Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: saitou catcher    22/07/2019    3 recensioni
[Warning: rischio spoiler per chi segue solo l'anime]
“Chi ho ucciso esattamente?”
Ci volle qualche secondo prima che il senso di quelle parole penetrasse a fondo nel suo cervello. Levi scoprì di non essere in grado di muoversi, di non essere in grado di pensare a nulla che non fosse il battito rallentato del cuore dentro il suo petto, ogni tonfo che riverberava dentro le tempie come un colpo di cannone. Gli parve che il suo corpo galleggiasse nelle sabbie mobili quando finalmente riuscì a voltarsi e a fronteggiare Zeke che lo fissava, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, gli occhiali tramutati in una coppia di dischi baluginanti dai barbagli del fuoco.
“Che cosa hai detto?” ribatté, atono.
“È da quando ci siamo affrontati a Shiganshina che ho capito che non vedi l'ora di avere la rivalsa su di me” Zeke piegò la testa verso una spalle, le labbra strette come se fosse assorto in una qualche riflessione. “ [...] Per cui, te lo chiedo di nuovo: chi ho ucciso, esattamente?"
Nel cuore della notte, Levi e Zeke si trovano ad affrontare argomenti scottanti.
[Manga!Verse; Implied Levi/Erwin]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi Ackerman, Zeke Jaeger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Capitano, abbiamo appena terminato il giro di perlustrazione. Sembra che tutto proceda come da programma.”

Era talmente assorto nei suoi pensieri che sussultò quando la voce della recluta gli raggiunse l'orecchio, le mani che già scattavano ai fianchi a stringere l'impugnatura delle lame. Riuscì a fermarsi a metà del movimento, battendo le palpebre per ricordare a sé stesso dove si trovava e cosa stava facendo, e solo quando fu sicuro di aver riacquistato pienamente il controllo della situazione si voltò a fronteggiare i due soldati che erano appena rientrati dal turno di ronda e che adesso lo fissavano senza poter nascondere del tutto lo sconcerto.

“Tutto bene, signore?” si azzardò a chiedere uno dei due, scambiando un'occhiata in tralice con il compagno. “Ci sono forse problemi?”

“No” rispose Levi, in fretta, forse troppo in fretta. Con un sospiro sollevò una mano e si massaggiò stancamente la radice del naso, tentando di ignorare la vocina in fondo alla sua testa che sussurrava malignamente che stava cominciando a chiedere troppo al suo corpo, che di questo passo sarebbe crollato, se quanto prima non si fosse concesso una pausa. Non era il momento di indulgere in simili riflessioni. “Se qui a terra non ci sono movimenti, allora andate a dare il cambio agli uomini di guardia nelle postazioni sugli alberi. Da quel che mi avete detto, è improbabile che almeno per stasera riceveremo visite.”

Colse l'esitazione nei loro sguardi prima ancora che quello che già gli aveva rivolto la parola lo facesse di nuovo, lo sguardo che contro la sua volontà andava ad appuntarsi alla figura che sedeva imperturbabile alle spalle di Levi. “Ne è davvero sicuro, Capitano? E come intende fare con il... prigioniero?”

Levi ruotò il capo per osservarlo a sua volta, una figura a malapena abbozzata nel bagliore guizzante descritto dalla luce del fuoco, il viso ridotto ad un'accozzaglia di ombre e linee che si contorcevano e si alternavano secondo il capriccio delle fiamme, perfettamente immobile se non fosse stato per il movimento pigro e regolare con cui le dita voltavano le pagine del volume che teneva tra le ginocchia, l'indice che scorreva rapido la massa di caratteri tracciati con l'inchiostro. A guardarlo così, sprofondato nella lettura come se per lui non esistesse nient'altro, Zeke Jaeger dava tutto meno che l'impressione di un uomo che sulle spalle portava il peso di centinaia di vite spezzate; dietro le lenti scintillanti degli occhiali gli occhi azzurri scorrevano il testo con espressione intenta e allo stesso tempo vacua, quasi che nulla di quello che lo circondava potesse interessarlo, e probabilmente era davvero così. Levi dubitava che sarebbe riuscito a dormire sonni tranquilli, altrimenti.

Ma non durerà a lungo. Non se io posso ancora fare qualcosa.

“A sorvegliare lui basto io” non si accorse di aver formulato la frase in un mormorio felino, gli occhi che non lasciavano un istante la figura del prigioniero. “Fate come vi ho detto, adesso. Se dovessero esserci problemi, vi chiamerò.”

Non si curò di attendere che i soldati eseguissero le sue istruzioni; con passo lento superò la cerchia di alberi e qualcosa in lui diede un guizzo di amara soddisfazione quando Zeke trasalì nel vederlo arrivare, le spalle che scattavano all'indietro in una postura che tradiva tutta la sua tensione. Ogniqualvolta Levi si trovava nelle vicinanze, l'ospite del Gigante Bestia sembrava perdere, anche se solo impercettibilmente, parte di quella strafottente sicurezza che ostentava nella maggior parte delle occasioni, e per il Capitano era un piacere più sottile di quanto avrebbe mai potuto immaginare  scorgere il terrore agitarsi sul fondo del suo sguardo, udire reminescenze della prima volta in cui si erano incontrati nel modo nervoso in cui la mano di Zeke saliva a strofinarsi la mascella, nella velocità convulsa con cui il suo sguardo prendeva a sondare l'ambiente, forse alla ricerca di un'improbabile via di fuga. Considerato quello che la sua mente avrebbe desiderato fare di quel bastardo barbuto e di ogni singolo osso del suo corpo, terrorizzarlo non appena gliene si presentava l'occasione gli sembrava un risarcimento minimo per l'incomodo di dover continuare a tenerlo in vita- di dover persino contribuire alla sua protezione, come se di merda da ingoiare non ne avesse già ricevuta abbastanza, nel corso della sua esistenza.

“Non ne hai avuto abbastanza di leggere, per stanotte?” lo apostrofò con voce sprezzante. “Vedi di andare a dormire, scimmione, e cerca di non respirare troppo rumorosamente. Potrei decidere che non ci servi con la mascella intatta.”

Si chinò a raccogliere alcuni ciocchi dal mucchio radunato vicino al falò e con un gesto secco li gettò nel cuore del fuoco, osservandoli esplodere e dissolversi in una vampata giallastra. All'altro lato del focolare Zeke aveva riposto il suo libro per appuntare la sua attenzione su di lui, e Levi dovette puntare il volto in direzione degli alberi circostanti, le unghie che affondavano spasmodicamente nella carne dei palmi, cercando di ignorare l'ondata rossastra che sentiva radunarsi ai limiti del suo campo visivo, l'impulso selvaggio di gettarsi sull'uomo che si trovava di fronte e lacerarlo fino a che del suo viso non restasse neanche la più piccola traccia, neppure quella ridicola barbetta che si arrampicava a coprirgli gli zigomi. Aveva creduto che con il tempo sarebbe stato più facile abituarsi alla presenza di Jaeger, che a contatto con la forza dell'abitudine la furia omicida avrebbe perso forza, ma la verità era che si era fatto solo più bravo a nasconderla: poteva ancora sentirla, un bolo rovente racchiuso tra sterno e polmoni, un retrogusto urticante di bile che gli colmava la gola e si faceva ogni istante più acre, accumulandosi tra i denti fino al momento in cui gli sarebbe diventato impossibile respirare. Aveva resistito, fino a quel giorno, e avrebbe resistito per molti ancora- ma in fondo non desiderava sapere quando la fragile barriera che aveva imposto al suo autocontrollo sarebbe ceduta, perché in realtà lui voleva che cedesse. Non c'era stato nulla che avesse bramato con altrettanta intensità da che riusciva a ricordare. Perché ogni respiro che Zeke Jaeger tirava su questa terra era un minuto in più in cui la morte di Erwin si rivelava un'assurdità priva di senso, un minuto in più in cui Levi doveva accettare di aver mandato a morire lui e tutti i loro compagni senza che il loro sacrificio avesse uno scopo, un minuto in più in cui mancava alla promessa che gli aveva fatto- l'ultima cosa che Erwin aveva sentito da lui prima di abbandonarlo. E questo, più di ogni altra cosa, era il pensiero che alimentava il veleno che sentiva scorrergli sottopelle e lo teneva sveglio la notte, immaginando tutto ciò che avrebbe fatto al bastardo che gli sedeva di fronte nell'istante  in cui finalmente sarebbe stato libero di ottenere la sua vendetta.

Ma questa notte, sfortunatamente, era l'ennesima notte in cui avrebbe dovuto fingere che proteggere quel maledetto assassino gli andasse a genio, così Levi trasse un profondo respiro e si sedette a sua volta, poggiandosi una delle lame sulle ginocchia per lucidarla, tentando di ignorare gli occhi cerulei che al di là delle lenti si mantenevano fissi su di lui mentre passava il fazzoletto su ogni minima scalfittura.

Dovette trascorrere almeno una decina di minuti prima che si rendesse conto che Jaeger non si era mosso da dove si trovava e che apparentemente non aveva nemmeno intenzione di smettere di squadrarlo. Irritato, Levi sollevò la testa e dardeggiò l'altro con la più assassina delle sue occhiate, cercando di non ricordare quanto fosse stato bello affondare l'acciaio nella bocca sogghignante di quel rifiuto e vederlo sanguinare, troppo intento a sbavare persino per implorare pietà. Ci sarebbe stato tempo per replicare, un giorno- ma purtroppo quel giorno non era adesso.

“Sei diventato sordo, Jaeger?” sibilò. “Ti ho detto di andare a dormire. O vuoi qualcuno che ti canti la ninnananna?”

“Andare a dormire con solo te che mi sorvegli?” Zeke inarcò un sopracciglio. “Non ci tengo ad essere sgozzato nel sonno, grazie.”

“Se credi veramente che ti ucciderei mentre stai dormendo, allora sei più stupido di quanto pensassi” replicò Levi. “Voglio godermelo, il momento in cui ti cagherai nei pantaloni.”

“Sembri molto convinto che prima o poi quel momento arriverà.”

“Forse meno prima che poi- ma arriverà. E se c'è una cosa che ho imparato in questi anni, è la pazienza.” Levi si mise in piedi e gli diede le spalle, le dita che si serravano con tanta forza sull'elsa della spada da rendere le nocche bianche. “Vai a dormire, biondino. Non so quando altro avrai occasione di sentirti così tranquillo.”

Si avviò in direzione della cerchia di alberi che delimitava il campo, più per stabilire una distanza significativa tra lui e il prigioniero che per altro, concentrandosi sul tonfo prodotto dai suoi stivali sull'erba inumidita, la presa sulle lame che si rilassava appena al contatto della brezza contro la pelle bollente del viso. Non aveva percorso che pochi metri quando la voce di Jaeger lo colpì alla schiena, inchiodandolo lì dove si trovava.

“Chi ho ucciso esattamente?”

Ci volle qualche secondo prima che il senso di quelle parole penetrasse a fondo nel suo cervello. Levi scoprì di non essere in grado di muoversi, di non essere in grado di pensare a nulla che non fosse il battito rallentato del cuore dentro il suo petto, ogni tonfo che riverberava dentro le tempie come un colpo di cannone. Gli parve che il suo corpo galleggiasse nelle sabbie mobili quando finalmente riuscì a voltarsi e a fronteggiare Zeke che lo fissava, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, gli occhiali tramutati in una coppia di dischi baluginanti dai barbagli del fuoco.

“Che cosa hai detto?” ribatté, atono.

“È da quando ci siamo affrontati a Shiganshina che ho capito che non vedi l'ora di avere la rivalsa su di me” Zeke piegò la testa verso una spalle, le labbra strette come se fosse assorto in una qualche riflessione. “Mi sono chiesto spesso quale fosse la ragione di questo tuo odio nei miei confronti. All'inizio credevo fosse semplicemente dovuto al fatto che combattevamo su fronti avversi... ma quando ci siamo rincontrati, a Liberio, ho visto come mi guardavi, ho visto come ti fosse difficile trattenerti dal farmi a pezzi. Più avevo a che fare con te, più ci pensavo, più mi rendevo conto che il tuo desiderio di uccidermi non ha nulla a che fare con Marley, o Eldia, o con tutto quello che abbiamo affrontato in questi ultimi anni. No, la ragione del tuo rancore è personale. È qualcosa che ho fatto a te che alimenta a tal punto il tuo rancore nei miei riguardi. Per cui, te lo chiedo di nuovo: chi ho ucciso, esattamente?”

Levi aveva la sensazione che l'interno della sua bocca si fosse tramutato in carta vetrata. Aprì le labbra senza che ne uscisse alcun suono, il respiro che si era trasformato in un filo strozzato, le viscere che di contro si contorcevano e si avviluppavano come uno straccio bagnato, salendo e salendo fino a colmargli il petto. Avrebbe dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma l'interno della sua mente si era fatto bianco- un bianco cupo e accecante pervaso da un insistente ronzio.

“Che diavolo vai dicendo, idiota?” si risolse infine a gracchiare, serrando i denti per arrestare il reflusso di bile. “Da dove le tiri fuori tutte queste stronzate?”

“Doveva essere qualcuno di molto importante per te” Zeke seguitò a discorrere come se non lo avesse nemmeno sentito, gettando un altro legno all'interno del fuoco “Parecchio, se persino a distanza di anni non riesci a rinunciare alla tua vendetta. Non ti sto giudicando, sia chiaro- la mia è pura e semplice curiosità. Che cosa ho fatto perché il Soldato più forte dell'Umanità, niente di meno, desideri annientarmi?” Sulle ultime parole, i suoi occhi si piantarono dritti in quelli di Levi, quasi incolori nel lucore delle fiamme. “Chi ho ucciso, a Shiganshina?”

Levi non si era accorto di avere trattenuto il fiato. Se ne rese conto solo quando fu costretto a lasciarlo andare, un rantolo strozzato perfettamente udibile nel silenzio che li circondava, rotto solo dal crepitare dei ciocchi e dallo stormire del vento tra le fronde. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito. Non riusciva a credere che, di tutti, quell'uomo avesse il fegato di starsene lì come se niente fosse, ricambiando il suo sguardo mentre parlava di tutte le vite che aveva distrutto a Shiganshina, di tutto il sangue che aveva sparso, alla stessa stregua con cui avrebbe raccontato un incidente di poca importanza.

Avrebbe dovuto dire qualcosa, gli ripeté con insistenza la sua mente- non avrebbe dovuto rimanere piantato lì come un dannato idiota, a fissare Zeke come se si fosse tramutato in gigante, lasciando che il silenzio scorresse e si gonfiasse col trascorrere dei secondi. Avrebbe dovuto dire qualcosa, ma tutto quello a cui riusciva a pensare in quel momento era Erwin- Erwin, che andava alla morte con il suo sogno infranto nello sguardo, Erwin che gli era stato riportato spezzato e inerte come una bambola rotta, Erwin che aveva condotto tutte quelle reclute alla morte- tutti quei bambini- e senza che nulla di tutto questo avesse un senso.

Non avrebbe saputo dire con esattezza cosa fu a riscuoterlo- forse un soffio di vento appena più forte degli altri, forse il verso di qualche uccello lontano. Di qualsiasi cosa si trattasse, agì su di lui con la forza di uno schiaffo, spazzando via ogni memoria di Shiganshina e lasciando solo furia al loro posto, fredda e viscerale.

“Perché vuoi saperlo?” ringhiò, scagliando ogni sillaba come fosse un coltello. “Da quando te ne importa qualcosa delle persone che annienti per raggiungere i tuoi obbiettivi?”

“Te l'ho detto: curiosità” Zeke non sembrava spaventato, questa volta, anzi, stava persino sorridendo. “Che c'è, Capitano, non vuoi rispondere? Hai paura di quello che potrebbe uscire fuori?”

La tentazione di usare la lama che ancora teneva in mano per allargare il ghigno di quello stronzo fino alle orecchie era forte, incredibilmente forte, ma Levi si costrinse a tenere le braccia lungo i fianchi e a ricacciare indietro il pulsare sordo che gli si era acceso al centro della gola. Un giorno avrebbe inciso sulla pelle di Zeke tutti i nomi di coloro che aveva sterminato... ma non oggi.

“Erano uomini migliori di te” sussurrò allora con voce piatta. “È l'unica cosa che  deve interessarti.”

Fece per dargli nuovamente la schiena ed allontanarsi, ma dietro di lui Zeke rise... e nella quiete della foresta quel suono esplose nelle orecchie di Levi, ripetendosi e rifrangendosi in una serie di staffilate che sferzarono direttamente il suo cervello, ciascuna più intensa della precedente.

“Davvero?” Zeke parlò prima che Levi potesse reagire, ogni parola intrisa di disprezzo. “Eppure mi ricordo com'è stato facile circondarvi, a Shiganshina... come siete arrivati boriosi e trionfanti, convinti di avere la vittoria in pugno, per poi ritrovarvi dispersi sul campo di battaglia come bambole rotte, schiacciati da qualche manciata di pietre. Dimmi, Capitano, vi siete sentiti migliori di noi, allora?”

Levi ruotò su sé stesso così in fretta da trasformare la foresta intorno a lui in un guizzo verdastro, la lama adesso saldamente stretta nel pugno serrato, il sangue dentro di lui che ruggiva l'urgenza di prendere il prigioniero e torturarlo fino a che non avesse avuto nemmeno più la forza per gridare. L'avrebbe fatto, stava per farlo- ma senza che potesse muovere un passo, Zeke riprese a parlare, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso nel fuoco, come un qualche fottuto filosofo, e non come il bastardo traditore che era... che non sarebbe stato ancora per molto, se solo avesse seguitato su questa strada.

“Per non parlare della fine, poi” Zeke si girò a scrutarlo con un angolo della bocca storto in quello che poteva essere un sorriso, ma che nella luce mutante del falò somigliava più alla smorfia di un teschio. “Quando me li sono visti arrivare addosso, intenti a urlare come demoni con quei fumogeni in mano, non riuscivo a crederci. Una carica suicida... di chi diamine è stata l'idea?”

Al diavolo Hanji. Al diavolo gli ordini, al diavolo Eren, al diavolo tutto. Se pronuncia soltanto un'altra parola, finirò quello che ho cominciato...

E intanto Erwin si stagliava di nuovo nella sua mente, come l'aveva visto negli ultimi istanti prima di separarsi, prima di mandarlo a morire, mentre arringava ragazzini terrorizzati con la morte negli occhi, mentre saliva a cavallo e nemmeno una volta si girava nella sua direzione- sapevano entrambi a cosa andavano incontro, non c'era più nulla che dovessero dirsi. Gliel'ho promesso. Gliel'ho promesso.

Dovette deglutire più volte prima di riuscire a parlare, e anche allora la voce gli uscì aspra e rauca, le parole che grattavano contro le labbra. “Hai avuto il tuo momento, Jaeger” non sapeva nemmeno lui che cosa stesse dicendo. “Vattene a dormire, prima di tirare troppo la corda.”

Non pensava davvero che l'avrebbe fatto, e il suo intuito non lo deluse. Zeke esplorò il suo volto come se fosse alla ricerca della soluzione di un enigma particolarmente complicato, ma persino da dove si trovava Levi poteva percepire che era soddisfatto... che si stava divertendo un mondo, proprio come allora mentre tirava quei massi.

“Come immaginavo” sussurrò la scimmia, apparentemente a sé stesso. “Sembra che io abbia colpito nel segno. Dev'essere stata dura per te, Capitano- essere il Soldato più forte dell'Umanità e non poter salvare le persone a cui si tiene. Ma non credo che tutto questo abbia a che fare con il Corpo di Ricerca, o mi sbaglio?” raccolse un legno da terra e lo usò per ravvivare, raddrizzandosi intanto gli occhiali sulla radice del naso. “Come ho detto prima, qui non si tratta semplicemente dell'aver eliminato i tuoi uomini... c'è qualcosa di più personale, in ballo. Qualcosa che ti tormenta ancora adesso.”

“Vuoi che ti dica che cosa tormenterà te, se non ti decidi a chiudere quella fogna?”

“Perché non vuoi dirmelo?” lo provocò Zeke, calmo. “Non vuoi sfogare la tua rabbia su di me? Non vuoi rinfacciarmi tutto il dolore che ti ho causato?”

Non me ne frega un cazzo di rinfacciarti il mio dolore, si sorprese a pensare Levi, tutto quello che voglio è ucciderti. Ma non lo disse. Sarebbe morto strangolato con le sue stesse viscere prima di rivelare qualsiasi cosa a quell'essere disgustoso.  Se avesse ceduto adesso, se lo avesse ucciso, sarebbe stato come dargliela vinta- e questa era l'unica cosa che Levi poteva sopportare meno del pensiero di lasciarlo in vita. Per cui, premette i denti gli uni contro gli altri fino a sentirli scricchiolare e costrinse il suo corpo a percorrere la distanza che lo separava dal falò, a fermarsi appena al limite del cerchio di luce disegnato dalle fiamme. Zeke si era irrigidito quando lo aveva visto avvicinarsi, e Levi non poté fare a meno di trarne un'acida soddisfazione.

Soddisfazione di breve durata, tuttavia, perché l'altro riprese a parlare, sempre con quello sguardo fastidiosamente noncurante che induceva a chiedersi se pensasse una sola parola di quello che stava dicendo... se pensasse qualcosa, in generale.

“Sai, nei due mesi che abbiamo trascorso aspettando il vostro arrivo a Shiganshina, Berthold e Reiner hanno avuto modo di raccontarmi molte cose” fu quello che disse. “Mi avevano messo in guardia da te.”

Levi si concesse una risatina arida. “Avresti dovuto ascoltarli.”

“Ma mi hanno parlato anche di altri a cui avrei dovuto prestare attenzione” Zeke si sfilò gli occhiali e iniziò a strofinarli sui pantaloni. “Tra cui quello che all'epoca ricopriva la carica di Comandante del Corpo, l'uomo che all'ultimo momento era riuscito a sottrarre loro Eren, nonostante il suo braccio fosse appena stato divorato da un Gigante. Un individuo notevole, senza dubbio.”

Avrebbe dovuto aspettarselo, perché era chiaro fin dall'inizio che sarebbero arrivati a quel punto, e allora perché ogni singola parola di quella bestia si rigirava dentro di lui come un uncino arroventato? Perché di nuovo non si sentiva più in grado di respirare?

“Anche Eren mi ha parlato di lui” Zeke inforcò le lenti e batté le palpebre per riabituare gli occhi alla sensazione. “Di come tu lo avessi difeso quando si era presentata la necessità di scegliere a chi passare il Colossale. Se non mi sbaglio, il suo nome era...”

No” Levi ringhiò prima di riuscire a trattenersi, il bosco che veniva ricoperto da un velo rosso “non farlo. Non ti azzardare.”

Comprese di aver commesso un errore nel momento stesso in cui l'ultima parola aveva lasciato la sua bocca, ma a dire la verità non avrebbe potuto importargli di meno. Il solo pensiero del il nome di Erwin pronunciato dalle labbra dell'uomo che l'aveva ucciso era sufficiente a instillargli il desiderio di urlare- e ridurre Zeke a brani fino a non renderlo più riconoscibile.

Il bastardo, intanto, lo fissava come se avesse appena vinto al gioco d'azzardo, un sorriso storto che si allungava in mezzo alla barba, le iridi accese da un bagliore maligno. Levi si costrinse a distogliere lo sguardo, a posarlo ovunque meno che sulla sua figura, a inalare aria come se non gli stesse bruciando i polmoni, come se le ossa non gli stessero bucando la pelle dalla forza con cui stringeva le spade.

Gli ho promesso che ti avrei ucciso, era l'unico pensiero su cui si riuscisse a concentrare. Gliel'ho promesso.

È di lui che si tratta, vero?” il sussurrò di Zeke sembrò provenire da molto lontano. “È per lui che stai facendo tutto questo.”

Non doveva ascoltare, non voleva ascoltare, ma era come se non potesse farne a meno, come se un qualche bizzarro incantesimo lo tenesse inchiodato dove si trovava, incapace di produrre obiezioni.

“Tanto livore, tanta devozione, e tutto dedicato a un singolo uomo” Zeke scosse la testa con aria di commiserazione. “Ma sei un Ackerman, in fondo. Immagino che la cosa non dovrebbe stupirmi.”

“E questo cosa cazzo vorrebbe dire?” insorse Levi, voltandosi di scatto nella sua direzione.

“Oh, niente di cui tu debba preoccuparti” Zeke scrollò le spalle con un risolino. “Non più, perlomeno. Dimmi, quest'uomo di cui parliamo era davvero così importante per te?”

“Adesso basta” Levi indietreggiò di scatto, prese a camminare in direzione degli alberi, ogni passo che aggrediva violentemente il terreno, ogni muscolo scosso da un tremito. “Vado a chiamare uno degli altri. Ne ho fin sopra le orecchie delle tue stronzate.”

“Lo amavi, per caso?” Zeke alzò la voce su queste parole, abbastanza perché anche i soldati appostati lì in alto potessero sentirlo. “È davvero così banale la verità? Dopo quattro anni ancora combatti in nome di un uomo che ormai non sarà altro che polvere?”

Un attimo prima, Levi stava per raggiungere il tronco di un acero- e un attimo dopo il suo corpo si muoveva sull'onda del puro istinto e non sapeva quello che avrebbe fatto fino quando non udì lo schianto secco del suo stivale che impattava contro la mascella di Zeke, il tonfo del suo corpo che rovinava sull'erba. Gli fu sopra prima ancora di rendersi conto di quello che era appena successo, la lama che affondava nella gola di Zeke abbastanza da disegnarvi un rivolo di sangue, e quando gli premette un piede sul petto e sentì le ossa scricchiolare sotto il suo peso fu come se il sangue gli si fosse incendiato nelle vene, come se finalmente qualcosa fosse riuscito ad andare per il verso giusto.

“Volevi parlare, biondino?” ruggì, chinandosi per quanto glielo permetteva la spada tesa tra di loro, gli occhi che seguivano avidamente le linee rosse che scorrevano fino alle spalle. “Bene, parliamo, allora. In fondo, questa situazione dovrebbe esserti familiare, o sbaglio?”

Sotto di lui, Zeke aveva gli occhi dilatati fino all'inverosimile, le labbra distorte in un grido di orrore, ma a lasciare la sua gola erano solo gemiti strozzati mentre senza successo tentava di liberarsi dal peso di Levi, il volto che mano a mano perdeva sempre più colore; Levi vide tutto questo, lo vide e se ne lasciò riempire come un uomo che fosse rimasto senza acqua nel deserto, perché era giusto che fosse così, perché questo  era esattamente il modo in cui le cose avrebbero dovuto essere.

“Vuoi sapere la verità?” esalò, piantando lo sguardo nel suo. “Vuoi sapere chi hai ucciso esattamente?”

Non gli diede il tempo di rispondere: spinse leggermente più a fondo la punta della lama e Zeke si dibatté con più forza, annaspando come un pesce fuor d'acqua, impossibilitato dalla pressione sul petto ad emettere niente più che gorgoglii incoerenti. Levi rise, un suono distorto e arrugginito, che si arrampicò sulle cime degli alberi fino a perdersi tra le fronde.

“Il suo nome era Erwin” sussurrò. “Erwin Smith. E la verità è che tu non hai ucciso nessuno, bastardo. Ha scelto lui di andare a morire perché sapeva che così facendo ti avrebbe sconfitto... perché sapeva che l'ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato attirarti in una trappola in cui sei cascato come l'ultimo degli idioti. E sappiamo entrambi che se non fosse stato per quel mostro a quattro zampe che ti ha tratto in salvo all'ultimo momento a quest'ora saresti già concime per i vermi.”

Scostò la lama dal collo di Jaeger e lo vide rifiatare, il viso ridotto a una maschera contorta ricoperta di sudore, la bava che si accumulava agli angoli delle labbra spalancate, ma si trattò solo di un istante, il tempo che Levi spostasse l'acciaio in prossimità del cuore, solcando la pelle col filo dell'arma fino a che non vide di nuovo sbocciare il rosso.

“Ma questa volta il tuo amico dalla bocca larga non c'è” quasi cantilenò, mortalmente calmo, affascinato dal terrore assoluto che scorgeva nelle pupille di Zeke. “Questa volta, a proteggerti ci sono soltanto io... e se un giorno dovessi decidere che ne ho avuto abbastanza di Marley e di Eldia e di tutte queste stronzate, a quel punto tu che faresti?”

Mosse di nuovo la spada fino a posizionarla all'altezza della bocca di Zeke, ricordando, ricordando il momento in cui era stato vicino a schiacciarlo, appena una spinta più a fondo e avrebbe vendicato la morte di Erwin.

“Dove correresti a nasconderti, Zeke, se volessi fuggire da me? Dove ti rifugeresti, se io dovessi decidere che hai esaurito la tua utilità?”

Avrebbe potuto continuare, se lo avesse avuto- ma dalle cime degli alberi cominciava a udire dei movimenti, le voci dei soldati che si stavano approssimando, probabilmente preoccupati che potesse perdere il controllo. Non poteva più permettersi di giocare. Con un sospiro, Levi ritirò la spada e si mise in piedi, osservando con disprezzo i tentativi di Jaeger di risollevarsi, i suoi affannosi sforzi per riguadagnare aria. Improvvisamente non riusciva più a spiegarsi come questo patetico codardo fosse riuscito a fargli perdere il controllo.

“Per stavolta te la sei cavata” gli soffiò. “Ricordati quello che ti ho detto, casomai dovessi avere di nuovo voglia di chiacchierare.”

“Signore!” la recluta che aveva mandato di ronda gli atterrò accanto maldestramente, contemplando con occhio attonito la situazione. “Tutto bene, signore? Abbiamo sentito gridare, abbiamo pensato che il prigioniero stesse cercando...”

“Tutto sotto controllo” lo interruppe Levi. Rinfoderò la lama ancora rossa di sangue e girò sui tacchi senza rivolgere un ultimo sguardo a Zeke. “Occupatevi voi del prigioniero. Io vado a dare un'occhiata ai dintorni.”

S'inoltrò nella foresta senza sapere per quanto tempo, senza seguire nessuna direzione precisa. Proseguì fino a quando la luce del falò non fu più visibile attraverso l'intrico degli arbusti e l'unico suono udibile divenne il canto delle civette. Quando infine decise di fermarsi, non ricordava più che sapore avesse il godimento che aveva provato nel tormentare Zeke. Tutto quello che avvertiva era il freddo- e le parole di Jaeger che si insinuavano lentamente sotto la sua pelle, che si scavavano la  strada fino a prendere sede in un luogo da cui non sarebbe più riuscito a mandarle via, non importa per quanto tempo ci avrebbe provato.

(Dopo quattro anni ancora combatti in nome di un uomo che ormai non sarà altro che polvere)

Si lasciò cadere senza rendersene conto, appoggiò la fronte ad un tronco noncurante dello sporco e della sensazione ruvida della corteccia. In quel momento, avrebbe dato qualsiasi cosa per dormire e non sognare. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non sentirsi più vecchio, stanco, disancorato, per avere ancora qualcuno che gli indicasse la direzione.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per riportarlo indietro.

“Erwin” sussurrò.

Come poteva aspettarsi, a rispondergli fu solo il vento.

 
Salve a tutti, buon popolo di Efp!
Questa piccola shot senza pretese è nata dal fatto che, vagando su ArchiVe Of Our Own alla ricerca di storie interessanti da leggere, ho scoperto che la meravigliosa varietà di questo mondo offre anche storie in cui si descrivono interazioni romantiche tra Levi e Zeke; e dal momento che il solo pensiero mi causava inquietanti sommovimenti intestinali, ho deciso di fornire invece la mia versione del rapporto tra questi due personaggi e sopratutto di Zeke Jaeger... che è tutto, meno che l'antagonista che una serie del livello di SnK si meriterebbe. Non sono neanche sicura che si possa definire un cattivo: si tratta semplicemente di un finto idealista, completamente privo di umanità ed empatia, che ammanta ogni sua azione di roboanti giustificazioni di ordine superiore quando in realtà gode di ogni atrocità che commette, e si crogiola nel poter infliggere sofferenza a chi lo circonda, inebriato dal fatto di disporre di un potere che ben pochi a parte lui posseggono (considerato poi che il potere in questione è quello di tramutarsi in un gorilla fuori misura, io al posto suo volerei basso). Si atteggia a grande stratega e manipolatore, ma scade nel patetivo con tale frequenza che ad un certo punto odiarlo si trasforma in abuso di incapace.
(... dite che si capisce che non mi piace Zeke?)
Ad ogni modo, spero che la storia vi sia piaciuta; e se casomai qualche fan di Zeke dovesse transitare, sarebbe interessante avere la sua opinione al riguardo (del resto, un giorno qualcuno dovrà anche illustrarmi il fascino della Levi/Eren).
Un bacio a tutti,
Saitou

  
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