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Autore: Red_Coat    30/07/2019    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Note dell'autrice: Buongiorno ... è da molto che non ci si sente qui su efp. Come avrete saputo dalle note del mio profilo non sto molto bene e per un pò mi è stato impossibile scrivere. Inoltre questa che andrete a leggere è la penultima parte della storia, e per essere scritta richiedeva un impegno che non ero in grado di sostenere.
Ora va meglio, ma ancora non penso di riuscire a sostenere gli stessi ritmi di prima. Ho deciso perciò di rallentare un pò, anche perchè l'ispirazione è molto limitata e già per scrivere questo capitolo mi ci sono voluti quasi sei mesi. Ogni 15 e ogni 30 del mese, a partire da Agosto, se avrò scritto qualcosa aggiornerò con un nuovo capitolo.
Ovviamente cercherò di dare il massimo, quindi se entro questi giorni non avrò postato nulla vorrò dire che non ero soddisfatta del risultato finale.
Ora veniamo al contenuto di questo capitolo: Siamo giunti all'invocazione di Meteor, ciò significa che manca davvero poco alla fine di FF7 e all'inizio degli eventi di Advent Children, che tuttavia sarà molto diverso dal film, più dark e pieno di mostri sovrannaturali.
Le scene che leggerete sono quelle del videogioco, ma stavolta sono andata a mano libera anche per i dialoghi, affidandomi alla mia conoscenza dell'inglese e alla mia memoria e unendoli a quelli modificati che avevo in mente.
Da adesso in poi sarà questo il mio metodo di scrittura, visto che la presenza di Victor rende tutto diverso, quindi alcuni eventi principali saranno modificati. Altri, come la morte di Scarlet ed Heiddegger, solo accennati, e altri ancora del tutto ignorati dalla narrazione.
Questo è tutto. Buona lettura e buona estate!






Allora giunse infine il giorno, quello tanto temuto, tanto atteso, da troppo tempo preannunciato.
Il giorno dell'inizio di tutto, dell'arrivo dell'Apocalisse che avrebbe spazzato via buoni e cattivi da quel mondo malato ma ancora bramoso di vita, senza concedere ulteriori seconde possibilità.
Ne aveva avute già troppe, un numero infinito di volte.
La meteora apparve nel cielo col suo inquietante colore rosso cremisi, e ad iniziare tutto, a consegnare la materia nelle mani del suo invocatore, non fu il suo vassallo, Victor Osaka, anche se avrebbe voluto e potuto farlo.
No, ma fu il burattino inconsapevole, Cloud Strife, con le sue stesse mani, a cui pur di umiliarlo e fiaccarlo ancor di più nello spirito l'allievo di Sephiroth fu disposto a concedere quell'onore immeritato.


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Come tutte le altre copie, esattamente come loro, Cloud Strife raggiunse Sephiroth al cratere nord quasi due giorni dopo l'arrivo di Osaka, il quale aveva raggiunto il suo maestro percorrendo una strada più breve che gli aveva fatto recuperare il tempo perso per raggiungere la sua anima perduta di bambino abbandonato.
Restò ad attendere vicino alla bara di cristallo, in solenne silenzio e con pazienza, come un condor che aspetta che la moribonda preda dia il suo ultimo sospiro per poi poterne divorare le carni.
Nero, come la notte che avrebbe portato sul mondo che lo aveva accolto.
Prima però il sole doveva tramontare.

 
***
 
Il grande ghiacciaio.
Già il nome era tutto un programma, e per niente di buon auspicio per gli impavidi viaggiatori.
Così era soprannominata la zona circostante il cratere dentro al quale si nascondeva il corpo del Generale, rinchiuso nel suo prezioso bozzolo di solido cristallo.
Era una scalata fatta di ripidi pendii e suggestive grotte, non tanto lunga ma potenzialmente letale per chiunque osasse avventurarvisi per la prima volta e senza le dovute precauzioni.
Victor Osaka la conosceva bene ormai, grazie alla sua precedente avventura in solitaria sapeva come fare per non perdersi nell'immensa distesa innevata che bisognava percorrere per raggiungere la base della vetta, quale cunicolo imboccare per non rimanere bloccato nel macchinoso labirinto del ghiacciaio o esser vittima di una stalattite, quali mostri lo attendevano al varco da affrontare e anche e soprattutto dove avrebbe trovato il suo Generale.
Ma per i membri di AVALANCHE era ben diverso.
L'ambiente era uno dei più freddi e ostili che avessero mai avuto occasione di visitare, quasi la maggioranza di loro stentarono a credere fosse un luogo reale e non il frutto di un terribile incubo invernale, e soprattutto che qualcuno potesse aver sperato di vivere in mezzo a quella landa ghiacciata, sferzata da costanti tempeste di neve e forti raffiche di vento glaciale.
Yuffie Kisaraghi, abituata a climi più tropicali come quello di Wutai del quale era originaria, non riuscì nemmeno a parlare per colpa del freddo.
Cid, da bravo pilota quale era, rimpianse il non avere a disposizione un'aeronave per poter evitare del tutto la parte più faticosa e sorvolare dall'alto (e al caldo) quello spettacolo di ghiaccio, mentre Nanaki rimase per tutto il tempo col naso all'insù ad osservare quel paesaggio così diverso dai canyons infuocati dentro ai quali era nato.

«Chissà cosa c'è oltre quella vetta ...?» furono le sue uniche, incuriosite parole «Bhe, presto lo sapremo.»

Lo avevano liberato dal laboratorio del professor Hojo e riportato a casa. Era ancora molto giovane, ed essendo stato rapito alla sua famiglia quando era ancora solo un cucciolo avrebbe potuto tranquillamente scegliere di restare a casa, a riappropriarsi dei suoi ricordi perduti.
Ma era una creatura del pianeta, la sua età lo spingeva a volersi confrontare con esso e scoprirlo, in ogni suo angolo.
Bramava l'avventura e la scoperta, e ovviamente anche riuscire a rendere fiero di sé suo padre Seto, che per il proprio branco aveva sacrificato la vita.
Per anni aveva pensato che fosse scappato, abbandonando al pericolo lui e la sua mamma. Ritornare a casa lo aveva reso consapevole di quanto fosse stato miope e ingenuo, per questo voleva riscattarsi, e provare a compiere qualcosa di importante per rendere onore alla sua memoria.
Era stato questo a spingerlo a decidere di ripartire con loro e combattere al loro fianco, e più i giorni passavano, più ne era fiero.
Era qualcosa che nessuno della sua razza aveva mai tentato.
Anche Barret e Tifa si ritrovarono come lui ad osservare sbigottiti i dintorni.
C'erano tanta di quella neve e di quel ghiaccio! Ed era tutto così bianco, totalmente compatto e omogeneo. Così tanto da far girare la testa e perdere la bussola. E faceva ... freddo. Un freddo pungente, viscerale. Soltanto un respiro e si sentivano già i polmoni rinsecchirsi.

«Sai una cosa?» osservò Barret, sentendosi piccolo e perso dentro a quello spettacolo della natura, selvaggia e indomabile «Sono i posti come questo che ti fanno capire quanto sia meravigliosa la natura. Comunque, se proprio dovessi abitare in questi luoghi, farei di tutto per renderli migliori.» aggiungendo poi, sempre più riflessivo «Certo, se qualcuno mi dicesse di vivere qui gli direi:'Ma vaff ...', bhe lo sai... Penso che Midgar sia l'esatto opposto di questo luogo.» e finendo per rimpiangere la Shinra, maledicendosi subito dopo e mordendosi la lingua per punizione «Urgh! Ma che diavolo sto dicendo? La Shinra non male?!?»

Tuttavia, la melanconica sensazione di inquietudine che quel posto lasciava in tutti loro fu ben espressa sempre da Wallace stesso, che subito dopo essersi schermito aggiunse, tornando a guardare impotente la bufera che li costringeva a non star fermi per non congelare.

«Stare in un posto simile ...» osservò titubante «Mi fa sentire come se il pianeta non fosse davvero con noi...
Certamente non c'è alcun paragone.
Voglio dire ... il Pianeta non si accorge nemmeno di noi ...»

Sentenza con la quale un certo cetra maledetto di nome Victor Osaka sarebbe stata d'accordo.
Cloud comunque lo guardò negli occhi in silenzio e vi lesse un imbarazzato nervosismo che preferì ignorare. Aveva altro a cui pensare ora che aggiungere dubbi ai dubbi: Seppure con la morte nel cuore erano ripartiti verso la destinazione suggerita loro da Sephiroth, per impedirgli di usare la black materia.
Aerith se n'era andata, ma aveva lasciato loro questa importante missione e a lui quella di prendersi cura di sé.
Mentre rifletteva su quelle parole, lentamente lo squarcio nella sua mente si era allargato e i suoi ricordi nascosti, anche se in piccolissima parte, iniziarono a fuoruscire da esso per mezzo di sogni e inquietudini che però lo terrorizzarono e lo resero inerme, incredulo.
Una notte sognò di nuovo le fiamme di Nibelheim, sé stesso, e all'improvviso vide degli occhi diversi in mezzo alla confusione.
Una voce, ancora quella del suo sogno, gli urlò di correre, poi gli promise di aiutarlo.

«Siamo amici, no Cloud?»

Si sentì ... mancare il fiato e la terra sotto i piedi, si risvegliò sudato guardandosi intorno e scoprendo che il buio e le sue ombre assumevano i contorni sinistri di quel sogno, poi si prese la testa tra le mani e sospirando si concesse qualche lacrime silenziosa mentre cercava di capire.
Fu inutile.
Si sentiva ... Strano.
Come se stesse guardando sé stesso dall'alto e comunque non ci stesse capendo ugualmente nulla.
Sephiroth e tutto ciò che riusciva a fargli e fargli fare non facilitavano di certo le cose.
Non sapeva cosa pensare.
Cos'erano quei sogni?
Di chi era la colpa?
A chi e cosa doveva credere?
Una notte quella voce si fece risentire.

«Non preoccuparti, Cloud. Andrà tutto bene.»

Due frasi nel bel mezzo di un sogno buio.
E per finire la risata tranquilla di Aerith.
Dannazione, c'erano così tanti fili nella matassa!
Come se non bastasse doverla sbrogliare per poi scoprire fossero in realtà due annodate assieme!
Doveva anche ricordarsi di Sephiroth, Victor Osaka e i loro maledetti piani da sventare per salvare il pianeta.
Aerith gli aveva fatto promettere che si sarebbe preso cura di sé stesso, ma da solo non poteva farcela.
Non riusciva a capire neanche da che parte iniziare!
Perciò in quel momento le parole di Barret Wallace, profonde e significative più di quanto apparivano, scivolarono semplicemente sul suo complicato flusso di pensieri e si persero, troppo inutilizzabili, divorate dal resto.
Adesso la priorità era capire come riuscire a superare la scalata.
Ci pensò l'uomo del quale erano ospiti a chiarire loro le idee.
Si chiamava Holzoff, era un vecchio scalatore che tutti davano per disperso da più di vent'anni ma che in realtà aveva trascorso tutto quel tempo in un rifugio di montagna in mezzo al Gaea's Cliff, così si chiamava la zona innevata circostante il ghiacciaio.
Raccontò loro della sua esperienza, di come avesse perso il suo migliore amico durante la sua ultima scalate, e di come questo lo avesse spinto quindi a rimanere lì, al servizio di chiunque altro avesso voluto provare a vedere cosa ci fosse oltre il crepaccio.
Fu utile ascoltarlo.

-Sulla rupe soffia un vento talmente gelido da assiderarti in poco tempo ...- disse loro, quindi li avvisò -Se volete sopravvivere dovrete prendere due precauzioni. Primo, segnate la strada ... È difficile da ritrovare a causa della neve. Secondo, riscaldatevi appena arrivate su un pianoro.-

Quindi concesse loro il tempo per riposare, ben accetto visto che avevano già dovuto camminare a lungo in mezzo alla neve prima di riuscire a trovare (in maniera anche abbastanza fortuita in verità) quel suo rifugio.
Al risveglio, riposati e preparati, non restò che darsi da fare e iniziare anche quell'avventura.
Oramai avevano fatto tanta di quella strada, un chilometro in più non avrebbe certo fatto la differenza vista la posta in gioco.

 
***
 
Dalla sala di controllo dell'Higthwind, proprio come aveva immaginato Cid, la vista del cratere era ben diversa.
Nella sala di controllo, immersi nell'elegante essenzialità degli arredi e cullati dal ronzio dei motori, Rufus Shinra e i suoi collaboratori, la bionda Scarlett responsabile del progetto armamenti e il grasso Heidegger, capo dell'esercito, osservavano affascinati e ansiosi la superficie disomogenea e chiara del grande cratere circondato dalla neve, al centro del quale si elevava una gigantesca colonna di vento. Sembrava una sorta di uragano, che rimaneva costantemente bloccato lì dove, con molta probabilità, si era generato.
La leggenda raccontava di qualcosa precipitato dal cielo agli inizi del tempo, si diceva che il Pianeta ancora giovane avesse continuato a costruirvi intorno il suo guscio. Comunque quella ferita non si era mai rimarginata, e Gaia continuava ad accumulare energia per ripararsi.
L'intento di Sephiroth era quello di infierire sul pianeta e arrivare a danneggiarlo a tal punto da spingerlo a sprigionare tutta la sua energia. Trovandosi proprio al centro del cratere sarebbe così stato investito da essa e si sarebbe appropriato di una forza mai vista prima, riacquistando la vita come un vero e proprio Dio.
Questo era il piano, ma in questo universo dai contorni sfalsati dalla nascita di un figlio di Jenova in più, l'unica persona a conoscerlo oltre al generale e a Victor Osaka era il professor Hojo, che come padre non aveva mai dimostrato talento ma conosceva il bambino che aveva contribuito a creare, ed era riuscito almeno a congiungere i tasselli a sua disposizione giungendo a quella conclusione.
Certo, per il momento era solo teoria.
Ma molte cose avevano contribuito ad avvalorarla, come i vaneggiamenti di Victor Osaka e Sephiroth stesso.
Caith Sith aveva svolto un buon lavoro seguendo i due gruppi a distanza senza perdere nemmeno un istante.
Rufus Shinra era un ragazzo ancora troppo ingenuo, ma doveva ammettere che questa era stata un'ottima idea.
Così mentre gli altri gioivano per aver finalmente raggiunto quella che infantilmente chiamavano la terra promessa, Hojo fremeva di impazienza, perché presto avrebbe potuto avere conferma delle sue teorie e, pure se ancora non lo immaginava nemmeno, anche di quanto fosse stato ingenuo a dare per fallito un esperimento come quel fante di poco conto chiamato Cloud Strife.
 
***
 
Come se non fosse stato abbastanza aver attraversato una landa desolata, corso mille pericoli e perfino scalato un ghiacciaio col serio rischio di morire congelati e disidratati per raggiungere quello che tutti i membri di Avalanche pensavano sarebbe stato il luogo dello scontro finale, a pochi metri dal loro arrivo Cloud Strife e compagni trovarono una macabra sorpresa ad accoglierli.
Tutte le copie di Sephiroth avevano raggiunto il padrone lì, in quel posto sperduto in cima al mondo, e tutte, una dopo l'altra, spirarono sotto i loro occhi invocando il suo nome a fil di voce, gli occhi spenti e vitrei.
Ma il Generale aveva preparato qualcosa di davvero speciale per Strife, il gran finale della sua recita da burattinaio.
D'improvviso si ritrovarono circondati da un'illusione, le rocce del cratere lasciarono il posto alle case di Nibelheim in fiamme, e Tifa si coprì gli occhi per non guardare, piangendo disperata e supplicando Sephiroth di smetterla.

«Non preoccuparti, è solo un'illusione. Ignoralo e se ne andrà.» le suggerì, proprio come si fa con gli incubi.

Questa volta però, Sephiroth non era solo un incubo.

«Illusione, eh?» ghignò, quindi scosse divertito il capo e fece apparire ai suoi piedi una vecchia foto «E questa allora? Anche questa è un'illusione, Cloud?»

Il biondo si chinò a raccoglierla e guardandola sentì il fiato mancargli.
C'erano lui, vestito da fante, una giovanissima Tifa, Sephiroth, e ...
"Zack!"
Quel giovane uomo con la divisa da 1st classe, un sorriso sicuro e la Buster Sword sulle spalle.
Quella spada ...
Quegli occhi ...
All'improvviso i tasselli nella sua mente sembrarono prender posto da soli e dalla nebbia riemerse il ricordo di quel ragazzo, e tutto ciò che gli stava intorno.
In un istante Cloud Strife capì che Zack Fair lo aveva salvato due volte, una sull'altopiano di fronte a Midgar e la seconda tirandolo fuori dal coma per avvelenamento in cui Osaka lo aveva ridotto.
Zack Fair.
Il suo migliore amico ... Il ... primo amore di Aerith ...
Aveva dato la vita per lui, continuando a guidarlo con la sua voce anche molto tempo dopo.
E lui ...
Si sentì mancare l'aria. Alzò lo sguardo e Sephiroth era sparito.
Al suo posto c'era quell'uomo che correva affannandosi per salvare qualcuno dalle fiamme.
Non era solo quella notte a Nibelheim.
Lui ... Non era mai diventato un vero 1st class. E sotto lo schiacciante peso di quella verità tutto il suo mondo crollò in un istante.

«Cloud, Cloud ...» tornò a parlare Sephiroth, ora solo nella sua testa «Io e Victor abbiamo cercato di dirtelo, ma tu sei così bramoso di sentirti umano.
Mentre sei soltanto un guscio vuoto riempito con memorie rubate ad altri ...»
«Basta, smettila di fare l'amico!» sbottò irritato Strife allora, impugnando la sua spada contro un pericolo inesistente «Sei solo un bugiardo! Io ti conosco, sei un assassino, un bastardo e ti odio! Ti odio per tutto quello che hai fatto!»

L'albino rise, tornando a materializzarsi davanti a loro.

«Non fai che ripetere lo stesso copione, Cloud? Non te ne accorgi? È perché non sai fare altro.» gli fece notare, aggiungendo poi «D'accordo, non vuoi credermi? Prova a chiedere a Victor allora, o al professor Hojo. Lui ti ha creato, ha assemblato il tuo corpo e la tua mente ma ha fallito, per questo non hai neppure il numero come tutte le altre copie. Sei solo un burattino venuto male.»
«B-burattino ...?»

Hojo. Cosa sapeva lui di ...

«Chiedi a Tifa.» lo incalzò ancora il generale, indicando la giovane al suo fianco, che all'improvviso arretrò, gli occhi pieni di lacrime e terrore «Lei c'era quella notte. Di lei ti fidi, no?»

Si voltò a guardarla, confuso e sorpreso.

«Tifa...?» mormorò, senza più sapere cosa pensare.

La vide continuare a scuotere con sempre più vigore il capo, tormentandosi senza però aprir bocca.
Sephiroth a quel punto le sorrise perfido.

«Che c'è, Tifa? Perché non parli?» le domandò.

Cloud la guardò e sentì i fili dei suoi pensieri perdersi.
Cosa ... Cosa significava ... tutto questo?
Che voleva dire questa svolta inaspettata?
Sephiroth voleva distruggere il pianeta, non voleva credergli, ma se non era vero tutto quello che aveva detto perché allora Tifa ...
Perché lei reagiva così?

«Tifa ...» ripeté, stordito.
«Avanti Tifa, parla!» la spronò Barret, sempre più nervoso.

Non gli piaceva affatto quella situazione. Non portava a nulla di buono.
Vincent Valentine si limitò ad osservare, tacendo.

«Eh eh eh ...» rise Sephiroth -Te l'ho detto, Cloud.
Sei solo un fantoccio, creato con il corpo di qualcun altro, le cellule della madre ti hanno dato la vita, e hai assorbito i ricordi di chi hai incontrato illudendoti di provare emozioni. Cloud è un nome come un altro, un'identità fittizia che ti sei creato per sentirti meno sperduto.»

Finalmente Tifa sembrò rianimarsi.

«No, Cloud!» sbottò, scuotendolo e guardandolo negli occhi «Non è vero, non ascoltarlo! Io non ... non posso dirti tutto adesso, ma non è così! Tu esistevi anche prima di Nibelheim, te lo assicuro! Io mi ricordo di te! Quella notte sotto le stelle, la nostra promessa! Ricordi?»

Il biondo la fissò senza parole, a bocca aperta sbattendo più volte le palpebre.
Lui ... Si, la ricordava. Ma ...

«È solo un altro ricordo rubato.» insinuò Sephiroth «Tu non sei il vero Cloud, solo un'ombra, un guscio vuoto in cui risiede la Madre. Dovevi essere distrutto, ma ti hanno liberato prima che accadesse. Povero esperimento senza neanche un nome ...»
«Non è vero! Basta! Smettila!» urlò disperata Tifa.

Sephiroth sogghignò cattivo scrutandola, poi fece scomparire l'illusione e di fronte a loro rimase soltanto la sagoma di Zack Fair.

«Tu non provi nulla, Cloud. Solo l'ombra di un sentimento.» concluse malefico «Pensi che ti saresti dimenticato di chi ti ha salvato la vita, se non fosse stato così?»

Infine svanì, così come era giunto, consegnandoli ad uno spettrale silenzio saturo di dubbi.
Cloud tacque, sovrappensiero, guardando il punto in cui l'immagine di Zack era svanita.

«Cloud, Cloud ti prego! Nulla di quello che ti ha detto è vero!» lo implorò in lacrime Tifa.

Lui, una maschera di cera in viso, si voltò lentamente a guardarla, serio.
Gli occhi persi nel nulla, nella mente ancora le parole di Sephiroth.

«Qual è la verità, allora?» le chiese atono e autorevole.

Ma ancora una volta la ragazza tacque, senza riuscire ad esprimersi
Era troppo ... anche per lei.
Era già stato troppo rivivere il giorno in cui la sua vita era cambiata per sempre.
Cloud sospirò, e senza aggiungere altro se ne andò di corsa verso una destinazione a loro ignota.
Hojo. Lui gli avrebbe dato la risposta definitiva, se Tifa non voleva esporsi.
A nulla servirono i richiami e le proteste dei suoi amici, a cui non restò che adeguarsi alla situazione e cercare di raggiungerlo il prima possibile per evitare il peggio.
Inevitabile, visto che ormai il topolino era caduto in pieno nella trappola allestita a regola d'arte per lui.

 
***
 
Quando giunsero nella grande grotta dove riposava ciò che restava del corpo del Generale, la prima cosa che accolse Rufus Shinra e il suo gruppo furono il gelido respiro del Pianeta, un silenzio quasi spettrale, e l'inquietante sensazione di essere costantemente osservati da una presenza colossale che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a localizzare.
Fu proprio alzando gli occhi nel tentativo di riuscirci che, oltre ad individuare un'enorme statua di pietra di una bestia dalle enormi fauci aperte e pronte ad azzannarli, scorsero Victor Osaka.
Se ne stava ad osservarli seduto accanto allo scrigno che proteggeva il suo Niisan, la schiena appoggiata al legno di una gigantesca radice e la suola degli anfibi ben piantata sulla radichetta ad essa collegata.
Sembravano ancora di un albero mastodontico, ed erano quelle a tener saldamente ancorato al soffitto il bozzolo di cristallo del Generale.

«Guarda, Sephiroth ...» fece Osaka, rivolgendosi al fratello che sembrava dormire un sonno profondissimo, non appena tutti ebbero gli occhi puntati su di loro «Abbiamo visite. A questo punto allora anche Strife dovrebbe essere riuscito a trovare la strada.»  un sorriso eccitato sulle labbra sottili.

Quindi si alzò, mise mano alla spada senza estrarla, e come conseguenza Tseng ed Elena si misero davanti al presidente impugnando verso di lui le pistole, il grilletto già premuto a metà.

«Non fare un'altra mossa, Osaka!» lo minacciò il wutaiano.
«Altrimenti che fai, cagnolino? Mi mordi?» sghignazzò il Soldier, abbaiando per prenderlo in giro e ridendosela subito dopo.
«Ah! Ovviamente non potevamo che trovarvi qui, insieme!» s'intromise soddisfatto il professor Hojo «Proprio come avevo previsto. La mia teoria era giusta allora.»

Rise soddisfatto, ma un colpo di pistola sparato da Osaka lo sfiorò di striscio mettendolo a tacere all'istante.
I turk reagirono di conseguenza, ma prima che potessero sparare Rufus diede l'oro l'alt.

«Zitto, scienziato dei miei stivali!» ordinò Osaka ad uno sbigottito Hojo.
«Così quello è Sephiroth...» fece il giovane Shinra, dopo aver osservato a lungo il giovane uomo il cui busto era rinchiuso nel cristallo di mako, lo stesso che formava le pareti attorno a loro.

Victor tornò a guardare il suo Niisan, e voltando loro le spalle sorrise quasi commosso sfiorando la superficie del cristallo all'altezza del viso del Generale, ancora come sempre giovane e sfiorato dalle lunghe ciocche albine dei morbidi capelli.

«Si ...» mormorò, adorante «E presto, molto presto ... grazie a lui tutto il mondo sarà redento.»

Tutta la sua sofferenza sarebbe finita, ormai era solo questione di giorni, forse di ore.
Aveva visto tutte le copie percorrere il lungo sentiero irto di ostacoli in cerca della matrice, e aveva capito.
Sperava solo, follemente, di riuscire a salvare il ricordo di suo padre, sua madre, sua moglie e suo figlio.
Non sapeva come, ma la speranza era sufficiente a mettere a tacere i dubbi.
Importante ora era Sephiroth e la sua vittoria.

«E tu sei venuto a vedere la nostra sconfitta, immagino. Ehehehehe!» rise Hojo, tornando a farsi sentire nonostante le minacce.

Victor fece una smorfia, tornando a voltarsi per guardarli con disgusto dall'alto.

«Per una volta sono costretto a darvi ragione, Professore.
Mai come adesso ...» aggiunse torvo «Sono impaziente di vedervi capitolare tutti sotto il peso dei vostri peccati, luridi assassini bugiardi!»

Strinse i pugni, sostenendo con superbia lo sguardo di Rufus che ancora una volta tacque riflettendo sul da farsi.
In realtà c'era poco da fare, adesso.
Lui non era lì per Sephiroth, non sapeva neanche di trovarlo là.
Hojo li aveva guidati promettendogli la terra promessa, e invece si ritrovavano in mano solo un pazzo e un cadavere.

«Dov'è il mako?» chiese, disinteressandosi alle minacce apocalittiche di Osaka «È questa la terra promessa?»

Hojo rise di nuovo, scuotendo il capo. Ma prima che potesse rispondere un'altra voce si fece sentire alle loro spalle.

«Quindi è qui che succederà tutto ...» mormorò Cloud Strife, avanzando lentamente verso di loro.

Victor lo guardò sogghignando.

«Ah ... Eccolo qui, il bastardo di famiglia.» lo canzonò «Era ora che arrivassi, Cloud. Aspettavamo solo te.»

Gli occhi lucidi, il biondo alzò lo sguardo triste verso di lui.

«Tu sapevi tutto ...» mormorò «Fin dall'inizio. Lo sapevi ...»

Osaka ghignò cattivo.

«Era ora che ti svegliassi! Di certo non puoi dire che non ti avevo avvisato, idiota.»

Anche Hojo rise soddisfatto.

«Perfetto! Questo vuol dire che il mio esperimento ha avuto successo! Quale numero sei tu? Huh? Dov'è il tuo tatuaggio?» concluse però, confuso.

La prova regina, per un Cloud Strife completamente distrutto dal dolore per ciò che il Generale era riuscito a fargli credere fosse la verità sulle sue origini.
Guardò il Professore negli occhi, affranto, e abbassando il capo ammise

«Professor Hojo ... Io non ho un numero. Non me ne avete dato uno, perché mi avete ritenuto un esperimento fallito.»
«Ah!» esultò Osaka soddisfatto «Benvenuto nel mondo reale! Ce ne hai messo di tempo, ahahah!»

Rise. Quasi follemente, e per la prima volta si perse completamente beandosi di quel clamoroso smacco al suo nemico.
Sephiroth, qualsiasi cosa avesse fatto e detto per portarlo a quella conclusione, era stato semplicemente geniale, come al solito.
Oh, era così fiero di essere il suo allievo e suo fratello! Così fiero di lui!
Diversamente, Hojo voltò le spalle a quella creatura in divisa da SOLDIER e si corrucciò. Che beffa era mai questa?


«Cosa?» mormorò tra sé, contrariato «Un fallimento ha fatto questo?»

E a quel punto il fallimento perse ogni controllo, iniziando a singhiozzare, implorante.

«Professore ... Mi dia un numero, per favore ... La prego, professore ...»

Un numero. Un'identità vera. Un indizio dal quale ripartire.
Solo questo cercava. Solo questo ...

«Silenzio, misero fallimento!» gli rispose arcigno quello.
«Oh, non ti preoccupare burattino ...» fece invece Osaka, estraendo dalla tasca del soprabito la black materia e porgendogliela  «Te la do io un'identità tutta nuova ... Vieni. Ti va di darci una mano?» lo invitò.
«Cloud, no!» urlò Tifa, con tutto il fiato che aveva in gola, accorrendo con le braccia protese verso di lui che però le rivolse uno sguardo amaramente triste e le disse, affranto.
«Mi spiace, Tifa ... Davvero ... Davvero tanto ... Sei stata così buona con me... non sono mai stato all'altezza di essere 'Cloud'.»

Incredula, straziata, Tifa cadde a terra in ginocchio di fronte a lui, piangendo disperata mentre l'amico d'infanzia lasciava che il nemico prendesse di nuovo possesso del suo corpo e della sua mente, ormai del tutto inerme e indifeso, come per mezzo di invisibili fili.
Lo sollevò fino a portarlo da loro, poi lasciò che lui, arreso, facesse il resto.
Perché opporsi, ormai?
Ora era tutto chiaro.
Ora era ... Ogni cosa era limpida come alla luce del sole...
Tutto l'odio, la voglia di vendetta ... Erano stati solo un modo come un altro per permettergli di trovare Sephiroth.
Esattamente come le altre copie, non era diverso da loro. Lui non ... 

Adesso perfino le parole di Aerith acquistavano un altro significato. L'unico, forse quello reale. Almeno per lui, così confuso e traviato dalle menzogne del burattinaio.

«Eccomi, Sephiroth ...» mormorò, guardandolo in viso «Sono qui. Ecco ciò che dovevo portarti. Ti chiedo perdono per essere arrivato tardi ...»

Quindi prese la materia dalle mani di Osaka, e avvicinatosi al generale allungò la mano dentro al mako, consegnandogli finalmente l'arma ultima per la conquista del potere assoluto, che scintillando di luce sinistra si attivò, illuminandosi e proiettando fulmini violacei dentro al guscio nel quale riposava il suo invocatore.
A nulla valsero le suppliche e le proteste del gruppo di Avalanche. Cloud ultimò il suo compito sotto lo sguardo vigile e soddisfatto di Osaka, che aveva il compito di proteggere quel momento solenne.
Poi all'istante ogni cosa iniziò a tremare, la grotta prese a sgretolarsi e non restò che scappare, sospendendo ogni discorso e rimandando ogni altra considerazione.
Rufus decise di portare via con sé i membri di Avalanche, aveva ancora tanti dubbi da chiarire e molte cose da dire ora che si era accorto di aver commesso un grave errore di valutazione nei suoi piani per salvare l'azienda di famiglia.

Voleva arricchirsi, aveva finito per assecondare come suo padre i piani di un folle scienziato e per scatenare un'apocalisse.
L'ultima cosa che vide, prima di fuggire, furono gli occhi maligni di Osaka che lo sfidavano e sembravano quasi volerlo divorare.
"Sono il peggiore dei vostri incubi ..." era stata la sua prima minaccia.
Ora non seppe dire con certezza se fu peggio quello sguardo, con cui sancì l'inizio del suo adempimento, o la creatura che li aggredì subito dopo, elevandosi verso l'aeronave Higthwind sulla quale erano saliti per tentare di salvarsi.
Aveva l'aspetto di un drago, con una brillante gemma liquida rosso scarlatto al centro del petto. Emerse con una zampa dalle proporzioni mastodontiche verso di loro e per un soffio non riuscì ad agguantare il velivolo, che oscillò paurosamente.
Sgretolò quindi il cratere con un'intensa ondata di energia, trascinandosi dietro una gigantesca bolla di polvere e detriti, e mentre si alzava in volo l'onda d'urto fu talmente forte da sbalzare Tifa contro il pavimento del ponte della nave. Fu solo grazie al tempestivo intervento di Barret che non precipitò giù, assieme a Cloud, i due fratelli Jenova, e la Black materia ormai del tutto inutilizzabile.
La magia distruttiva era stata evocata, le Weapons, terribili creature distruttrici poste a salvaguardia del pianeta, erano state risvegliate. L'Apocalisse tanto bramata da Victor Osaka aveva così avuto inizio.
Adesso non restava che attendere il temuto scontro finale.

 
***
 
Lo vide allontanarsi, nel buio e nel silenzio, sconsolato e solo.
Lo chiamò, correndo gli incontro, ma non riuscì a raggiungerlo e cadde a terra in ginocchio, col viso tra le mani.
Non era riuscita ad impedirglielo ...
Non era stata abbastanza coraggiosa e forte da andare contro sé stessa per salvarlo, per smascherare le bugie di Sephiroth e restituirgli la propria dignità, un'identità che gli permettesse di non venire manipolato così astutamente.
Non ce l'aveva fatta, perché lei non era Aerith.
Lei ...

«Non sapevo cosa fare ...» pianse amara, bevendo le proprie lacrime fino quasi a soffocare «Sono sempre stata così ...»
   
 
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