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Autore: daniverse    22/07/2019    2 recensioni
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[ ... ] Shade si voltò, scrutandola con evidente sorpresa. Rein pensò di prenderlo per mano e fuggire via, rintanarsi in un angolo della sala lontano dagli occhi della sua amata gemella e fermare ancora una volta il tempo, tra le sue braccia. Ma scacciò il pensiero. Prevalse l’amore, quello vero, e sorrise.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Felici e contenti

La sala è affollata, calda e radiosa sotto i candelabri in vetro, come ci si aspetterebbe da un matrimonio. Mentre i soldati ridono sguaiatamente vicino al buffet – l’alcol genera un fascino che Rein ammette di non comprendere – le dame volteggiano intorno a Fine come api in un prato fiorito e sì, sua sorella brilla come il sole. Forse è l’abito bianco, i capelli ribelli insolitamente raccolti in una crocchia bassa, o il bouquet di girasoli che lancerà a momenti. È stata Rein a confezionarlo, sapeva quanto Fine ci tenesse; dopotutto è stata lei a chiederle di farle da damigella d’onore, quindi come non acconsentire al candido e felice entusiasmo di una novella sposa, della sua amata gemella?
La torta entra in scena in tutta la sua magnificenza tra gli applausi degli ospiti. Rein stringe il bicchiere tra le mani: fra poco è il suo momento. Ormai il discorso non rappresenta più un problema, l’ha ripetuto così tante volte da poterlo recitare anche nel sonno; e, davvero, non vede l’ora di dedicarlo agli sposi. Dunque spalle dritte, un sorriso in volto – e Rein emerge dalla folla con la sicurezza che tutti si aspettano dall’abbagliante primogenita.
All’improvviso il calice diventa l’ultimo appiglio prima delle vertigini. Se durante la cerimonia le sue lacrime potevano confondersi per gioia pura e felicità di seconda mano, ora rischiano di tradire quello che è solo lo sciocco rimpianto di un amore fraterno. Perché Shade è così bello nella sua uniforme blu, che contrasta con il bianco etereo e innocente di Fine, e dal modo in cui la guarda non è difficile capire che quel sentimento è altresì ricambiato. Quell’ardore provato fin dal primo momento brucia ancora tra le ceneri, ma Rein nasconde una lacrima e solleva comunque il bicchiere.
«Un brindisi allo sposo» è la prima dedica che le sfugge dalle labbra, ma nessuno intorno a lei nota il tremolio del vino nel calice. I soldati fanno di quell’invito una eco gagliarda che dopo qualche istante sfuma nella sala; risuona solo il tintinnio cristallino di un giuramento inviolabile. Rein lancia uno sguardo fugace a Shade, sorridendo a labbra strette quando il baluginio dei suoi occhi scuri, che l’ha gettata nell’abisso senza fine, sparisce.
È così che stanno le cose, dopotutto.
«Alla sposa!» esclama subito dopo, riservando a Fine una nota più alta delle altre che le dame subito si affrettano a imitare. La presenza di quell’eco è rassicurante, vibra e le dà forza. «Dalla tua cara sorella», continua, «che rimarrà sempre al tuo fianco. Alla vostra unione – alla rivoluzione!»
I soldati fischiano, gioiscono all’accenno patriottico e il braccio di Shade si stringe appena attorno alla vita sottile di Fine. Sorride ma non la guarda. Rein fa altrettanto, rivolgendosi alla folla.
«Un brindisi agli sposi» conclude abbassando il bicchiere. Una lacrima fugge lungo lo zigomo, morendo tra le dita tremanti. Alla vista sua sorella corre ad abbracciarla, e Rein non la merita non la merita non la merita. Ma Fine ride di gioia, ride della gioia che crede lei stia provando e non ha tutti i torti. Le lettere, il rossore sulle guance della gemella, le alzatacce fino a tardi con il cuore in gola per quelle risposte tardive e persino il fidanzamento – Rein ne è lieta, sì, in fin dei conti sua sorella non merita che il meglio. E Shade è il meglio.
Ma se solo sapesse…
Questa volta è lei a stringere Fine. Sarà dura separarsi da sua sorella, le mancherà tutto della parte di sé con la quale ha spartito il grembo materno e tutto quel che ne è seguito. I suoi sentimenti sono però irrilevanti, un’erbaccia che avrebbe dovuto sradicare sin dal primo germoglio. Dunque «Possiate sempre, sempre», e adesso è la fine; è la fine davvero, «vivere felici e contenti!» esclama per l’ultima volta.
La folla è in giubilo, sua sorella sorride, ed è tutto quel che conta.

Ha resistito per tutto il taglio della torta, è stata brava. Ha persino partecipato al lancio del bouquet, atterrato tra le mani di una graziosa damigella dai capelli dorati (non che Rein si sia realmente prodigata a conquistarlo, a dire il vero). Quando le chiedono dove stia andando, slittando in silenzio verso l’uscita, la sorridente risposta è un semplice «Oh, mi assento un attimo per rinfrescarmi».
Nessuno si insospettisce, anzi, a quanto pare il discorso della sorella della sposa ha commosso anche gli animi più festaioli. Rein abbandona la sala con le gonne tra le mani, scarpetta veloce sul tappeto scarlatto, e il vantaggio di organizzare un ricevimento nuziale nella propria casa è che solo i suoi abitanti saranno a conoscenza degli anfratti più segreti dove potersi nascondere indisturbati.
Rein raggiunge il corridoio del primo piano, scosta un pesante drappeggio dal suo posto vicino alla finestra e spinge con delicatezza una delle assi che ne formano il contorno. Quella adiacente si piega sotto la forza gentile di lei, rivelando uno stanzino originariamente progettato per qualcosa che Rein ancora ignora. Per fortuna è abbastanza ampio per ospitare anche l’abito che indossa, quindi vi ci entra senza problemi e, sistemata la tenda, socchiude le due tavole che le hanno permesso l’ingresso. Un singolo spiraglio di luce le attraversa il viso e Rein si appoggia alla parete murata, lasciando sfogo a quelle lacrime a lungo trattenute.
Così, con il lume delle candele distorto dalla tristezza, è facile perdersi in ricordi che rigirano il coltello in quell’organo rumoroso e scomodo che è il cuore. Ricorda quella notte come se la stesse ancora vivendo, ricorda le risate e i soldati e la musica. E naturalmente, Shade.
Quando si nasce in una famiglia abbiente è difficile non attirare le lodi di arrampicatori sociali e falsi amici. Di pericoli come questi Fine e Rein erano sempre state consapevoli, merito di un’educazione raffinata e una buona dose di “avventure”. Ma quella sera era diverso. Con la rivoluzione alle porte era raro concedersi il piacere di un ballo, specie durante la fredda stagione invernale; eppure nessun divieto era arrivato dai loro genitori, solo la raccomandazione di comportarsi come signorine a modo e fare ritorno per mezzanotte. Era un’occasione che avrebbe visto la partecipazione della crème de la crème della società americana: forse era quello il vero motivo dietro l’insolita tranquillità genitoriale. Persone raccomandabili, del loro stesso ceto. Più qualche soldato.
Come si scoprì a porte spalancate nella festosa sala da ballo, le truppe stazionate nei paraggi non se l’erano fatto ripetere due volte. I soldati contavano quasi il doppio dell’aristocrazia locale, suscitando la gelosia di fidanzati e il divertimento di vecchie dame civettuole. Rein, lasciata Fine in compagnia di un’amica comune e altrettanto poco avvezza agli eventi sociali, si era subito gettata nelle danze. Sapeva di non ballare in modo eccelso, ma quel che mancava in tecnica compensava in simpatia ed entusiasmo. Il suo amore per quel tipo di eventi era più che evidente, la faceva quasi risplendere nella sala riccamente addobbata.
Ballò per più di mezz’ora con soldati e nobiluomini, ininterrottamente, prima di concedersi un po’ di frescura in un angolo tranquillo del salone. Tra una giravolta e l’altra aveva avvistato Fine passeggiare con aria sognante; insolito da parte sua, magari aveva notato qualche bel giovane? Se sì, sperava che la mettesse al corrente di chi fosse. Rein non avrebbe esitato a farle fare il primo passo...
Un lieve colpo di tosse alle sue spalle la spinse a voltarsi, ritrovandosi dinanzi l’ennesima uniforme blu. Il soldato sorrideva, ma più che il docile incurvar di labbra di lascivi complimenti, il suo sembrava un sogghigno di sagacia trattenuta; e gli occhi, profondi e affilati, la scrutavano con malcelato interesse.
«Perdonate l’interruzione» si scusò chinando il capo, la mano posata sul petto in una riverenza accennata, «ma non ho potuto non notare come l’intera sala si fermi a osservarvi danzare».
Rein notò la malizia nelle sue parole, era abbastanza ferrata nel riconoscere la vera natura di una persona – dote che, in quel mondo, non poteva che tornare molto utile in occasioni simili. Perciò inarcò un sopracciglio, intrecciando le mani sul corpetto azzurro in una posa contemplativa.
«Non siete sincero» replicò con visibile diffidenza, attendendo la sua prossima mossa.
Il soldato sembrò compiacersi di quell’osservazione. «In effetti i vostri passi sono così particolari da aver attirato la mia attenzione» confessò scrollando le spalle, «E ora non sembrate affatto soddisfatta della mia risposta».
Rein percepì le proprie gote arrossarsi dal fastidio. Sistemò la postura, sollevando il mento per lanciargli un’occhiata dignitosamente distaccata. «Non ritengo sia un’esperienza spiacevole quella di intrattenere chi mi circonda. In questo modo potrò dire di godere del loro divertimento, anziché di una ragione per averli in antipatia».
Il soldato l’osservò per un attimo, senza parole. Poi sorrise, questa volta di quella che Rein riconobbe come ammirazione. Non ci mise molto ad arrossire sotto quello sguardo colpito; dunque gli porse la mano per distrarlo dal qualsivoglia commento che glielo facesse notare. Lui la seguì, ed eseguì un perfetto baciamano.
«Rein Barker».
«Capitano Shade Marshall, al vostro servizio».
L’ufficiale le si affiancò con le mani incrociate dietro la schiena. L’orchestra si fermò per una breve pausa, il tempo di sistemare archetti e spartiti prima di riaprire il via alle danze con una ballata lenta e rilassante che permettesse a chi si trovava in pista di riprendere il fiato.
«Mi concedereste l’onore?»
Rein volse il capo verso il giovane, non capendo se stesse o meno scherzando. «Mi pareva d’aver inteso che i miei passi fossero troppo inusuali per voi» ritorse con una perplessità che tentò di nascondere.
Si voltò anche lui, un momento dopo, fissando i suoi occhi in quelli di lei. «Non vorrei di certo perdere l’occasione di essere intrattenuto da voi, signorina».
Al che le porse la mano e Rein la prese, senza esitare, lanciandogli un’occhiata carica di determinazione. «Allora stupitemi, capitano».
Ballarono quella danza, poi un’altra, e la successiva. Shade Marshall possedeva un indiscutibile talento nel muoversi con grazia e fermezza, sì impeccabile nelle movenze che Rein poté sentirsi a sua volta migliorata nella tecnica e rinvigorita nella passione che lui sembrava infonderle a ogni passo. Purtroppo, a un certo punto, dovettero fermarsi. L’ufficiale era stato richiamato da un compagno che sembrava urgere nel conferire con lui. Con un cenno del capo, Rein lo congedò.
Non dopo un secondo baciamano, ove le iridi scure di lui non si erano permesse di abbandonare quelle di lei. Rein si sentiva ancora bruciare per via di quello sguardo così intenso e magnetico.
Il capitano scomparve nella folla, la schiena ampia e fasciata nell’uniforme blu l’unico dettaglio a perdersi tra quelle degli altri soldati. Improvvisamente stanca, Rein prelevò un bicchiere dalla tavolata vicina e scelse una comoda poltroncina rossa ove potersi sedere per riprendersi un attimo. In silenzio osservava il flusso di invitati volteggiare davanti ai suoi occhi, nella speranza – come si accorse, con sua somma sorpresa e imbarazzata indignazione – di intravedere il capitano che le aveva fatto battere il cuore. Non poteva di certo trattarsi di amore, si disse con poca convinzione. Non sapeva nulla di lui: mentre danzavano gli aveva chiesto della sua famiglia, argomento che aveva evitato; la permanenza nell’esercito non lo esaltava particolarmente, ma era pur contento di servire una causa nobile come la libertà del popolo americano; non cercava moglie, ma l’ardore con la quale l’aveva guardata per tutto il tempo tradiva il suo interesse nei suoi confronti.
Una mano le si posò sulla spalla, lieve e gentile e un tantino agitata. Fine sembrava rasserenata nell’averla trovata, finalmente in compagnia dopo aver lasciato la loro amica alle cure di un amabile cavaliere. In quel momento, come l’informò Fine scrutando un punto imprecisato del salone, la stava conducendo in un grazioso minuetto. A quel punto Rein invitò la sorella ad accomodarsi sulla poltroncina vicina alla sua, notando con piacere lo spiccato rossore sulle gote di lei.
«Allora, di chi si tratta?» domandò con aria complice.
Fine la fissò sopresa, presa in contropiede. «Chi?» balbettò.
«La persona che ha rubato il tuo cuore» rise la maggiore, prendendo l’altra sottobraccio nel lanciarle un occhiolino. «È abbastanza ovvio, sai».
L’altra giocherellò con le mani, imbarazzata, e seguì lo sguardo della sorella sulla folla. Quando tra gli altri apparve il volto che l’aveva colpita, Fine le strinse forte la mano. Tanta era l’emozione che Rein inizialmente non capì di chi stesse parlando; fu solo quando Fine le indicò con precisione il soldato interessato che Rein comprese il vero significato di infelicità. Osservò il viso della gemella, radioso della meravigliosa luce dell’amore, percepì le sue mani tremare tra le proprie e immaginò i suoi pensieri fantasticare su quel giovane ufficiale dall’aria scostante e misteriosa.
Shade.
Rein ricambiò la stretta della sorella. Cercava di farsi forza per i passi che avrebbe dovuto compiere, per il coraggio che doveva racimolare. Si alzò. Fine sembrava intenzionata a scrutarlo da lontano e Rein manteneva sempre le sue promesse; per questo ignorò il timore nella voce della sorella, ignorò il suo cuore che le pregava di fermarsi, dannazione, ignorò con un sorriso dame e cavalieri sul suo cammino e gli si avvicinò, sfiorandogli appena il braccio con un tocco esitante. Shade si voltò, scrutandola con evidente sorpresa. Rein pensò di prenderlo per mano e fuggire via, rintanarsi in un angolo della sala lontano dagli occhi della sua amata gemella e fermare ancora una volta il tempo, tra le sue braccia. Ma scacciò il pensiero. Prevalse l’amore, quello vero, e sorrise.
«Perdonate l’interruzione» si scusò con i due soldati, rivolgendosi perlopiù allo sconosciuto interlocutore. «Mi permettete di cedermi un momento della vostra attenzione, capitano Marshall?»
Lui annuì quindi, congedato il terzo incomodo, Rein lo prese sottobraccio e fece per condurlo ove Fine ancora l’aspettava – lanciando loro fugaci occhiate agitate.
Shade chinò il capo vicino all’orecchio di lei. «Dove mi state portando?» sussurrò.
Rein non batté ciglio, anzi gli riservò l’inamovibile sguardo di chi la sa lunga. «Sto per rivoluzionare la vostra vita».
Il capitano inarcò un sopracciglio, piacevolmente incuriosito da quel gioco di parole. «Allora stupitemi».
Dunque attraversarono la sala verso Fine.
Non c’era motivo per sentirsi così afflitta. Nel profondo Rein sapeva che quell’innamoramento sarebbe durato poco: era giovane, di buona famiglia, una signorina a modo che non avrebbe esitato a trovare un buon partito che potesse permetterle di portare il giusto benessere alla sua casata. Non c’erano figli maschi che potessero farlo per lei, era suo dovere in quanto sorella maggiore; e Shade era un capitano in una guerra più grande di lui. Comunque sarebbe finita Rein sapeva che New York non aveva pietà per le tragedie altrui, ma ancora meno ne serbava per qualsiasi notizia potesse essere fonte di pettegolezzi. In fondo, cosa c’era di meglio di un soldato squattrinato che sfruttava l’ennesima damigella perbene per farsi strada in società? Era la solita vecchia storia.
Poi c’era sua sorella. Rein l’amava più di se stessa, più della sua reputazione, più di qualsiasi cosa esistesse in quel momento sulla terra. Anche più della rivoluzione. E Fine meritava di essere felice, meritava di sorridere a fianco di un brav’uomo che amasse con tutto il suo essere. Rein non poteva essere sicura che Shade avrebbe ricambiato il suo interesse, certo. Eppure sperava che sua sorella potesse godere dell’infinita felicità che gli innamorati provano alla scoperta dell’amore. In cuor suo, Rein pregava che la trepidazione di lei venisse appieno ricompensata.
Quando la raggiunsero Fine sorrideva con timidezza, lei ch’era così poco avvezza alla mondanità tanto apprezzata dalla gemella. Rein le presentò Shade, sciogliendo l’intreccio delle loro braccia mentre la sorella si prodigava in un rispettoso inchino.
«Fine Barker. È un piacere conoscervi».
Il capitano scrutò Rein con aria interrogativa. «Barker?»
Lei sorrise compiaciuta. «Mia sorella», spiegò prima di congedarsi e sparire tra la folla.
Non voleva vedere, non voleva vederli. Meritavano di essere lasciati soli, sì, ma la sua codardia non era da confondersi con spiccato altruismo. A ballo finito, sulla via di ritorno verso casa, Fine le avrebbe raccontato tutto. O non lo avrebbe fatto, nel peggiore dei casi, e Rein avrebbe capito. Allora forse, in quel caso, avrebbe potuto riconsiderare. E osare un pochino di più.
Non lo avrebbe mai ammesso – ma quel pensiero le donava speranza, anche se sbocciata da un cuore spezzato.

La conclusione, a sei mesi di distanza da quell’inverno, è ormai chiara a tutti. Anche dal suo nascondiglio Rein può udire gli echi della festa al piano sottostante, celebrazione alla quale la damigella d’onore non può poi assentarsi più di tanto.
Piange qualche ultima lacrima, poi prende un respiro profondo.
Fine è felice. Shade è felice. I loro genitori sono felici. Deve esserlo anche lei, dunque, anche se per finta, anche se solo per quel giorno.
Accertandosi che nessuno si trovi nei paraggi, Rein esce dallo stanzino. Alla finestra si specchia e poi sistema il vestito, non facendo caso agli occhi arrossati campeggiare un po’ gonfi sul viso pallido. Il trucco è a posto almeno, quindi si decide a ridiscendere.
Ogni passo è una tortura, ogni brindisi lanciato dagli altri invitati un amaro ricordo di ciò alla quale ha dovuto rinunciare. Eppure il sorriso di Fine è così raggiante quando fa il suo rientro nella sala, che Rein quasi si convince di poter convivere per il resto dei suoi giorni con il rimpianto di un amore perduto. Anche Shade la guarda, le fa un cenno del capo al quale lei risponde con un inchino.
In fondo lo spera, ci spera davvero.
Che possa un giorno anche lei, come sua sorella, vivere per sempre felice e contenta.

Angolo delle Ciliegie.
Cosa posso dire, quest'idea mi tormentava ormai da un po' e solo con il termine della sessione estiva ho potuto finalmente metterla per iscritto. Non so quanti di voi abbiano avuto la possibilità di vedere Hamilton o ascoltarne il soundtrack (che si trova senza difficoltà su youtube), ma se non lo avete ancora fatto... merita tantissimo. Tutto è iniziato con il suggerimento di un'amica ed eccomi qua, sì o no tre mesi dopo averlo visto, diventata esperta di storia americana grazie a due ore e mezza di musiche e danze mozzafiato. Per qualcuno come me, che non ha ancora visto High School Musical o Mary Poppins, è un perfetto battesimo del fuoco! Hamilton, come avrete intuito, parla della rivoluzione americana e in particolare di uno dei suoi padri fondatori, Alexander Hamilton appunto, che sebbene non ottenne mai il titolo di presidente ha il merito di aver creato da solo il sistema finanziario statunitense. Io non riesco neanche a prendere appunti in modo coerente, figuriamoci!
A ispirare questa versione di Fine e Rein sono rispettivamente le sorelle Elizabeth e Angelica Schuyler, la prima presa in moglie da Ham. e la seconda (almeno nel musical) fattasi da parte per adempiere al suo ruolo di figlia maggiore, sposando un uomo ricco sebbene rimanga per tutta la vita innamorata del cognato. La Storia, quella vera, è giust'appunto differente da come viene raccontata; tuttavia le similitudini sono tante... la timidezza di Fine & Eliza, il loro essere un po' maschiaccio e infinitamente gentili, la determinazione e la sagacia di Rein & Angelica.
Se qualcuno avesse già visto Hamilton, o qualche sua versione animata, avrà notato come il brano in certi punti ricalchi quello che succede nel musical originale. Non prendetela come una "copiatura": mi sono ispirata alla canzone Satisfied per la stesura del brano, che vuole essere una sorta di riadattamento e omaggio alla complessità del personaggio di Angelica. A modo mio, naturalmente.
In conclusione, due cose: 1. probabilmente tornerò presto a scrivere in questa sezione alla quale faccio sempre ritorno e 2. se vi ho incuriosita, andate a cercare Hamilton su youtube – è un capolavoro! Work – alla prossima!

daniverse

   
 
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