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Autore: Soul Mancini    02/08/2019    5 recensioni
«Alla vista dei suoi riccioli fitti, dei suoi immancabili occhiali scuri e del suo iconico cilindro, la vista mi si appanna e gli occhi cominciano a bruciarmi di lacrime. [...]
In fondo è questo il mio destino: correre dietro a persone che non mi vogliono e deludere quelle che tengono a me.
Forse, dopo cinquantun anni di sbagli e batoste, sarebbe il caso di farla finita.
Sono nato in inverno, ma con una personalità troppo esplosiva, destinata a cristallizzarsi nel gelo di gennaio. Forse, se avessi avuto una corazza di ghiaccio attorno a me, non sarei stato ferito così tante volte e nessuno avrebbe potuto scalfirmi.»
[Mi scuso con i fan dei GN'R per l'intrusione, io non sono una fan della band e non l'ascolto... ma è capitato che le storie di questi ragazzi mi abbiano catturato ed eccomi qui a scrivere di loro... a scrivere del mio adorato Steven!
- QUARTA CLASSIFICATA al contest "Happy Birthday To You!" indetto da MaryLondon sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steven Adler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Winter Inside HTML
Winter Inside
 
 
 
 
 
 
«Pensavo che io e Slash saremmo stati come Geddy Lee e Alex Lifeson*: si conoscono dai tempi delle scuole, sono cresciuti insieme facendo musica, hanno avuto successo e sono rimasti insieme, per tipo cinquant’anni. Era questo che credevo che saremmo stati, ma non è andata proprio così. Gli amici vanno e vengono, anche quelli che pensi davvero che siano nel cuore e che resteranno lì per sempre.»
[Steven Adler]
 
 
 
Sgrano gli occhi e tutto attorno a me vedo solo oscurità; l’aria che mi accarezza la pelle non è calda, eppure io sto sudando, sento i capelli incollati al viso e al collo e le coperte che si fanno soffocanti.
Scatto a sedere e scalcio via le lenzuola per potermi alzare, ma a quei movimenti bruschi il mio stomaco comincia a fare le capriole. Non importa, devo assolutamente uscire da questa stanza.
Mi precipito in corridoio a grandi falcate, senza preoccuparmi di non fare silenzio per non svegliare Carolina; lei comunque dorme profondamente e non sembra accorgersi di niente. Meno male, non voglio che si preoccupi per me, in fondo è tutta colpa mia se si ritrova sposata con un caso umano.
È già da un pezzo che fatico a prendere sonno, tanti sono i pensieri che mi vorticano in testa, ma oggi è peggio del solito, oggi sento che non ce la posso fare; sento la gola secca e vorrei soltanto scolarmi una bottiglia di Jack Daniel’s per dissetarmi. E smettere di pensare e di ricordare.
Mentre vago per il corridoio senza una meta ben precisa e col cuore che mi batte all’impazzata, prendendo dei profondi respiri per cercare di rilassarmi, l’occhio mi cade su una foto appesa alla parete, che svetta in una cornice dorata e lucente. Nello scatto c’eravamo io e Slash, io gli circondavo le spalle con un braccio e sorridevo raggiante, mentre lui tratteneva a stento un sorrisetto e aveva assunto una posa da vera rockstar; quel momento è stato immortalato appena una manciata d’anni fa, nel backstage della cerimonia per la Rock’N’Roll Hall Of Fame, quando i nostri Guns N’ Roses vi erano stati introdotti.
Alla vista dei suoi riccioli fitti, dei suoi immancabili occhiali scuri e del suo iconico cilindro, la vista mi si appanna e gli occhi cominciano a bruciarmi di lacrime.
 
 
“Ma ti rendi conto, Slash? Adesso siamo delle leggende, delle fottute leggende!” esclamai, giocherellando con un paio di bacchette. Non riuscivo a stare fermo, tanto era l’entusiasmo del momento.
Il chitarrista mi lanciò un’occhiata a metà tra il divertito e l’emozionato. Non era facile decifrare i suoi sentimenti, ma ormai lo conoscevo talmente bene che mi bastava uno sguardo per capirlo.
Io e lui eravamo amici da quando avevamo tredici anni, ne avevamo passate di tutti i colori, ma nonostante gli alti e i bassi io gli volevo un gran bene ed ero felice di condividere quel momento speciale con lui.
“Sai,” dissi, facendomi serio, “penso che questa nostra esibizione chiuderà un capitolo importante della nostra storia e ne aprirà un altro. Ormai non spero più in una reunion dei Guns, anche perché con quello stronzo di Axl ho chiuso, non ci voglio avere nulla a che fare!” Conclusi la frase con enfasi; proprio non riuscivo a perdonare il mio vecchio cantante per non essersi presentato alla cerimonia di introduzione alla Hall Of Fame. Avevo immaginato quella serata come l’occasione perfetta per tornare a suonare tutti e cinque insieme, e chissà che non fosse scattata la scintilla… invece Axl aveva mandato all’aria ogni possibilità, aveva rovinato tutto come al solito.
“Concordo, nella mia testa l’unica reunion possibile sarebbe con la formazione originale: io, te, Axl, Izzy e Duff” affermò Slash in tono sicuro. Era un dato di fatto ormai, me lo ripeteva sempre.
Misi su un sorrisetto innocente e sbattei le palpebre un paio di volte, giusto per sembrare più convincente. “Quindi, se Axl ti dovesse chiedere di rientrare nei Guns ma impedisse a me di fare lo stesso, tu non accetteresti?”
Lui scrollò le spalle e tentò di farsi serio. “Dipende da quanto mi paga.”
Rimasi di sasso e sentii il sangue defluire dal viso a quelle parole, ma vedendo la mia espressione Slash scoppiò a ridere e mi batté una leggera pacca sul braccio. “Ma seriamente ci hai creduto? Stevie, cazzo, sei troppo ingenuo! Certo che no, non vorrei mai suonare nella mia band senza il mio batterista!”
Scoppiai a ridere di gusto. “Ma che stronzo! Sei un coglione! Non dire più stronzate del genere!” Ora ero molto più tranquillo, riconoscevo nuovamente il mio vecchio Slash, il mio migliore amico.
“Tra poco tocca a noi.” Duff ci si avvicinò, in compagnia di un tizio che stringeva tra le mani una macchina fotografica, e ci informò con la sua solita pacatezza.
“Ragazzi, volete una foto insieme?” ci domandò l’amico di Duff con un sorriso cordiale.
Senza neanche rifletterci su, mi misi in posa e circondai le spalle di Slash, esclamando: “Mi raccomando, atteggiati a leggenda del rock!”.
Slash ridacchiò appena e un istante dopo fummo accecati dal flash della macchina fotografica.
“Slash?”
“Dimmi.”
“Se ci sarà qualcosa di bello dopo questa giornata, d’ora in poi lo voglio condividere con te.”
 
 
Un conato mi scuote lo stomaco e sono costretto a correre in bagno, lasciandomi quella dannata foto alle spalle. Faccio appena in tempo a varcare la soglia e crollare a terra, prima di cominciare a vomitare fuori tutto ciò che ho dentro: tristezza, delusione, paura, rabbia.
Se solo quest’azione così disgustosa potesse purificare anche la mia mente e la mia anima, calmare i miei demoni, cancellare i ricordi troppo belli e troppo lontani.
Svuoto il mio stomaco, che già di per sé non conteneva nulla, e anche i miei occhi si svuotano di tutte le lacrime che non pensavo di avere.
Oggi è il 22 gennaio, fa freddo fuori e anche dentro il mio cuore. È il mio compleanno, ho appena compiuto cinquantun anni e mi sento un totale fallimento.
Circa venti giorni fa, i Guns N’ Roses hanno annunciato una reunion con parte della formazione originale. E io non sono state incluso.
Slash sì. Slash tornerà a suonare con Axl, Duff e degli altri insignificanti musicisti, tra cui un batterista che non sono io.
Mi alzo e mi passo una mano sul torace. Mi sento vuoto e debole, così solo.
Tremando e con le lacrime che ancora mi rigano il viso, esco dal bagno e attraverso il corridoio di tutta fretta, cercando di evitare che l’occhio mi cada su quella cornice. È così falso, quel momento, così come sono false le promesse che io e Slash ci siamo scambiati in quel momento.
Non ho nessuna intenzione di tornare a letto, così agisco senza pensare: mi reco al piano di sotto ed esco di casa, lasciando che il vento gelido della notte di Las Vegas schiaffeggi la pelle imperlata di sudore. Non ho una giacca pesante con me, indosso solo una maglia di cotone, ma non sento freddo, non sento niente. La mia anima sta soffrendo così tanto che le sensazioni corporee impallidiscono in confronto.
In giardino, mi accomodo su una sedia e mi accendo una sigaretta – la prima di una lunga serie.
E penso, e pensare mi fa male, mi fa piangere.
Non speravo più in una reunion dei Guns, potevo anche farne a meno; ma alla fine era avvenuta e starne fuori era la cosa peggiore che potesse capitarmi. Del resto avevo fondato io la band.
Un brivido mi attraversa la schiena, facendomi tremare da capo a piedi, ma non ci faccio caso; riempio i miei polmoni di fumo caldo ed è l’unica cosa in grado di confortarmi in questo momento. Riprendo indisturbato il filo dei miei pensieri.
Non è tanto questa finta rimpatriata della band a darmi il voltastomaco, ma il fatto che Slash ne faccia parte. Mi ha tradito un’altra volta, l’ennesima, dopo che mi ha voltato le spalle all’infinito e io l’ho perdonato all’infinito, perché per me ha sempre avuto un posto speciale.
Comincio a pensare che si approfitti di me, perché sa che gliela farò sempre passare liscia. O forse semplicemente non gli importa più nulla di me.
Mi asciugo le lacrime col dorso della mano. Il vento gelido si insinua tra i miei capelli e sotto i miei vestiti, probabilmente ci sono diversi gradi sotto lo zero.
Ma nulla può competere col gelo del mio cuore.
Non appena avevo letto la notizia, avevo provato a chiamare Slash con rabbia e disperazione, volevo parlarci e capire cosa fosse questa storia, perché non mi aveva informato. Mi aveva risposto dopo giorni col suo solito tono distaccato, come se nulla fosse.
 
 
“Si può sapere cosa cazzo vuol dire? Tu torni a suonare con Axl? Amico, questo dev’essere un fottuto scherzo!” ruggii.
“Steven, per favore, stai calmo. Sì, sono di nuovo nei Guns, è capitata l’occasione e ho colto la palla al balzo.”
“E non mi hai detto niente? Non avete pensato neanche per un secondo di coinvolgere anche me?”
“Non è così semplice.”
“Come sarebbe? Perché invece per te è stato semplice? E poi mi hai sempre promesso che non saresti tornato nei Guns senza di me, cazzo! Erano solo stronzate, vero? Di’ un po’, l’hai detto per farmi stare zitto e illudermi?”
“Datti una calmata. Okay, ascoltami. Non c’è nessuna cospirazione contro di te, semplicemente mi è stato chiesto e ho accettato; ti avrei coinvolto volentieri, lo sai, ma questa decisione non dipende da me.”
“Sai cosa ti dico? Sei un amico di merda, te ne fotti di me, da sempre! Buona vita e buona carriera, a te e a tutti!” Chiusi la chiamata con rabbia e scoppiai a piangere; qualche istante più tardi Carolina mi stringeva tra le braccia e tentava invano di consolarmi.
 
 
In fondo è questo il mio destino: correre dietro a persone che non mi vogliono e deludere quelle che tengono a me.
Forse, dopo cinquantun anni di sbagli e batoste, sarebbe il caso di farla finita.
Sono nato in inverno, ma con una personalità troppo esplosiva, destinata a cristallizzarsi nel gelo di gennaio. Forse, se avessi avuto una corazza di ghiaccio attorno a me, non sarei stato ferito così tante volte e nessuno avrebbe potuto scalfirmi.
Chiudo gli occhi e mi abbandono contro la sedia, rilassando i muscoli intorpiditi dal freddo.
Non riesco a darmi pace, a capire perché Slash mi abbia abbandonato di nuovo, dopo avermi teso la mano negli ultimi anni e avermi illuso che tutto era tornato come ai vecchi tempi.
A quattordici anni avevamo fatto un patto: non ci saremmo mai separati, avremmo condiviso tutto, come fratelli, come se fossimo l’uno il sangue dell’altro. Per quanto mi riguarda, quel patto è ancora valido.
Forse sono uno sciocco a crederci ancora, sono sempre il solito ragazzino che non è mai cresciuto, che ancora crede ai valori come l’amicizia.
I muscoli non rispondono più ai miei comandi, deve averli impietriti il freddo. Sono stato un idiota a uscire e sedermi qui, senza mettermi nulla addosso per coprirmi.
O forse sono stato furbo, magari questo vento di gennaio mi porterà via così come mi ha generato, e il mondo avrà un fardello in meno da portarsi appresso. Forse farei un piacere a qualcuno.
Ma adesso non ho più voglia di pensare, all’improvviso mi è venuto sonno.
Non so da quanto tempo sono qua fuori, ma a giudicare dalla quantità di mozziconi nel posacenere – ora che ho chiuso gli occhi non lo vedo più, ma lo ricordo bene – dev’esserne passato parecchio.
Mi torna in mente la foto di me e Slash e ora mi verrebbe da sorridere. Ehi Slash, ti auguro ogni bene. Sii felice e non preoccuparti più di me. Non rientrerò più nei tuoi piani se non lo vorrai; un buon amico sa riconoscere quando è il momento di farsi da parte.
Ho freddo. Non ne posso più. Dio, se esisti, salvami.
“Steve…”
Una voce familiare.
Caro…
“Steven!”
 
 
Mi sveglio nel mio letto, scosso dai brividi e avvolto in una pesante crisalide di coperte e piumoni. La mia pelle è a contatto con qualcosa che scotta e fa male: sembrano borse dell’acqua calda o bottiglie di plastica riempite di liquido bollente.
Riconosco quella sensazione, ormai troppo nota, di essere scampato per un pelo alla morte, dopo averla guardata in faccia. Ormai con la morte ci ho preso confidenza, la prossima volta che la incontro le offro da bere.
Provo a schiudere le palpebre e ci riesco a fatica.
La prima cosa che metto a fuoco è il volto di Carolina, solcato dalla preoccupazione, e i suoi occhi velati di terrore e lacrime. Le do troppi dispiaceri, mi sento così in colpa…
Mi basta spostare appena lo sguardo per incrociare gli occhi pieni di rabbia di mio fratello Jamie.
“Ma sei impazzito?! Cosa ti è saltato in mente? Rischiavi di morire ibernato!” ringhia lui, incazzato e preoccupato.
Metto su uno dei miei soliti sorrisoni sciocchi. “Oggi è il mio compleanno, non mi fate gli auguri?”
Già. Buon compleanno, Steven. Abbia inizio il cinquantaduesimo anno di guai, lacrime, vomitate notturne e lotta contro l’istinto di farsi in vena.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
*Geddy Lee (basso, tastiere, voce) e Alex Lifeson (chitarra) sono due componenti dei Rush, gruppo musicale statunitense famoso soprattutto negli anni Settanta e Ottanta.
 
Eccomi qui, con una delle mie storie più tristi e drammatiche – e dunque insolite, dato che chi mi conosce sa che sono una fan sfegatata del fluff.
Chiedo scusa ai fan dei Guns per questa intrusione nella categoria perché, come spiegato nella presentazione, non sono una fan della band e non ascolto le loro canzoni; tuttavia, dopo aver letto l’autobiografia di Slash e quella di Steven, mi sono appassionata ai personaggi… e, beh, mi sono innamorata di Steven, forse perché è tanto dolce e fluffoso, o forse perché sono una batterista e sono di parte :3
Sono qui per un paio di precisazioni, anche e soprattutto per chi non ha molta familiarità col fandom!
Comincio parlandovi di Carolina e Jamie: la prima è l’attuale moglie di Steven (secondo quanto trovato su internet), con cui è sposato da diciassette anni, dal 2002, mentre il secondo è il fratello minore di Steven, a cui lui è molto molto legato ^^
La storia è ambientata la notte tra il 21 e il 22 gennaio 2016, a poca distanza dall’annuncio ufficiale della reunion dei Guns N’ Roses, di cui fanno parte solo tre membri originali: Slash, Axl Rose e Duff McKagan. Stando a quello che ho trovato su internet, all’inizio anche Steven doveva essere coinvolto marginalmente nella cosa, ma poi è stato tagliato fuori e ha preso parte solo a qualche concerto per suonare due canzoni. Ci è rimasto molto male.
Comunque non ho seguito il corso preciso degli eventi ai fini della narrazione.
Poi… la cerimonia d’introduzione alla Hall Of Fame si è tenuta davvero nel 2012 e Slash e Steven erano presenti; ha fatto molto scalpore invece l’assenza di Axl, che ha fatto andare su tutte le furie il nostro biondo batterista (giustamente), tanto che all’epoca ha dichiarato di non volerci più avere a che fare.
Ah, altra cosa (poi la smetto con l’elenco, promesso): a un certo punto ho nominato Las Vegas perché so che Steven ha una casa a Las Vegas e mi piaceva l’idea di ambientare la storia lì, anche se non so dove alloggiasse di preciso nel gennaio 2016.
E la citazione all’inizio viene da una sua intervista rilasciata all’epoca della reunion dei Guns. Mi ha dato da pensare e mi è dispiaciuto leggere quelle parole, soprattutto se ripenso a quanto Slash e Steve fossero uniti da piccoli. Infatti ho voluto dare all’amicizia tra i due un posto speciale nella storia, volevo trattare il tema di un’amicizia tradita.
Sapete, nella biografia di Steven ho letto tante volte che Slash avrebbe accettato di tornare nei Guns solo con la formazione originale, almeno questo è quello che ha sempre detto a Steve, ma non ha rispettato la parola… e mi sono domandata come si potesse sentire il batterista a riguardo.
Dopo queste NdA più lunghe della storia (scusate), vi saluto con la speranza di aver scritto qualcosa di quantomeno decente, anche se non ho troppe speranze XD e spero che, quando e se tornerò a scrivere del mio Guns preferito, sarà con un’idea più positiva e simpatica!
Grazie a tutti per aver letto, a Mary per aver indetto il contest, e alla prossima!!!
 
 
   
 
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