Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: Nat_Matryoshka    02/08/2019    5 recensioni
"E se osassi baciarti davvero, si ritrova a pensare, come reagiresti? Il suo profumo è inebriante, gli resta sulla pelle anche dopo che ognuno ha preso la propria strada.
Se appoggiassi le labbra sulle tue una sola volta, riuscirei a non farlo mai più?
[Aziraphale/Crowley]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eternal as my name on your tongue
 
 
 

I. 

La prima volta in cui posa gli occhi su di lui, le ali dell’angelo brillano.

La luce catturata dal bianco quasi lo acceca, ma lui continua a guardare: non riesce a staccare gli occhi da quello spettacolo. Il suo viso risplende di pura gioia - come quelli di tutta la schiera, del resto - ma in quello sguardo c’è qualcosa che non riesce a levarsi dalla mente, una dolcezza che lo costringe a fermarsi e a guardarlo ancora una volta, a ripensare a lui costantemente, anche in seguito.
Gli altri angeli sussurrano alle sue spalle, si confondono nella luce di quel regno immenso in cui entrambi abitano. Eppure, lo splendore di quelle ali spicca su tutto il resto, come se nient’altro esistesse.

Si chiama Aziraphale. Al contrario degli altri, quel nome gli risulta semplice da ricordare. 
 
 
 
II. 

Non appena la pioggia inizia a cadere, tende l’ala sulla testa di Crowley per coprirlo.

Un gesto istintivo, immediato. Non si chiede nemmeno il perché: è un angelo, dopotutto, rientra tra i suoi doveri fare la cosa giusta. Anche nei confronti di un avversario? Sì, anche nei suoi confronti. Ma pensare a quel demone come ad un nemico, in qualche modo, gli sembra sbagliato.
Quando Crowley si sistema meglio per non bagnarsi, sfiorando appena le piume con la testa, si permette di sospirare.
 
 
 

Parigi, 1793


Il tempo si ferma, e un attimo dopo lui è lì, in un angolo della cella. Aziraphale si volta, quasi non riesce a credere ai propri occhi.

Poco importa che Crowley lo stia prendendo in giro per essersi spinto fino in Francia a mangiare qualcosa, l’unica cosa che importa è che sia lì, con lui. Chiuso nella Bastiglia, sarcastico, pungente, ma con lui. E anche quando escono insieme dall’oscurità umida della cella, a braccetto, quella sensazione colpevole di sollievo profondo non lo abbandona.

“Quindi angelo, ripetimelo ancora una volta: hai attraversato il mare e sei venuto fin qui, nel bel mezzo della Rivoluzione, solo per fare uno spuntino?”
“Sapevo che saresti arrivato per me.” Gioca una delle sue carte migliori, forse la più rischiosa, ma non riesce a trattenersi. Crowley incassa il colpo, scuotendo la testa, ed è impossibile capire se sia imbarazzato, o se quella risposta, sotto sotto, gli faccia piacere.
“Non esserne troppo certo. Ti ho già detto quel che succederebbe, se scoprissero che ho aiutato un angelo.”

Aziraphale sorride. Se Crowley avesse potuto vedere l’espressione che gli ha attraversato il viso nell’istante stesso in cui ha sentito la sua voce, probabilmente il suo tono perderebbe quella sicurezza che tanto ostenta.
 
 


Londra, 1890
 

La porta della libreria si spalanca con un solo gesto. Aziraphale è seduto dietro alla sua scrivania, impegnato a leggere chissà cosa e – come al solito – a sgranocchiare. Crowley alza gli occhi oltre le lenti scure degli occhiali: certe abitudini non cambiano mai.  

“Non pensi sia il caso di offrire, angelo?”

Aziraphale si alza di scatto, facendo quasi cadere il piattino di porcellana che tiene accanto al libro. “Crowley! Se mi avessi avvisato, avrei…” inizia, pronto a dare inizio ad una spiegazione lunga e dettagliata, ma l’altro lo ferma con un gesto, estraendo qualcosa dalla tasca della giacca nera.

“Mi dispiace interrompere questo importante momento culinario, ma si dia il caso che abbia qualcosa per te.”

L’altro allunga la mano, curioso, e afferra il pacchetto. Svolge la carta, e un attimo dopo sgrana gli occhi, incapace di credere a ciò che sta guardando. Un libro. Non un libro qualunque: una raccolta di profezie in francese del XVI secolo nella sua versione originale, che i più credevano perduta per sempre.
Nello sfiorare la copertina di cuoio istoriato, sente le dita tremare. Alza lo sguardo e incontra quello di Crowley, oltre gli occhiali scuri che mascherano le sue iridi dorate. Potrebbe giurare di averlo visto arrossire, ma è difficile dirlo, nella luce soffusa della sera.

“Come… come hai fatto a trovarlo? Non esistono copie di questa edizione, credevo fosse stata distrutta secoli fa!”
L’altro fa spallucce. “Diciamo che ho dei contatti utili” risponde, con la solita espressione un po’ beffarda che Aziraphale, col tempo, ha imparato ad associargli. Si gira per dare un’occhiata ai dintorni, ma non è preparato all’abbraccio che lo cinge da dietro, stringendogli il petto in una morsa goffa e felice.
“Grazie!”
Crowley arrossisce ancora di più, maledicendo il proprio corpo umano che ha osato tradirlo. La felicità di Aziraphale, però, è così pura da contagiarlo.
 
 
 

Londra, 1900
 

Ormai il fiume è diventato il loro punto d’incontro preferito. Nessuno dei due lo ha deciso, è così e basta: una di quelle cose a cui ci si abitua, nel corso di una vita immortale.
Aziraphale guarda le anatre nuotare. Poi si volta, e sulle labbra ha quel sorriso un po’ timido che ha visto tante di quelle volte da perdere il conto.

“Grazie davvero per quel libro, non avrei saputo dove trovarlo.”

Crowley agita la mano, come per dire che non è nulla, che non è stato un problema per lui, mentre la sua mente si affanna a trovare una parola sarcastica qualsiasi con cui bilanciare nuovamente la conversazione e oltrepassare quel momento terribile in cui non sa assolutamente come comportarsi… finché l’altro non gli si avvicina. Così vicino da sentire la punta del suo naso sfiorargli la pelle. Così vicino che, quando appoggia le labbra sulla sua guancia per lasciare un bacio, quasi non ha il tempo di accorgersene.

Improvvisamente, gli sembra di aver perso l’uso della parola.

Aziraphale lo guarda negli occhi con una dolcezza e una gratitudine che non pensa di meritare, mentre il mondo esterno sembra fermarsi e fondersi in un quadro dai colori confusi, tanto che, per un attimo, teme di averlo fermato lui stesso. Ma le persone camminano e parlano, l’acqua del fiume scorre e i bambini giocano con gli aquiloni, e loro sono ancora lì, a guardarsi come se il resto non esistesse.

E se osassi baciarti davvero, si ritrova a pensare, come reagiresti? Il suo profumo è inebriante, gli resta sulla pelle anche dopo che ognuno ha preso la propria strada. Se appoggiassi le labbra sulle tue una sola volta, riuscirei a non farlo mai più?
Come le coppie che ha visto nel parco, mano nella mano, impegnate a dedicarsi gesti d’amore. Il loro non è quel genere di rapporto. Sono… amici? Molto amici, amici di lunghissima data. Forse, qualcosa di più che amici.

Appoggiando le mani sulla ringhiera fredda, lascia che quell’interrogativo occupi la sua mente.
 
 
 
 

Londra, 1965

“E questo cosa sarebbe?”

Crowley si rigira tra le mani il disco che Aziraphale gli ha appena portato, come se non sapesse bene cosa farsene.
“Un vinile. Dei Beatles. Non saranno i…” – cerca di ricordare il nome di quel gruppo che ascolta quasi sempre quando lo riporta a casa in auto, quello che gli ricorda un tessuto – “… Velvet Underground, ma hanno parecchio stile, se vuoi la mia opinione.”
“Mmh. Troppo bon ton per me.” Scuote la testa, ma appoggia comunque il vinile sul tavolo, accanto al giradischi. Lo conosce troppo bene per non capire che, appena avrà lasciato casa sua, lo ascolterà subito.

E infatti, qualche giorno dopo, Aziraphale apre la portiera dell’auto e un coro di Help! lo accoglie. Si siede cercando di rimanere impassibile, mentre Crowley rimette in moto come se nulla di strano fosse accaduto. Restano in silenzio fino al semaforo successivo.
“Allora? Sono ancora troppo bon-ton per i tuoi gusti?” chiede Aziraphale, ostentando noncuranza. Crowley cambia marcia e svolta, sbuffando.
“Taci, angelo. È che non ho altro da ascoltare.”

Il giorno dopo, quando Aziraphale gli telefona, dall’altra parte del ricevitore arriva un’eco ovattata di Ticket to Ride. Un sorriso felice gli si allarga sulle labbra.
 

 

Londra, 2019
 

“Perché avevi una pianta nascosta nella dispensa?”

Crowley si batte una mano sulla fronte. Perché, per quale stramaledettissimo motivo, non ha veramente punito quella stupida pianta gettandola dalla finestra, invece di farsi impietosire e nasconderla dove avrebbe potuto dimenticarsi della sua esistenza?
Aziraphale torna dalla dispensa con il cestino da picnic sotto un braccio e una pianta in mano, infilata in un vaso che non è decisamente il suo, ma verde e in buona salute come non la vedeva da anni. Probabilmente non vederlo per un po’ le ha fatto bene, e l’angelo deve averlo capito, o non lo guarderebbe con quel misto di dubbio e riprovazione.

“Stavo facendo un esperimento, aveva bisogno di ombra. La dispensa era il posto migliore in cui metterla.”

Lo sguardo di Aziraphale perde tutto il dubbio e diventa comprensivo. Ha decisamente capito, e Crowley si volta di scatto e inizia a riempire il cestino da picnic, apre il rubinetto, finge di mettere in ordine qualcosa, tutto pur di non vederlo.
Forse, sotto sotto, è davvero buono come crede il compagno. Ma si farebbe tagliare un dito pur di non ammetterlo a voce alta.
Quando finiscono di preparare tutto per la giornata al parco, Aziraphale prende il cestino ed esce. Crowley lo segue sbuffando, chiudendosi la porta alle spalle con uno schianto. Perché, per l’amor dell’Inferno, alla fine l’ha sempre vinta l’angelo?
 
 
 

Londra, 2019
 

La notte è fresca, anche se l’estate sta per finire. Il Ritz chiude, i camerieri si affrettano a rimettere in ordine per lasciare l’edificio, le auto corrono avanti e indietro sulla strada. Crowley segue i fanali con lo sguardo, li osserva girare l’angolo e sparire, confondersi con i neon delle insegne. La giacca di Aziraphale è illuminata dalla luna. Se spiegasse le sue ali, le piume catturerebbero la luce brillando come stelle, e quel pensiero lo rende felice.

“L’offerta è sempre valida, comunque.” Si schiarisce la voce nell’istante stesso in cui il compagno lo fissa, puntandogli addosso quegli occhi limpidi che non si stancherebbe mai di guardare. “Quella di trasferirti da me, intendo.”
“Potrei pensarci.” Il rumore del traffico si è attutito, solo lo scricchiolio lieve della ghiaia li accompagna. “Se iniziassi ad essere gentile con le tue piante, e ampliassi la tua libreria, forse…”

Aziraphale ascia in sospeso la frase apposta, accompagnandola con uno sguardo d’intesa. Lo fa sempre, sa che a quella pausa seguirà un sospiro e poi uno sbuffo, e che inizieranno a battibeccare come la vecchia coppia sposata che sono. Crowley infatti sospira, alza gli occhi al cielo, poi sbuffa. “Posso concederti solo una delle due richieste… per ora. Scegli con saggezza.”
“Le piante, allora.”

Le nuvole se ne sono andate: ora è possibile osservare le stelle. Non sa perché, ma ha imparato ad apprezzare la loro vista solo da quando vive sulla Terra.
Quando sposta lo sguardo su Aziraphale, ne capisce la ragione.

Si fermano sotto un tiglio, ed è in quell’attimo preciso in cui l’aria sembra fermarsi e il cielo risplende nel pieno della sua bellezza, che Crowley fa un passo avanti verso l’unica azione che lo spaventa più di perderlo: appoggia le mani sulle spalle di Aziraphale e lo bacia sulle labbra. Un bacio breve ma intenso, pieno del nervosismo che non riesce a placare, ma anche di tutto ciò che prova per lui, che ha provato nel corso dei secoli.
Il suo migliore amico. Il suo compagno di avventure. La sua anima gemella. Aziraphale. L’unico essere che, angelo o meno, l’ha sempre compreso. E ora che sono davvero soli, due raminghi che vagano per il mondo che hanno contribuito a plasmare, chi potrebbe impedirgli di cercare un po’ di felicità?
Quando il bacio termina, lui alza gli occhi, e nel sorriso che gli rivolge brillano tutte le stelle della volta celeste. Da qualche parte ce ne sarà una anche per noi, pensa Crowley, ma per ora ci faremo bastare anche la Terra. Ce la siamo guadagnata.

Riprendono a camminare, diretti chissà dove: la notte è chiara, il vento si è fermato, e l’estate che sfuma ha ancora delle notti miti da regalare. Il compagno non parla, ma le loro dita si sfiorano. Come promessa è già abbastanza.
Il pianeta meraviglioso e complicato che abitano è pieno di cose eterne. Alcune sono stupende, altre terribili, altre ancora gli lasciano addosso un senso di meraviglia, una sensazione impossibile da spiegare a parole, perché quelle adatte per farlo non esistono in nessun altro universo conosciuto.
Il sentimento che provano l’uno per l’altro, riflette, è una di queste.  

 





________

Ho finito Good Omens, l'ho adorata con ogni fibra del mio essere, ho pianto come un rubinetto rotto sul finale e ho fatto quello che mi succede sempre quando adoro qualcosa: ho scritto. Erano mesi che non mi capitava di buttare giù i miei pensieri aiutata dall'ispirazione (e dal millesimo ascolto di A Nightningale Sang in Berkley Square), per cui prendetelo solo come un piccolo esperimento senza pretese, che però ho adorato scrivere.
Ogni opera di Gaiman mi lascia dentro qualcosa di speciale, ed è stato così anche per Good Omens. Come tutte le altre storie, è dedicata ad Ailisea, la Crowley dell'Aziraphale che è in me, che legge ogni storia e la ama prima ancora che riesca a farlo anche io.

Rey 

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Nat_Matryoshka