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Autore: echois    24/07/2019    1 recensioni
Dopo essere riuscito a organizzare un fortunato appuntamento per uno dei suoi migliori amici, Georg, ben presto si diffonde la voce che Bill sia diventato un organizzatore di incontri (ma c'è anche la versione che lo definisce organizzatore di scopate). Ma così impegnato a trovare per gli altri il vero amore, riuscirà a trovare il suo oppure dovranno intervenire i suoi migliori amici, Georg e Gustav?
[TomxBill]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Capitolo 13.
Il primo vero appuntamento.





“Gustav, davvero non credo sia necessaria la tua presenza qui” disse Bill mentre muoveva frettolosamente le mani per far asciugare prima il suo smalto nero. Guardò l’amico camminare per tutta la sua camera e andarsi a sedere sul letto.

“Certo che è necessaria!” disse e frugò nella busta della spesa che aveva portato con sé. “Ho portato le patatine!”

Bill guardò le patatine che reggeva Gustav e poi guardava le sue mani: prenderle avrebbe fatto rovinare lo smalto e Dio solo sapeva quando Bill odiasse rimetterlo una seconda volta. Ma allo stesso tempo non voleva arrivare con lo smalto imperfetto al suo appuntamento di Tom – niente doveva avere difetti – quindi guardò Gustav e disse: “Okay, la tua presenza è necessaria”. Si girò verso la scrivania e prese lo smalto trasparente che metteva su quello colorato per farlo durare più a lungo.

Gustav si alzò dal letto e si avvicinò alla scrivania, prese una sedia e si sedette accanto al suo amico. Aprì il pacchetto di patatine e vide Bill controllare, toccandolo, se lo smalto si fosse asciugato. Quando il moro iniziò a mettersi lo smalto trasparente Gustav prese una patatina e la avvicinò alla bocca dell’amico, questo la mangiò.

“Ti ha inviato quella bestia di Satana, vero? Lui dov’è? A farsi scopare come una puttanella?” chiese guardandosi le unghie e vi soffiò sopra.

“Esatto” disse Gustav e mangiò una patatina, quella successiva era invece riservata al moro. “Dice che dobbiamo rendere una tradizione il fatto di visitare un amico prima di qualsiasi appuntamento”

“Preferirei rimanere solo con trentadue gatti per il resto della mia vita!” esclamò Bill e prese un po’ di cotone imbevuto di acetone, con cura tolse lo smalto che era finito sulle dita.

“Noto che ancora usi il cibo come sostituto del sesso. Tu e Tom ancora non avete fatto niente?”

Bill strabuzzò gli occhi e si voltò di scatto verso Gustav. “Stai dicendo che sono ingrassato?!”

“No, no!” si affrettò a dire il ragazzo. Era sul filo del rasoio: un passo falso e sarebbe caduto inevitabilmente verso la morte. “È che il Bill che scopa avrebbe rifiutato le patatine dicendo che stanno dieci secondi in bocca e dieci anni sui fianchi”

“Oh, Dio, hai ragione” disse Bill sconsolato e gemette. “Allontana quelle cose da me. I miei fianchi davvero non meritano tutto questo”

“Sì, okay, ma hai evitato la mia domanda” disse Gustav, felice che le patatine fossero solo per lui.

“Beh, è vero che io e Tom ci conosciamo da anni, ma abbiamo iniziato a frequentarci solo da qualche giorno. Non vorrei saltargli addosso già ora e sembrare un disperato!”

“Ma lo sei!”

“Hai fottutamente ragione, sono disperatissimo. Ho iniziato a sognare di fare certe cose. Mi sveglio nel cuore della notte con un’erezione tra le gambe e non so cosa farne di me stesso. Voglio sbattere la testa contro il muro: ma perché è così difficile vivere senza sesso?!” si lamentò e gemette di nuovo, Gustav sghignazzò. “Gustav, tu come fai?”

“Ehi, io scopo!” si difese l’amico. Ma perché né Bill né Georg credeva che avesse una vita sessuale?

“E con chi scopi?!” esclamò infatti il moro, improvvisamente Gustav aveva tutta la sua attenzione.

“Fatti gli affaracci tuoi! È incredibile, in questo gruppo di amici non si può avere un po’ di privacy, cazzo!”

“Hai usato la parola cazzo, Gustav? Ma sai almeno cos’è?”

Gustav sospirò, sembrava che i suoi due migliori amici si fossero messi d’accordo. “In ogni caso non stare a seguire delle stupide etichette e degli stupidi regolamenti: se senti che è il momento giusto perché non farlo?”

“Con Tom sembra sempre il momento giusto. Ma dico, hai visto quant’è carino?” disse Bill con aria sognante, si mise una mano sulla guancia e alzò lo sguardo al cielo, perdendosi nei suoi pensieri. Tom, nella sua mente, era circondato da nuvolette e arcobaleni, i suoi capelli venivano scossi da un vento rosa. Quando si guardò le unghie notò che un pezzo di smalto mancava e si trovava ora sulla sua guancia. “Cazzo!”

 
*


Erano le nove in punto e Tom era fermo di fronte la casa di Bill, appoggiato contro il muro. Aveva visto Simone entrare piena di buste della spesa e l’aveva soccorsa. La donna l’aveva ovviamente riempito di parole e di domande, ma quell’interrogatorio era durato poco – a detta sua aveva la zuppa ancora sul fuoco e nessuno dei membri della famiglia ad eccezione di lei era apparentemente in grado di girarla – e quando se n’era andata gli aveva lanciato il suo sguardo tipico che diceva: “So che cosa sta succedendo”. Infatti Simone gli aveva lasciato intendere che era molto strano che lui lo stesse aspettando sotto casa, dato che Bill era solito con i suoi amici darsi appuntamento in qualche posto. Tom come risposta aveva arrossito, dando la conferma alla donna che non era una semplice amicizia – o meglio, lo era stata, ma ora non lo era più.

Alle nove e cinque finalmente la porta si aprì e Tom si staccò dal muro, pronto a vedere uscire Bill, ma chi uscì fu invece Gustav con un pacchetto di patatine vuoto in mano. “Gustav?” lo chiamò e Gustav puntò lo sguardo su di lui e si avvicinò.

“Ehi, Tom!” lo salutò, si guardò intorno per cercare un cestino.

“Che ci fai a casa di Bill?”

“Oh, abbiamo inaugurato una nuova tradizione, cioè vederci prima di ogni appuntamento per rafforzare la nostra amicizia. Sai, è un po’ come dire che le relazioni vanno e vengono, ma gli amici ci saranno sempre” disse enigmaticamente il biondo e gli fece l’occhiolino, questo gettò Tom in un’immensa confusione. Corrugò la fronte guardando il ragazzo.

“Anche tu vuoi scopare Bill?!”

“Cosa? No! Non abbiamo scopato!” si affrettò a dire Gustav, allarmato. Tom scosse il capo: da quando aveva scoperto che almeno mezza squadra di basket andava dietro a Bill non riusciva a vedere più le cose nel modo corretto. Il suo problema era che tutto ciò che stava vivendo con Bill gli sembrava un sogno e aveva paura che qualcosa lo facesse svegliare bruscamente. L’aver raggiunto ciò che aveva desiderato così tanto in tutti quegli anni lo stava gettando in uno stato di ansia perenne. “Comunque lui è pronto, ma deve farsi attendere da brava regina. Ah, ricordati di dire che non era molto che aspettavi”

“Uhm, giusto, dimentico sempre queste regole alla Bill. Grazie, Gustav” disse e il ragazzo gli sorrise, se ne andò e mentre lo faceva buttò la busta delle patatine. Tom ritornò ad appoggiarsi contro il muro. Mentre usciva dagli spogliatoi aveva temuto a lungo la famigerata chiacchierata che Neil gli aveva promesso di avere di fronte un gelato, ma alla fine scoprì che Neil aveva solamente voglia di un gelato e qualsiasi scusa era quella buona. I suoi migliori amici gli avevano detto che non avevano nulla contro il fatto che lui fosse gay e innamorato di Bill, ma questa notizia per loro era molto improvvisa dato che non avevano mai avuto neanche il sospetto. Neil gli aveva detto che per lo shock che questa notizia gli aveva arrecato doveva offrire sia a lui che a Richie il gelato: ovviamente il ragazzo non era rimasto così scioccato come diceva, era solo una scusa per farsi offrire il gelato.

Poco dopo Bill uscì; si era ripromesso di uscire verso le nove e mezza, ma non vedeva l’ora di vedere Tom. Lo vide fuori dalla sua porta appoggiato contro il muro e gli si avvicinò saltellando, sorrise. “Ciao, Tom! È da tanto che aspettavi?” chiese e Tom lo guardò boccheggiando. Bill sorrise soddisfatto, era così tanto che non si dedicava al trucco nella maniera in cui voleva da pensare che ci avesse perso la mano, ma lo smokey eyes che si era fatto era perfetto. Gli strati di fondotinta che si era messo rendevano la sua pelle perfetta e i due diversi correttori – uno dei quali verde, che aveva portato Gustav a chiedere se l’appuntamento fosse a tema “alieni”. Bill aveva sospirato e stretto la boccettina di smalto nella mano per evitare di ucciderlo – davano l’illusione che non avesse imperfezioni. Il suo rossetto era di un rosso così chiaro da far sembrare le sue labbra naturalmente rosso – Bill sghignazzò: nessuno sapeva del suo trucco. Beh, se Tom lo avesse baciato e si fosse ritrovato sulle sue labbra il colorito rosso di Bill si sarebbe fatto due domande e avrebbe capito.

Tom guardò Bill da capo a piedi e quasi si diede un pizzicotto per accertarsi che fosse realtà e che non stesse sognando. Era bellissimo e i jeans che aveva aderivano al suo corpo fasciandogli le cosce e il sedere – Tom si era ritrovato a spiarlo, era vero, ma si era obbligato a guardare Bill negli occhi – gli stavano alla perfezione. Aveva deciso finalmente di indossare una felpa bianca a maniche lunghe che dava al suo viso un tocco di angelico, reggeva in mano una giacca di pelle e al collo aveva una lunga collana con un arco e una freccia. Si dimenticò della risposta che doveva presumibilmente dare a Bill e si dimenticò perfino di cosa avesse detto, circondò il suo viso con le mani e gli diede un bacio. Normalmente si sarebbe limitato a sognare di farlo, ma adesso che poteva farlo non trovava ragioni sufficientemente valide per trattenersi. A Bill, però, sembrava che avesse fatto piacere il fatto che Tom per una volta non avesse obbedito alle sue regole e si fece più vicino, lo strinse a sé. Tom si staccò dal bacio e guardò il moro: questo era aggrappato alla sua t-shirt come se da lui dipendesse la sua vita e lo guardava con gli occhi socchiusi aspettandosi un altro bacio nell’immediato, ma il rasta si beò di quella visione ancora un po’ prima di baciarlo di nuovo.

“Tom, non dovresti dire qualcosa?” disse Bill interrompendo la serie di baci che Tom gli stava dando.

“Uhm? E cosa dovrei dire?” chiese guardando le labbra del ragazzo invece che i suoi occhi. Adesso le sue labbra sembravano meno rosse, Bill passò un dito su quelle del rasta per togliere via i residui del suo rossetto affinché Tom non scoprisse il suo segreto. Ogni donna aveva un trucco di bellezza e Bill non era da meno.

“Ti ho chiesto se era tanto che aspettavi”

“Beh, erano quindici minuti, ma mi ha tenuto un po’ compagnia Gus—”

“Tom! Dio, sei un casino, devo ancora insegnarti tante cose”

“Ah, okay, ho capito! No, ero appena arrivato” mentì sorridendo, Bill gli ricambiò il sorriso.

“Vedo che ci capiamo”

Tom gli prese la mano e s’incamminarono verso il centro della città. “Hai pensato a un posto dove mangiare?” gli chiese il rasta guardando le strade buie illuminate dalla luce artificiale dei lampioni.

“Ho dovuto pensare a farmi bello, Tom, non posso pensare a tutto io” gli disse il ragazzo scuotendo il capo, Tom sghignazzò.

“Hai ragione, quindi dato che tu sei stato così bravo a farti bello io m’impegnerò a scegliere un posto in cui mangiare” gli disse il ragazzo e si fermò, guardò Bill e si avvicinò a lui, lo abbracciò circondandogli le spalle con le braccia e gli baciò il capo. “Stasera sei mozzafiato” gli sussurrò e il cuore di Bill perse un battito.

 
*


“Georg può sembrare l’amico più demente che io abbia, ma devo dire che trova in Gustav un valido avversario” disse Bill gesticolando. Alla fine avevano mangiato pizza e il moro non poteva essere più contento: adorava la pizza. Dopo essere usciti Tom gli aveva proposto di fargli vedere un posto che forse non conosceva. Avevano salito tante scale in pietra e Bill stava per vomitare tutta la pizza al formaggio che aveva mangiato – se avesse vomitato avrebbe maledetto Tom a vita, perché quella felpa che aveva era malauguratamente bianca ed era malauguratamente nuova – ma quando erano saliti in cima Bill si era ritrovato di fronte a un piccolo spazio aperto chiuso da una ringhiera, vicino alla quale vi era una panchina. La vista era spettacolare: da lì si poteva vedere tutta la città, con le sue luci, la sua vita e i suoi movimenti, illuminata dalla luna e dalle stelle. I due ragazzi si erano seduti l’uno di fronte all’altro sulla panchina, ma non era passato molto tempo prima che Bill si fosse lamentato di qualche dolore inventato e si fosse piazzato sulle gambe di Tom. Quest’ultimo non si era lamentato, comunque, dato che aveva avuto la possibilità di cingere i suoi fianchi con le braccia. “Una volta siamo usciti e lui continuava a dire che le mutande che aveva deciso di indossare quel giorno erano incredibilmente comode. Non faceva altro che ripeterlo! Lo diceva qualcosa tipo ogni dieci minuti. Quando ci siamo fermati al bar a prendere un tè, lui ci ha abbandonato per andare in bagno e quando è tornato ci ha detto che aveva scoperto di non essersi messo le mutande” Tom scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro e Bill sospirò ricordandosi quel giorno. “Alla fine non è ritornato a casa a indossarle, ma ha continuato a vivere la sua vita come se nulla fosse accaduto!”

“Beh, se fosse tornato a casa per metterle, tu cosa avresti pensato?” gli chiese Tom con un sorriso sulle labbra. Bill dava le spalle alla luna e la luce che questa emanava delineava il contorno della sua figura, il suo viso era parzialmente oscurato ma al rasta non poté non sembrare ancora di più un angelo.

“Avrei pensato la verità, cioè che è un gran cafone”

“Avresti pensato male di lui comunque, ha fatto bene a infischiarsene del tuo giudizio” disse il ragazzo sorridendo.

“Ehi! Il mio giudizio vale molto” disse lamentandosi, poggiò le mani sul petto di Tom e boccheggiò a sentire i suoi pettorali sotto i polpastrelli, rabbrividì al pensiero della posizione in cui si trovavano; Bill era proprio seduto sull’inguine di Tom.

“Solo gli idioti penserebbero il contrario” lo assecondò il ragazzo e staccò una mano dai suoi fianchi per andare ad accarezzargli il viso.

“Tocca a te: dimmi un aneddoto divertente” gli disse Bill sorridendo, faceva scorrere le sue mani sul petto di Tom sfiorandogli talvolta il collo per vedere che tipo di effetto ne ricavava.

Il rasta fece spallucce. “Sul momento non me ne vengono” ammise.

“Questo è perché sei una persona tremendamente noiosa”

“Esatto! Mi pare che avessimo già stabilito che fossi tu la persona più simpatica del mondo”

“Tom, non devi comparare la tua simpatia alla mia, altrimenti è ovvio che ne esci sconfitto. Cerca di paragonarla a quella di qualcun altro” gli consigliò Bill e per il buon consiglio ricevette un bacio. “Comunque come fai a sapere di questo posto?” chiese guardandosi intorno.

“L’ho scoperto per caso da ragazzino. Prima mi piaceva fare lunghe passeggiate in posti sperduti, ma quando ho trovato questo mi sono fermato. È il luogo in cui vengo quando voglio stare da solo e quando voglio riflettere” disse e guardò Bill, sulle sue gambe, osservare il luogo mal illuminato. Tom pensò che non fosse la prima volta che era lì con Bill, dato che lui c’era stato a lungo, ma era solo nei suoi pensieri. Tom era andato molte volte lì a interrogarsi sui suoi sentimenti, sul suo amore per quel ragazzo e sulla sua sessualità. Aveva guardato la città silenziosa e si era ripromesso di portare Bill lì una volta fosse riuscito a farlo suo e aver mantenuto fede alle sue promesse lo rese nuovamente fiero. Quello era anche il luogo in cui Tom poteva incontrare puntualmente il suo solo e unico confidente, ovvero se stesso, lontano dal chiasso che provocavano gli altri.

“Tu rifletti?” gli chiese scherzosamente Bill, poggiò la fronte contro la sua e Tom sorrise.

“No, non rifletto. L’ho detto perché mi sembrava che mi rendesse figo” disse e incatenò i suoi occhi in quelli di Bill e venne completamente risucchiato dall’abisso che nascondevano quegli occhi color nocciola. “Sei davvero bellissimo” sussurrò Tom e Bill gli circondò delicatamente il collo con le mani, con i pollici lo accarezzò lentamente.

“Non hai bisogno di dire niente, sei già figo così come sei” gli disse ricambiando il complimento e sorrise, congiunse le labbra. Tom lo strinse a sé e il bacio presto si fece più disperato, più bisognoso. Il moro si lasciò completamente andare e cercò di seguire – sebbene non gli piacesse farlo – il consiglio di Gustav. Voleva lasciarsi trasportare dal momento, voleva lasciarsi trasportare dalle sue emozioni e da quello che stava provando in quegli attimi. La presa del rasta sui suoi fianchi si fece più stretta come se avesse paura che Bill scappasse via, ma il moro circondò il suo collo con le braccia mentre inclinava il capo per non far scontrare i loro nasi: lui non era intenzionato ad andare da nessuna parte. Tom strinse in un pugno la felpa del ragazzo, sapeva che si stavano inoltrando in un terreno a lui sconosciuto e aveva una paura fottuta e allo stesso tempo una voglia immensa. Voleva conoscere Bill, voleva conoscere il suo corpo, vedere la sua pelle nulla, baciarne ogni centimetro e accarezzarne ogni lembo. Non riusciva a pensare correttamente, non riusciva a pensare affatto, i baci di Bill erano alcolici e sentiva la sua testa leggera, si sentiva fuori dal suo stesso corpo, come se lui fosse qualcun altro e da spettatore esterno stesse guardando la scena. Il profumo di Bill penetrava nelle sue narice e lo rendeva ancora meno coscienzioso, ancora più inebriato.

Bill, esperto in ciò che faceva, sentì un brivido corrergli lungo la schiena e s’inarcò. Questo movimento urtò l’inguine di Tom sul quale era seduto e il moro boccheggiò quando si rese conto di essere seduto su qualcosa di duro. La lingua del moro trovò velocemente quella del ragazzo e giocarono tra loro, Bill prese una mano di Tom e la posizionò sul suo fianco: voleva che lo accarezzasse, voleva che indagasse sul suo corpo e voleva che esplorasse sotto la sua felpa. Questo capì il significato di quel gesto e, timidamente, fece scivolare la mano lungo il fianco del ragazzo e quest’ultimo, sfiorato nel suo punto sensibile, si inarcò di nuovo andando a incontrare nuovamente l’erezione di Tom. Il cuore di questo batteva all’impazzata, si sentiva vicino alla morte, si sentiva vicino al piacere. Trattenne il fiato mentre faceva scivolare la mano sotto la maglia di Bill e solamente dopo aver accarezzato la sua pelle diafana riprese a respirare, ma era un respiro veloce, affannato, famelico.

“Bill” sussurrò e il ragazzo sopra di lui aprì lentamente gli occhi, si staccò leggermente da lui e Tom sentì il calore venire meno. Erano ancora nella stessa posizione: Bill, ancora duro, era seduto sulla sua erezione, aveva circondato il suo viso con le mani e Tom teneva la sua mano sotto la sua felpa, questa era leggermente alzata e gli faceva intravedere un lembo dello stomaco del ragazzo. A entrambi ci volle un po’ prima di riprendersi e di rendersi conto di dove si trovassero e cosa stessero facendo – o meglio, cosa stessero per fare. “Ti devo dire una cosa, oh, so già che mi prendere in giro”

Bill corrugò la fronte e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, il suo viso era leggermente rosso e il suo respiro affannato. “Cosa?”

“Io non ho mai fatto sesso con un uomo” gli disse e Bill strabuzzò gli occhi.

“Non hai mai fatto—”

“No, mai” disse e vide il ragazzo rabbuiarsi, un cipiglio si presentò sul suo viso.

“Sei un verginello?!”

“Beh, ho fatto sesso con donne” disse facendo spallucce, il moro posizionò le mani sulle sue spalle.

“Oh, Dio, sei un verginello” Tom sorrise, delle volte dimenticava che per Bill il sesso eterosessuale non esisteva: per lui esisteva solo il sesso omosessuale e non averlo praticato rendeva le persone vergini, almeno secondo la sua opinione.

“Se la vuoi mettere in questi termini” disse con un sorriso.

Bill improvvisamente scese dalle sue gambe e Tom lo guardò con le sopracciglia inarcate, il ragazzo si sedette accanto a lui in maniera scomposta con le mani in mezzo alle gambe e guardò il panorama. “Oh, mio Dio, scusami Tom” disse scuotendo il capo, si mise una mano sul viso.

“No, Bill, non devi scusarti! Non è che tu mi abbia molestato o altro,” disse facendosi più vicino a lui. “Anzi, quello che stavamo per fare – qualsiasi cosa fosse – mi stava piacendo”

“Davvero? Non ti sei sentito molestato?” disse Bill lanciandogli timidamente uno sguardo.

“Ero piuttosto consenziente”

Bill sospirò lasciandosi andare a un sorriso, lo guardò. “Hai permesso che prendessi in giro altri verginelli quando anche tu lo sei” disse scherzando, Tom sorrise.

“Ero sotto copertura! E poi tu li avresti comunque preso in giro” disse e il ragazzo sorrise, abbassando lo sguardo.

“Quindi vuoi aspettare o qualcosa del genere?” gli chiese timidamente, Tom arrossì.

“Non è che sia la mia prima volta in assoluto, non pensare che io sia vergine fino a quel punto” Il rasta lo guardò e Bill ricambiò il suo sguardo, ricevette un’impercettibile carezza sul viso da grandi mani. “È che è qualcosa di nuovo per me e non so cosa fare”

Bill prese la sua mano e gli baciò le dita, abbassò lo sguardo. “Mi permetteresti di insegnarti? Inizieremo dalle basi” sussurrò e Tom inarcò le sopracciglia, avvampando.

“Era quello che speravo avresti fatto dieci minuti fa” rispose con un sorriso, il moro lo guardò e sorrise a sua volta. Si alzò e riprese la sua posizione sulle sue gambe, ritrovò la durezza che aveva abbandonato poco tempo prima.

“Sarò gentilissimo e delicatissimo con te, mia bella vergine” scherzò Bill circondando il suo collo con le braccia, portò una mano tra i rasta del ragazzo e gli accarezzò la cute.

“Lo sapevo che mi avresti preso in giro” gli disse il rasta con un sorriso, ma chiuse gli occhi alle carezze del ragazzo sul suo scalpo e gli circondò i fianchi con le braccia. Bill ricongiunse le loro labbra e i suoi baci erano adesso più delicati, come se temesse di ferirlo, ma ben presto ritornarono a essere vogliosi. Non ci poteva fare nulla: lui desiderava Tom e non riusciva a nasconderlo. Il moro ritornò ad accarezzare il petto del ragazzo lentamente e a ogni carezza riusciva a scendere sempre di più in profondità. Lo baciò sulle labbra di nuovo e poi iniziò a scendere: gli baciò il mento, la mascella, poi il collo e infine gli morse il lobo dell’orecchio. Sentì il ragazzo irrigidirsi sotto di lui e sopprimere un gemito, ma più che allontanarlo lo stava stringendo ancora di più, lo voleva più vicino, voleva percepirlo di più, come se fosse possibile. Bill leccò con la punta della lingua il collo di Tom e andò a baciare lì dove aveva lasciato bagnato, riportò le mani sul petto del ragazzo ma questa volta scese e s’intrufolò sotto la maglietta. Percepì la sua pelle calda e le sue mani scivolarono più su: erano ora sul suo petto e lo sentivano alzarsi e abbassarsi mentre Tom respirava affannosamente.

Il moro si staccò dal collo di Tom e si alzò, quest’ultimo si obbligò ad aprire gli occhi temendo che si stesse allontanando di nuovo, ma quasi svenne quando si alzò solo per mettersi inginocchiato di fronte a lui. Bill gemette sottovoce quando le sue ginocchia si appoggiarono sul pavimento pieno di sassolini, ma non ci presto tanta attenzione, essendo impegnato a pensare ad altro. Si fece più vicino al cavallo dei pantaloni del ragazzo e sorrise. I due si guardarono negli occhi mentre Bill sbottonava i pantaloni del ragazzo e abbassava la cerniera.

“Mi dai il permesso, ragazzina illibata?” disse con un sorriso Bill, Tom gettò la testa all’indietro gemendo, si coprì il viso con le mani.

“Non avrei dovuto dirti niente” disse mentre sentiva che i suoi pantaloni venivano abbassati fino alle sue caviglie, Bill rise.

“Lo sapevi cosa ti aspettava!” disse e guardò l’erezione di Tom che pulsava sotto i suoi boxer bianchi, vi posizionò un bacio sopra il tessuto e ancora un altro. Il rasta annaspò alla ricerca di aria, Bill era così lento. Questo si decise finalmente ad abbassare anche i boxer, che fecero compagnia ai pantaloni. Il moro sghignazzò e si guardò il polso: aveva avuto la buona coscienza di portarsi un elastico, perché si era quasi fatto convincere da Gustav a lasciarsi andare. Per fortuna che l’aveva fatto! Era davvero così lungimirante. Si legò i capelli affinché non gli dessero fastidio e mise le mani sulle gambe di Tom per fargliele aprire ulteriormente.

Bill lasciò umidi baci su tutta la lunghezza di Tom, leccò con la punta della lingua la cappella e sentì il ragazzo fremere di piacere sotto di lui. Ora era nelle sue mani; la vita del rasta dipendeva da ciò che avrebbe fatto con la sua bocca e con le sue mani. Prese in mano la sua erezione e vi sputò sopra, finalmente accolse in bocca il pene di Tom, che gemette a sentire la bocca umida e calda del ragazzo. Questo iniziò lentamente a salire e a scendere, le sue mani erano ancora sulle cosce di Tom e quest’ultimo decise di stringerle nelle sue.

Bill scese in profondità e il ragazzo gemette, chiuse gli occhi gettando la testa all’indietro. Sentiva il nucleo del piacere che iniziava a manifestarsi nel suo basso ventre, strinse le mani del ragazzo cercando di focalizzarsi su quello e sulla piacevole sensazione che la bocca di Bill riusciva a dargli. S’irrigidì quando il moro, con ancora il pene nella sua bocca, tracciò dei cerchi sul suo glande. La sensazione del piacere si stava facendo più intensa, più forte, si stava espandendo per tutto il suo corpo.

Il moro si staccò dall’erezione che aveva reso bagnata con la sua saliva per guardare Tom: era da un po’ che stava operando su di lui e non riusciva a non smettere di gemere, lo aveva sentito anche dire parolacce. Bill riprese il pene in bocca, ma adesso i suoi movimenti erano più veloci – riusciva a capire dai gemiti del ragazzo che era vicino all’orgasmo – ma rallentava solo per andare più in profondità.

“Bill,” sussurrò Tom, non riusciva a fare più che questo: sussurrare. Quello doveva essere il pompino migliore che avesse ricevuto nella sua vita – pensava di aver avuto delle brave amanti in precedenza, ma era perché ancora non aveva conosciuto Bill in quel modo. Tom era tutto rigido, cercava di procrastinare l’orgasmo, ma allo stesso tempo cercava di afferrarlo e di raggiungerlo. Trattenette il fiato, ma quella bella sensazione – quella di essere al vortice e di star per cadere – premeva e pesava sul suo petto. “Sto per venire” trovò infine le parole per avvertirlo.

Bill si staccò dall’erezione con uno schiocco, lo guardò con un sorriso e disse: “Tom, non hai bisogno di dirmelo! Io ingoio”. Quella fu davvero la goccia che fece traboccare il vaso: Bill riprese l’erezione in bocca e i suoi movimenti si fecero più frettolosi, Tom gemette e posizionò una mano sul suo capo, strinse i suoi capelli mentre con un movimento di bacino si svuotava dentro la sua bocca; l’orgasmo si diffuse in tutto il corpo quando lui glielo permise.

Quando Tom venne, Bill si staccò e ingoiò di fretta: non gli piaceva il sapore, ma gli piaceva farlo. Lanciò un’occhiata al ragazzo e lo vide stremato, spalmato sulla panchina. Sorrise e si alzò, si pulì le ginocchia e si sedette sulle sue gambe.

“Oh, cazzo” disse Tom passandosi una mano tra i rasta. “Dove cazzo hai imparato a fare i pompini così?”

Bill ridacchiò e accarezzò il suo viso, il rasta lo guardò. “Anni di pratica” ammise sorridendo. Nascose il viso nell’incavo del suo collo, ispirò il suo profumo e chiuse gli occhi.



​Chapter End Notes:
​Ho pubblicato ben CINQUE capitoli (nemmeno io ci credo) perchè li avevo scritti e mi sentivo un po' in colpa a tenerveli nascosti!! Inoltre la mia relatrice mi ha dato un mese di pausa e io non so che fare, mi annoio tutto il giornoooo ;(( sono ben accetti tutti i consigli che mi faranno perdere tempo in queste afose giornate (a proposito di questo, volevo informarvi che sto morendo di caldo)
​echois xx

 
   
 
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