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Autore: Sabriel Schermann    31/07/2019    2 recensioni
Spencer osservava il suo amico premere vigorosamente i tasti del pianoforte.
Tutti i membri della squadra si erano accorti che non stava bene, come se n’era accorto Ethan, anche se tentava di mascherarlo in ogni modo.
«Nessuno deve sapere che sono stato qui». Il volto gli si corrucciò nella sua tipica espressione da intellettuale: «A casa del traditore».
[ATTENZIONE! Fanfiction ispirata alla puntata 02x18]
[Fanfiction classificata al terzo posto al contest "Secret Love" indetto da Mel-ker sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I Wish I Can Push Rewind

 

 

 

 

 


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Imparerai a tue spese che
nel lungo tragitto della vita
incontrerai tante maschere e pochi volti.

(Luigi Pirandello)

 

 

 

 

Spencer osservava il suo amico premere vigorosamente i tasti del pianoforte, la musica gli vorticava nelle orecchie, ma lui non si trovava realmente in quel caffè, dopo che Ethan aveva insistito affinché restasse, prima di separarsi nuovamente per un tempo che entrambi ignoravano.
Spencer non era affatto sicuro di rivederlo presto. In realtà, in quel periodo non era sicuro di nulla.
Tutti i membri della squadra si erano accorti che non stava bene, come se n’era accorto il suo vecchio amico, anche se tentava di mascherarlo in ogni modo, come gli veniva più naturale fare.
Si sentiva per qualche ragione un completo idiota, una marionetta manovrata da mani che non erano le sue, ma estranee, enormi e infinitamente più forti.
Spencer si sentiva terribilmente solo, abbandonato a sé stesso ed estremamente debole, provando forse le stesse sensazioni che aveva provato anni prima, quando la stessa persona che suonava davanti a lui quella sera lo aveva tradito, implorando poi il suo perdono.
Forse era quella la ragione per cui Ethan, appena varcata la soglia della sua piccola casa, aveva improvvisamente cominciato a carezzargli una guancia, sfiorandogli poi il collo con i polpastrelli e posando delicatamente le proprie labbra agli angoli della bocca del ragazzo, depositandovi dei lievi baci.
«Mi sei mancato» gli sussurrò staccandosi leggermente, osservandolo in viso.
Spencer non poteva negare di provare risentimento per essere stato vittima di un frivolo scherzo, ma allo stesso tempo sentiva un disperato bisogno di lasciarsi il passato alle spalle, tentando di ricostruire con cura il presente.
Con le labbra semiaperte, l’agente riuscì a biascicare un «anche tu» prima che il ragazzo lo spingesse con forza contro lo schienale del divano.
Non aveva mai avuto il sospetto che Ethan fosse omosessuale, forse anche a causa dei discorsi, spesso incentrati sul genere femminile, che il giovane era solito intrattenere con lui. Aveva più volte intuito che gli appuntamenti dell’amico lo lasciassero insoddisfatto, attribuendo a ciò la ragione per cui non riusciva mai a costruire una relazione duratura.
Quella beffa poi, era stata la conferma che Ethan non solo non amasse i ragazzi, ma fosse in realtà un eccentrico omofobo sotto una maschera di magnanima tolleranza.
Quando l’amico alzò la testa per osservarlo in volto, si accorse che Spencer era ripiegato sulla spalliera del divano, il capo riverso all’indietro, ma il corpo rigido tenacemente aggrappato al tessuto color vermiglio.
Le mani ne stringevano prepotentemente la stoffa e le palpebre erano serrate, quasi come se il giovane avesse paura di vedere ciò che stava accadendo attorno a sé.
«Non sei obbligato a stare qui se non vuoi» gli disse Ethan in tono tranquillo, dopo che Spencer tirò su la testa e riaprì gli occhi, sistemandosi i vestiti come era suo solito fare.
Lo vide dischiudere la bocca confuso, forse sul punto di dire qualcosa o forse solo per inspirare l’aria che gli era mancata fino a quel momento.
«Vuoi qualcosa da bere?» insisté Ethan, nel tentativo di allentare la tensione presente da quando avevano messo piede in casa.
Spencer serrò improvvisamente le labbra, facendo un cenno di diniego con la testa, puntando le proprie pupille in quelle dell’uomo dinanzi a lui.
«Nessuno deve sapere che sono stato qui». Pareva la voce di una creatura innocente appena presa a randellate senza alcuna ragione.
Il volto gli si corrucciò nella sua tipica espressione da intellettuale: «A casa del traditore» sibilò Spencer, con l’esplicito intento di ferire colui che si ostinava a considerare ancora un amico.
Per qualche ragione, voleva finalmente fargli provare ciò che aveva provato lui quel giorno, voleva si sentisse rifiutato per ciò che era, ossia un essere viscido, senza coscienza ed estremamente ipocrita.
Ethan adorava quell’espressione, anche se non glielo aveva mai fatto notare, anche se lo prendeva sempre in giro per questo. In verità amava il suo viso piccolo e pieno, anche se quelle parole gli avevano dilaniato il petto.
«So che non sei realmente arrabbiato con me, Spens» lo apostrofò Ethan, sfilandosi il pesante giubbotto e dirigendosi verso la cucina. «Altrimenti non si spiega non solo perché tu sia qui, ma anche il fatto che mi hai baciato» continuò con un’espressione superba e sprezzante al tempo stesso, estraendo una lattina di birra chiara dal frigorifero.
Con le braccia conserte, Spencer mosse qualche passo deciso verso il ragazzo, rimanendo sulla soglia della porta.
«La checca fra me e te sei solo tu, Ethan» dichiarò l’agente tutto d’un fiato, puntandogli un dito contro, prima di prendere la porta e correre giù per le scale. Aprendo il portone del condominio, si guardò intorno, assicurandosi che nessuno lo vedesse. Si allontanò a passo spedito per la strada deserta, promettendo a se stesso di non mettere mai più piede in quel posto.

 

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Rientrando a casa, Spencer aveva appena avuto il tempo di poggiare la voluminosa borsa rossa sulla sedia della sua camera prima che il telefono gli vibrasse in tasca, segnalando un messaggio.
Si sdraiò sul letto esausto, scalciando via le scarpe alla rinfusa, intenzionato a farsi al più presto una doccia e rilassarsi, per potersi preparare al meglio per la prova decisiva che l’avrebbe atteso il giorno successivo.
Estrasse il cellulare dalla tasca, leggendo il messaggio appena ricevuto.

 
 

Ethan

17:00

Devo dirti una cosa…

 

 
Il cuore cominciò a martellargli in petto; non gli pareva affatto Ethan il mittente del messaggio dal modo in cui gli si era rivolto.
Da aspirante profiler, avrebbe innanzitutto tentato di parlargli di persona, per poter analizzare non solo il linguaggio del suo interlocutore, ma anche le reazioni del suo corpo.
Stranito, Spencer appoggiò la testa contro il muro retrostante, chiedendogli di raccontargli tutto ciò che sentiva il bisogno di dirgli, genuinamente preoccupato. Forse si trattava di sua sorella, che il giovane sapeva avere dei seri problemi con la droga fin dai tempi della scuola.
Era da poco stata arrestata e Ethan temeva di non essere ammesso all’FBI per questo motivo. Una minima macchia nel passato di un aspirante agente poteva essere fatale.

 
 

Ethan

17:03

Si tratta del nostro rapporto…

 
 

Spencer gli chiese d’istinto se avesse detto o fatto qualcosa che lo aveva ferito, rammaricandosi in cuor proprio: Ethan era stata l’unica persona con cui aveva legato da quando aveva cominciato a frequentare l’accademia e gli era sempre sembrato realmente onesto e sincero, soprattutto per quanto riguardava il proprio passato. Quelle parole però, lo convinsero definitivamente che non fosse lui a scrivere quei messaggi.

 


Ethan

17:07

Non ce la faccio Spens…

 

Stavolta le parole dell’amico non lasciavano presagire nulla di buono e Spencer si sentiva sinceramente in pensiero per lui.
Provò a chiamarlo, senza però ricevere alcuna risposta.
Allora gli scrisse un nuovo messaggio e la replica non tardò ad arrivare.

 

 

Ethan

17:13

Io ti amo…

 

 

Spencer rilesse il messaggio infinite volte con gli occhi sbarrati.
Non riusciva a crederci: Ethan aveva capito qualcosa? Stava forse facendo il primo passo?
Improvvisamente si sentì come quando, da ragazzino, la sua cotta gli rivolse la parola per la prima volta. Sorrise, gettando la testa contro il muro, urtandolo bruscamente.
Si sentiva più accaldato di quando aveva messo piede nella stanza pochi minuti prima; la soffocante calura estiva non risparmiava nessuno, ma Spencer aveva tutt’altri pensieri per la testa in quel momento.
Vide una chiamata in arrivo sullo schermo del cellulare, che gli ricordò d’improvviso di rimuovere la modalità silenziosa che impostava per non essere interrotto durante le lezioni. Non vedeva l’ora di farsi una doccia.
Appena rispose alla chiamata, cominciò a inondare il suo interlocutore con una fiumana di parole, tipico di lui e della sua parlantina: «Ethan, non ti devi preoccupare, ti assicuro che so perfettamente che cosa stai provando in questo momento e che cosa pensi. So che probabilmente ti senti sbagliato e sono sicuro che volessi dirmelo da tanto tempo, e lo so perché…».
Fece una breve pausa, riprendendo fiato in un sospiro.
«Perché lo provo anch’io. Non so se tu lo sapessi, ma… ecco, è così» disse in fretta, asciugandosi la fronte umida di sudore.
Il sospetto che potesse non trattarsi realmente di Ethan scomparve improvvisamente come una misera pozza d’acqua sotto il sole rovente. Conoscendo i sentimenti dell’amico, ormai non aveva più timore di confessargli i propri.
«Ovviamente non deve saperlo nessuno» continuò il ragazzo con voce affannata, «ma una soluzione si trova a tutto» terminò raggiante.
Il suo udito fine, che fino a quel momento non aveva percepito altro che silenzio, riuscì a cogliere dei lievi sospiri in sottofondo, come se qualcuno stesse a stento tentando di trattenere una risata.
«Ethan?». Spencer si mise a sedere sul letto, realizzando quanto poco saggia fosse stata la scelta di proferire parola per primo.
Sentì i bisbigli divenire sempre più intensi, fino a quando un forte ghigno non fu completamente udibile, lasciando dietro di sé soltanto il suono meccanico della chiamata ormai terminata.

 

 

 

 

 

 

Un amico che credevi sincero fa più paura di una bestia selvaggia;
una bestia selvaggia può ferire il tuo corpo,
ma un amico falso ti ferisce nell’anima.

(Buddha)

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua…















N.B.: I crediti dell’immagine appartengono a Lovy Chan.


   
 
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