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Autore: Iaiasdream    22/07/2019    1 recensioni
Davide Campana è un nobile proprietario terriero, dal carattere arrogante ma ambizioso. Deluso dalla sua vita che lo ha messo a dura prova dall’età di diciotto anni, passa le sue nottate fra bordelli, pretendendo da ogni donna solo piacere fisico, fino a quando non incontrerà Rebecca, una semplice cameriera che nasconde un amaro passato. Quando le loro vite si incrociano, nessuno dei due sa che l’una lavora per l’altro, e per uno strano scherzo del destino, la loro relazione verrà inghiottita da una turbinosa odissea.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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NDA: *entra fischiettando* vista l’ora, vi augurerei buona notte… ma che diavolo pubblico alle due e mezza di notte? Be… la mia nuova storia!
Non vi liberete di me tanto facilmente.
Sì, sono di nuovo io con questo mio nuovo sfogo di mezzanotte. Scrissi i primi capitoli di questa storia quando avevo ancora il pannolino (WTF). Siccome non l’ho mai dimenticata ho deciso di scriverla e di regalarla al mondo (?). Spero che questa nuova avventura, possa piacervi.
BUONA LETTURA.
 
 
 
 
 
Capitolo 1


 
 
Dalla torre dell’orologio riecheggiarono cinque rintocchi appaiati dal rumore di un carretto trainato da un mulo che attraversava la piccola e inabitata piazzetta.
Dietro una finestra dell’albergo Camerini, Davide Campana osservava la scena in silenzio, abbottonandosi la camicia dal tessuto pregiato. Diede un’occhiata anche all’orologio e facendo una smorfia con le sue labbra carnose, si volse verso la stanza da letto dove una giovane donna giaceva nuda fra le lenzuola disordinate, testimoni di una notte di passione.
L’uomo si avvicinò lentamente per raccogliere la sua giacca dal triclinio e, estratto un sacchetto dalla propria tasca, porse due banconote da cinquecento lire sul comodino.
Volse i suoi occhi azzurri verso la ragazza e accennò un sorriso sghembo prima di recarsi alla porta d’entrata.
<< Ci rivedremo, vero? >> lo fermò una voce roca e innocente.
Davide non si girò e, leccandosi il labbro inferiore, rispose << No. >> poi uscì e la lasciò sola.
Quel diniego non dispiacque alla ragazza, in fin dei conti era pagata profumatamente per il piacere che aveva elargito tutta la notte. Doveva sentirsi onorata per essere stata scelta dall’uomo più ambito di Rovo, e a modo suo lo era, finalmente avrebbe potuto cantar vittoria davanti alle sue compagne di lavoro e vantarsi di aver fatto godere l’affascinante quanto arrogante Davide Campana.
Quest’ultimo scese le scale dell’albergo fermandosi alla portineria per pagare la sua solita permanenza.
La portinaia, una donna di mezza età, era indaffarata a pulire la sala d’aspetto, e quando si vide comparire davanti il giovane, non ebbe alcuna reazione, siccome era abituata alle sue uscite mattiniere.
<< Buongiorno, signora Filomena. >> la salutò il ragazzo sfoggiando un radioso sorriso.
<< A lei, signor Campana. >> rispose la donna poggiano una mano sul grasso fianco. E come da copione, l’ospite lasciava il suo denaro senza aspettare il resto, e la donna rimaneva in silenzio, attendendo di vedere scendere la giovane donna che aveva passato la notte con lui, un’altra. Sì, perché era talmente abituata a vederlo con una ragazza diversa che ormai non si scandalizzava più come solevano fare le sue amiche comari della confraternita.
Aveva imparato anche lei a preferire il vil denaro ai pettegolezzi che giravano fra le vie del paese, soprattutto quelle sulla famiglia Campana.
Tutti, dalla via che dava il benvenuto a quella che ne augurava il ritorno in paese, conoscevano la storia dei Campana, di come avevano perduto ogni ricchezza e di come il figlio maggiore a soli diciotto anni l’aveva riacquistata, forgiando anno dopo anno il rispetto e l’onore di un tempo.
A differenza delle chiacchiere che correvano come il vento, Davide non aveva dimenticato i sacrifici che per cinque anni aveva dovuto sopportare per mantenere in piedi ed espandere la sua proprietà. Col passare di quei lunghi anni quella terra era stata talmente generosa con lui, che si fece avvalere del nome: Selva Reale, grazie alle sue distese verdeggianti e di lotti ricchi di alberi.
Fortunatamente quei faticosi cinque anni erano passati in fretta e per Davide Campana erano diventati solo un lontano ricordo.
Attraversando la piazzetta, giunse alla scuderia dove aveva lasciato il suo frisone, vi montò sopra e si diede al galoppo per uscire dal paese e raggiungere la sua maestosa tenuta.
Ad accorgersi del suo ritorno, fu il vecchio e fedele Giacomo, il maggiordomo. Gli aprì la porta accogliendolo col suo cordiale quanto solito sorriso.
Davide gli porse il pastrano nero e lo salutò sorridendo a sua volta.
<< Signore, vostra madre è ancora sveglia. >> lo avvisò l’uomo con un tono di voce pacato.
<< Dov’è, adesso? >> chiese il giovane.
<< Vi sta aspettando nella sua camera. Permettetemi di dirvi che l’ho vista alquanto preoccupata. >>
Pima di allontanarsi, Davide lanciò uno sguardo curioso al maggiordomo, poi salì le scale per raggiungere la camera della madre. Trovò la porta aperta e vi entrò silenziosamente.
Clara Giuliani, se ne stava seduta sulla grande poltrona accanto al camino quasi spento. Indossava una vestaglia di taffetà chiara, e aveva i capelli biondi, sciolti che le coprivano il petto con ciocche ondulate. Gli occhi grigio azzurri, come quelli di suo figlio, erano piantati su un libro dalle pagine ingiallite sfogliate con non curanza da dita affusolate.
<< Madre. >> la chiamò il giovane posizionandosi al lato della poltrona.
Clara trasalì e alzò istintivamente gli occhi. Il suo viso rammaricato si stese in una contenta espressione che risaltò tutta la sua bellezza.
<< Davide, sei tornato, finalmente! >> mormorò la donna, lasciando il libro sul tavolino adiacente.
<< Perché siete sveglia? È ancora presto. >>
<< In realtà, non ho dormito affatto. >> spiegò lei abbassando lo sguardo come qualcuno che ha colpa. << Ero preoccupata per te. >> aggiunse << ultimamente, passi tutte le notti fuori ed io… >>
<< Madre, non dovete preoccuparvi. So badare a me stesso. >> la interruppe Davide accarezzandole affettuosamente il viso.
<< Lo so. Ma sono io a sentirmi sola, anche se ci sono Angelica e Mattia, loro sono ancora piccoli ed io… >>
<< Mamma, non siete sola. La casa è piena di cameriere e poi c’è Giacomo. >>
La donna sorrise malinconica, e si morse la lingua per non proferire la sua vera preoccupazione, per non far sapere a suo figlio che aveva paura di essere abbandonata anche da lui, che ogni volta in cui il ragazzo usciva, era terrorizzata dal pensiero che non avrebbe fatto più ritorno, proprio come suo padre.
Malgrado quelle parole non furono dette, Davide comprese i mesti pensieri e, afferrando la mano di sua madre, ne baciò il dorso, tranquillizzandola con quello sguardo magnetico, come lui solo sapeva fare.
 
***
 
Dal cielo plumbeo, iniziò a precipitare qualche goccia di pioggia che col passare del tempo si faceva più frenetica, andando a sbattere sui vetri di una finestra che racchiudeva una stanza semplice e povera di mobili: c’erano due letti paralleli, divisi da un comodino con due cassetti, difronte a questi un armadio a due ante strette con affianco un lavabo e uno specchio. Supina su uno dei due letti, una ragazza dai capelli fulvi e ricci osservava il soffitto immersa nei suoi pensieri, più in là, accanto alla finestra, un’altra giovane con la divisa da cameriera fissava annoiata i rivoli di pioggia che si erano formati sul vetro.
<< Non c’è più niente di così noioso della pioggia >> affermò quest’ultima sbuffando
<< Che ci vuoi fare, la pioggia vuole avvisarci che l’estate è terminata, e che un altro, lungo e noiosissimo inverno vuole riprendere la sua parte nel mondo >> continuò la ragazza fulva alzandosi dal letto e recandosi al lavabo. Si tolse velocemente la camicia da notte e, immerse le mani nell’acqua, le tolse subito rabbrividendo << E anche il freddo sta facendo la sua parte >>.
La ragazza vestita da cameriera si volse, guardò la sua amica con i suoi occhi castani e sorrise << Muoviti Marina, fra dieci minuti dovremo trovarci in cucina per preparare la colazione ai signori >> disse rallegrandosi di colpo.
<< Non so come tu, Rebecca, faccia ad essere così allegra, nel preparare la colazione a persone che non conosciamo neppure >> affermò Marina sciacquandosi velocemente la faccia << se lo raccontassi ad un estraneo, dubito che mi crederebbe >>
<< Ti sei accorta che fai lo stesso discorso tutte le mattine? >> chiese scherzosa Rebecca << sono due anni che lavoriamo per questa famiglia, avresti dovuto rassegnarti già da tempo >>
<< Non vedo l’ora che arrivi domenica… >>
<< Ma siamo solo all’inizio della settimana! >>
<< Ed è proprio per questo che mi lamento! >>
<< Ma smettila! >> esclamò Rebecca dandole un affettuoso spintone.
Ormai pronte, le due cameriere si recarono fuori dalla stanza, nel lungo corridoio incontrarono altre quatto colleghe e salutatesi si avviarono insieme nella cucina dove trovarono Agnese, la capo cuoca, con le mani sui fianchi e con quell’espressione severa che rappresentava il marchio del suo carattere intrattabile.
<< Buongiorno ragazze! >> esclamò.
<< Buongiorno Agnese >> risposero le altre, all’unisono.
<< Mettetevi al lavoro, la colazione deve essere servita fra otto minuti esatti >> continuò, poi, volgendosi a Rebecca le ordinò di occuparsi del caffè. La ragazza acconsentì con un gesto secco del capo e si precipitò ai fornelli.
La mattina trascorreva sempre in quella maniera: la cucina era sempre movimentata da cuoche che non smettevano mai di cucinare, che preparavano la colazione, pranzo e cena per persone che, come aveva detto Marina, non conoscevano, di loro sapevano soltanto il nome: Campana.
Fra tutti i servitori della tenuta, solamente le donne che lavoravano nelle cucine non avevano il permesso di entrare nella casa padronale. Soltanto Agnese aveva il permesso di varcare la grande soglia per essere aggiornata dal maggiordomo, sulle nuove disposizioni dettate dai padroni.
Anche la cucina era estranea al palazzo, infatti, era situata a dieci metri di distanza da esso.
All’infuori di Marina, nessun’altra cameriera si era mai lamentata del proprio lavoro, tutte lo prendevano seriamente, soprattutto Rebecca: amava cucinare e quando preparava anche un semplice caffè, ci metteva l’anima.
 
***
 
Come ogni mattina, Giacomo era solito recarsi nelle stanze del padrone per avvisarlo della colazione, dopodiché aveva il compito di aprire le finestre per dare una ventata d’aria pulita alla stanza.
Davide, seduto dietro la sua scrivania, osservava in silenzio le mosse del maggiordomo. << Che orrenda giornata! >> esclamò guardando i vetri della finestra sbavati di pioggia << Spero solo che la merce non si sia bagnata >>
<< Non preoccupatevi signore >> intervenne Giacomo << sono sicuro che il signor Roselli ha pensato a tutto, come sempre >>
<< Lo spero >>
<< Volete che vi porti il giornale? >>
<< No, lo leggerò in sala da pranzo >>
<< Come volete signore. La colazione è pronta >> ripeté.
<< Arrivo subito >>.
Giacomo fece un inchino non visto e uscì dall’appartamento chiudendo la porta.
Davide lo seguì dopo essersi cambiato d’abito. In sala da pranzo, incontrò sua madre e i suoi due fratelli più piccoli Angelica, dodicenne pestifera, ma con la stessa bellezza di suo fratello: capelli lunghi neri e ricci, occhi azzurro cielo e labbra disegnate sempre in un sorriso che la diceva lunga, e Mattina un piccolo e paffutello bambino di cinque anni, biondo come la mamma e dal visetto angelico; era timido, debole di salute ma molto dolce con le persone che gli stavano accanto.
<< Buongiorno fratello >> esclamò più di tutti Angelica.
<< Angelica, contegno! >> la rimproverò sua madre.
<< Buongiorno a tutti >> rispose sorridendo Davide, che prima di sedersi baciò la mano di Clara, poi guardò Mattia intento a mangiare un pezzo di brioche.
<< Mattia… >> mormorò Davide << come stai oggi? >>
<< Bene >> esclamò con voce trillante il bambino. Ed era vero, il suo viso non era pallido come gli altri giorni, ora il bambino aveva un dolce rossore sulle guance, che lo rendevano più bello.
<< Anche oggi hai da fare? >> chiese Angelica al fratello.
<< Sì, Angelica. Devo effettuare una consegna >>
<< Perché non mi porti con te? >>
<< Angelica! >> intervenne sua madre << Non sono cose da femmine! >>
<< Oh, ti prego Davide! >> continuò lei piagnucolando.
<< Mi dispiace, piccola… ti annoieresti di sicuro >> rispose il giovane sorseggiando una tazza di caffè. Al lato del tavolo si accorse che Giacomo aveva appoggiato il giornale, lo prese e, aprendolo, lesse qualcosa per poi prendere l’orologio da taschino e constatare che era giunto il momento di recarsi al lavoro. Alzandosi, ordinò al maggiordomo di far preparare la carrozza, infine, rimise in tasca l’orologio e ripiegò il giornale, diede un ultimo sorso al caffè e si alzò augurando buona giornata a tutti.
<< Ah, Davide? Aspetta un momento >> esclamò Clara.
<< Ditemi madre >> chiese il giovane incuriosito.
<< Ho dimenticato di dirtelo. Ho permesso a zio Nicola di farci visita. Ho fatto male? >>
Davide esitò e digrignò la mascella << Ma no madre >> rispose sorridendo forzatamente, è vostro fratello >> aggiunse con voce roca, poi uscì e recatosi fuori dal palazzo vide che in lontananza la carrozza lo attendeva, accettò l’ombrello da un cameriere, lo aprì e copertosi il capo raggiunse la raggiunse.
Il cocchiere oscillò le redini facendo partire i bruni stalloni. Percorso qualche chilometro, arrivarono ad una masseria, movimentata da uomini che trasportavano casse piene di uva, muli che trainavano carri e un uomo che gridava dando ordini. Fermata la carrozza, Davide scese e si avvicinò a quest’ultimo.
<< Buongiorno signor Roselli! >>
<< Oh, buongiorno signorino Campana >> rispose l’uomo allegro.
<< Allora? Come va la consegna? Problemi con la pioggia? >>
<< Non preoccupatevi, l’uva ha raggiunto la sua destinazione, asciuttissima, questo è il secondo viaggio che facciamo, ne mancano ancora tre >> rispose l’uomo soddisfatto del proprio lavoro << Quest’anno è stata una raccolta molto abbondante >>
<< Lo vedo! >> affermò contento il giovane << Bene, allora buon lavoro. Io mi reco all’azienda Acquaviva. Ci vediamo questa sera per la paga. >>
<< Certo signore. Buona giornata >>
Davide risalì sulla carrozza e ordinò al cocchiere di ripartire. Pochi minuti dopo raggiunsero l’azienda di Gabriele Acquaviva, suo amico d’infanzia, ma soprattutto principale acquirente.
Questo, lo aspettava all’entrata dello stabile e quando lo vide uscire dalla carrozza, spalancò le braccia salutandolo a voce alta.
<< Amico mio! Hai fatto veramente bene a convincermi! Non ho mai visto una raccolta così abbondante in tutta la mia vita! >>
<< Esagerato >> ribatté Campana accettando l’invito amichevole.
Gabriele avvolse le sue spalle con un braccio e lo accompagnò all’interno dello studio. Quando vi entrarono lo invitò a sedere vicino la scrivania e lui, facendo il giro, gli sedette di fronte, aprì un cassetto e afferrò un registro e un blocchetto degli assegni.
<< Allora… >> riprese Gabriele << Con quest’ultima consegna, la stagione dell’uva è finita? >>
<< Sì, finalmente >> rispose Davide sospirando.
<< E così avrai più tempo per te stesso >> continuò l’amico compilando l’assegno.
<< Non direi… tra poco inizierà la raccolta delle olive >>
<< Sai già a chi consegnarle? >>
<< Avrei in mente qualcuno >>. Gabriele sorrise, strappò l’assegno e lo consegnò a Davide che lo prese ricambiando l’espressione. I due rimasero in silenzio per qualche secondo, poi, quando Gabriele finì di aggiornare il registro, volse lo sguardo all’amico e si accorse che Davide aveva un’aria preoccupata, gli occhi grigio azzurri fissavano il vuoto.
<< C’è qualcosa che non va? >> gli chiese facendolo trasalire << ho sbagliato a compilare l’assegno? >> continuò con voce preoccupata.
<< No… no! >> balbettò l’amico << stavo pensando a una notizia che mi ha comunicato mia madre a colazione >>
<< Spero non si tratti di Mattia >>
<< No, non si tratta di lui >> rispose Davide alzandosi e recandosi alla finestra << presto avremo una visita di mio zio, il fratello di mia madre >>
<< E questo ti fa preoccupare? >> chiese Gabriele accendendo un sigaro.
<< Più che preoccupare, mi fa insospettire >>. Gabriele non chiese altro e anche Davide rimase in silenzio.
Quell’invito gli aveva messo strani pensieri nella testa: per quale motivo la madre aveva invitato Nicola Giuliani, suo fratello, e come mai quell’uomo tanto orgoglioso aveva accettato? Davide ricordò che cinque anni fa suo zio si era allontanato dalla famiglia Campana rifiutandosi di aiutarli, arrivando anche a disconoscerli come suoi parenti. Avvolto da quei pensieri, gli tornarono alla mente parole di disprezzo uscite dalla bocca di quell’uomo.
Come aveva potuto accettare?
Perché aveva detto di sì alla madre?
Quei pensieri vennero cancellati dal rumore che emise la porta dello studio in cui si trovavano i due giovani.
<< Avanti! >> esclamò Gabriele Acquaviva. La porta si aprì ed entrò un giovane operaio che, dopo aver fissato e salutato Davide Campana si tolse il basco e si volse a Gabriele con voce tremante << Signore, è arrivato il terzo viaggio di uva >>
<< Bene, grazie ragazzo, puoi andare >>. Il giovane uscì salutando e Davide allontanatosi dalla finestra si avvicinò all’amico per congedarsi.
<< Ti lascio al tuo lavoro, il mio finisce qui >> mormorò sorridendo e porgendogli la mano. Gabriele, allungando la sua e fissandolo negli occhi, si accorse che brillavano e il colore contrastava con quel nero corvino dei capelli, così, prima di salutarlo, disse << Davide, che ne diresti se domenica andassimo a teatro? Danno un concerto di Chopin. >>
<< Va bene >> rispose l’amico sorridendo << A domenica, allora >>. Detto questo si congedò e ritornato in carrozza ordinò al cocchiere di fare un giro per le campagne, e fu un giro breve. Davide non amava ritornare presto a casa sua, ma quel giorno avrebbe dovuto farlo perché aveva un appuntamento con il signor Roselli per la paga e poi doveva andare in banca per depositare il denaro. Fece capolino dal finestrino della carrozza e ordinò al cocchiere di condurlo alla tenuta. Il cocchiere tirate le redini ai cavalli li fece tornare in dietro.
A casa, Campana trovò tante cameriere affaccendate nello spolverare l’intero palazzo, le quali, quando videro il padrone si fermarono per salutarlo. Davide ricambiò con freddezza e ordinò a una di loro di avvisare sua madre che desiderava parlarle privatamente nello studio.
La donna non lo fece attendere e quando entrò nella stanza, trovò suo figlio difronte alla vetrata,
<< Mi cercavi Davide? >>
<< Stavo pensando… >> disse il giovane girandosi e andandosi a sedere dietro la scrivania, in mano reggeva un sigaro << mi è sembrato molto strano questo vostro invito nei confronti di vostro fratello >>
<< Be, è da tanto tempo che non ci vediamo, e allora… >>
<< Sbaglio, o fu lui a voler rompere i rapporti con questa famiglia? >> la interruppe Davide << Se non ricordo male, le sue parole furono queste “La famiglia Campana non è degna di noi Giuliani” >>
<< Davide… io… >> balbettò la madre abbassando la testa
<< No, madre. Non prendetelo come un rimprovero. So che è sempre vostro fratello, e so anche che ora la situazione economica della famiglia Campana permette di far riavvicinare i rapporti alla famiglia Giuliani >> continuò lui appoggiando il sigaro su un posacenere di cristallo << sarò sincero con voi. A colazione ho accettato perché per un attimo, ho visto i vostri occhi splendere di gioia, ma mentre ero da Acquaviva, ho pensato, e i pensieri mi hanno riportato ricordi dolorosi per me e per voi. Io non scorderò mai, come vostro fratello ci ha trattati nel momento del bisogno e come vi ha trattata quando ha scoperto quello che vostro marito aveva fatto >>. Davide fissò gli occhi della madre e si accorse che erano lucidi e rossi, si avvicinò a lei e le accarezzò il volto, Clara appoggiò la sua mano su quella calda del figlio e la premette sul volto chiudendo gli occhi e facendo cadere una lacrima che bagnò l’indice del giovane il quale con voce più serena continuò << Ma se voi avete dimenticato, allora anche io dimenticherò? >>. Lasciò il viso della madre e si congedò uscendo dallo studio.
Clara Giuliani, rimase seduta in silenzio ripensando alle affettuose parole del figlio. Doveva molto a quel ragazzo che aveva abbandonato la sua adolescenza per dar posto al meraviglioso uomo che era diventato affrontando numerosi sacrifici per tenere alto il nome dei Campana. Anche se il padre aveva commesso quell’atto vergognoso, Davide non aveva mai rinnegato quel cognome, in cinque anni lo aveva innalzato e reso importante. No, Clara non aveva dimenticato le orrende parole che le aveva rivolto suo fratello, ma ormai, aveva il desiderio di dissipare ogni rancore e di cancellare i brutti ricordi.
   
 
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