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Autore: jaykayess    26/07/2019    3 recensioni
Freezer è stato sconfitto, Namecc è stato ripristinato, e finalmente Goku fa la sua rimpatriata dopo quasi un mese di assenza.
Ma qualcosa, all’improvviso, cambia nella vita del nostro eroe. E, inevitabilmente, anche nella vita di chi lo circonda.
Genere: Azione, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bulma, Gohan, Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era ormai passata una settimana da quando nell’universo si era finalmente ristabilito l’ordine. 
Era passata una settimana da quando Goku, dopo essersi fatto attendere per quasi un mese, aveva di nuovo fatto la sua comparsa sul pianeta Terra, tornato dal suo eroico viaggio nello spazio dopo esser finalmente riuscito a sconfiggere quel mostro di Freezer.
Ed era passata una settimana da quando aveva visto Chichi per l’ultima volta.
La giovane donna, infatti, non aveva affatto preso bene il ritorno del marito, non accogliendolo esattamente a braccia aperte. Ed il motivo era più che palese.
Si sentiva tradita, trascurata, messa continuamente da parte dell’uomo che avrebbe dovuto metterla al primo posto, anche al di sopra del pianeta che si era messo in testa di salvare.

«Sei impossibile!» aveva urlato, lanciandogli contro l’ultimo piatto rimasto intatto che, come quello prima e come anche quello precedente, era andato rovinosamente a spaccarsi contro il muro «Non pensi mai a me, non pensi mai alla nostra famiglia! Sei tornato da un viaggio senza meta, e la prima cosa che sai dirmi è che esci ad allenarti! Di nuovo! Ed io sono qui ad aspettarti da brava casalinga mentre nostro figlio adempie ad i suoi doveri di studente! Non te ne importa proprio niente di me, Goku, me lo hai già dimostrato troppe volte, ed io sono stanca!»
Dopodiché, aveva preso la sua borsa e, senza proferire più parola-e senza dare realmente il tempo al marito di rispondere-era uscita di casa, decidendo di non tornare per un bel po’.

Era tornata soltanto quel giorno, e non per chiarire le cose, no affatto, sembrava ormai aver preso una decisione sulla quale probabilmente aveva rimuginato per tanto, troppo tempo.
Chichi era tornata, ma non certo per Goku.
Anzi, era proprio per lasciarsi la storia con lui alle spalle che era tornata.
Aveva raccolto le poche cose di suo marito e le aveva messe in una valigia, che aveva portato immediatamente al piano di sotto, porgendogliela con molta poca grazia.
Poi, silenziosamente, aveva aspettato che il suo amato figlioletto li raggiungesse, e non per tenerlo con sé, perché sapeva che Gohan non avrebbe mai abbandonato il padre. Ma soltanto per salutarlo, per spiegargli la situazione, per non farsi odiare dal sangue del suo sangue.

«Mammina...» aveva detto il piccolo Gohan, il capo chino e gli occhi pieni di lacrime «Ci stai cacciando via di casa?»
Chichi, alla vista di quella scena, si era leggermente ammansita e, carezzando dolcemente i capelli perfettamente ordinati del suo bambino, gli aveva sorriso teneramente.
«Oh no, tesoro mio...» aveva risposto «Io sto cacciando tuo padre. Io sto lasciando tuo padre. Ma non sto cacciando te, non ti sto allontanando da me, tu potrai tornare qui tutte le volte che vuoi, potrai stare con la mamma ogni volta che ne avrai bisogno. Ma so già che deciderai di rimanere con papà, ed io rispetterò questa tua decisione. Ma ricorda che la mamma ti vuole bene, e che non ti vuole fuori dalla sua vita.»

A niente erano servite le suppliche del piccolo Gohan, ed a niente era servito il discorso che Goku avrebbe tanto voluto farle ma che lei continuava in ogni modo ad interrompere. Chichi era irremovibile, ormai aveva preso la sua decisione, ed oltre a quella, si era presa anche la casa, lasciando il suo ormai ex marito e suo figlio in mezzo a una strada, indecisi su cosa fare e su dove andare.
Il bambino, probabilmente, dopo il discorso della madre secondo il quale sarebbe potuto tornare a trovarla tutte le volte che voleva, stava anche peggio di prima. Ed a poco era servito il caldo abbraccio che Goku gli aveva offerto nel tentativo di consolarlo. 

«Ma ora dove andremo, papà?» aveva chiesto il bambino, ancora stretto fra le sue braccia «Questa era l’unica casa che avevamo. Adesso dove andremo a finire?»
«Ancora non lo so, figliolo... ma vedrai, troveremo una soluzione. Non preoccuparti.»

In realtà, c’era ben poco da stare sereni.
Ma Goku non aveva avuto né il coraggio, né tantomeno il cuore di dire al suo povero, disperato bambino che lui molto probabilmente stava peggio.
Adesso, avevano cose molto più importanti a cui pensare.
Inizialmente, il giovane saiyan aveva pensato di trasferirsi temporaneamente sull’isola del suo vecchio maestro, ma poi l’idea gli era sembrata una buffonata: non solo quella casa era già stracolma di gente, ma i commenti decisamente poco adatti ad un bambino di Genio nei confronti delle donne non avrebbero fatto granché bene a Gohan. Così aveva deciso di trovare un’alternativa.
Alternativa che, dopo intere ore di volo attorno al pianeta, ancora non aveva trovato.
Cioè, sì, in realtà una l’aveva trovata eccome. Ma era davvero il caso di correre da Bulma ad elemosinare un tetto sopra la testa? Certo, lei non gli avrebbe mai detto di no, in fondo erano cresciuti insieme, erano come fratelli, ma gli sembrava terribilmente sgarbato andare a vivere tra i ricchi e fare il mantenuto. 
Eppure, più per il bene di Gohan che per sé stesso, quella gli sembrava la soluzione migliore.
Così, sentendosi già tremendamente in colpa per la sua migliore amica e per la sua famiglia, aveva deciso di fare rotta verso la Capsule Corporation, seguito da suo figlio che, senza aver ancora proferito parola, lo seguiva in completo silenzio.

Erano atterrati sul bel prato ben curato del cortile di casa Brief dopo soltanto alcuni minuti di volo e, nonostante Goku non fosse assolutamente un tipo schizzinoso, doveva ammettere che, tra lo smog e i rumori assordanti della città, si sentiva già abbastanza fuori luogo.
Avrebbe tanto voluto fare retromarcia e tornare nella sua casetta sperduta tra le montagne, immerso nella natura, ad implorare Chichi di ripensarci e di dargli una seconda occasione, ma non gli sembrava giusto. Non solo nei confronti della sua ormai ex moglie, ma anche nei propri ed in quelli di suo figlio.
In fondo, la donna aveva già preso la sua decisione, e Goku dubitava ardentemente che potesse anche solo contemplare l’idea di ripensarci; e lui, nonostante negli anni avesse imparato ad apprezzare la sua compagnia ed a provare un profondo affetto nei suoi confronti, non era mai stato realmente sicuro di averla amata sul serio, e costringere il proprio bambino a vivere in una soluzione assolutamente non conveniente non era affatto sua intenzione, anzi, era l’ultima delle sue intenzioni.
Così, dopo aver preso un bel respiro ed essersi fatto coraggio, aveva deciso di avanzare verso l’ingresso della buffa abitazione circolare, suonando un paio di volte il citofono.

«Amico mio!»

Una Bulma festante, ignara di tutto ciò che era successo, lo aveva accolto con un caldo abbraccio, non escludendo da quest’ultimo neanche il piccolo Gohan, che si era lasciato volentieri stritolare dalla dolce stretta della sua amica dai capelli turchini.

«Qual buon vento vi porta qui?»
«Ciao, Bulma...» aveva proferito Goku, imbarazzato più che mai, e completamente preso dallo sconforto «Ti spiegherò tutto con calma. Ti andrebbe di parlare in privato?»

E così, senza neanche che il giovane eroe potesse chiederlo una seconda volta, la giovane gli aveva permesso di entrare, osservando il piccolo Gohan prendere d’improvviso il volo, senza alcuna logica spiegazione. Sul momento, aveva pensato di fermarlo e chiedergli per quale motivo se ne stesse andando, ma dopo aver visto lo sguardo affranto del suo migliore amico, Bulma aveva deciso di non insistere, ed aveva fatto accomodare Goku sul divano del suo immenso salotto, aspettando che le desse una spiegazione.

Probabilmente approfittando del fatto che suo figlio non ci fosse, o probabilmente perché era arrivato al limite, il saiyan si era immediatamente lanciato tra le braccia di quella che per lui era come una sorella, cedendo al turbinio di emozioni che gli stavano appesantendo il petto e scoppiando in lacrime, singhiozzando rumorosamente.
«Chichi mi ha lasciato... ci ha lasciati.» aveva iniziato «Si è presa la casa, si è presa... tutto! Ed io non so più cosa fare, Bulma! Non so più dove andare! In realtà non so più neanche perché sono ancora vivo! In fondo Gohan ha ancora sua madre, io sono rimasto da solo, e... e...»
Non era riuscito a continuare, ma non ce n’era stato bisogno. Bulma aveva capito perfettamente, ed era rimasta di sasso. Davvero Chichi aveva deciso di buttarlo fuori casa? Certo, poteva capire la rottura di un rapporto, ma non riusciva a comprendere la ragione per cui avesse letteralmente cacciato via a calci la sua intera famiglia. 
Intenerita, la giovane donna aveva stretto a sé il ragazzone che in quel momento aveva tanto bisogno di affetto, pattandogli la schiena, cercando di farlo calmare nel migliore dei modi.
«Goku, ascoltami adesso.» aveva detto, con il tono di una madre che, esasperata, cercava di far ragionare il proprio figlio «Vedi, queste cose possono capitare. Può capitare che una coppia non vada più d’accordo e decida di separarsi, e soprattutto non mi stupisce il fatto che sia accaduto proprio a voi due. Vedi, Goku, tu non eri fatto per stare con una donna come Chichi, non sei mai stato fatto per lei. Io la capisco, vedi, non posso biasimarla per la decisione che ha preso, anche se penso sia ingiusto che ti abbia cacciato fuori di casa. Ora... non so come tu prenderai la separazione, ma di una cosa sono certa: tu sei il mio migliore amico, e se hai bisogno di aiuto, sono più che felice di tenderti la mano. Potrai stare qui tutto il tempo che vuoi, e anzi, sarò felice di avere te e tuo figlio in giro per casa. Adesso hai solo bisogno di schiarirti le idee e di riposarti. Al resto penserò io, tu non devi preoccuparti di niente. Siamo intesi?» 
Il ragazzo, sconsolato, aveva annuito debolmente, staccandosi infine dall’abbraccio della propria amica.


A quello, erano seguiti dei giorni a dir poco strazianti.
In relativamente poco tempo, la notizia della separazione di Goku e Chichi aveva fatto il giro della loro cerchia di amici, ed ormai le telefonate al povero malcapitato erano diventate frequenti.
«Mi dispiace tanto, figliolo.» aveva detto Genio, con fare paterno «Ma vedrai, tutto si sistemerà. Non è la fine del mondo, in fondo ci sono così tante belle ragazze!»
«E non sei contento?» aveva proferito Crilin «Se un’oca del genere fosse uscita dalla mia vita, probabilmente avrei dato una festa! Non deprimerti, amico, meriti decisamente di meglio!»
Ma, nonostante le parole di tutte le persone a cui voleva bene fossero leggermente di conforto, Goku non si sentiva affatto meglio. Anzi, ogni giorno che passava si sentiva sempre di più scivolare in un baratro da cui difficilmente sarebbe uscito.
E non perché Chichi l’aveva lasciato, oh no.
Ma perché non aveva più una famiglia, non aveva più una moglie, non aveva più una casa, non aveva più radici. In pratica, non aveva più nessun punto di riferimento, non aveva più nessuno da proteggere.
Certo, c’era Gohan, la luce della sua vita, ma ormai il suo adorato bambino stava crescendo e, grazie agli allenamenti intensificati di Junior, stava diventando ogni giorno più forte. Ed un giorno, forse, avrebbe superato persino suo padre, e non ci sarebbe stato più bisogno di proteggerlo.
Ormai, Goku sentiva di non avere più uno scopo nella vita.
Così si era praticamente trasferito nella sua nuova camera, e passava le giornate a guardare in tv smielate e deprimenti telenovelas e a piangersi addosso. Ormai mangiava pochissimo, e beveva quanto bastava per sopravvivere; si alzava dal letto soltanto per lavarsi, e poi tornava dritto da dov’era venuto.
Non era neanche sicuro che in quella casa si ricordassero ancora della sua presenza, ormai.

*

«Cosa?!»

A quella rivelazione, Vegeta si era lasciato schiacciare dalla potente forza di gravità sotto la quale si stava allenando, rovinando pericolosamente al suolo, e finendo per incrinare qualche mattonella al contatto col suo corpo.
Non voleva crederci, questo era veramente troppo.

«Mi rifiuto categoricamente di pensare anche solo alla possibilità di dover condividere lo stesso tetto con quell’essere, donna!»

Accidenti, era già troppo difficile per lui condividere lo stesso pianeta con Kaharoth, figuriamoci il tetto di casa. Poteva sentire la puzza del suo cervello in putrefazione dall’interno della gravity room. 
Non gli interessava per quale motivo fosse diventato un senzatetto, ma era convinto che se lo meritasse, dato il suo essere tremendamente idiota. Probabilmente quella santa donna della sua ex moglie si era stancata di avere un perdigiorno come marito, e giustamente aveva deciso di abbandonare lui e quel pappamolle di suo figlio in mezzo ad una strada. Ma perché, per i problemi sentimentali di quegli stupidi terrestri, doveva rimetterci lui?!

«Credo proprio che dovrai farci l’abitudine invece, mio caro.» aveva risposto Bulma, parlandogli dal monitor «O temo che il prossimo a venire cacciato di casa sarai tu.»
«Come osi parlarmi in questo modo?!» aveva sbottato Vegeta «Io sono il principe dei saiyan, maledetta donna! Non il tuo stupido mantenuto! Per quanto mi riguarda, posso togliere le tende anche subito!»
«Okay, ma poi non venire a lamentarti se finirai in mezzo a una strada a chiederti dove potrai allenarti senza i miei macchinari! Ti consiglio di pensarci molto bene prima di togliere le tende, vostra maestà!»

Il principe dei saiyan, a quelle parole, non aveva risposto. Aveva semplicemente ringhiato impercettibilmente, rialzandosi soltanto per poter nuovamente azzerare la gravità, e decidendo che, almeno per il momento, il suo allenamento avrebbe potuto considerarsi concluso. 
Proprio non riusciva a credere che la sorte fosse così maligna nei suoi confronti. Lui e Kaharoth che condividevano lo stesso tetto. Lui che doveva trattenersi nell’uccidere Kaharoth. Lui che avrebbe incontrato Kaharoth nei corridoi, e quell’idiota che l’avrebbe probabilmente salutato con quel sorriso da pesce lesso e quella sua aria da perdente. 
No, questa era una cosa che non poteva accadere.
E non poteva accadere perché era lui, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, a non volere che accadesse.
Mai nella vita si sarebbe abbassato a tanto.

 *

Dopo aver abbandonato su due piedi suo padre e la sua migliore amica sulla porta di casa, comportandosi da gran maleducato, il piccolo Gohan aveva volato a tutta velocità in direzione dell’unica aura che in quel momento avesse voglia di percepire. Quella dell’unica persona che avrebbe saputo come calmarlo da quell’orrenda crisi di nervi che lo stava colpendo dal momento in cui sua madre aveva deciso di dare il benservito a lui ed al suo adorato papà.
Certo, Gohan era piccolo ma non stupido, capiva perfettamente che, alcune volte, forse, era meglio mettere un punto finale a quelle storie tra adulti, ma non riusciva proprio ad accettare che proprio le due persone che più amava al mondo fossero dovute arrivare a tanto.
Perché, poi? Cosa c’era che non andava nella loro famiglia?
Forse, era proprio Gohan il problema.
Il povero bambino si era sentito tremendamente di troppo, nel momento in cui aveva visto sua madre guardare suo padre con quello sguardo glaciale. Si era sentito tremendamente di troppo, nel momento in cui la sua mamma aveva iniziato, furiosa, a lanciare i piatti contro il suo papà. E si era sentito tremendamente di troppo, quando la sua mamma gli aveva detto che gli avrebbe sempre voluto bene e che avrebbe potuto tornare a trovarla ogni volta che ne avesse avvertito il bisogno.

Furioso con sé stesso, e preso da una tristezza che mai nella sua vita avrebbe voluto provare, il piccolo saiyan era atterrato nei pressi di un grosso deserto roccioso al centro del quale era seduta la possente figura di Junior, intenta a meditare.
Ignorando il fatto che il suo amato amico namecciano avesse da fare, Gohan gli era immediatamente saltato al collo, preso dallo sconforto più totale, stringendolo come probabilmente mai aveva fatto in tutta la sua vita, e scoppiando in un pianto disperato.

«La mamma ci ha cacciati via!» aveva urlato, in preda alle lacrime «Ha lasciato papà e ci ha cacciati via!»

Junior, dal canto suo, non sapendo esattamente cosa fare, si era limitato a stringere il suo piccolo allievo fra le braccia, carezzandogli dolcemente la schiena, e permettendogli di sfogarsi.

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-JAY
   
 
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