«Oh, giusto, ora ci siete tu e i tuoi colleghi».
«Esattamente. Ce ne occuperemo noi» replicò Fabricio con un sorriso smagliante, contento che avesse compreso.
«Hai ragione. E grazie per il pranzo, è ottimo».
Dopo pranzo Jessica si congedò affermando di voler riposare un po’ e Fagan afferrò, letteralmente, Fabricio per un orecchio. «Che stai combinando razza di scellerato? Civetti con una Babbana? Con quella Babbana?».
Nerissa li fissava a braccia conserte e con un’espressione palesemente infastidita stampata sul volto.
«Perché è reato ora?» ribatté Fabricio bruscamente. «E a proposito non è carino fare da terzo incomodo. Non potevate sedervi più distanti?».
Fagan ringhiò. «Ascoltami bene: sei in servizio e se non vuoi che ti faccia appioppare un richiamo disciplinare da Robert, vedi di darti una svegliata! Io vado a riposare, tu e Nerissa portate avanti le indagini! Qualcuno verrà a darti il cambio più tardi. Sono stato chiaro?».
«Sì» rispose a malincuore Fabricio guardandolo male.
«Bene» chiuse il discorso Fagan ricambiando l’occhiataccia.
«Proviamo a fare un giro e a interrogare la gente del villaggio» disse Nerissa, decidendo di non commentare quanto accaduto.
Fabricio non replicò, ma la seguì mantenendosi di cattivo umore per tutto il tempo. E fu davvero strano per Nerissa che era abituata a ben altro atteggiamento da parte del collega, sembrava quasi essere in compagnia di Ishwar.
Nel pomeriggio rientrarono alla locanda senza aver concluso nulla. «Magari è stato solo un caso isolato» sospirò Nerissa annoiata.
Fabricio non l’ascoltò neanche e si avvicinò al bancone. «Scusi, per caso la signorina Jessica Thompson è ancora nella sua camera?».
Il locandiera, con una cera di gran lunga migliore di quella della sera precedente, negò. «È uscita da più di un’ora con tutta l’attrezzatura per immergersi».
«Cosa?! E le ha detto in che punto del lago avrebbe voluto farlo?».
«Voleva raggiungere una grotta sull’altra sponda del lago. Non è un bel posto, di solito i pescatori non si avvicinano. Si tramandano strane storie. Spero stia bene, sono solo storie, no?».
«Certo, certo» borbottò Nerissa, correndo immediatamente dietro Fabricio. «Ci mancava solo questa».
Fabricio costrinse un povero pescatore ad accompagnarli fino all’ingresso della grotta.
«Perché nessuno al villaggio ce ne ha parlato?».
«È una storia che si tramanda tra pescatori» rispose il proprietario della barca. «Ormai si sta perdendo come tutte altre, ai giovani interessano ben altre cose».
«Un vero peccato» commentò Nerissa con un sospiro. «Ci immergeremo insieme» aggiunse in tono minaccioso a beneficio dell’amico.
«Ci aspetti qui» chiese Fabricio al pescatore.
«Va bene, ma non metteteci troppo» bofonchiò quello per nulla contento. «Ehi, ma non avete le bombole!?» soggiunse subito dopo.
«Non si preoccupi abbiamo ottimi polmoni. E poi ha detto lei stesso che solo un piccolo tratto di lago separa dall’ingresso della grotta. Non dovremmo andare in profondità» replicò Nerissa.
«Già, ma state attenti, potreste sentirvi male».
Naturalmente Fabricio e Nerissa una volta sott’acqua e lontani dal pescatore usarono su di sé l’incantesimo Testabolla. Comunque non ebbero veramente difficoltà a raggiungere la grotta che si rivelò molto piccola.
Fabricio si mise subito a cercare qualcosa che indicasse che Jessica fosse passata di lì, visto che di lei, di certo, non c’era traccia. Nerissa, invece, fu attratta dalle incisioni sulle pareti.
«Ho trovato qualcosa» strillò Fabricio e la sua voce echeggiò nella grotta.
«Non urlare» sussurrò Nerissa avvicinandosi.
«Non mi sembra rischi di crollare».
«Sì, ma credo che non dovremmo trovarci qui».
«Eh?».
«I disegni sulla roccia… questo è territorio di una comunità di sirene».
«Oh». Fabricio s’incupì e si affrettò a riparare l’oggetto rotto appena trovato. «È una macchina fotografica babbana, sicuramente è di Jessica».
«Hai capito quello che ho detto?» sibilò Nerissa. «Dobbiamo uscire di qui e contattare il Quartier Generale. I pescatori temono questo posto perché le sirene hanno fatto in modo che fosse così».
«Ho capito benissimo. Ciò significa che Jessica è in pericolo».
«Ti sei fissato con quella ragazza!».
«È una Babbana in pericolo! È compito nostro salvarla!» ribatté Fabricio. «Dò un’occhiata sul fondale».
«Aspetta… Maledetto testardo!» sbuffò Nerissa vedendolo tuffarsi nuovamente. Seccandosi di attenderlo senza fare nulla diede un’occhiata intorno a sé e trovò una cartelletta, al cui interno vi era un documento plastificato su cui vi era semplicemente scritto: O2 – 50 m.
«Ho trovato questa. Sicuramente appartiene a una sirena ma è spezzata» annunciò Fabricio risalendo sulla sponda.
«Ma che fai?» gli chiese Nerissa vedendolo intascare la collanina di conchiglie.
«Merce di scambio».
«Non mi piace per nulla questa storia. Robert non approverà».
«Robert non deve sapere per forza tutto» replicò bruscamente Fabricio. «Andiamo a vedere se Jessica è tornata alla locanda».
Alla locanda, però, trovarono Manuel. «Ehilà».
Nerissa lo ragguagliò sugli ultimi avvenimenti. «Fabricio è meglio se vai al Quartier Generale, così Ella potrà dara un’occhiata alla collana, al documento e alla macchina fotografica. Lei è la più brava con le cose babbane».
«Io non mi muovo da qui».
Nerissa sbuffò. «Ora mi stai facendo incazzare. Sei qui da stanotte, non sei lucido. Fa’ come ti ho detto».
«No» sbottò Fabricio. «Jessica potrebbe essere stata aggredita».
Manuel lo fissò basito mentre usciva dal locale ignorando totalmente le parole irate di Nerissa.
«Posso andare io al Quartier Generale» propose allora il ragazzo.
«Vai. E fai anche rapporto sul comportamento di Fabricio».
«Ma…».
«È un ordine, vai!».
Manuel obbedì e tornò nel giro di qualche ora. Fabricio e Nerissa era seduti a un tavolino e si fissavano in cagnesco, segno che la tensione tra i due non si era allentata nel frattempo.
«Eccomi» si annunciò il ragazzo. «I dati sulla cartelletta non sono altro che i calcoli per capire quanto ossigeno serve per immergersi di 50 metri. O è il simbolo chimico dell’ossigeno». I due continuarono a fissarlo immusoniti, perciò proseguì. «Le foto della macchina fotografica sono andate distrutte tutte tranne una: una specie di tentacolo verde pallido». E qui gli porse la foto che Ella aveva sviluppato appositamente. «È evidente che abbiamo a che fare con un avvincino, mi sembra e sono sicuro che Fagan l’aveva compreso da principio».
«Meglio così» commentò Nerissa. «E delle sirene del lago che ci dici?».
«Oh, l’avete scoperto?» replicò Manuel. «È una comunità tendenzialmente pacifica. Si è stanziata in una porzione del lago, solitamente evitata dai Babbani».
«Quell’avvincino è stato veramente sfortunato a beccare l’amo del locandiere» sbuffò Nerissa. «Altro?» chiese rivolta al ragazzo.
Manuel a disagio annuì e fissò Fabricio. «Senti, Fabricio, Robert vuole che torni al Quartier Generale».
«Certo, appena avremo concluso qui» replicò l’altro con falsa disinvoltura.
«No, immediatamente. È un ordine» si trovò a insistere Manuel.
«Se lo può scordare» ribatté Fabricio allontanandosi.
«È fuori di testa» sbuffò Nerissa.
«Tra poco verrà Benji e tu potrai andare a riposare» aggiunse Manuel.
«Bene, o finirà che lo strozzo».
Probabilmente Robert aveva ritenuto che Manuel e Benji non avrebbero avuto difficoltà a gestire da soli un caso in cui era coinvolto un avvincino, ma evidentemente non aveva fatto i conti con la testardaggine di Fabricio. Infatti, appena Nerissa si era smaterializzata, l’argentino annunciò che sarebbe andato di nuovo alla grotta e avrebbe cercato la Capitan Sirena.
«Ma che dici?» sbottò Benji che aveva avuto istruzioni ben precise della sua mentore, circa il fatto che dovessero pattugliare le zone del lago e vegliare sui Babbani che decidevano di andare a pescare. Quello e nient’altro.
«Non abbiamo il permesso di disturbare le sirene» tentò Manuel altrettanto trasecolato.
«Io sono stato estromesso dal caso, ricordate? Faccio quello che voglio. Voi rimanete pure qui».
Era una pazzia lasciarlo andare da solo per quanto fosse di gran lunga più esperto di loro.
«Nerissa mi ucciderà» mormorò Benji seguendoli. «Stiamo rubando» gemette quando Fabricio ‘prese in prestito’ una barca dal porticciolo più a sud.
Il più grande sembrava completamente perso nei suoi folli pensieri e non lo degnò minimamente della propria attenzione. Manuel scrollò le spalle rassegnato, chiedendosi se fosse poi tanto diverso dalle volte che a Hogwarts vagava per i corridoi dopo il coprifuoco con i suoi compagni. Di certo Benji non sembrava quel tipo di studente.
La visita alla grotta andò molto meglio di quanto avessero temuto: Fabricio riuscì a richiamare l’attenzione delle sirene e a ottenere un colloquio con la Capitan Sirena. Si scoprì che la collana di conchiglie l’avesse perduta proprio lei e fu molto felice di riaverla, tanto da promettere che avrebbe cercato personalmente Jessica.
Era ormai notte fonda quando tornarono alla locanda e tutto era tranquillo, persino gli avventori più turbolenti si erano ormai ritirati. Li furono messe a disposizione delle camere. Manuel provò a convincere Fabricio a dormire un po’, ma fu un’impresa difficile. Alla fine, però, entrambi crollarono mentre Benji pattugliava la zona.
Fu proprio quest’ultimo a svegliarli la mattina dopo. «Muovetevi» disse agitato. «Di sotto c’è un putiferio. Il proprietario ha raccontato della scomparsa di Jessica e tutti i giovani del luogo vogliono andare a cercarla e uccidere il mostro!».
I due si alzarono velocemente, ma quando scesero di sotto capirono che la situazione li era completamente sfuggita di mano: nella locanda non c’era più nessuno a parte la locandiera dall’aria parecchio scocciata e all’esterno erano giunti persino i giornalisti babbani. Un disastro totale. E meno male che avrebbero dovuto affrontare un avvincino! Messi in mezzo i Babbani, quella storia avrebbe avuto molta più risonanza di quanto avrebbero mai voluto.
«La locandiera mi ha dato questo» disse loro Benji raggiungendoli fuori.
«Che schifo! È un tovagliolo sporco!» sbottò Manuel facendo un passo indietro.
Benji lo ripulì alla bene in meglio in modo che il disegno centrale si vedesse.
«È la grotta delle sirene» la riconobbe all’istante Fabricio.
«Sì, l’ha disegnato il locandiere e si è offerto di guidare quelli scalmanati» sospirò Benji.
«Vai ad avvertire il Quartier Generale» gli disse Manuel.
«Perché io?» chiese allarmato Benji.
«Perché Nerissa non ti ucciderà e comunque tu non hai dormito stanotte, hai bisogno di una pausa».
«Va bene» acconsentì di malavoglia Benji: non aveva nessuna voglia di affrontare la sua mentore.
«Quello cos’è?» chiese Manuel dopo un po’ che passeggiavano sulla sponda cercando di capire come muoversi.
«Un segnale» rispose Fabricio appena individuò ciò che gli indicava l’altro. «Torniamo alla grotta».
«Ma come, ci stanno andando tutti!».
«Allora bisogna distrarli. Occupatene tu e io vado alla grotta» gli disse Fabricio e, per evitare polemiche, non attese neanche una risposta. Sapeva che, per quanto potesse impegnarsi Manuel, non sarebbe mai riuscito a prendere una barca e raggiungere la grotta senza che nessuno lo vedesse così scelse un’altra strada: entrò in acqua in un punto in cui la vegetazione lacustre l’avrebbe coperto agli occhi dei Babbani e s’immerse. Fortunatamente, come aveva sperato, la sirena che aveva lanciato il segnale era rimasta nei dintorni e fu abbastanza gentile da guidarlo fino alla grotta.
«Benvenuto, mago» lo accolse la Capitan Sirena.
«Grazie» replicò Fabricio, sforzandosi di mostrarsi rispettoso nonostante i suoi occhi fossero immediatamente saettati sul corpo svenuto di Jessica.
«Sta bene. È stata aggredita da un avvincino, ma le mie sorelle l’hanno aiutata prima che affogasse».
«Te ne sono grato» sospirò sincero e sollevato l’uomo. «Posso chiederti il favore di farmi scortare nuovamente dalla tua sirena? Non ho potuto prendere una barca».
La Capitan Sirena annuì con un cenno brusco del capo. «Ascolta, umano» aggiunse mentre già Fabricio si stava nuovamente immergendo, «la mia comunità ha perso un tridente antico e, per noi, d’inestimabile valore. Se dovessi trovarlo, te ne saremmo riconoscenti».
«Me lo ricorderò. Se ne avrò la possibilità, sarò felice di ricambiare la vostra generosità». Fabricio era sincero, ma ciò che gli premeva di più in quel momento era la salute di Jessica che, nonostante le rassicurazioni della Capitan Sirena, sembrava respirare a fatica e aveva dei brutti segni sul collo, sul viso, sulle braccia e sulle gambe. Non doveva essere stato solo un avvincino a graffiarla. Perciò l’uomo accolse con sollievo il congedo della Capitan Sirena, ma ancor di più l’aiuto delle altre sirene per trasportare Jessica in modo sicuro.
Sembrò volerci un tempo infinito per raggiungere la riva, ma, appena ci riuscì, Fabricio espirò a pieni polmoni e corse fino alla locanda. Di Manuel, dei giornalisti e dei giovani turbolenti non vi era traccia. E questo non era necessariamente un bene. La proprietaria della locanda li accolse con solerzia e accompagnò Fabricio nella stanza di Jessica.
«Vado a chiamare un medico» disse sollecita la locandiera.
«No» si affrettò a fermarla Fabricio. Lì ci voleva un Guaritore. «Me ne occupo io. Può rimanere con lei un attimo?». La ringraziò e corse fuori. Dove si era cacciato Manuel?
«Fabricio Silva».
«Fagan» fu sollevato nel vedere il collega, dimentico delle incomprensioni precedenti.
«Che sta succedendo? Sono appena arrivato».
Fabricio lo tirò in disparte sul retro del locale ed evocò il suo patronus. «Ho trovato Jessica con l’aiuto delle sirene, ma ha bisogno di un Guaritore. La Capitan Sirena mi ha detto che è stata attaccata da un avvincino, ma, viste le sue ferite, sicuramente erano molti di più».
«Io non credo. Le sirene controllano i loro avvincini, specialmente quelli domestici. Hanno perfettamente contezza del loro comportamento. Probabilmente si tratta dello stesso avvincino che ha attaccato il proprietario di questo locale. Dev’essere rimasto ferito nello scontro ed è molto più aggressivo del normale».
«Ah, può anche darsi».
«Dov’è quello scavezzacollo di Manuel?».
Fabricio allora gli raccontò della folla inferocita e del compito di distrarla assegnata a Manuel. «Mi aspettavo qualcun altro, oltre te. Anche Manuel ha bisogno di essere sostituito, ha riposato questa notte ma non tantissimo».
«Non credo serva nessun altro per ora. Appena Manuel si libera, lo manderemo al Quartier Generale. È necessario recuperare e curare quell’avvincino. Lo faremo stanotte, così i Babbani non potranno intralciarci e metteremo fine a questa storia».
«Perfetto» assentì Fabricio. «Andiamo a vedere se arriva il Guaritore che ho chiamato?».
Dovettero attendere un quarto d’ora prima che il suddetto Guaritore arrivasse e Fabricio era alquanto impaziente. «Avevo detto che è urgente».
«L’attacco di un avvincino, come quello da lei descritto, non è un codice rosso» fu la risposta.
Fagan lanciò un’occhiata di ammonimento all’amico prima che decidesse di sfogare tensione e stanchezza sul Guaritore. Lo accompagnarono in silenzio nella stanza di Jessica e lasciarono che la visitasse senza fiatare.
«Come immaginavo, non è nulla di grave» sentenziò con una punta di superbia il Guaritore, beccandosi un’occhiataccia da Fabricio, che non si mosse dal capezzale di Jessica per tutta la medicazione.  «Ecco fatto. Reinnerva!».
La ragazza riaprì gli occhi immediatamente, ma impiegò qualche minuto ad abituarsi alla luce della camera.
«Che è successo?».
«Ti abbiamo trovato svenuta in mezzo alla vegetazione sulla sponda sud del lago» mentì Fabricio.
«Ah».
«Come si sente, signorina?» le domandò il Guaritore in tono professionale.
«Bene» sospirò Jessica mettendosi seduta con l’aiuto di Fabricio. «Il mostro?».
«Stiamo predisponendo un piano di cattura. Ricordi qualcosa?» rispose Fabricio.
Ella fece una smorfia e annuì. «Era buio. Sono scesa forse anche oltre cinquanta metri… non mi sono regolata bene… all’improvviso è apparso qualcosa… alla luce della torcia ho visto che la sua bocca era piena di denti aguzzi… mi ha attaccato con quelli e con i tentacoli… era il mostro, ne sono sicura! Ma non sono riuscita a contrastarlo. Ha tentato di strangolarmi con quelle sue dita sottili… poi è arrivata una strana donna e mi ha aiutato, mi pare che non fosse sola… infine è diventato tutto nero, credo di essere svenuta…».
Fabricio annuì. La descrizione era chiara, si trattava di un avvincino: non c’era più alcun dubbio.
In quel momento arrivò Manuel quasi di corsa e fu sollevato nel vedere Fagan. «Un disastro! I giornalisti babbani già millantano l’esistenza di un Nessie gallese e gli abitanti del luogo stanno facendo a gara a raggiungere la grotta!».
Fagan imprecò in modo molto colorito e scosse la testa. «Vai al Quartier Generale e fai rapporto. Avremo bisogno di un bel po’ di obliviatori».
«Corro» replicò Manuel fiondandosi fuori dalla stanza.
«Obliviatori? Ho già sentito questa parola» disse Jessica curiosa.
Fagan scosse la testa seccato e puntò la bacchetta contro la ragazza.
«Ehi» l’urlo indignato di Jessica di fronte alla strana minaccia si mescolò a quello sorpreso e infastidito di Fabricio, che si frappose tra i due.
«Che ti salta in mente?» ringhiò quest’ultimo.
«La oblivio naturalmente. Levati!» fu la risposta adirata di Fagan che si avvicinò maggiormente al collega.
«No».
«No?» replicò Fagan preso in contropiede. Persino il Guaritore lo fissò come se gli mancasse qualche rotella. «Conosci la legge» sbottò Fagan cercando di essere ragionevole.
Fabricio sbuffò. «Allora lo faccio io».
«Sicuro?» brontolò Fagan.
«Sì, sicuro. Adesso non ti fidi di me?».
«Mi fido» ribatté asciutto Fagan ma lanciandogli un’occhiata significativa. «Vado a vedere che aria tira giù».
Giù, non tirava certamente buona aria. Il locandiere, intervistato, raccontava con fervore e dovizia di particolari l’aggressione subita e sventolava anche la canna da pesca, gli occhiali e il remo graffiati e con i segni dei tentacoli della creatura. Una folla di persone di tutte le età circondava lui e il giornalista.
In quel momento Manuel ritornò in compagni di Ishwar, Robert, un gruppo di Obliviatori e alcuni soggetti che Fagan sapeva appartenere al Comitato Malinformazione. Robert si chiuse la porta alle spalle in modo che non entrasse nessun altro e gli Obliviatori si misero al lavoro. In poco meno di un quart'ora la maggior parte dei presenti aveva uno sguardo vago; a quel punto Robert li lasciò uscire e con loro si dileguarono anche quelli della Malinformazione probabilmente intenzionati a fare un giro nel villaggio e assicurarsi che ogni voce sulla presenza di un mostro nel lago tacesse definitivamente.
«Un bel macello» borbottò a braccia conserte Robert. «Mi volete spiegare come un’aggressione da parte di uno stupido avvincino vi possa essere sfuggita così di mano?».
Manuel si defilò di fronte a quella predica con la scusa di accompagnare i due proprietari nelle loro stanze in modo che avessero un minimo di tempo per chiudere la questione e andersene.
«È quella stupida che si crede una cacciatrice di mostri» brontolò Fagan altrettanto seccato.
«Io non sono una stupida cacciatrice! Ho visto il mostro e mi ha anche aggredito!».
Un tempismo perfetto, decisamente! Manuel, appena rientrato in Sala, avrebbe voluto confondersi con la parete vista l’espressione furiosa di Robert. In realtà una parte di lui avrebbe anche voluto aiutare Fabricio, palesemente nell’occhio del ciclone, ma sicuramente non aveva idea di come fare. Alle spalle della ragazza apparve anche il Guaritore, che osservò la scena con interesse.
«Perché non l’hai obliviata, Fagan?» sbottò iroso Robert.
«Toccava a me farlo» rispose Fabricio.
«Tu non dovresti essere neanche qui» sibilò Robert. I due si guardarono in cagnesco. «Ishwar, occupati della ragazza» ordinò allora Robert.
«Lei è diversa dagli altri Babbani, sente il nostro mondo» tentò Fabricio mettendosi in mezzo ed evitando che Ishwar incantasse Jessica.
«Io non so cosa ti sia preso Fabricio, ma sei sospeso» esclamò Robert. «Ishwar, fa’ come ti ho detto».
Per la prima volta in quei mesi Manuel percepì una profonda crepa nella loro squadra. Per il poco tempo trascorso all’Accademia Auror aveva compreso che gli Auror facevano squadra perché obbligati spesso e volentieri, ma nella Divisione Bestie aveva sempre trovato una forte armonia. Anche Fagan che faceva tanto il vecchio brontolone, era perfettamente integrato. In più Ishwar si era sempre mostrato preciso e scrupoloso, ora invece sembrava incerto. E come dargli torto? Fabricio sembrava sul punto di duellare!
«Fabricio, va’ via» intervenne Fagan. «Nessuno di noi vuole uno scontro».
Fabricio strinse i pugni e si avviò verso l’uscita senza dire una parola, solo quando fu sulla soglia disse: «Jessica nella grotta ha trovato il tridente perduto della Capitan Sirena. Sarebbe il caso di restituirglielo».
La tensione era palpabile, ma i membri rimanenti della Divisione Bestie fecero finta di nulla e Manuel si adeguò al contegno dei compagni più esperti. Jessica fu obliviata in pochi secondi da Ishwar e accompagnata in un luogo ben distante in modo che non avesse motivo di ricordare qualcosa, visto che sembrava combattere fin troppo bene l’Incantesimo di Memoria.
Fagan e Manuel ebbero il compito di risolvere la faccenda del tridente e di occuparsi dell’avvincino. Il più giovane si accorse che, senza tutti quei Babbani intorno, non ebbero alcuna difficoltà. E, grazie all’aiuto della Capitan Sirena più che soddisfatta di riavere l’antico tridente, chiusero il caso in un paio di ore. L’avvincino era stato ferito non solo dai colpi di remo, come avevano creduto, ma gli era anche rimasto impigliato l’amo della canna da pesca sul labbro superiore e questo lo rendeva incredibilmente aggressivo. Fortunatamente anche in questo le sirene furono la loro salvezza, perché se ne occuparono personalmente.
«La prossima volta che andrò al pub, ne sceglierò uno a Londra» borbottò Manuel quella sera dopo aver consegnato il rapporto a Fagan.
Il più anziano ridacchiò e gli disse: «Oh, ma le creature magiche sono dappertutto. Fattene una ragione».
   
 
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