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Autore: Reginafenice    25/07/2019    2 recensioni
Il termine che dà il nome a questa storia indica ciò che serve come sostegno per una nuova impresa, una sorta di conforto o spinta morale utile a non lasciarsi scoraggiare dalle impervietà di un cammino appena intrapreso. Si tratta infatti di una fanfiction che vede come protagonisti i personaggi di Poldark, con i loro complessi viaggi interiori verso la scoperta della vera felicità, ma inseriti in un contesto moderno. Lo sfondo delle vicende rimane tuttavia la splendida Cornovaglia, dove vecchi e nuovi amori si ritroveranno e si scopriranno indispensabili per capirsi meglio, anche a costo di grandi sacrifici e scelte dolorose.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Durante il viaggio in macchina verso casa, Ross e Demelza non si scambiarono nemmeno una parola. Ross era ancora arrabbiato e fin troppo orgoglioso per tirare fuori l'argomento per primo, correndo il rischio di dimostrarsi vulnerabile alle insinuazioni di Delmelza riguardo alla sua “ingiustificata” gelosia nei confronti di Hugh Armitage.

La mente di Demelza, invece, correva veloce in direzione opposta e tutto ciò che desiderava era eliminare il risentimento presente tra di loro, squarciare la nube minacciosa che oscurava la loro felicità e far capire a Ross che non c'era alcun pericolo da temere. Probabilmente l'esperienza vissuta con Elizabeth, il fatto di averla vista sfuggire dalle sue mani così facilmente e l'aver dovuto accettare in maniera passiva che un altro uomo avesse preso il suo posto, influiva pesantemente sulla mancanza di fiducia che ora Ross dimostrava nei suoi confronti. Ma lei non era come Elizabeth...

“Rimanere in silenzio non fa altro che peggiorare le cose, Ross.” Gli rivolse un sorriso pieno di comprensione.

Ross si limitò ad aggrottare le sopracciglia, scuotendo la testa sempre più incredulo dell'assurdità della situazione che si era andata a creare a causa delle pretese impossibili di un giovane viziato in punto di morte. Ovviamente, Hugh era stato abituato ad avere tutto dalla vita. Ad ogni richiesta seguiva il suo naturale appagamento, così come ad ogni scossa data dalle sue aristocratiche mani al campanello della sua insolenza rispondeva un cameriere pronto per farsi in quattro pur di appagare i vagheggiamenti di un animo sofisticato come il suo.

Demelza gli accarezzò lentamente il dorso della mano che teneva su volante, “Se credi che...”

“No, ma se ritieni opportuno mettermi al corrente di cosa sia giusto che io pensi, allora accomodati. Ormai è evidente che non si tratta più di una semplice speculazione, ma di qualcosa di ben più tangibile che temo ti abbia già coinvolta abbastanza.” Si fermò presso un'area di sosta, lasciando che Demelza si voltasse più facilmente verso di lui per parlarle in maniera diretta.

“Se Armitage è arrivato a tanto, la colpa è solo mia. Non avrei dovuto permetterti di seguire il suo caso.” Continuò approfittando della quiete che regnava nell'aria, nonostante la densità dei sentimenti che provavano entrambi, “Con questo non voglio dire che tu non ne fossi capace, però vi siete affezionati in maniera eccessiva l'uno all'altra ed ora... ”

Le ultime parole risuonarono come il risultato di un grande sforzo emotivo da parte di Ross.

“Ed ora hai paura di avermi persa, ma non è così...”

Ross alzò lo sguardo sui suoi occhi incredibilmente espressivi, trovandovi una sicurezza e un affetto sinceri e del tutto lontani dall'atteggiamento esitante e lezioso con cui Elizabeth gli si era approcciata il giorno della festa di fidanzamento a Trenwith con la speranza di salvare un pezzo di quel cuore, frantumato a causa del suo bisogno di trovare in Francis quel qualcosa in più che lui si era dimostrato incapace di offrirle. Demelza riusciva a tirargli fuori con schiettezza alcuni intricati discorsi interiori che, per sua natura, trovava difficili da esternare, sbalordendolo continuamente per la sua innata capacità di leggere nel cuore delle persone con cui entrava in contatto. Era successo così anche con Hugh? Si domandò con una certa irritazione.

“Spero di no.”

Le prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo, in modo che le loro fronti si incontrassero. Rimasero così per qualche secondo, poi Demelza partì alla ricerca delle sue labbra per baciarlo con una dolcezza straordinaria, ricolma di tutte quelle risposte necessarie per convincerlo dell'onestà del suo sentimento verso di lui.

Ben presto la dolcezza si trasformò in una passione impetuosa, quasi da togliere il fiato. Quei baci trascinanti non bastavano più, la combinazione perfetta delle loro labbra aveva spalancato le porte a un desiderio impellente di carezze che superava le barriere fisiche del corpo per raggiungere qualcosa di più profondo come l'anima. Si cercavano con la sete di trovarsi lì dove avrebbero potuto riconoscersi, senza barriere e timori: un luogo di solitudine condivisa che vibrava d'amore.

Caroline, intanto, aveva deciso di fare un salto al poliambulatorio per salutare il paziente più illustre che avessero ricoverato sino ad allora, nonostante fosse già tardi e l'aspettasse un'orribile notte insonne sui registri dei conti dell'ultimo mese. In realtà, quello era solo il pretesto che le serviva per trascorrere qualche minuto con una determinata persona... Un uomo che, sebbene non volesse ammetterlo, cominciava a risvegliare in lei degli affetti volontariamente assopiti da tempo.

“Vedo che Ross ne ha approfittato per godersi l'esclusiva su Demelza... Sbaglio o oggi era il suo turno?” Si piantò davanti a Dwight con le braccia incrociate sul petto, in attesa che il suono dei ciondoli del suo braccialetto richiamassero l'attenzione del medico, in quel momento impegnato a cercare una cartella clinica nell'archivio situato dietro il bancone della reception.

"Se non sta attento potrebbe perderla. Una ragazza così preziosa e ambita..."

La giovane infermiera addetta ad accogliere gli arrivi spalancò gli occhi, in preda ad un forte imbarazzo causato all'assoluta indifferenza mostrata da Dwight nei confronti dei numerosi tentativi del Presidente del Consiglio di Amministrazione di ottenere la sua considerazione.

Iniziò a balbettare qualche parola, ma alla fine preferì svignarsela lasciando che se la cavassero da soli.

“Per quanto ancora vorrai ignorarmi, dottor Enys? Non ho molto tempo da perdere, quindi ti pregherei di sollevare lo sguardo da quelle scartoffie per qualche minuto e degnarmi di un minimo di rispetto.”

“Oh, scusami Caroline. Ehm, volevo dire, scusi tanto Presidente. Ora sono tutto per lei, qualcosa non va? Horace ha mangiato troppe caramelle anche questa volta?” La guardò con un'espressione sfacciata e per nulla contrita, cercando di nascondere il divertimento che provava di fronte alla permalosità che traspariva dal suo atteggiamento.

“No, fortunatamente Horace gode di ottima salute.”

“Bene, allora per quale motivo ti saresti scomodata a venire a trovarmi?” Si indirizzò verso di lei, con la cartella di Hugh Armitage sotto il braccio.

“Ero convinta che fossi io quella egocentrica, ma ora mi rendo conto di essere piuttosto sbalordita dalla tua presunzione. Un vanesio in germe... Effettivamente, sono qui per chiederti una consulenza.”

“Di che tipo?” Lo sguardo di Dwight si fece più serio.

“Medico, ovviamente.”

“Dimmi tutto.” Le sfiorò timidamente la schiena, invitandola con una leggera pressione ad entrare nella stanza delle visite.

“Credo di avere una distorsione alla caviglia. Ho cercato di minimizzare, ma fa davvero male!”

Dwight la guardò con aria dubbiosa, “Non ne sono così sicuro, sai? Altrimenti non avresti potuto camminare tutto il giorno su quel tipo di scarpe e per di più guidare come se nulla fosse.”

“Infatti, stavo scherzando!” Lo punzecchiò, evidentemente compiaciuta di se stessa, e lo invitò a sedersi sul lettino, mentre con una mossa alquanto agile e imprevedibile gli sfilò la cartella clinica da sotto il braccio per poi mettersi a leggerla silenziosamente proprio come se fosse lei il medico.

Dwight alzò gli occhi al cielo, “E la privacy dove la mettiamo?”

“Oh, ma per me non vale! Dovresti saperlo bene, altrimenti quali sarebbero i vantaggi di essere il capo?” Ritornò con lo sguardo sui fogli immacolati, cercando di capirci qualche cosa. Alla fine dovette cedere e riconsegnare il materiale rilegato al medico che l'ammirava con aria rassegnata e divertita al tempo stesso: Caroline sembrava una bambina che non voleva ammettere la sua ignoranza in materia.

“Cosa vuoi sapere?” Le chiese molto pazientemente.

“Solo se ci sono i presupposti per un intervento chirurgico. Mi sembra una soluzione drastica, ma ho ricevuto una telefonata da parte di Lord Flamuth in cui mi è stata comunicata l'intenzione di suo nipote di sottoporsi ad un'operazione e ora mi domando se sia davvero il caso di correre questo rischio.”

“Se Flamouth ha già deciso, non vedo alternative...”

Caroline ci pensò su per un attimo prima di parlare, “Certo, però vorrei che ascoltasse il parere dell'equipe di chirurghi prima di procedere. Suo nipote non è un medico, malgrado ne abbia l'arroganza.”

Dwight si alzò e aprì la porta alle spalle di Caroline, “Quindi credi sia opportuno convocare il Consiglio?”

“Non vorrei che questa storia si concluda in tragedia. O perlomeno, non per responsabilità dell'ospedale.” Varcò la soglia della porta, assicurandosi che nessun infermiere impiccione fosse lì nei paraggi.

“Mi ricordi George Warleggan quando parli così...”

Gli rispose con un sorriso malinconico, “Siamo entrambi senza cuore, non è vero?”

“Ti devo smentire, Caroline. Da medico posso assicurarti che senza cuore nessun uomo potrebbe sopravvivere.”

“E questo sarebbe quello che hai imparato dai libri di anatomia? Perché, per quanto mi riguarda, per sopravvivere alla vita è meglio fingere di non averlo.”

“Non accetterò il tuo consiglio.”

Caroline alzò le spalle, allontanandosi dalle minacce di una vita governata dalle emozioni sulle sue vertiginose decolleté scamosciate.


   
 
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