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Autore: Giandra    02/08/2019    1 recensioni
❧ Lucissa
➥ song-fic; raccolta di os sulla vita e sulla relazione di Lucius e Narcissa
Dal primo capitolo:
Lucius Malfoy conobbe Narcissa Black in blibioteca. [...] Quel pomeriggio del secondo trimestre, alla ricerca del giusto volume da cui studiare l'ultimo argomento di Storia della Magia, Lucius incappò in una bella figura minuta, peculiare per una cascata luminosa di capelli biondi e un viso pallido e lucente che aveva un che di scultoreo. Narcissa Black era bella, non poteva negarlo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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III. lux, lucis




 

I wanted you to stay for the day
but you left with a kiss on my cheek
I couldn't get my mind off the way
that you looked in my daft punk t-shirt
I took a little drive in my car
with a smile on my face
and a hope in my heart
maybe this is a start
of a bon voyage
We were young
and helpless

 

Lucius non aveva preso bene la notizia della sua partenza, ma era ben deciso a non farglielo notare: sapeva che per lei fosse una seccatura esattamente come per lui, non voleva aggiungere ulteriori noie a quelle che già la attanagliavano al pensiero di dover passare un mese intero sola con le sue sorelle e con sua madre.

«Magari potresti uccidermi» gli aveva proposto sarcastica qualche giorno prima, subito dopo aver sganciato la notizia bomba, «almeno morirei felice tra le tue braccia e mi risparmierei questa agonia.»

Non poteva negare che quella frase lo avesse reso davvero orgoglioso e che egoisticamente sarebbe quasi stato pronto ad accontentarla, se non per il piccolo dettaglio che senza di lei non riusciva più neanche a respirare nel giusto modo, come si confà a un rampollo Malfoy.

«Lux.»

Aveva preso a chiamarlo così già dallʼanno precedente. Irritante.

«Mi chiamo Lucius» la corresse, come di consueto. «Comunque, che cʼè?»

«Lucius viene dal latino lux-lucis, che vuol dire splendore.» Come al solito lei non lasciava mai perdere una discussione se credeva di aver ragione, nemmeno se lʼaltra persona dava segno di volerla chiudere in fretta. «E ti sta bene, se proprio lo vuoi sapere.»

Sentì le sue gote imporporarsi e la maledisse mentalmente. «Che cosa vuoi?» le domandò di nuovo, più brusco.

Narcissa rise e quella risata lo fece sì infervorare ancora di più, ma allo stesso tempo lo ammorbidì: lo trovava il suono più melodico che esistesse.

«Niente in particolare, in ogni caso. Ti ho chiamato solo perché ti ho visto un poʼ assorto.»

Quando hai imparato a leggermi così bene? pensò Lucius. Una serie di flashback di quei tre anni a Hogwarts passati assieme non fu in grado di dargli una risposta esauriente. Cʼera stato un momento? Un giorno? O era grazie a un suo strano potere magico — che non aveva niente a che fare con bacchette, pozioni e tutto il resto — che riusciva a capirlo sempre e alla perfezione?

«È solo che questa sarà la prima estate che non passeremo insieme» le rispose con onestà, cercando di mantenere un certo contegno, di mostrarsi calmo ed equilibrato.

Lei sorrise e si avvicinò; gli allacciò le braccia al collo e poggiò i gomiti sulle sue spalle. «Starò via solo per un mese, riusciremo comunque a spendere del tempo assieme prima che ricominci la scuola» lo tranquillizzò, «o sei diventato così dipendente da me che non resisti trenta giorni senza la mia straordinaria presenza?»

In quel momento avrebbe volentieri assecondato la sua richiesta di essere uccisa. «Niente del genere» negò, categorico, cercando senza successo di scollarsela di dosso. «Semplicemente, sono un tipo abitudinario, ecco tutto.»

Narcissa finse di essersi offesa — anche lui ormai riusciva a capirla e quella era proprio la faccia che faceva quando mentiva —, si scostò da lui e inscenò un atteggiamento sconsolato. «Quindi non sono altro che unʼabitudine per te?» Abbassò anche lo sguardo, rivolgendolo al pavimento in marmo lucidato della camera da letto di lui, e congiunse le dita in vita ostentando nervosismo e delusione. Era brava, dannazione.

«Sai bene che non è così» le sfiorò il fianco sinistro con le dita, senza riuscire a trattenere un sogghigno, «o mi sbaglio?»

«Io lo credevo» cominciò lei; prese a camminare per tutta la stanza teatralmente, palesando la sua finzione, e spalmandosi un braccio sul viso continuò: «ma tu dici queste cose crudeli, cosa dovrei pensare? Solo che allʼuomo che amo non mancherò perché sono io, ma perché ormai si è abituato alla mia presenza...»

Lucius decise che la tragedia poteva finire lì, senza particolari applausi. La attirò a sé tirandola per il bacino e congiunse le loro bocche, sentendo morire sulle labbra di lei le sue prossime parole — sicuramente altre drammatiche stupidaggini che fu contento di essersi risparmiato. Lʼuomo che amo, aveva detto; non credeva che lei avesse idea, non nel profondo, di cosa frasi del genere scatenassero in lui.

I loro baci erano saette. Ogni volta che la toccava sentiva di andare a fuoco e sebbene non intendesse spingersi oltre — lei era di un anno più piccola, inoltre ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che si sarebbero potuti sposare... — non riusciva a controllarsi quando gli era così vicina. Chiese gentilmente e con una delicatezza che — ne era consapevole — non gli apparteneva — e che sfoggiava solo con lei — lʼaccesso alla sua bocca con la lingua e lei glielo garantì subito, unendo a essa la gemella. Quella danza durò per un poʼ e nel frattempo le mani di lei si poggiarono sul suo petto mentre quelle di lui scesero leggermente più in basso...

Interruppe immediatamente il contatto tra di loro, allontanandosi. «Scusami» le disse, realmente mortificato, con il fiatone per il lungo e passionale bacio.

Anche il respiro di Narcissa era irregolare. Lo stava guardando confusa. «Per cosa?»

«Per...» Che non se ne fosse neanche accorta? Del resto le aveva solo sfiorato i glutei per un paio di secondi, però gli sembrava un poʼ strano che non ne avesse minimamente avuto la percezione. «Per... insomma, non capiterà più, davvero. Scusa.»

Il sorriso che si palesò sul viso di lei non aveva niente a che vedere con i soliti ghigni maliziosi o derisori che di solito esibiva, al contrario: era intriso di una dolcezza mista a gratitudine. «Lucius... mai più? Dai, mi pare un poʼ eccessivo.»

«Voglio dire... non fino a che... tu non lo vorrai... Non fino a che...»

Senza sapere come, senza che neanche riuscì ad accorgersi dello scorrere del tempo, Narcissa gli saltò in braccio e lo baciò di nuovo. La afferrò in fretta per non farla cadere, ma preso alla sprovvista perse lʼequilibrio e caddero entrambi sul letto a baldacchino dove avevano trascorso immensi pomeriggi a leggere, studiare e chiacchierare, a raccontarsi le reciproche vite, a guardarsi negli occhi e a vederci dentro più di quanto le parole potessero mai esprimere. Rispose al bacio e la strinse a sé tenendo le mani ben ancorate ai suoi fianchi morbidi e sinuosi. Così bella...

Si separarono solo per mancanza di ossigeno.

«Lux, prima di decidere se voglio o meno una cosa, sarebbe il caso di chiedermelo» decretò, scrutandolo seria in volto.

Lui non seppe bene che dire. Davvero lei voleva...?

«Non sto dicendo che lo voglio» aggiunse subito, come a leggergli il pensiero. «Non... non è che non voglio, solo magari non adesso» specificò. «Però cerca di non farti troppi problemi e non chiedermi scusa per cose che non lo necessitano.»

Alzò la schiena, seduta su di lui, con le mani strette alle sue spalle; e sorrise.

Lucius pensò che i Black dovevano essere stati pazzi a non capirlo subito, a non accorgersi che era lei più di chiunque altro a meritare un nome che cʼentrasse con la lucentezza, con il sole, con lo splendore del mondo, della luna e delle stelle. Illuminava tutta la dannata stanza e anche oltre, a guardarla quasi rimase accecato.

«Okay» disse solamente e sperò che lei sentisse cosa nascondeva quella parola: era la dimostrazione che aveva compreso, sia come voleva essere trattata da lui, sia che non si sentiva ancora pronta per quel passo importante.

 

Il giorno dopo si svegliarono talmente vicini che avrebbero potuto respirare lʼuna lʼaria dellʼaltro. Lucius si beò di quella condizione e non ebbe il coraggio di sciogliere lʼunione delle loro dita, che si erano cercate e si erano trovate. Quella notte erano andati a dormire estremamente tardi, così tardi che neanche ricordava di essersi coricato. Erano probabilmente caduti tra le lenzuola troppo esausti per farci caso.

Avevano parlato, come al solito, come parlano due persone che sono state istruite a farlo solo se interpellate quando non vengono osservate. Con lei si sentiva libero di dire qualsiasi cosa. Le aveva persino confessato che dei Gufo che avrebbe affrontato quellʼanno non gliene poteva fregar di meno, cosa che neanche sotto tortura avrebbe ammesso davanti ai suoi genitori, che ci tenevano tanto ai suoi voti.

Semplicemente gli sembrava molto stupido applicarsi tanto in materie inutili, prima su tutte Difesa contro le arti oscure: difesa? Per lui che aveva intenzione di praticarle, che in parte già le praticava? Non aveva alcun senso.

Si riscosse da quei pensieri quando la stretta delle loro mani venne meno. Guardò lo splendido volto di Narcissa, che risultava estremamente buffo appena sveglio, e si accorse che aveva appena aperto gli occhi e che li stava serrando con forza come riparo dal raggio di luce che entrava discreto dalla finestra. Era palese che avesse ancora parecchio sonno.

«A che ora dovete partire?» le chiese, sperando che riuscisse già a connettere chi fosse, dove si trovasse e cosa avrebbe dovuto fare di lì a poche ore.

«Alle dieci» rispose lei e ancora una volta lui si stupì di come fosse sempre sullʼattenti, quasi si aspettasse un pericolo imminente un momento sì e lʼaltro pure.

«Sono le sette. Puoi dormire ancora un poʼ» la rassicurò, carezzandole i capelli; adorava immergersi in quellʼoceano dorato che lo accoglieva tanto volentieri.

«Resta con me» gli disse, «dormi anche tu.» Gli si accoccolò contro, poggiando la parte sinistra del viso sul suo petto e allacciandosi alla sua vita.

«Mi hai scambiato per un cuscino?» ironizzò, pur ricambiando subito la tenerezza e accettando di buon grado la sua. Le avvolse le spalle con il braccio sinistro, mentre lʼaltra mano restava tra i suoi capelli a vezzeggiarla con un ritmo ben scandito che sapeva lei conoscesse a memoria e che aveva sempre il potere di rilassarla, anche dopo una giornata no.

«Esattamente» scherzò.

Lucius ridacchiò.

Non riuscì a riprendere sonno, troppo impegnato a coccolarla, a passare le dita sulla sua pelle con finezza, a bearsi del suo profumo paradisiaco.

Narcissa si risvegliò unʼora e mezza più tardi e quando si accorse di essere ancora appiccicata a lui quasi tremò. Lui non seppe come interpretare quel gesto, ma immaginò fosse una cosa positiva quando lei si arpionò alla sua maglietta e poggiò una coscia sul suo fianco.

«Tutto bene?» le chiese, in un sussurro.

«Tutto benissimo» rispose lei.

 

«Hai dimenticato qualcosa?»

«No, niente.»

«Sei sicura?»

«Sì, mamma

Lucius valutò lʼidea di strangolarla. «Fai poco la spiritosa» la avvertì, «e scordati che venga fino in Spagna a portarti qualsiasi sia la cosa che sicuramente hai dimenticato e della cui assenza ti accorgerai troppo tardi

Narcissa scoppiò a ridere. «Che uccellaccio del malaugurio! Ho guardato la lista: c'è tutto; smettila di preoccuparti.»

Lui annuì. «Okay, allora andiamo.»

«Andiamo? Noi?»

«Ti accompagno sotto casa» chiarì il ragazzo e subito rivolse la sua attenzione, apparentemente indifferente, al proprio manico di scopa, pur di non incontrare lo sguardo di Narcissa, la quale sicuramente si era sciolta in qualche stupido e inopportuno sorrisetto malizioso a seguito della sua — troppo romantica, ne era a conoscenza — frase.

Salì in sella allʼultimo modello di Nimbus e le fece segno di fare altrettanto con un cenno del capo.

Lei lo imitò e gli si aggrappò forte al busto, mentre poggiava il viso alla sua schiena. «Vai pure, mio bel principe

Stupida.

Arrivarono di fronte al suo cancello in un breve lasso di tempo, o così gli sembrò, troppo assorto nei suoi pensieri per notare con accuratezza quanti angoli avesse svoltato o quanti minuti ci avesse impiegato. Lʼavrebbe lasciata lì e non si sarebbero più visti per un mese, trenta giorni, settecentoventi ore, quattromilatrecentoventi minuti. , cʼera mancato davvero poco che contasse anche i secondi. Sei diventato ridicolo, Lucius Abraxas Malfoy.

«Eccoci» disse, scendendo dalla scopa e aiutandola a fare lo stesso.

«Eccoci» ripeté lei. «Allora io vado. Mi staranno aspettando.»

«Certo. Ci vediamo tra un mese.»

«Sì» e sorrise, un sorriso estremamente brillante e sincero, «sì, esatto.»

Aprì il cancello ed entrò. Lucius aveva immaginato che avrebbe proseguito dritta verso la sua villa, senza voltarsi indietro, invece lei si girò e lo guardò per un paio di minuti, in un silenzio che lui non ruppe.

Poi parlò. «Sei la mia Lux, Lucius (1). Non dimenticarlo.»

Sentì il cuore battere più forte, istantaneamente, senza che potesse impedirlo. Sbarrò gli occhi e schiuse le labbra — facendo quasi sicuramente la figura dellʼidiota, standosene lì impalato incapace di dire alcunché.

Narcissa, infatti, rise di gusto davanti alla sua espressione e corse via avvicinandosi sempre di più alla porta dʼingresso e allontanandosi sempre di più da lui.

Quando fu del tutto fuori dal suo raggio visivo, Lucius si lasciò sfuggire un sorriso sereno, compiaciuto e irrimediabilmente innamorato.







Angolo autrice
ehi u guys!
Volevo chiedervi scusa se gli aggiornamenti sono un po' più lenti di quanto avevo programmato, ma siamo già a metà canzone quindi state pur certi che per la fine di agosto o al massimo per l'inizio di settembre (iinsomma, prima che ricominci la dannata scuola) riuscirò a concludere la raccolta. 
Spero tanto che questi capitoli vi stiano piacendo e vi ringrazio di essere arrivati fin qui.
(1) Sei la mia Lux, Lucius. Questa parte avrebbe reso molto meglio in inglese: You're my Lux, Lucius; avrebbe infatti doppia valenza: sia "tu sei il mio lux, cioè il mio ragazzo, il ragazzo che amo e che solo io chiamo così" e sia "sei la mia luce, Lucius"; anche l'aggettivo possessivo che in inglese non è né maschile né femminile avrebbe giovato alla frase.
 

   
 
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