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Autore: meiousetsuna    26/07/2019    4 recensioni
[SpongeBob SquarePants]Questa storia si è classificata seconda nel contest: Elisir, pozioni e distillati, di wurags
Pozione scelta: Distillato della Morte Vivente. Prompt usati per il punteggio: droga, speranza
[Personaggi principali: Spongebob Squarepants, Patrik Stella, Eugene Harold Krab, Squiddi Tentacolo]
Tutto sembra procedere bene nella ridente cittadina di Bikini Bottom, ma una minaccia orribile incombe su uno dei suoi abitati più buoni e amati di sempre. Riusciranno i nostri amici a tornare a essere felici?
Esiste una magia così potente da curare tutti i mali?
Scopritelo con me, marinai! ^-^
Un bacio, Setsuna
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mr. Krab, Patrick Stella, Sandy Cheeks, SpongeBob Squarepants, Squiddi Tentacolo
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa storia si è classificata seconda nel contest: Elisir, pozioni e distillati, di wurags
Pachetto usato: Distillato della Morte Vivente. Prompt usati per il punteggio: droga, speranza
Note sul titolo e disclaimer preciso sulle età e rappresentazioni dei personaggi: nella storia
Avvertimenti: tematiche delicate, lime ― citazioni musicali de “La Sirenetta” della Disney (modificate nella parte finale, la terza citazione)
I personaggi “giovani” nell’economia delle età delle diverse specie marine sono intesi in questa fiction, in versione umana, come compresi tra i sedici e i diciotto anni. (In realtà sono sulla trentina)


eternl-sunshine

“In fondo al mar! In fondo al mar! La vita è piena di bollicine, credi a me!”
La voce di Patrick non avrebbe potuto essere più stonata, e non era una mera illazione; tutti i pesci e i molluschi, che all’uscita dal ‘Bikini Cinema’ si erano intrattenuti a scambiare accesi commenti sul film, decisero che portarsi a una distanza di una decina di metri fosse il minimo per salvaguardare le proprie cavità delegate a ospitare gli organi dell’udito ― giacché di orecchie non si poteva parlare.
Solo Spongebob non avrebbe mai badato a quel dettaglio: Patrick era il suo più caro amico, la stella marina più simpatica e generosa che si potesse desiderare di conoscere negli oceani di tutto il mondo, e di fronte a lui pochi avrebbero osato sostenere il contrario.
“Che ne pensi, Patrick, non era bellissima la sirenetta di colore? Mi è piaciuta un sacco, era fantastica!”
Gli occhioni blu assunsero una vistosa forma di cuore mentre le mani guantate della spugna si univano a enfatizzare il suo aspetto sognante.
“Così sexy! Peccato che non ne vedremo mai una altrettanto carina nella nostra città!”
Patrick restò per qualche secondo a bocca aperta, con un’espressione un tantino vacua, grattandosi la testa con la punta che fungeva da mano destra.
“Io non ho notato niente di strano… dovevo? Sono stupido, allora?”
“No, Patrick, sei semplicemente il migliore”.
La scoiattolina Sandy si avvicinò all’invertebrato, abbracciandolo con calore, per poi sistemarsi il vezzoso fiore color malva che adornava il casco da palombaro, cosa probabilissima e anche utile in caso di confusione con altri roditori che si fossero avventurati nella medesima situazione.
“Tutte queste effusioni mi danno il voltastomaco…” Squiddi la piovra quella sera era del medesimo umore di tutti i giorni: un mix di acido e scostante che mal gli faceva tollerare di vedere gli altri felici e che si scambiavano manifestazioni d’affetto. “Io me ne torno nel mio elegantissimo monolite dove non siete invitati, e non chiedetemi di cambiare idea”.
Detto fatto l’odioso cefalopode puntò due tentacoli sui fianchi come per dire: ‘so che state per strisciare’ ma non accadde nulla del genere. Egli andava particolarmente orgoglioso del suo moai, tanto da realizzare una targa in corallo con l’indirizzo scritto con madreperle: 122, Conch Street. Era persino giunto a farsi fotografare vicino all’indicazione con un buffo cappello chiamato deerstalking e una mantellina scozzese che avrebbero dovuto rievocare non si sa quale famoso divo della specie terrestre.
“Arrivederci, Squiddi, se ci ripensi saremo tutti al Krusty Krab per gustare la versione speciale del Krabby Patty”, Spongebob si passò una mano in cerchio sulla pancia “deve essere una vera delizia! Vale la pena di fare un po’ di fila”.
Solo l’ottimismo della spugna gli poteva far definire un’interminabile coda composta da almeno metà degli abitanti di Bikini Bottom ‘un po’ di fila’, ma il suo entusiasmo convinse Patrick e Sandy; in ultimo, con un paio di occhiali da sole che avrebbero dovuto mascherarlo, anche un nervosissimo Squiddi si unì, non senza cercare di barare passando davanti a una signora pesce con i suoi pesciolini celesti, che si rivelarono delle torpedini che lo rimisero in ordine dandogli la scossa tutti insieme.
Quando circa tre ore dopo riuscirono a sedersi, Eugene Harold Krab in persona (o meglio in chele, guscio e occhietti) si parò di fronte a loro con un’espressione furiosa.
“Spongebob! Possibile che tu sia così sfacciato da venire nel mio locale proprio durante le ferie non meritate che mi hai estorto? Cos’è, ti piace vedermi sgobbare!? Io dovrei soltanto contare soldi!”
“Ma Mr. Krab, ho chiesto un giorno di permesso dopo aver lavorato per sei mesi senza fermarmi mai… anche io vorrei gustare un fantastico Krubby Exotic Patty, la prego!”
Il vecchio granchio rimase dubbioso, poi un sorriso sinistro aleggiò sull’apposita fenditura del suo carapace atta a mangiare e parlare, anzi gridare ordini. Non era un grande misero che il suo ristorante fosse in realtà una trappola per aragoste, che erano drasticamente diminuite dall’apertura, anche se la particolarità per la quale era celebre era la misteriosissima salsa. Voci maligne sostenevano che si trattasse semplicemente di ciò che era caduto a terra durante una sanguinaria lite con l’acerrimo rivale Plankton, visto che era talmente tirchio che aveva di certo raccolto anche la sporcizia pur di non gettare via nulla, conferendo così al condimento quel gusto unico. Più unico che raro, in effetti. In vista dell’evento cinematografico dell’anno aveva dipinto alla bell’e meglio un cartello a forma di sirena che indicava la possibilità solo per ventiquattr’ore di assaggiare l’hamburger edizione limitata, con una speciale carne esotica per il loro tratto di mare. La squallida realtà, però, era che l’astuto crostaceo aveva ritenuto più che sufficiente aggiungere un additivo chimico chiamato ‘La chimera dei sette porti’ e incassare tanti bei dollari marini* extra, visto il prezzo raddoppiato. Preso da una grande rabbia all’idea di fare da cameriere al giallo porifero, il malefico crostaceo si fregò le chele e, con un ghigno che insospettì solo Sandy e Squiddi, improvvisamente cambiò tono.
“Oh, ma certo, come ho potuto essere così insensibile! Quattro hamburger in arrivo gente!”
“Visto, anche Mr.Krab ha un cuore, basta cercarlo sotto la corazza”. La bontà d’animo di Spongebob era nota, anzi era considerata esagerata, per cui Squiddi strinse gli occhi già colmi di sospetto allo stadio naturale unendosi a Sandy prima ancora di proferire parola.
“Per me un Krubby Patty classico”.
“Io vorrei solo le patatine alle alghe, devo mantenere la linea”. Fece eco la scoiattolina.
“Ma certo, certo”. La gentilezza di Krab era sincera come l’indicazione ‘biosolubile senza polifosfati’ sulle targhette del cimitero di bottiglie di plastica che galleggiava su Bikini Bottom nei giorni di mare mosso.
Il granchio corse in cucina canticchiando per coprire i rumori mentre con agitazione febbrile rovesciava tutto il contenuto del frigo sul tavolo da lavoro per cercare qualcosa di adatto a giocare un bel tiro a Spongebob, e finalmente un pacchettino nascosto sul fondo da chissà quando attirò la sua attenzione.
Sulla confezione c’era il disegno di un pesce sferico, coperto di aculei bianchi. Se il crostaceo avesse approfittato delle scuole serali avrebbe appreso a  leggere il giapponese, e quindi la scritta: ‘Pesce palla a filetti di Capitan Frozen, consumare in piccole quantità, contiene tetrodossina’.**
Non avendo però tale capacità, Krab si accontentò di pensare che un prodotto scaduto o mal conservato  avrebbe causato un mal di pancia epico a quella spugna sbruffona, attuando la sua vendetta. Peccato che nel cartone ci fosse rimasto un filetto solo… preparata l’ordinazione mise tutto su vassoio azzurro racandolo con solerzia al tavolo dei soli avventori rimasti. Le esclamazioni di giubilo di Spongebob lo facevano gongolare aspettando di vederlo contorcersi sullo sgabello, ma non aveva fatto i conti con la gentilezza del suo cameriere abituale.
“Eccolo, è lui! Pronti, via!” La spugna stava per addentare il primo boccone, quando lo sguardo pietosamente lacrimevole di Patrick gli trafisse il cuore.
“Facciamo a metà”. L’amicizia era decisamente più importante che mangiare un piatto prelibato, pensò, ma quello con cui non aveva fatto i conti fu l’espressione di pura estasi che si dipinse sul viso espressivo della creatura marina rosa. Spongebob rimase con le mani a mezz’aria, osservando il rivolo di saliva che scendeva dalla bocca di Patrick, il quale non osava dire nulla. Con un sospiro, la seconda metà del panino apparve nel piatto della stella, scambiato col solito innocuo hamburger.
“Mr. Krab, amico!” Ma come? Da quando erano in quella confidenza?
“Spero ti sia piaciuto, Patrick” Eugene stava sputando l’equivalente della bile “mi dispiace che ce ne fosse uno soltanto… purtroppo il bagno è allagato, se ti servisse”. Sandy smise di spilluzzicare le patatine.
“Come allagato, siamo sott’acqua!” Solo in quel momento si ricordò delle peculiari leggi della fisica che erano attive nella cittadina sommersa.
“Non mi serve il bagno, vorrei un altro Exotic Patty, per favore”.
“Ho finito l’ingrediente segreto, purtroppo, dovrei cercare nei rifiut… hem, nel magazzino, e ora è notte, devo chiudere”.
“Ma io lo voglio!”
Poteva sembrare una frase come un’altra, quella di un goloso, ma non a Squiddi, con la sua tendenza a cacciare la lunga appendice nasale nei fatti altrui, e alla spugna più empatica del fondale marino.
“Andiamo, Patrickuccio, Mr. Krab è stato già così disponibile, torniamo a casa, dai. Lungo la strada ci possiamo fermare al Goofy Goober a bere un frullato di anemoni”.
“D’accordo, Spongebob”. Il tono della stella non era proprio il solito. C’era un fondo amaro nella voce, e un’attitudine nervosa negli scatti delle sue cinque punte rotondette. Gli amici si salutarono, Sandy mandando baci dal suo scafandro, Squiddi strisciando via alla chetichella, e Spongebob e Patrick andando via a braccetto, cantando le canzoni del film della sirenetta appena visto. Ma mentre la spugna era particolarmente esaltata da Ariel, Patrick, controllando un leggero tremito della punta destra, si esibì in un brano molto diverso.
‘Triste anima sola, tu sai, perché…’
I raggi di un sole splendente trafissero la superficie delle acque, illuminando le strade di Bikini Bottom, fino a infiltrarsi nell’ananas super accessoriato che era la ridente casetta di Spongebob. La vacanza di una giornata era terminata, ma questo non era motivo di depressione per un animo spumeggiante come quello del giovane Squarepants; il tempo di fare colazione e indossare un paio di calzoncini marroni, camicia bianca e cravatta rossa ― del tutto identici al pigiama ― e la vispa spugna era pronta. Quando arrivò di fronte al Krusty Krab la sua sorpresa nel trovare il motoscafo della polizia parcheggiato all’entrata fu grandissima. Il Capo della Polizia era suo amico, un po’ come tutti, e non si fece pregare troppo nel raccontargli quanto avvenuto. Durante la notte qualcuno si era introdotto nel locale, ritagliando una strana sagoma nella serranda sul retro, per poi rovistare in giro in cerca di cibo.
“Poverino, il ladro avrà avuto fame, forse ha bisogno d’aiuto”. Spongebob era un tipo facile alla commozione se vedeva qualcuno soffrire “e poi si capisce che non è un grande criminale, guardate come ha rotto la serranda, non ha nemmeno usato un piede di porco, l’ha tagliata a forma di stella, come i bambini umani con le formine, è strano, no?”
Quello che era invero peculiare erano il tasso di ingenuità e il quoziente d’intelligenza dei partecipanti al discorso, pensò Squiddi. La piovra era uscita per trovare qualche maldicenza fresca di giornata da raccontare e aveva ascoltato tutto restando nascosto dietro un ciuffo di alghe. E la stranezza più grande non era quella. Tutti si sarebbero aspettati di vedere Mr. Krab disperarsi e contare persino i centesimi che avrebbe dovuto spendere in riparazioni, visto che certo non pagava un’assicurazione. Invece la sua tristezza aveva qualcosa di posticcio… Poco dopo la volante andò via, permettendo l’apertura del locale. Spongebob entrò fischiettando per indossare il grembiule e cominciare a lavorare di buona lena, ma il vecchio granchio lo aspettava all’ingresso.
“Sei licenziato con effetto immediato, ahahahah!”
Cosa? Ma Mr. Krab, io…” La spugna era allibita, ma il peggio doveva ancora arrivare. Di fronte alla piastra degli hamburger c’era Patrick, e stava arrostendo la carne a doppia velocità, con gli occhi iniettati  di sangue e un orlo di schiuma che colava dall’angolo destro della bocca a mezzaluna.
“Non capisco…” Gli occhioni azzurri di Spongebob si stavano velando con quelli che promettevano di essere enormi lacrimoni, perché non avere un lavoro e uno stipendio erano cose accettabili, ma il tradimento del suo migliore amico, no!
“Patrick prende metà del tuo salario e lavora dodici ore al giorno senza problemi, lo sapevi? E adesso se non vuoi ordinare qualcosa vattene, devo controllare l’incasso, stiamo già andando bene”.
Piegandosi all’altezza del suo inesistente punto vita l’ex cuoco/impiegato/servo del crostaceo si allontanò sconsolato, mancando di avvistare Squiddi che si era mimetizzato col fondale.
“Posso averne un pezzetto, ne ho bisogno…” Patrick era scosso da un lieve tremito, mentre aspettava che Eugene gli lanciasse un bocconcino di pesce palla. E sì, l’aveva reperita una piccola scorta e con quella la possibilità di avere uno schiavo consenziente; sarebbe andato avanti solo qualche giorno, poche settimane al massimo, giusto il tempo di dare una lezione a quella spugna sbruffona e vederla tornare a supplicare per il suo lavoro, offrendosi di non chiedere mai ferie per i prossimi tre anni. Oppure poteva tenerli entrambi, ma il rischio che Spongebob scoprisse che il collega non percepiva in realtà alcun guadagno sarebbe stato troppo elevato. Ci avrebbe pensato dopo, ora le proprie pupille a forma di simbolo del dollaro erano l’unica percezione chiarissima che riuscisse ad avere.
Chiunque conoscesse un pochino Spongebob ― cioè tutta Bikini Bottom, volente o nolente ― sapeva che era tenace, volenteroso e solare, quindi se avesse scommesso sul suo aver subito perdonato Patrick avrebbe vinto. Decisa a fare pace, la spugna attese impazientemente l’orario di chiusura del locale, ma la serata non terminò come previsto.
“Hey, Patrick, ti aspettavo!” Un bell’abbraccio stritolante sarebbe stato la risposta adeguata, ma non fu così. La stella marina si girò con fare rabbioso verso l’amico di una vita.
“Devi smetterla, hai capito? Non starmi addosso, ecco”. La voce dell’echinoderma era impastata e cattiva. Come si potesse usare quell’aggettivo per Patrick era un mistero, ma era la verità.
“Andiamo, non sarà un lavoro da quello sfruttatore a farci litigare, vero? Non posso vivere senza di te, lo sai”. Spongebob si protese verso di lui pronto a stringerlo, ma successe l’impensabile. Con un colpo molto violento sul viso Patrick aveva fatto rotolare a terra l’amico, facendogli sanguinare il naso.
“Ti ho detto che non ho bisogno di te, Mr. Krab è l’unico che tiene a me, non farti più vedere, come devo spiegartelo?”
Non si sarebbe sentita volare una mosca ― visto che quei fastidiosi insetti non avevano imparato a trattenere il fiato sott’acqua ― ma neppure il più minuscolo organismo marino stava osando emettere una bollicina d’ossigeno. Nel silenzio denso come una chiazza di petrolio, Spongebob si rialzò senza dire nulla, scappando verso casa colmo di disperazione.
Dire che Perla, la bionda balena figlia adottiva di Mr. Krab, fosse molto legata a Spongebob sarebbe stato eccessivo; però nutriva una buona opinione su di lui e una pessima di suo padre, per cui dopo qualche giorno di incertezza l’adolescente si decise a parlare.
Gary, la lumaca domestica della spugna, richiamò l’attenzione del suo coinquilino col suo verso caratteristico: “Miao, miao!”
“C’è una telefonata? Grazie, Gary”. Spongebob era davvero in pena, vistose occhiaie violacee gli sottolineavano i grandi occhi “Pronto, chi parla?”
“Sono Perla, mi dispiace disturbare, ma penso di doverti avvertire di qualcosa… sai che il mio vecchio è un tipo difficile, ma da una settimana ha passato il segno”.
Mentre la conversazione proseguiva, la lumaca marina aveva preparato il consueto ottimo caffè accompagnato da toast con la marmellata e li aveva serviti a Spongebob, che cercò di versare il pane nella tazza e addentò la caffettiera senza neppure accorgersene. Alla fine della chiamata una nuova espressione si era dipinta sul suo viso rettangolare. Non sapendo a chi votarsi, la spugna si guardò intorno, fino a fissarsi su uno dei suoi oggetti preferiti, il bellissimo poster di Waterman e Supervista che adornava il salotto. Cosa avrebbero fatto i suoi supereroi di riferimento al suo posto? Non avrebbero perso la speranza, perché se la loro frase più celebre era ‘Il male è sempre in agguato!’, proprio per questo i due anziani combattenti si rimboccavano le maniche e tentavano con tutte le loro capacità di risolvere le situazioni impossibili. Un desiderio si può realizzare, pur di non perdere la capacità di crederci. Poteva Spongebob sognare di salvare Patrick? Sì, certo! Detto fatto il porifero si lanciò fuori di casa, correndo a super velocità verso la roccia sotto la quale abitava la stella rosa. Certo, erano due metri di distanza, ma che fiatone!
“Patrick? Sei rientrato?”  La spugna spostò un sasso che stava fungendo da ostacolo, ma quello che vide lo lasciò senza fiato. La stella era in tali condizioni che solo chi la conosceva bene l’avrebbe identificata al primo colpo. Gli occhi sgocciolavano pus e la lingua era gonfia a causa dell’irritazione delle mucose a contatto col veleno di pesce palla; il corpo di Patrick era smagrito, le punte corrose da un continuo sfregare nervoso una contro l’altra e una pozzanghera di liquame che doveva essere vomito galleggiava accanto a lui. Quando vide il suo amico giallo, la stella accennò una risata sgangherata.
“E tu chi saresti, hum? Uno sgherro di Krab? Non posso venire a lavorare, voglio solo il filetto… da quando i pezzi di formaggio svizzero parlano, comunque? Non esisti, vero, sono io che ti vedo?”
Chiunque altro al posto di Spongebob avrebbe gettato la spugna, ma non poteva mica buttare se stesso!
Doveva esistere una soluzione, un filo di speranza al quale aggrapparsi, un’idea geniale.
“Spongebob”. Squiddi li aveva raggiunti senza far rumore. “Di norma non lo farei e mi devi un grosso favore, però questa volta penso di doverti aiutare, Krab merita di finire in prigione per questo. La cosa più importante adesso è salvare Patrick, altrimenti chi chiamerò stupido per tutto il giorno?”
“Oh, Squiddi, non ho mai prestato ascolto a chi ti chiamava lurido spione, verme doppiogiochista, seppia che si spaccia per piovra, e…”
Ho capito! Ma non pensare di mollarmi tutto il problema! Ti porterò da qualcuno esperto di casi disperati, e dovrai collaborare”.
“Farei qualsiasi cosa per il mio più caro amico, ma non so che pesci pigliare!” I suddetti ittiopsidi, che non ci tenevano particolarmente a essere catturati, corsero via veloci; nuotare no, non avevano ancora imparato bene, la piscina di Bikini Bottom non era molto attiva.
Però quanto a te quanto a quel che non puoi fare che tu per te qualcosa da poter fare dovrebbe esserci***
Di fronte a tale cultura e saggezza Spongebob rimase a bocca aperta, e capì di aver sempre sottovalutato Squiddi, la piovra filosofa, sapiente e geniale.
A Plankton non pareva vero di sentir riconoscere le sue doti di scienziato squinternato e soprattutto di mettere nei guai l’odiato nemico Krab: tutti i clienti del granchio sarebbero passati al Chum Bucket, rendendolo milionario.
“Questa è una macchina dello spazio-tempo-realtà-dimensioni parallele. Chiaro, vero?”
Spongebob annuì vistosamente, per concludere con un bel: “NO!”
“Mi prendi in giro, coso coi buchi?” Plankton era piccolissimo, ma fieramente attaccabrighe.
“Non volevo farla restare male… ma qualsiasi cosa significhi, mi fido”.
Patrick era svenuto da un po’, per fortuna, così fu più facile posizionarlo in una strana cabina di vetro nella quale prese posto anche Spongebob.
“Ricordati, hai tre ore per mostrare a Patrick a cosa sta rinunciando, poi la porta si aprirà di nuovo e quello che sarà stato sarà stato”.
La spugna prese un bel respiro; doveva farsi forza e sperare che Nettuno gli portasse fortuna. Un movimento vorticoso gli fece girare terribilmente la testa, mentre il suo amico restava incosciente. Quando l’oceano smise di dargli il mal di mare, Spongebob posò i piedi sulla sabbia bianchissima, e si passò le mani tra i capelli, per poi rendersi conto di cosa aveva appena fatto. Capelli? Sì, biondi capelli mossi decoravano la sua testa umana, il suo nuovo corpo era di statura molto minuta, ma chi se ne importava? Tutto quello che gli interessava era vedere la versione in forma di ragazzo di Patrick che si stava svegliando, guardando con stupore le proprie mani grassocce. Era molto più alto di lui, paffuto, con un gran ciuffo di capelli rosa e braccia e gambe molto tozze.
“Ma cosa è successo? Spongebob, sei tu?”
“Sono io, Patrick! Come ti senti?” Il biondino si avvicinò con impazienza all’amico. “Questa trasformazione non durerà molto, e non ci serve, è perché in questa dimensione tu… ecco, non hai quel problema. Così possiamo parlare e progettare quante cose fantastiche potremo fare insieme quando ti sarai ripreso”.
“Ma non sono bello e intelligente neppure così… forse dovresti lasciarmi stare”. In meno di un attimo Patrick si trovò ad atterrare sul soffice fondale, spinto dallo slancio con cui Spongebob si era tuffato su di lui, stendendosi sulla sua pancia per guardarlo in modo adorante.
“Pensi quello che penso anche io? Non ti ricorda niente questa situazione?” E no, l’ex stella non brillava per acume nemmeno in quelle vesti, così a Spongebob non restò che schiarirsi la gola e cominciare a cantare.
“Lui ti è accanto, se ne sta sdraiato lì! Non sa cosa dire ma, i suoi occhi ti parlano…”
La metamorfosi della sirenetta! Come aveva fatto a non capirlo? Con le lacrime agli occhi, Patrick canticchiò col suo vocione stonato.
“Lui ti piace, tanto tanto da morir! Forse tu gli piaci ma, lui non sa come dirlo, ma non servono le parole sai, allora bacialo!”
Il bacio più dolce e travolgente che si fosse mai visto in fondo ai sette mari unì le labbra di Spongebob e Patrick, seguito da un insicuro contatto di lingue che diventò sempre più urgente e appassionato, perché era il bacio del Vero Amore. Le mani avvolgenti di Patrick erano strette intorno a Spongebob, con una timidezza che lo rendeva ancora più adorabile, mentre il più piccolo scoprì che la forma degli umani gli piaceva proprio parecchio! C’era una bella pancia cicciottella sulla quale sentirsi comodo e al calduccio, delle braccia grandi che lo proteggevano, capelli morbidi da pettinare con le dita… e quello era solo l’inizio. Mentre le stelle marine avevano sviluppato una biologia piuttosto complicata, le persone avevano tutto così a portata!
“Patrick, sei l’unico che vorrei nella mia vita”. A quella affermazione seguì un contatto audace sottolineato dall’espressione di stupore deliziato dell’altro. Ma cosa… che pesci erano quelli? No, erano hamburger, tanti, piccoli, di quelli innocenti e con un faccino dolcissimo e stavano cantando per loro!
“È il momento, guarda che laguna blu, ora devi muoverti, questo è il momento tuo… Lui non guarirà, finché tu non lo amerai, e allora amalo!”
Spongebob non si fece pregare, mentre su di loro si formava un meraviglioso arcobaleno che riluceva di speranza e gioia.
“Patrick… sveglia, amico mio, siamo tornati”. Gli occhi segnati della stella si aprirono, rivelandogli la verità. Erano di nuovo loro stessi, e anche se essere ragazzi era stato bellissimo quella era la sua esistenza, la sua città, gli animali marini a cui voleva bene dal giorno della nascita. Quando fece per chiedere se non si fosse trattato solo di un sogno, vide intorno alla spugna un residuo di alone arcobaleno, e capì che era stata una meravigliosa realtà.
“Io credo di avere bisogno di un pezzo di pesce palla, Spongebob”. C’era una profonda vergogna nella sua voce, ma doveva dire la verità.
“Invece penso di no. Il dottor Hans si curerà di te, e io, naturalmente. Starai a casa mia finché vorrai”.
“Davvero? Ma sarò un fastidio…”.
“Mai, Patrick. Dormirai nel mio letto col salvagente, vedrai che Gary ti farà le fusa, e cucinerò io per te tanti squisiti hamburger di aragosta, come dovrebbero essere fatti. Ci saranno giorni difficili, ma non disperare, perché non sarai solo”.
La stella scoppiò in un pianto dirotto, che accennò a calmarsi solo quando Squiddi fece capolino nel laboratorio di Plankton.
“Ecco, non che mi importi, ma volevo sapere come va, solo con la speranza di avere cattive notizie”.
“Chi ti crede, Squiddi!” Una riottosa piovra si trovò coinvolta in un abbraccio di gruppo, che mostrò di trovare disgustoso, puerile, insopportabile, mentre stringeva tra i tentacoli la coppia più bella e felice di Bikini Bottom.
A che fortuna, vivere insieme, in fondo al mar!

Note:
Titolo= si tratta ― ovviamente―di: “Se mi lasci ti cancello” (Eternal Sunshine of the Spotless Mind) il film che ha toccato l’apoteosi della stupidità degli adattamenti italiani rendendolo famoso per l’involontaria comicità.
Joel e Clementine non sanno che erano stati insieme, ma si erano lasciati. Clementine si era rivolta alla clinica Lacuna Inc. dove cancellano ricordi specifici di una persona. Fa cancellare Joel dalla sua mente; quando lui la cerca, lei non ricorda chi sia. Joel prende la stessa decisione, ma quando ci ripensa scopre di non poter fermare il processo; prima che il suo ultimo ricordo di Clementine venga cancellato, lei dice di amarlo e di tornare a cercarla nella cittadina marittima. A San Valentino, incontra Clementine e rivive la prima scena del film. Clementine va a casa di Joel dove lo trova con la sua registrazione della Lacuna, e capiscono la verità sul loro passato. Pur sapendo che una nuova relazione potrebbe finire decidono di provare comunque a vivere insieme.
Non ho seguito la trama, ma l’atmosfera onirica, l’uso di qualcosa che altera la realtà di chi la usa e i molti riferimenti ai luoghi di mare (c’è anche un personaggio che si chiama Patrick) hanno ispirato la mia via vena citazionista…
*Non so se il denaro abbia un nome, ma sono visibilmente dollari, con due conchiglie disegnate ai lati dell’ovale centrale che si vedono bene solo in primo piano
**Veleno in grado di causare paralisi e in alcuni casi, morte
***Nessuno mi odi, so che sapete: la perla migliore del nuovo Evangelion ^-^

  
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