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Autore: Bluelectra    03/08/2019    11 recensioni
Sequel de "IlDestinoNonÈUnaCatenaMaUnVolo".
Dal Caos primordiale, in cui nessuna forma di vita poteva essere ospitata, nacquero le stelle. E solo grazie alla loro luce e al loro calore fu possibile concepire la vita.
Il Caos dentro di sé, i dolori a stento sopportabili, le peggiori cose della vita possono essere trasformate in gocce di splendore, in stelle in grado di illuminare la notte più buia e riportare a casa i dispersi.
Ritornano dopo quattro anni Angelique, Albus, James, Scorpius e tutti gli altri.
Dal Cap.16:
“Avanti Gigì, ora devi iniziare a comportarti in modo carino. Insomma deve essere almeno possibile il fatto che tu sia attratta da me!” ribatté James sporgendosi oltre il tavolino che condividevano.
Angie fece lo stesso, avvicinandosi a lui fino ad avere il suo viso molto vicino.
“E che cosa dovrei fare?” chiese sorridendo in modo delizioso.
“Beh per esempio potresti darmi un bacio, ci sono giusto quattro o cinque ragazzine che ci stanno guardando proprio adesso…” mormorò lui continuando a fissarla con i suoi occhi magnetici.
“Oppure potrei darti un pugno sul naso.” propose Angelique inclinando il capo.
“Oh Gigì, ma questo non è per nulla carino.”
“Io lo troverei adorabile!”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cap. 35

Cap. 35 Show must go on

Inside my heart is breaking

My make-up may be flaking

But my smile still stays on

Queen, Show must go on.

Galleggiava leggera in un mondo inconsistente, come un palloncino pieno di elio nel cielo, sempre più lontana.

I suoi sogni erano lunghi giorni interi, protratti in modo innaturale. Alcuni erano meravigliosi, frammenti di ricordi felici, di fiori bianchi nelle stanze della sua infanzia, che si mescolavano ad avventure tra draghi, ippogrifi e creature mitologiche. Altri invece erano incubi tremendi, castelli immersi nelle tenebre in cui vagava senza trovare mai la strada per andarsene, specchi d’acqua che si tingevano di sangue e da cui emergeva il volto cereo di sua madre, catene che si stringevano ai suoi polsi, che scavavano la sua carne e la inchiodavano al suolo per il dolore.

Altre volte invece c’era solo il buio nello spazio circoscritto della sua mente, e regnava la pace.

Le loro voci però c’erano spesso, sia che sognasse o che restasse immersa dentro di sé.

Le parlavano di tutto, pettegolezzi, appunti di lezione, dubbi, speranze. Le parole con cui la circondavano erano come tanti fili che lei intrecciava per ancorarsi alla vita, per ricordarsi che sarebbe dovuta tornare indietro.

Sentiva che Berty piangeva spesso, aveva la sensazione di sentire le sue lacrime cadere come macigni sulle coperte. Che cosa avrebbe dato per poterlo abbracciare e arrestare il suo pianto disperato…

Ma Elena non poteva muoversi.

Le sue mani non rispondevano, le sue braccia erano state private della loro forza, i suoi occhi non potevano aprirsi. Non aveva più percezione delle proprie membra. La sua mente era in costante movimento, eppure il risultato di tutte quelle forze in contrasto era l’immobilità più assoluta.

Non sapeva come fosse accaduto, come si fosse ritrovata prigioniera del proprio corpo. Non aveva memoria. Tentava di ricordare qualcosa, qualunque cosa del passato, ma non sapeva dove cercare nello spazio infinito e oscuro dei suoi ricordi. Così si arrendeva presto e si limitava a percepire il momento presente, in bilico tra il buio e i sogni.

Sapeva di non poter restare in quel limbo per sempre, presto o tardi avrebbe dovuto decidere.

Decidere se sostituire i sogni con l’oblio che vedeva avvicinarsi come una nebbia autunnale, oppure tentare di riemergere con tutte le proprie forze. Il momento si avvicinava sempre più, anche se lei non si sentiva pronta a scegliere la propria strada.

***

Lo scenario che si presentò ai suoi occhi, quando Rose aprì la porticina anonima dell’Ala Ovest, non era affatto eccezionale. Era una stanza stipata di mobili, con un ampio tavolo ingombro di boccette e ingredienti al centro, rischiarata appena dalla luce proveniente dall’unica finestra presente.

Non gli sembrava un luogo tanto minaccioso o inquietante da turbare la ragazza.

Scorpius si morse la lingua per non iniziare a dar voce al fiume di domande che si stavano affacciando nella sua mente. Aveva promesso. Nulla era più importante che aiutarla e convincerla a fidarsi di lui.

La vide respirare a fondo un paio di volte e poi dirigersi con sicurezza verso un armadio con delle ante di vetro. Levò la bacchetta contro il mobile.

“Deprimo.” La voce di Rose risuonò dura come pietra.

Il rumore del vetro che si frantumava sorprese Scorpius, ma non appena un miscuglio di fluidi iniziò a riversarsi sul pavimento Rose fece evanescere tutto, compresi i resti di legno e vetro che si erano sparsi nella stanza.

In pochi secondi rimase solo un mobile sgangherato completamente vuoto.

Il giovane Malfoy si guardò attorno perplesso. C’erano molti scatoloni impilati in vari punti, una poltroncina di vimini un po’ malconcia e un mobile di ferro con i cassetti a scorrimento.

Rose si voltò verso di lui. Era sconvolta, lo si leggeva nei suoi occhi, eppure era animata da una determinazione feroce.

“Niente domande, Malfoy.” Gli rammentò prima di aprire uno degli scatoloni e rivelargli il contenuto.

Sei bottiglie scintillanti di Firewhisky, appartenenti ad una delle migliori aziende del paese.

“Fa’ evanescere una bottiglia alla volta, per favore. Lo stesso con tutte le altre.” Rose gli indicò una pila di scatoloni come quello che aveva appena aperto.

Scorpius annuì ed eseguì quanto lei gli aveva chiesto. Non la perse di vista un secondo, troppo curioso e confuso dalla situazione per poter rinunciare alle domande su cui si stava arrovellando.

Rose estrasse un faldone di carte da un mobile di metallo con cassetti scorrevoli e lo depositò sul tavolo. Scorpius sbirciò l’etichetta sul cassetto e lesse l’anno 2020. Dopo un paio di viaggi, la ragazza aveva svuotato i cassetti del mobile e grossi fascicoli strabordanti di fogli si erano accumulati sul ripiano di lavoro.

Rose li scrutò con attenzione, evidentemente indecisa sul da farsi. Senza smettere di far evanescere le bottiglie Scorpius si decise a dare voce ai propri pensieri.

“Rimpiccioliscili e bruciali in Sala Comune.”

Sentì il peso degli occhi di Rose addosso. Aveva capito che volesse bruciarli, ma anche lei aveva già previsto che il fumo causato dalla combustione avrebbe potuto attirare l’attenzione. Subito dopo la sentì sussurrare l’incantesimo per ridurre i faldoni e infilarli nelle tasche della giacca. La ragazza si chinò poi accanto a lui e lo aiutò nell’operazione di sgombero delle bottiglie.

“Non riesco a capire se la tua intelligenza mi irriti o mi affascini.” Gli rivelò in un soffio, evitando accuratamente di incontrare il suo sguardo

“Probabilmente entrambe le cose Rose.”

***

Angelique conosceva la propria parte. L’aveva costruita con meticolosità insieme a Dominique, in quell’ora infinita, prima di giungere davanti all’ufficio della McGranitt; tempo in cui aveva sospettato che la mente assolutamente imprevedibile dell’altra stesse elaborando da molto più tempo quella soluzione.

Sapeva che cosa avrebbe dovuto fare per tentare di salvare Lucy, anche se questo fosse andato contro ogni desiderio della cugina. Ancora una volta nella sua vita le tornavano alla mente le parole della Blackthorn.

I conti si fanno dopo, quando c’è tempo per considerare i danni fatti.

E loro avevano appena causato una catastrofe.

“Mi raccomando Angie, faccia preoccupata ma non colpevole.” Ribadì Dominique scrollando indietro i capelli biondi e spargendo attorno a sé una vampata del suo nuovo profumo primaverile. Ricordava quando la settimana prima Dom avvolta nel suo kimono delle creazioni aveva dato vita al suo primo profumo, dopo molti tentativi e studi approfonditi sulle essenze che aveva selezionato. Cosa più unica che rara, la fragranza era piaciuta a tutte.

Il dolore per quel ricordo la punse come uno spillo sul polpastrello.

Doveva calmarsi. La tensione si stava riverberando nel consueto indolenzimento alle spalle, mentre il suo stomaco era contratto dai crampi, segnale inconfutabile che la paura stesse avendo la meglio. Chiuse gli occhi appoggiando la fronte alla finestra, prese un profondo respiro e lo lasciò uscire molto lentamente dalle narici. Doveva ridurre la mente a una pagina bianca, come Martha cercava di insegnarle da qualche tempo, doveva lasciar andare tutte le cose inutili e concentrarsi sul suo respiro, che era reale e tangibile. Rimase ferma contro il vetro per tutto il tempo necessario a recuperare il controllo.

Finalmente rilassò la postura delle spalle e percepì il peso su di esse alleviarsi. Pronta ad affrontare il proprio dovere, si voltò verso Dom. E urlò.

O meglio squittì un verso di sorpresa tappandosi subito dopo la bocca.

James e Dominique la guardarono con identica espressione perplessa. Jessy la guardava.

“Che ci fa lui qui?” bisbigliò concitata guardandosi attorno.

“Ho bisogno di lui e gli ho chiesto di venire.” Rispose semplicemente l’altra scrollando le spalle. E Jessy, a cui sicuramente non era stato raccontato nulla, non aveva esitato a rispondere alla chiamata. La colse il pensiero che il naturale collocamento di quei due, la configurazione che avrebbero assunto spontaneamente anche in una stanza buia, era l’uno al fianco dell’altra.

Volse lo sguardo su Jessy confusa e si sentì ancor peggio. Sotto la giacca di pelle indossava una camicia azzurra, la stessa che aveva la sera della festa nel Bagno dei Prefetti, in quella che ormai le sembrava una vita fa. Il tessuto leggero evidenziava la linea delle spalle e scendeva sui fianchi, lambendoli con eleganza.

Immaginò come sarebbe stato far scivolare i piccoli bottoni bianchi attraverso le asole e scoprire con deliberata lentezza prima il suo petto e poi il suo addome, saggiare la consistenza della sua pelle con carezze e baci, risalendo fino alle sue labbra piene. Labbra che l’avrebbero accolta e poi fatta affogare nella propria cavità…

“Ciao Gigì.”

“Maledizione.” Fu l’unico modo in cui riuscì a salutarlo bofonchiando.

“Ora, miei cari, ascoltatemi…” Dominique lì chiamò a sé con un gesto della mano.

Mentre entrambi ascoltavano la ragazza illustrare come si sarebbero comportati nelle prossime ore, Angie percepì con chiarezza il corpo del giovane accanto al suo. Ne vedeva i movimenti impercettibili con la coda dell’occhio, respirava l’aria improvvisamente satura del suo odore, le sembrava perfino di avvertire il calore da lui emanato. Si maledisse perché persino nella peggiore delle situazioni la sua presenza le incasinava gli ormoni, ma soprattutto si maledisse perché era felice di averlo lì, con lei, davanti all’ufficio della Preside, nel disperato tentativo di portare in salvo Lucy.

***

Non era stato poi tanto difficile rispettare gli accordi stabiliti con le ragazze.

Rose aveva ribadito loro un milione di volte che non avrebbero dovuto parlare. Nemmeno una parola avrebbe dovuto lasciare le loro labbra senza la presenza di un avvocato.

Appena le avevano tolto il cappuccio nero dalla testa Lucy aveva scorto due Auror davanti a sé, l’energumeno che aveva picchiato Benji e una donna dai bellissimi tratti indiani, induriti dall’espressione severa.

“Come ti chiami ragazza?” le aveva chiesto l’uomo, rivelando un tono molto più condiscendente di quello che si sarebbe aspettata.

Gli occhi della giovane si erano piantati sulla parete di fronte a lei e non aveva pronunciato nemmeno una sillaba. Il suo nome sarebbe stato rivelato dal primo professore che fosse entrato per riconoscerla e voleva proprio godersi le loro facce.

Quasi le dispiacque, quando Paciock, il Capo della sua Casa, la guardò con un misto di sconvolgimento e incredulità pronunciando il suo nome completo.

Lucy Catherine Weasley.

Gli occhi scuri della donna erano quasi usciti fuori dalle orbite sentendo il cognome di uno dei Magistrati del Winzengamot.

Mentre le parole degli Auror, che cercavano di convincerla a collaborare, le scivolavano addosso, nella mente di Lucy si facevano largo spintonando e arrancando i mille frammenti della sua storia con Benjamin.

Il primo incontro ai margini della Foresta Proibita, la mattina prima della sua partenza per le vacanze di Natale, la festa di Halloween, le presentazioni alla Taverna delle Lucciole, il modo in cui la guardava l’attimo prima di farla sua, le sue fossette, l’espressione pensierosa quando scriveva le lettere ai clienti…

Benji. Benji. Benji.

Tutto in lei urlava il suo nome, contorcendosi in un dolore che non lasciava spazio alle lacrime, che le si era aggrappato al cuore e lì restava conficcato.

Erano stati presi. Lui sarebbe stato sbattuto in prigione per anni, lei forse in virtù della giovane età avrebbe ricevuto una pena più blanda.

Le importava che la sua fedina penale venisse macchiata irreparabilmente? Le importava che qualunque ipotesi di lavori futuri sarebbe stata spazzata via dallo scandalo del processo? Le importava che avrebbe dovuto confessare davanti agli sguardi allucinati dei suoi genitori di essere la fidanzata di un criminale, più grande di quasi dieci anni?

No.

Non sentiva più nulla riguardo a tutto ciò.

Non riusciva più a sentire nulla dal momento in cui la sua testa era stata infilata nel cappuccio nero che aveva chiuso definitivamente il capitolo più bello della sua vita. Quello in cui era stata libera di amare.

Se anche avesse potuto tornare indietro nel tempo non avrebbe cambiato nulla di quei mesi, nemmeno alla luce di quello che stava per succederle. Come avrebbe potuto provare rimpianti, se aveva trovato più umanità, calore e onestà in mezzo a malavitosi e prostitute che nella sua scintillante famiglia borghese? Come avrebbe potuto pentirsi di essere stata felice fino all’incredulità?

Non avrebbe potuto, non più, non dopo aver amato in tal modo qualcuno.

Sull’onda di tali pensieri, riuscì a mantenere uno sguardo impassibile anche di fronte all’avanzata del magistrato Weasley nella stanza. Le occhiaie scure spiccavano sul viso dell’uomo, pallido in modo spettrale. Quando i loro occhi si incontrarono, Lucy sentì il consueto guizzo di dolore farsi strada nel petto. Il dolore dato della consapevolezza di essere la vergogna di chi l’aveva messa al mondo.

Le mani affusolate di Percy, identiche alle sue, aprirono il fascicolo che aveva portato con sé.

“Signorina Weasley, sa perché si trova qui?” le chiese con tono perfettamente formale.

“Immagino non si tratti dell’ultimo voto di Trasfigurazione.” Lucy si morse immediatamente la lingua. Non avrebbe dovuto parlare, ma provocare suo padre le riusciva spontaneo come respirare.

Gli occhi azzurri di Percy saettarono nei suoi e la voragine dentro di lei si aprì di qualche metro ancora.

“Lei è qui perché è sospettata di associazione per delinquere, di frode fiscale per contrabbando di sostanze alcoliche, di detenzione di sostanze stupefacenti e illegali al fine di vendita. Come si dichiara?”

Dalla voce di suo padre non trasparì la benché minima emozione, solo il tono più gelido e duro che gli avesse mai sentito usare. Anni di lavoro incessante e la dedizione più totale alla propria causa, avevano reso Percival Weasley il Magistrato più inflessibile del Winzegamot. A tal punto che nemmeno il pensiero di dover accusare pubblicamente la propria figlia, per quanto scapestrata e ribelle, aveva fermato il suo senso del dovere.

Suo padre non aveva amato niente e nessuno nella propria vita più del pensiero di potersi definire integerrimo. La sua legge era sopra ogni sentimento.

Come si dichiarava di fronte a tutto questo?

Sconfitta.

E sigillando le labbra in una linea impassibile, ritornò a fissare il muro di fronte a sé.

***

Quando la Signora Grassa aprì il passaggio verso la Sala Comune di Grinfondoro, Rose non si sorprese di trovarla deserta. Tra la gita ad Hogsmeade e la bella giornata, gli studenti avevano abbandonato in massa la scuola, per godersi il sole primaverile.

Si diresse ad uno dei due caminetti che riscaldavano la Torre Ovest e si sedette di fronte al fuoco. Scorpius, si accomodò al suo fianco incrociando le gambe.

Quando prese dalle tasche i registri rimpiccioliti e li gettò nel fuoco senza pensarci, le sembrò che insieme alla carta venissero carbonizzate anche le sue speranze. Non era riuscita a proteggere le sue cugine. Non avrebbe visto Lucy diplomarsi e concludere la carriera scolastica che le aveva richiesto tanti sforzi. Aveva mentito e nascosto per anni azioni illecite, solo per assicurarsi che le persone a cui voleva bene non subissero punizioni, quando forse venire espulse da Hogwarts sarebbe stato il minore dei mali. Aveva fallito in tutto.

Era talmente prostrata dalle proprie considerazioni che si era dimenticata della presenza di Malfoy, finché non lo sentì muoversi per cingerle le spalle con un braccio. In men che non si dica si ritrovò ad abbracciarlo, stupendosi di quanto fosse calmante respirare il suo profumo, di quanto fosse solido il petto in cui poteva nascondere il viso.

“Non so che fare.” Si lasciò sfuggire in un bisbiglio.

Scorpius la scostò leggermente da sé e le sollevò il viso. I suoi occhi avevano le tonalità dell’ardesia, con picchiettature azzurre a raggera; sapevano essere gelidi al pari dei venti siberiani o roventi come in quell’istante. La guardò con l’intensità a cui normalmente si sarebbe sottratta, col desiderio di spogliare, prima del suo corpo, la sua anima per conoscere e assaporare la sua essenza.

Lui che le si era mostrato sin dall’inizio con la disarmante sincerità delle proprie imperfezioni, che non le aveva mai negato la disonestà dei propri intenti. Scorpius, il mosaico di buoni propositi mascherati da sotterfugi, l’animo nobile celato dalla corazza di Serpeverde.

E davanti a quello sguardo spiazzante, Rose, la stratega delle Menadi, la calcolatrice, vuotò il sacco come un bambino con le proprie marachelle.

Gli raccontò in sussurri inframmezzati da lacrime di come fosse iniziata l’attività delle Menadi, di chi fossero, di che cosa facessero, di Lucy e di Benji, di Angie e la Polisucco, di Lily e la taccagneria, tutto quanto. Fino a quando le toccò rivivere quel pomeriggio. E gli descrisse ogni cosa, ogni passaggio, nella speranza che rivivendolo le si mostrasse finalmente l’errore, che le aveva condannate tutte.

Malfoy l’ascoltò pazientemente, senza interromperla mai.

“So che Dom e Angie si stanno occupando del resto, ma non riesco a smettere di pensare a quello che abbiamo fatto. A chi ne pagherà davvero le conseguenze. E non riesco a perdonarmi, Scorpius! Non riesco a non pensare che sia tutta colpa mia, che non sono stata abbastanza attenta, abbastanza intuitiva. Penso che l’uomo che ha cercato in ogni modo di convincerci a fare un passo indietro, l’uomo che Lucy ama, sarà processato per reati che sono anche miei.” La voce le si esaurì in gola e si trovò a guardare imbarazzata un punto imprecisato del tappeto.

Scorpius deglutì un paio di volte e poi le chiese cautamente:

“Rose… Pensi davvero che un caso di contrabbando di alcolici meriti l’attenzione del Winzegamot?”

La Weasley davanti a quella domanda insolita si accigliò per un istante.

Una squadra intera di Auror mandata a scovare un criminale che, per quanto noto e ricercato, sicuramente non costituiva un pericolo pubblico degno dell’impiego dei migliori combattenti del Ministero.

Sentì i propri occhi azzurri spalancarsi e fissare attoniti quelli di Scorpius. Le sopracciglia del ragazzo erano lievemente corrugate.

A Rose sembrò che il filo dei loro pensieri si intrecciasse per la prima volta e fu travolta dalla linearità del ragionamento.

Un arresto eclatante. Uno dei Magistrati più in vista del Winzegamot. Un processo pubblico seguito dalle principali testate giornalistiche del paese. La messa in luce dell’efficienza del sistema giudiziario del Ministero della Magia e quindi conseguentemente di…

“William Danes.” Rose sussurrò quel nome mentre le si dipanava davanti agli occhi una parte della matassa che le aveva annebbiato la mente. “Non sarà un semplice processo per contrabbando. Benjamin verrà usato come capro espiatorio e Lucy finirà alla pubblica gogna. La nostra famiglia verrà screditata, così che Danes possa brillare come esempio di integrità morale. Sarà un macello.”

Qualcosa guizzò negli occhi di Scorpius alle sue parole.

“Sai chi ha appoggiato Danes alle future elezioni per il Ministro della Magia?” le chiese con un mezzo sorriso sornione sulle labbra. Rose lo guardò interrogativa senza comprendere dove volesse andare a parare. “Kurt Schatten. Questo arresto è quanto di meglio potessero sperare per la loro campagna elettorale.”

Rose per la prima volta in vita propria, seduta per terra nella Sala Comune di Grifondoro, sentì morire ogni speranza. Laddove pensava che avessero lanciato una granata, avevano in realtà innescato una bomba all’idrogeno. Ma la disperazione da cui per qualche istante si sentì travolta, fu smorzata dalla voce di Malfoy.

“Ho bisogno che tu sia molto sincera.” Le disse prendendole una mano tra le proprie.

Rose sentì lo stomaco farle una capriola nonostante la situazione disperata. Annuì semplicemente, consapevole che se avesse parlato la sua voce sarebbe stata stridula.

“Credi che concederanno a Benjamin un processo equo?”

“No.”

Scorpius annuì e dopo qualche secondo riprese a parlare

“Ti sentiresti colpevole se Benjamin venisse assolto?”

Rose corrugò la fronte senza capire la logica di quei pensieri, ma scosse il capo.

“Allora esegui un Muffliato e un Incantesimo di Invalicabilità.”

***

Dominique si riteneva un’adolescente abbastanza fuori dal comune, partendo dalla sua straordinaria bellezza e arrivando alle sue molte qualità, tra cui senz’altro la fiducia nei propri mezzi. In particolar modo quelli di persuasione.

Tuttavia, Minerva McGranitt la metteva in difficoltà. Sicuramente c’entrava l’esperienza decennale in fatto di Weasley e Potter, di adolescenti, nonché di Weasley e Potter adolescenti, per cui la donna vivisezionava ogni loro parola e movimento con la precisione di un falco.

Ciò che la preside non sapeva però, era che Dominique aveva affinato le proprie abilità recitatorie grazie ad un allenamento quotidiano e massacrante, al fine di nascondere a chiunque i suoi sentimenti per Teddy Lupin.

Inoltre, in quel momento agiva sotto la più stretta necessità. Doveva tirare fuori Lucy da quella situazione. Poteva farlo. E nemmeno la faccia rugosa e appuntita della McGranitt l’avrebbe fermata. Nemmeno orde di dissennatori l’avrebbero fermata.

Suo nonno Arthur citava spesso un modo di dire babbano che riguardava il salvare un animale e una verdura, tipo una capra e un’insalata, o un cavallo e una carota. In quell’istante Dominique non ricordava con esattezza i protagonisti della storia, ma lei avrebbe salvato animali e vegetali, l’intera fattoria se possibile.

“Signorina Weasley, la sua insistenza per essere ascoltata è assolutamente inopportuna.”

“Preside mi rendo conto che siate in una situazione di emergenza. Credo tuttavia che ciò che possiamo riferirle abbia una certa importanza.”

Gli occhi della McGranitt scintillarono dietro le lenti degli occhiali

“E che cosa le fa pensare che ci sia una situazione di emergenza?”

Dominique sorrise alla preside e accavallò le gambe, pronta finalmente a dar battaglia.

“Suvvia Preside, secondo lei l’intera scuola non è al corrente che qualcuno sia stato arrestato ad Hogsmeade e sia stato portato proprio qui. Senza contare che si dice che fossero ben due persone incappucciate, quindi nessuno voleva che trapelasse la loro identità. Se dovessi azzardare un’ipotesi sull’identità del nuovo ospite del castello direi che sicuramente ha una certa rilevanza per gli Auror e che essendo stato portato qui, con ogni probabilità è stato catturato nella Foresta o, forse, a Hogsmeade.”

Non una sillaba o il più piccolo movimento del corpo flessuoso di Dominique sfuggiva all’analisi della McGranitt. E Dom seppe che la vera sfida era appena iniziata.

“Non vedo come le sue illazioni possano anche solo vagamente interessarmi. Non la riguarda chi o che cosa venga ospitato nel Castello, considerato che non è lei la preside di questa scuola di babbuini indisciplinati.” Rispose la donna seccamente.

“Non lo sarebbe, se non fossi convinta che sia stato arrestato un famoso criminale di Hogsmeade e che questi abbia coinvolto un membro della mia famiglia.”

Non riuscì a impedirsi di pronunciare le ultime parole con tono protettivo: la sua famiglia, chiodi della sua croce e balsamo rigenerante sulle sue ferite. La McGranitt non mosse il minimo muscolo.

Capra e zucchine, si ripeté mentalmente Dom, ricordando le urla disperate di Lucy nella Stamberga Strillante. Sentì gli occhi inumidirsi di lacrime mentre fronteggiava la McGranitt.

“Vorrei solo che mi dicesse se è stato catturato un delinquente che si fa chiamare Benji Allucemonco.” Dom cambiò totalmente registro, utilizzò un tono quasi tremante, privo della spavalderia usata fino a quel momento. Non che avesse bisogno di fingere, era molto preoccupata e poteva sfruttarlo a proprio vantaggio. “So che non è autorizzata a rilasciare una simile informazione, ma l’edizione della Gazzetta del Profeta della sera uscirà tra un paio di ore e se davvero il Ministero è riuscito a catturare quell’uomo, sarà questa la notizia della prima pagina. Le chiedo solo se può anticiparmi ciò che leggerò sui giornali di tutta la nazione tra poco.”

“Perché dovrei privilegiarla rispetto a tutti gli altri studenti dandole questa informazione?”

“Perché io potrei fornire alcune informazioni molto interessanti al Magistrato incaricato delle indagini.”

La McGranitt inarcò un sopracciglio bianco come la neve e posò i gomiti sui braccioli della sua poltrona.

“È sicura di voler essere interrogata da un membro del Wizengamot e di dover deporre come testimone in un processo?”

Qualcosa dentro di lei si mise in allerta. Dom conosceva la preside, era una donna ligia e all’apparenza inflessibile, ma avrebbe dato la propria vita per ciascuno dei suoi studenti. Le sembrò che la loro conversazione fosse un continuo avvertimento, ma d’altra parte non esistevano vie d’uscita.

“Sono sicura.”

La donna chinò il capo e si alzò dalla propria sedia con un movimento lento, rivolgendole un’occhiata dispiaciuta. Dom si voltò verso James, quando fu certa che fossero rimasti solo loro tre.

Jimmy aveva un’espressione calma e riflessiva, quella che solitamente riservava alle situazioni più disperate, ma i suoi occhi ambrati le stavano chiedendo a chiare lettere “In che razza di guaio ti sei cacciata?”

Poi lo vide lanciare un’occhiata rapida ad Angelique, che lo stava osservando a sua volta. Si scambiarono un cenno affermativo come per farsi coraggio a vicenda e Dominique pensò che erano la palese dimostrazione che talvolta anche le ceneri possono tramutarsi nuovamente in vita pulsante. Si domandò inoltre quanti altri mesi ci sarebbero voluti prima che si decidessero a saltarsi addosso e sfogare gli anni di sarcasmo e passione repressa. Non molti a giudicare dalle occhiate sottecchi che Angie rivolgeva a suo cugino quando pensava di non essere osservata.

La sicurezza di Dominique Weasley vacillò leggermente quando si trovò davanti lo zio Percy.

“Ciao zio, ma che occhiali adorabili, quest’anno va tantissimo la montatura vintage!” trillò rivolgendogli il più smagliante dei suoi sorrisi. Era dell’opinione che se proprio si doveva percorrere la strada dell’inferno, tanto valeva imboccarla a passo di danza.

Percy le rivolse un’occhiata glaciale e le parlò con tono distaccato.

“Signorina Weasley, la pregherei di utilizzare un linguaggio consono ad un interrogatorio ufficiale. Il mio segretario riporterà ogni sua parola nel verbale che alla fine dovrà firmare, per questo la pregherei di non rivolgersi più con tanta colloquialità.”

“Oh” Dominique emise un grazioso verso di sorpresa e corrugò la fronte in un’espressione perplessa, “Quindi da ora in poi dovremo rivolgerci a lei con Magistrato Weasley? Anche ai ritrovi di Natale? Anche gli zii e la nonna Molly?” chiese con innocenza guardando seria lo zio.

Il collo magro di Percy si imporporò nel sentir nominare la madre. Dom lo aveva previsto, non esisteva nessun membro della famiglia che non nutrisse un timore reverenziale nei confronti della matrona. Chiunque entrava nella tana, fosse anche stato il Primo Ministro in persona, avrebbe obbedito alle raccomandazioni e agli ordini di Molly Weasley, tra cui finire tutto quello che si aveva nel piatto.

Colto alla sprovvista dal tono del tutto privo di malizia della nipote e dalle sue parole, l’uomo annaspò qualche secondo in cerca di una risposta che ristabilisse la sua autorità nella stanza. La preside nel frattempo aveva ripreso posto dietro la sua scrivania. Dominique sentiva gli occhi di tutti i presidi dei secoli passati posati su di lei, così come quelli della McGranitt. Sapeva che nessuno in quella stanza, a parte Jimmy e forse Angie, si aspettava un solo ragionamento lineare da parte sua, e questa era la sua arma da sempre. Celare le proprie armi mostrando ciò che tutti quanti si aspettavano di vedere: la bellezza disarmante dei suoi lineamenti sempre sorridenti, l’ingenuità dei suoi grandi occhi turchesi.

“Direi che ci limiteremo al presente interrogatorio e al processo che seguirà.” Disse con tono fermo il Magistrato fissando gli occhi azzurri tornati implacabili sulla nipote. “Quindi se vuole rispondere ad alcune delle nostre domande…”

“Oh, non credo proprio.” Disse sorridendo Dom. “Ho detto espressamente alla preside che avrei fornito alcune informazioni se lei avesse risposto alla mia domanda. Considerato che è intervenuto prima che la preside rispondesse, i termini dell’accordo cambiano.”

Il segretario, un ragazzo moro e di bell’aspetto, osservò smarrito il Magistrato Weasley con la penna sospesa a mezzaria. Percy, abituato a trattare con i peggiori criminali del Mondo Magico, non fece una piega. Congiunse le mani e aspettò che Dom esponesse le condizioni per la sua testimonianza.

“Desidero conoscere le identità di chi avete arrestato oggi e, nel caso in cui uno dei due fosse un uomo, guardarlo in viso.”

“E le informazioni che sostiene di avere Signorina Weasley, in che modo potrebbero contribuire a far chiarezza sulle indagini?” chiese con scetticismo Percy.

“Potrebbero chiarire ampiamente i ruoli di chi è stato coinvolto in questa faccenda. Perché io temo, Signor Magistrato, che qualcuno sia stato ingiustamente accusato e arrestato. Il che renderebbe le sue indagini parzialmente… come dire… mal direzionate.”

Il povero ragazzo, incaricato di stendere il verbale, osservava Dominique con gli occhi quasi fuori dalle orbite, indeciso che cosa riportare sulla pergamena praticamente intonsa. Il Magistrato Weasley si schiarì la voce richiamando l’attenzione dell’altro che si riscosse immediatamente, scarabocchiando qualcosa sul foglio con aria molto concentrata.

I maschi… Quanto erano stupidi.

“Accetto le sue condizioni. Tuttavia, anche io ho due clausole da proporre per la sua collaborazione: primo che se durante l’interrogatorio dovessi avere il sospetto che stia mentendo io possa ricorrere alla somministrazione di Veritaserum, e secondo che gli altri due studenti lascino immediatamente l’ufficio della Preside.”

Prima che Dominique potesse replicare, la preside McGranitt intervenne alzandosi in piedi. Nonostante fosse magra come un fuscello e non molto alta, troneggiò su Percy con una fierezza degna di una regina.

“Mai. Non permetterò mai che in queste mura vengano usati simili metodi sui miei studenti. Che non le passi nemmeno per l’anticamera del cervello, Magistrato, di replicare le azioni di Dolores Umbridge.” Sibilò il nome con un tale disprezzo che la sua bocca sottile si contrasse.

Percy spalancò gli occhi stupito e tentò di difendersi.

“Non era certo mia intenzione… Però deve capire che dobbiamo essere assolutamente sicuri della veridicità delle parole della Signorina Weasley.”

“Sono certa che troverete altri modi per fugare ogni dubbio.” Rispose definitiva la McGranitt tornando a sedersi.

“Se vuole interrogarmi da sola, non c’è problema. I miei cugini possono uscire, sono stati loro a insistere per accompagnarmi in modo da confermare le mie parole.” Dominique sorrise con leggerezza e scrollò elegantemente i capelli indietro, spandendo ciocche bionde sulla schiena. Il segretario sollevò gli occhi dalla pergamena e la osservò ammaliato.

“Se acconsentiranno, verranno interrogati dopo di lei.” Rispose Percy indicando a James e Angie la porta dell’ufficio.

Dom rivolse un breve sguardo a Jimmy, più che per comunicargli qualcosa, solo per potersi ritrovare nei suoi occhi, raccogliendo le proprie forze. Gli sorrise nel modo che riservava a lui solo, mostrandogli in quella frazione di secondo lo strazio per quello che stava per fare. E lui le rispose con una sola occhiata, seria, piena di talmente tanto orgoglio per lei, che Dom quasi gli saltò al collo.

Quando furono usciti si rivolse al Magistrato Weasley.

“I nomi delle due persone che sono state arrestate e scortate all’interno del castello.”

“Benjamin Richardson e Lucy Catherine Weasley.” Rispose lui con tono completamente neutro, come se sua figlia non si trovasse in una cella del castello, con le manette ai polsi. Dominique, guardando Percy dritto negli occhi, comprese che effettivamente per suo zio quella che era stata arrestata quella mattina non era sua figlia, era solo una comune criminale.

“Voglio vedere l’uomo. Dopo dirò tutto quello che so.”

Perdonami Lucy, perdonami se non riesco a lasciarti andare, pensò mentre con un cenno affermativo l’uomo si dirigeva verso il pensatoio della preside. In esso riversò un ricordo che estrasse in quell’istate dalla propria tempia grazie alla bacchetta.

Dominique vide comparire nel pensatoio il bel volto di Benji tumefatto dalle percosse, con un labbro sanguinante su cui campeggiava un sorriso beffardo, quel sorriso arrogante davanti a cui Leda ancora arrossiva. Pensò che grazie al cielo né lui né Lucy avrebbero mai collaborato con la polizia, facilitandole il compito.

Lasciò che i suoi occhi si riempissero di lacrime e annuì con aria grave.

“Questo è l’uomo che ha minacciato mia cugina, Lucy.”

***

Angelique Passeggiava lentamente nel corridoio, con le spalle rilassate e l’espressione tranquilla. Se non l’avesse conosciuta non avrebbe capito quanto in realtà fosse tesa.

Lui d’altra parte rimaneva fermo contro una delle finestre a braccia conserte. Aveva bisogno di assimilare le poche informazioni che gli erano state fornite e capire come fare a non strozzare le sue parenti appena avessero aperto bocca. Cominciando da quella con la massa di ricci spettinati davanti a lui.

Dom gli aveva detto con tono asciutto che Lucy era stata arrestata insieme a un criminale molto noto, indagato per traffici illegali, e che se non fossero intervenuti probabilmente l’avrebbero condannata. James non aveva avuto nemmeno bisogno di chiedere se le accuse fossero fondate, gli occhi turchesi di sua cugina glielo avevano urlato a chiare lettere.

“Quanto sai di quello che sta succedendo?” chiese all’improvviso facendo voltare Angelique.

“Tutto.” Nella sua risposta non vi fu alcuna esitazione, quasi che sperasse in una sua domanda.

James annuì e fissò lo sguardo lontano per evitare di mettersi a urlare. Gigì però non sembrò volergli dare una mano.

Gli si avvicinò guardinga e lo osservò da sotto le ciglia, in quel modo che gli faceva venir voglia di incollarla alla parete a suon di limoni o di ribaltarla come un calzino per la sua incoscienza.

“Sei arrabbiato. Anzi no, sei preoccupato, ma come tuo fratello quando ti preoccupi, ti arrabbi.”

James pensò che la parte istintiva di Gigì, quel lato ferino che lui amava al pari del resto e che aveva fiutato fin dall’inizio, la spingeva verso i pericoli con un’attrazione irresistibile. A lei piaceva sentire l’adrenalina scorrerle nelle vene, le dava soddisfazione mettere alla prova le sue forze. Ogni tanto però sottovalutava il pericolo.

Si mosse rapido, avvicinandosi a grandi passi e costringendola ad arretrare fino all’altra sponda del corridoio. I suoi occhi a mandorla si spalancarono quando si trovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra e le sue gote arrossirono.

“Sono maledettamente preoccupato, Gigì. Una delle persone che amo di più al mondo si è lasciata interrogare da un membro del Winzengamot, nonché mio zio, e dovrà giurare il falso in tribunale. Mia cugina è stata arrestata con l’accusa di aver contrabbandato alcol e droga, probabilmente finirà in prigione. La mia famiglia uscirà da questa storia divisa tra chi deciderà di stare dalla parte di Lucy e chi da quella della legge. E tu… Tu sei immersa in questa faccenda fino al collo.” parlò sussurrando perché se solo avesse alzato appena di più il tono della voce sarebbe esploso. “Sto cercando di restare calmo e razionale. Non farmi incazzare ancor di più.”

Lei alzò il mento in una posa ostinata e lo guardò seria.

“Non voglio farti incazzare. Lo so che cosa provi… io ero lì quando è successo. L’ho sentita urlare come se le stessero strappando il cuore dal petto. Volevo tornare indietro, ma Dominique non mi ha lasciata andare.” Fece una piccola pausa, abbassando per un istante gli occhi incupiti da quel ricordo, poi tornò a fissarlo con determinazione: “So che non posso impedirti di essere preoccupato, ma ricordati che Dom non scommette mai se non è sicura di vincere e adesso ha appena scommesso su noi. La sua famiglia.”

James prese un respiro più profondo per calmarsi e si rese conto che Angelique aveva ragione. Le si allontanò di un passo, controvoglia, perché la vicinanza con il suo profumo gli rimescolava il sangue nelle vene.

“Chi c’era oltre voi tre?”

“C’eravamo tutte.” Rispose semplicemente lei stringendosi nelle spalle.

James si passò una mano sul viso, frustrato per la reticenza di Gigì e contemporaneamente per la portata che quelle parole potevano avere. Tutte, per le mutande di Merlino!

“Non mi dirai mai che cosa è successo per davvero?” si rese conto di aver parlato con un tono più aspro di quanto avrebbe voluto, ma Angelique non fece una piega. Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra e lei scosse la testa.

“Non ne ho il diritto. Non posso decidere anche per le altre. Posso rispondere solo per ciò che riguarda me.”

“Che cosa facevi? Ti sei messa nei guai? Ti hanno mai aggredita?” rincarò lui, sperando di capire che cosa avesse combinato in tutti quei mesi.

“Facevo le pozioni. Oggi è stata la prima volta in cui sono stata in pericolo e non sono mai stata attaccata, a parte una volta in cui il fidanzato di Lucy mi ha quasi schiantata, ma era un equivoco!”

“Il fidanzato di Lucy?” quasi urlò guardandola sbigottito.

Adesso spuntavano fuori pure fidanzati clandestini. James provava il desiderio di prendere a testate la parete di granito.

“Già… Penso che tra poco capirai molte più cose.” Rispose placida Gigì

“Sembri molto tranquilla per essere stata a un soffio dall’arresto anche tu.” James inarcò un sopracciglio e la guardò sarcastico.

“Funziono così, probabilmente stasera mi ritroveranno in un angolo del dormitorio a piangere e dondolarmi su me stessa.”

“Hai ripassato gli argomenti che abbiamo fatto ieri?” le chiese cambiando completamente argomento e vide un’espressione colpevole dipingersi sul suo viso.

“No. Sai non ho avuto molto tempo, non sono riuscita a ripassare tra una squadra di Auror e l’altra!”

“Male, sei nella fase di consolidamento delle tue conoscenze, se non ti allenarti ti dimentichi subito le cose nuove. La settimana prossima c’è la prova pratica di Trasfigurazione.”

“Lo so. Me lo ripeti incessantemente ogni volta che ci vediamo.” Angelique sbuffò e lo guardò storto.

“Questo perché non voglio che il tempo che abbiamo investito venga sprecato.”

“Stiamo davvero parlando di scuola in questo preciso istante?” chiese lei allargando le braccia esasperata.

“No, stiamo parlando del tuo futuro, che c’entra parecchio con quello che è successo oggi. Sono molto stupito che dopo tutta la fatica che hai fatto per recuperare la media tu abbia potuto rischiare tutto per… cosa? Soldi? Gusto del pericolo?” finalmente ciò che gli interessava sapere venne fuori. Non riusciva proprio a comprendere come avesse potuto essere così sciocca da mettersi in un pericolo tale.

Temeva seriamente che fosse tornata a quell’atteggiamento autolesionista da cui era faticosamente uscita, ma i suoi dubbi vennero prontamente sciolti da Gigì stessa.

La giovane scosse la testa e disse con semplicità:

“Per le mie amiche.”

E in quel momento James impiegò tutta la propria buona volontà per non baciarla davanti all’ufficio della Preside.

***

La prima conversazione avuta con suo suocero si era conclusa dopo pochi secondi che il Magistrato aveva esposto i capi d’accusa, con un semplice “desidero un avvocato” da parte sua.

Benji sentiva il dolore al viso e alle costole aumentare di minuto in minuto, avrebbe tanto voluto trovarsi alla Taverna delle Lucciole, nel suo elegante ufficio, per farsi curare le contusioni e le fratture da Tyra. Ma aveva il forte sospetto che non avrebbe più rivisto la sua base operativa.

I suoi uomini avevano ricevuto istruzioni molto precise su che cosa fare nelle ore successive a un suo eventuale arresto. Avrebbero dovuto sgomberare tutto e trasferire i documenti e le merci in una casa nel Galles grazie ad una passaporta che Benji teneva sempre attiva.

Lì avrebbero trovato una somma onesta per ricominciare senza di lui.

La Taverna delle Lucciole, ironicamente, sarebbe rimasta a Tyra, a cui per altro era intestato l’immobile.

L’unica a cui non era riuscito a pensare era Lucy, quella che più di tutti avrebbe desiderato tenere al sicuro. Ma la Ragazzina non si faceva dire da nessuno che cosa fare, infatti aveva preferito venire trascinata in quello schifo insieme a lui, piuttosto che fuggire a tempo debito.

E questa era una delle ragioni per cui l’amava.

Nella stanza ombrosa in cui era stato messo aveva perso la cognizione del tempo, non aveva idea se fosse pomeriggio o notte. Non che fosse un discrimine così importante. Sarebbe rimasto chiuso per molto tempo in una cella molto più angusta di quella in cui si trovava ora, quindi tanto valeva farci l’abitudine.

Azkaban.

Lui, Benjamin, che da quando aveva sedici anni aveva esplorato il mondo in ogni suo angolo, sarebbe stato rinchiuso da mura di pietra, in compagnia solo di Auror o di altra feccia della società, come lui.

“Signor Richardson, debbo informarla che è stato aggiunto un nuovo capo di accusa a suo carico. Si tratta di minaccia aggravata.”

La voce di Percy Weasley aveva la calma e la ritmicità dello scorrere dei ruscelli, stessa cadenza e impassibilità. Benji rivolse un sorriso all’uomo che fissava ostentatamente il fascicolo che si portava appresso in ogni spostamento. Con un elegante gesto delle mani, legate dall’incantesimo di vincolo, gli fece segno di esporre la sua nuova colpa capitale.

Il segretario del Magistrato, che nell’incontro precedente lo aveva guardato con quel misto di curiosità e superiorità che gli venivano ispirati dalla sua professione criminali, ora lo fissava con aperto disgusto, come se avesse di fronte un cumulo di rifiuti maleodorante.

Benji pensò che effettivamente non era al massimo del suo fascino e della sua igiene personale in quel momento, ma di certo le ascelle dell’Auror che lo stava sorvegliando contribuivano per buona parte all’odore generale della stanza.

“Dalle indagini è emerso che il coinvolgimento della Signorina Weasley abbia natura ben diversa da quella fino a questo momento ipotizzata.”

Il riferimento alla Ragazzina fece drizzare le orecchie a Benji, che comunque mantenne la propria posa rilassata con le gambe incrociate e le mani posate il grembo. Aveva usato il termine ipotizzata, quindi Lucy non aveva ancora parlato. Testarda come un mulo.

“Una fonte alquanto attendibile ha dichiarato che lei, Signor Benjamin Richarson, per mesi abbia minacciato e operato pressioni psicologiche sulla Signorina Weasley, al fine di indurla a introdurre nella scuola di Hogwarts bevande alcoliche. Secondo quanto riportato dalla nostra fonte, durante un’uscita scolastica sarebbe arrivato al punto di isolarla con la forza dal gruppo di studentesse con cui la Signorina Weasley stava camminando, per avvisarla che avrebbe fatto del male alle sue amiche se non avesse ceduto alle sue richieste. La Signorina Weasley avrebbe dunque collaborato al fine di salvaguardare la propria e altrui salute, avendo timore che la denuncia alle autorità avrebbe scatenato la sua vendetta. Se si sente pronto a parlare, vorremmo la sua versione dei fatti.”

Sembrava che le sue orecchie avessero iniziato a fischiare. E che le mani si fossero intorpidite all’improvviso. Si sentiva avvolto da una momentanea paralisi, contrapposta alla velocità frenetica a cui si stavano accavallando i suoi pensieri.

Si ricordò della conversazione avuta con Lucy ai margini della Foresta Proibita. Di lui che grossolanamente tentava di convincerla di poter spifferare tutto ai professori e di lei che gli figurava il ribaltamento dei ruoli. Lei che immaginava di raccontare di aver subito abusi fisici e psicologici e di non aver saputo reagire di fronte alla forza di un uomo malvagio e senza scrupoli. Lei che gli diceva chiaramente che la sua parola non valeva nulla contro quella di qualcuno che porta il cognome Weasley.

E quando sentì il cuore sprofondare all’altezza delle sue caviglie legate e l’orrore per quello di cui lo stavano accusando si abbatté su di lui; quando stava per negare tutto e difendersi, comprese chi fosse la fonte a cui il Magistrato aveva fatto riferimento.

Nonostante le parole avvelenate che si erano scambiati durante il loro primo incontro, sapeva con ogni fibra del proprio essere che Lucy non lo avrebbe mai accusato di cose simili. No, non era stata Lucy.

Conosceva qualcun altro in grado di scendere a compromessi anche col diavolo in persona. L’unica che avrebbe potuto riferire nello specifico di quell’episodio ad Hogsmeade, in cui lui aveva rimediato un calcio in zone delicate, e che lo aveva fatto appositamente per consentirgli di comprendere quale fosse il piano.

Comprese che quella testimonianza, che lo dipingeva come il colpevole di azioni oscene, era lo scacco matto alle indagini della Magistratura del Wizengamot e non poteva che accettare quel ruolo, per scagionare Lucy.

Dominique aveva trovato il modo di tirare fuori dal pasticcio la cugina, non poteva che ringraziarla per questo, anche se gli fosse costato ogni briciolo di onore.

Mentre uno strano sollievo si fece spazio dentro di lui, Benji sorrise beffardo al Magistrato Weasley che finalmente aveva alzato lo sguardo su di lui. Lo guardava con una furia gelida che avrebbe indotto chiunque a nascondersi sotto il tavolo.

Se solo quel rigido burocrate avesse saputo quanto amava sua figlia, quanto la rispettava ed era orgoglioso di lei… Ma proprio per questo doveva portare a termine ciò che Dominique aveva iniziato.

“Chiamate l’avvocato Cooper, voglio che vengano stabiliti i termini per la mia confessione completa.”

***

Non ricordava nulla della strada percorsa per arrivare al cortile davanti alla Sala d’Ingresso.

Qualcosa dentro di lei si era fermato.

Da quando suo padre era ritornato nella stanza e con tono molto più gentile di quello che aveva usato all’inizio le aveva detto che Dominique aveva offerto la propria testimonianza volontaria, parlando di come per mesi lei, Lucy, fosse stata strana, sempre all’erta, preoccupata, in ritardo a tutti gli eventi extra scolastici. Del sospetto insorto quando l’aveva vista spinta in un angolo dalla prepotenza di quel farabutto a Hogsmeade e di come avesse iniziato a sorvegliarla, riuscendo a leggere una lettera in cui lui le indicava il carico di alcolici e le intimava di smaltirlo tutto e di portagli i compensi. Di come una volta saputo che qualcuno era stato arrestato, Dominique avesse temuto il peggio e non trovandola tra gli studenti di ritorno da Hogsmeade avesse realizzato.

Da quando aveva compreso che cosa avessero fatto le sue cugine, prendendo il suo amore, l’amore che per mesi era stato la grazia della sua vita, e trasformandolo in una sordida storia di violenza e prevaricazione. Da quando non aveva trovato alcuna risposta dentro di sé se non il pianto disperato in cui era scoppiata, singhiozzando perché la verità che avrebbe voluto gridare al mondo giaceva sepolta dentro di lei.

Da quando le lacrime si erano esaurite, qualcosa dentro di lei si era fermato.

Quel qualcosa probabilmente era il suo cuore, di cui aveva fatto dono all’uomo che ora veniva scortato da una moltitudine di Auror attraverso il castello per essere portato ad Azkaban in attesa del processo. Il suo cuore che esanime implorava solo che quel dolore penetrante come un osso rotto, smettesse di pulsare insistentemente lasciandola senza fiato.

Non aveva rivolto nessuna parola alle Menadi quando le aveva trovate ad attenderla, dopo che era stata rilasciata. Loro si erano semplicemente compattate attorno a lei e l’avevano condotta silenziose nel dedalo di corridoi fino a sbucare all’aperto.

Gli altri studenti erano troppo occupati con la cena per assistere a quella processione che sarebbe finita fuori dai cancelli di Hogwarts.

“Mi hanno lasciata andare dicendomi che è tutto finito… Questi adulti, questi custodi della legge, non sanno nulla.” Il suo sussurro si disperse nel vento della sera, mentre i suoi occhi nuovamente colmi di lacrime si fissarono sui gradini della Sala d’Ingresso.

Benji, accerchiato dalle figure scure degli Auror, comparve in cima alle scale. Avanzò con un portamento tanto fiero, che Lucy sentì il cuore stringersi ancor di più. Il suo Benji, dall’animo nobile e generoso, costretto a confessare viltà mai commesse, solo per lei.

“Devo salutarlo. Vi prego, non posso lasciare che lo portino via senza salutarlo.” Altre lacrime le rigarono le guance e guardò le cugine più piccole, sperando che capissero.

La prima a reagire fu Angelique, che si fece avanti spedita verso il comandante della squadra di Auror, che camminava in testa a tutti; la stessa donna dai tratti indiani che l’aveva trattenuta per tutto il pomeriggio sperando in una sua collaborazione.

Gli altri Auror si immobilizzarono e puntarono le bacchette contro il prigioniero. Benjamin alzò gli occhi al cielo con un’espressione tremendamente annoiata, ma quasi subito i suoi occhi paglierini rimbalzarono da Angelique, che parlava a mezza voce col comandante, a lei, seminascosta dagli archi gotici del portico. Implorò a quella distanza potesse leggerle in viso tutto quello che non era stata in grado di dirgli: che non riusciva a immaginare una vita senza di lui, che se ne avesse avuto l’occasione lo avrebbe seguito in capo al mondo, che tutto in lei implorava perché non glielo portassero via, che lo amava.

Lo amava e non glielo aveva mai detto.

Poi successe qualcosa che gelò il sangue nelle vene di Lucy.

Dalla Sala d’Ingresso uscirono un uomo molto robusto, con una barba castana ben curata, vestito nella toga porpora riservata al Capo del Wizengamot e Celia Danes.

Celia scese le scale col passo aggraziato che la contraddistingueva, passò accanto agli Auror e a Benji col naso sottile sollevato altezzosamente e sorpassò Angelique degnandola solo di un’occhiata sprezzante.

Angelique mantenne il contatto visivo col comandante e non si mosse, ma la sua postura divenne molto più rigida.

La Danes sembrava ancor più radiosa di quanto Lucy ricordasse. Indossava un abitino blu notte con una fila di bottoni dorati, che ondeggiava al ritmo dei suoi passi calmi. I suoi capelli scuri erano sciolti sulla schiena in morbide onde. Gli occhi da cerbiatta, dolci e orlati da ciglia folte, si fissarono nei suoi con un’espressione trionfante.

“Meriteresti di essere portata via in manette insieme a quel pezzente, Weasley.” La voce flautata di Celia le fece venire i brividi, ma ebbe comunque modo di riflettere che le informazioni sulle indagini erano rimaste riservate. Celia, grazie al cielo, non sapeva quale fosse la versione ufficiale.

“Non so quale menzogna abbiate raccontato, ma io so che siete tutte quante coinvolte in questa storia. Speravo proprio che oggi vi trovassero tutte e cinque con il malloppo in mano, per vedervi sbattere fuori dalla scuola e farvi abbassare la cresta. Avete creduto per anni di essere meglio di chiunque, meglio di me, solo perché i vostri genitori si sono trovati dalla parte giusta al momento giusto. Beh, da oggi in poi il vostro cognome non sarà più così speciale.” Le guardava una ad una, godendosi le loro espressioni allibite.

“Come hai fatto?” chiese Lily sputando quasi fuori dai denti le parole.

Celia rise, inclinando indietro il capo, in una movenza vezzosa che le sembrava cucita addosso. Chissà quante prove allo specchio aveva fatto per perfezionare quella risata.

“Beh, erano mesi che vi osservavo. Non siete state così intelligenti come pensavate. Qualche commento qua e là, le vostre assenze, il vostro comportamento. Una volta ti ho seguita fino ad Hogsmeade e ti ho vista entrare in quel posto lurido, pieno di gentaglia. E poi ho trovato una lettera in Sala Comune, quella nel tuo libro Rose, e ho capito che eravate voi le Menadi. Ho scritto a mio padre dicendogli che forse una studentessa era coinvolta col criminale che non riuscivano ad acciuffare. Ho suggerito che il momento ideale sarebbe stata la gita di oggi e a quanto pare ci ho azzeccato.”

Lucy non pensava di potersi sentire peggio in quel momento, ma la consapevolezza che Benji fosse stato consegnato agli Auror da Celia e da un loro stupido errore, era semplicemente un incubo. Il dolore al centro del petto le si irradiò con una violenza incredibile e le impedì di respirare.

 “Celia, come fai a essere così sveglia e pensare ancora che a piega coi bigodini sia adatta alla struttura dei tuoi capelli? Era parecchio che volevo chiedertelo, perché guarda che tendono a diventare crespi!” Come sempre succedeva in quei momenti, Dominique intervenne completamente a sproposito e restituì a tutte loro l’arma migliore per affrontare la Regina di Cuori, il sorriso. Dominique guardava Celia con un’espressione sgomenta e Lucy pensò che fosse semplicemente geniale.

Le guance di Celia si imporporarono e lei si voltò indispettita verso Lucy.

“Te l’avevo detto che un giorno ti saresti pentita di come ti sei rivolta a me.” Le sibilò con cattiveria puntandole l’indice contro.

“L’unica cosa di cui mi pento è non averti sbattuta giù dalla Torre di Astronomia al primo anno.” Le rispose guardandola dall’alto del suo metro e ottanta, per quello che era: un insetto, che appestava qualunque luogo dove si posasse.

“Ho visto come l’hai guardato. Sai che marcirà in prigione per i prossimi quindici anni? Uscirà con quel bel viso sciupato, pieno di rughe, segnato dalle sofferenze. Le sue spalle, quelle spalle ampie che ti avranno fatta sentire così al sicuro, saranno curvate dal peso della prigionia. Quando lo rivedrai sarà il fantasma di chi hai conosciuto. E sarà tutta colpa tua.” Rincarò la dose Celia arrivandole sotto al naso, sperando forse che reagisse come aveva fatto quella primavera nello stesso luogo Angelique.

Forse non era un caso che si fossero incontrate proprio lì, Celia ci teneva a prendersi la rivincita per l’umiliazione subita, distruggendo la sua vita.

“Un giorno il dolore che hai provocato tornerà da te, Celia. Un giorno la merda, che stai gettando addosso a chiunque per sentirti migliore, ti arriverà fino a quel naso rifatto che ti ritrovi e tu soffocherai. E noi, quel giorno, ci godremo la scena.” La pacata e diplomatica Rose aveva gli occhi pieni di un fuoco, che se solo si fosse liberato avrebbe arrostito come un pollo allo spiedo la Danes.

Celia aprì la bocca per ribattere, ma Angelique arrivò rapida alle sue spalle e l’allontanò con una spallata poderosa, che quasi fece cadere in terra l’altra. Lily sogghignò apertamente.

“Il comandante ti concede di parlargli, ma ci saranno anche tutte le guardie attorno perché temono per la tua incolumità.” Nonostante la sua voce fosse tranquilla, negli occhi di Angie si agitava il ricordo di un dolore che Lucy finalmente riuscì a comprendere. Il dolore di dire addio a chi si ama.

Fece per muoversi ma Dominique l’afferrò saldamente per un polso, facendola voltare. La bionda teneva tra le mani un fazzoletto di stoffa.

“Veni qui.” Le mormorò, inducendola ad abbassare un poco il viso. Con delicatezza le passò la stoffa sulle guance e sugli occhi, lasciandole delle scie umide al profumo di rose. Come avesse potuto in quel momento trovare del Tonico Miracoloso alle Rose era un mistero, ma faceva parte della magia di Dom. “Ecco fatto. Ora sei bellissima.” Concluse sorridendole con dolcezza.

Fissò lo sguardo su Benji, mentre i suoi passi si susseguivano veloci sul selciato, e le sembrò quasi di volare sotto gli occhi angosciati di suo padre e quelli compassionevoli degli Auror.

Sapeva di dover recitare una parte. Sapeva che per tutti i presenti lei era stata costretta da Benji, che lei aveva subito una manipolazione psicologia, quando l’unica cosa che aveva ricevuto era stato amore. Eppure, quando le guardie aprirono un varco davanti al prigioniero, trovarselo davanti fu troppo.

Non voleva piangere ancora, ma gli occhi le si inumidirono. Con uno scatto rapido lo afferrò per il bavero della camicia e lo strattonò violentemente, piena di rabbia e di frustrazione. Gli Auror attorno a loro li osservavano attenti, ma quegli occhi per Lucy non erano reali. Gli unici che contavano erano quelli dorati di Benjiamin che la osservavano pazientemente, come se si fossero aspettati di tutto da lei in quel frangente.

 “Come hai potuto?” sibilò, stringendo le labbra subito dopo per non singhiozzare.

Come hai potuto prenderti tutte le colpe? Come hai potuto lasciare che tutto quello che abbiamo avuto fosse sporcato? Come hai potuto lasciare che tutti pensassero il peggio?

Benji inclinò il capo verso la spalla e le sorrise, con quel sorriso semplice che le mostrava poche volte, quello che lo faceva sembrare un bambino dalle fossette adorabile. Le sue fossette…

“Mi conosci, Lucy.” Le disse e si strinse nelle spalle con non curanza.

Era il loro ultimo saluto. Doveva lasciarlo andare, ma voleva dirgli addio a modo proprio.

Vuelve a mi, mi amor.” Scelse la lingua madre di Benjamin, sperando che nessuno attorno avesse studiato spagnolo. Lo disse così piano che ebbe il dubbio che persino lui non l’avesse sentita. Venne smentita quando i suoi occhi paglierini si spalancarono sorpresi e l’uomo dischiuse le labbra.

Lucy lo lasciò andare rapidamente come se le sue mani si fossero scottate e si voltò di scatto, quasi correndo verso le sue Menadi. Era esausta, voleva solo chiudere gli occhi e non pensare più a nulla.

Voleva solo…

Aveva ormai raggiunto le sue amiche, quando vide il viso di Angelique contorcersi in un’espressione buffa. All’inizio parve perplessa, poi sorpresa e infine totalmente scioccata, tanto che la sua bocca si spalancò. Lucy fece appena in tempo a voltarsi per sentire gli Auror gridare come forsennati e vedere Benji venir letteralmente risucchiato nell’aria.

Dove un attimo prima stava fermo il suo uomo non restava altro che il vuoto.

Lucy si guardò attorno incredula, e ritrovò le medesime espressioni nelle altre Menadi, tranne che in Rose. La rossa non riusciva a trattenere il sorriso che le arricciava gli angoli della bocca, mentre i suoi occhi azzurri si fissavano sul cortile dove si era letteralmente scatenato il panico.

Gli Auror corsero in ogni direzione, sbraitando che non era possibile smaterializzarsi nei confini della scuola. William Danes aveva stretto a sé la figlia che guardava inorridita il suo trionfo trasformarsi in cenere.

“Cavallo e cavolo!” esclamò vittoriosa Dominique, il cui turbamento si era dissolto nell’arco di un respiro. Lucy non chiese che cosa volessero dire quelle parole, perché sentì le ginocchia cedere.

Si ritrovò seduta per terra, stremata dagli avvenimenti, incapace di formulare il pensiero che continuava a fluttuare nella sua testa. Rose si chinò verso di lei e le posò una mano sulla guancia

“Digli che se lo becco ancora a delinquere gli taglio anche l’altro alluce. Ho fatto del mio meglio, ma rimarrà un ricercato. Da ora in poi sarà molto dura, Lucy.”

Rose aveva liberato Benji.

Lucy l’attirò a sé e la strinse con tutta la propria forza, scoppiando in un pianto liberatorio in cui concentrò tutta la tensione della giornata.

Benjamin era libero!

E nel piccolo chiostro che per qualche minuto aveva visto la distruzione di ogni sua speranza, Lucy si sentì rinascere. Alla luce di quanto amore le sue cugine, amiche e colleghe le avevano dimostrato, tentando il tutto e per tutto per lei, non poté far altro che ringraziare Dio, Merlino, chiunque avesse assegnato alla sua vita persone tanto straordinarie.

***

Lei e Dominique stavano raggiungendo esauste il dormitorio di Serpeverde.

Dopo la misteriosa fuga di Benjamin, l’isteria si era impadronita dei dipendenti del Ministero della Magia, avevano perquisito tutti i presenti per vedere se avessero scagliato qualche incantesimo che avesse favorito la fuga, ma non avevano trovato nulla. Uno degli Auror disse che aveva visto una figura piccola come un bambino materializzarsi all’improvviso e prendere per mano Benji, per poi farlo svanire come fumo. Altri dicevano che ci fossero un complice poteva avergli consegnato una passaporta, ma questo risultava pressoché impossibile perché era sorvegliato a vista. Tutte le congetture comunque non servirono a scoprire dove fosse finito il ricercato.

Percy Weasley si era precipitato dalla figlia, l’aveva stretta in un goffo abbraccio dicendole di non preoccuparsi, che lo avrebbero trovato presto e che non le avrebbe più fatto del male.

Lei si era liberata da quell’abbraccio immediatamente ed era tornata senza una parola dentro il castello.

Qualche minuto più tardi, nel dormitorio deserto del terzo anno di Grifondoro, cioè la camera di Lily, Rose aveva confessato che cosa fosse successo quel pomeriggio. Di Malfoy, del Quartier Generale, della Sala Comune e poi della sua idea.

Attraverso il fuoco del camino dei Grifondoro, Scorpius aveva contattato gli Elfi Domestici di Malfoy Manor. Aveva chiesto che venisse mandato nelle cucine di Hogwarts e con la massima riservatezza uno degli Elfi che lavoravano nelle case in periferia, possibilmente uno di quelli più anziani, la cui magia fosse più potente. I servitori dei Malfoy in meno di mezzora avevano portato a termine il proprio compito, comunicando che l’elfo Dustin li stava aspettando dove richiesto.

Il piano a quel punto era stato semplice: camuffare Dustin con abiti scuri, appostarsi su una delle torri, attendere che portassero fuori dal castello Benji e chiedere all’Elfo di portare via il prigioniero al primo attimo di esitazione, sfruttando il suo potere di smaterializzarsi dovunque, solo schioccando le dita. Grazie al diversivo involontario creato da Lucy, Dustin era riuscito ad approfittare del varco creato dagli Auror e a farlo scappare.

Le altre l’avevano guardata senza parole, finché Lily non si era riscossa e aveva esclamato:

“Per le sottane di Morgana! Certo che gli piaci davvero tanto, se ha messo in piedi un casino tale solo per aiutarti…”

Rose era arrossita fino alla punta delle orecchie.

Dopo qualche minuto, rincuorata che Benji fosse sano e salvo in una delle proprietà dei Malfoy, Lucy era crollata sul letto di Lily. Non aveva voluto infatti mettere piede nella stanza in cui anche Celia Danes respirava la sua stessa aria. Lily le si era messa accanto come un guardiano silenzioso, impegnata a metabolizzare gli eventi della giornata. Rose si era dileguata senza troppe cerimonie e così anche le due Serpeverde avevano deciso di andare a dormire.

“Ho bisogno di un Cosmopolitan.” Esordì Dominique fermandosi all’improvviso.

“Beh, mi sa che da ora in poi con gli alcolici abbiamo chiuso, Dom.”

“Mmm… Sai che esiste un luogo in cui sicuramente ne hanno ancora un bel po’?” e le sorrise un po’ malandrina.

“Oh.” Esclamò Angie capendo le intenzioni dell’altra e domandandosi subito dopo se ci fosse stato anche James alla Buca. Si erano salutati dopo che Percy li aveva lasciati andare, Dom gli aveva stretto le mani tra le proprie e gli aveva baciato le nocche ringraziandolo. Angie si era limitata a salutarlo con una mano, come una bambina di quattro anni.

Dominique cambiò direzione e la condusse verso la Buca, il piccolo ritrovo che avevano costruito alcuni degli studenti più grandi. Angie si guardò i vestiti e si pentì di non essere uscita quella mattina con qualcosa di più carino. Poi si dette da sola dell’imbecille, perché forse nell’ottica di quello che era successo, il suo abbigliamento non era così importante.

Quando Dom aprì la porta della stanza precedendola Angelique si stava ancora arrovellando su dubbi inutili. I suoi occhi percorsero tutta la Buca, particolarmente affollata quel sabato sera, nella speranza di incrociare una sola figura… Quando lo vide, appoggiato al bancone, che parlava con Locarn Scamander, le venne immediatamente mal di stomaco. Ne ammirò il profilo regolare, i capelli spettinati, l’espressione tranquilla, (perché con lei non aveva mai quell’espressione?). Ad ogni dettaglio che individuava si amplificava la morsa alle viscere.

L’ingresso di Dominique, come sempre, attirò gli sguardi dei presenti, a maggior ragione per le voci che avevano iniziato a circolare nel castello. Dom salutò un paio di persone che conosceva e poi si sedette sullo sgabello accanto a James, posandogli una mano sulla spalla.

Jessy le rivolse un sorriso caloroso, prima di accorgersi che c’era anche lei, a qualche metro di distanza, impacciata e imbambolata.

Il sorriso si tramutò in un’espressione diversa, più giocosa e più scanzonata, come le sue antiche espressioni, quelle che appartenevano al tempo in cui lei aveva una pessima opinione di lui e lui intratteneva relazioni poco impegnative con giovani bellissime, che di certo non si mettevano i pantaloni impolverati per uscire con lui.

Dopo un cenno a Svitato, che la salutò appena, troppo assorbito dalla preparazione del cocktail per Dom, Angie si sedette accanto a James dall’altro lato. Le loro ginocchia si sfiorarono nello spazio angusto davanti al bancone.

“Sei stato bravo oggi. Non pensavo sapessi mentire così bene.” Fu la prima cosa che le venne in mente da dirgli e subito dopo si sentì una cretina.

Jessy rise prima di sorseggiare dal bicchiere il suo firewhisky con ghiaccio. Deglutì e poi alzò lo sguardo verso di lei.

“Saresti sorpresa nello scoprire tutti i miei talenti, Gigì.”

La voce di Jessy era bassa, i suoi occhi scintillavano nella luce calda della Buca, lucidi fino a sembrare ebbri. E lei si trovò inchiodata sul suo sgabellino, a fissarlo dritto negli occhi, senza alcuna intenzione di distogliere lo sguardo. Si trovò lì, davanti alla sua espressione un po’ maliziosa, a dirsi chiaramente la verità.

Non aveva più voglia di resistere.

Aveva passato mesi interi a lottare contro un dolore che l’aveva quasi annullata. Aveva passato settimane a lottare contro l’attrazione che provava per James. In quel momento, alla Buca, dopo la giornata assurda passata insieme, desiderò solo lasciarsi andare e non pensare più a nulla.

Quindi gli sorrise a propria volta e gli chiese:

“Desideri forse mostrarmene qualcuno?”

James, che evidentemente non si aspettava quella risposta, scoppiò a ridere e balzò giù dallo sgabello in un nano secondo. Le porse la mano e le sorrise con aria di sfida.

Angelique accettò la mano e si lasciò condurre nella zona dietro al tavolo da biliardo, dove alcuni studenti ballavano a ritmo di una musica babbana molto allegra. In poco Angie scoprì che davvero James aveva molti talenti, primo tra tutti quello di farla ridere.

Ballava bene, ma in modo esagerato, al solo scopo di farla divertire e farle fare evoluzioni al limite dell’assurdo. La faceva piroettare agilmente, le rivolgeva espressioni buffe e si muovevano senza curarsi delle occhiate perplesse che gli altri lanciavano loro. Finché dopo l’ennesimo caschè Angelique in preda alle risate non lo implorò di fare pausa.

“Nessuna pausa, non te la meriti dopo lo spavento di oggi.” Ribatté Jessy recuperando la sua mano e facendole fare un altro passo.

Qualcuno a quel punto cambiò la musica e mise una canzone molto più dolce, di un qualche cantautore inglese. Si guardarono incerti per un istante poi James l’attirò a sé, passandole le mani sulla schiena.

Angie sentì il cuore, già accelerato dai balli precedenti, battere all’impazzata. Posò spontaneamente la guancia contro il suo petto e si lasciò trasportare dai suoi movimenti lenti. I vestiti che indossava erano impregnati del suo odore, che, come succedeva da qualche tempo, le causava seri problemi a rimanere concentrata su quello che stava facendo.

Pensò che sarebbe stato giusto raccontargli delle Menadi, visto che Rose per ovvi motivi aveva rotto il patto di segretezza, forse anche lei avrebbe potuto…

“Sento il rumore degli ingranaggi che girano, Gigì.” Le sussurrò James.

“Sto decidendo se raccontarti tutto o fare la gnorri.” Rispose lei sorridendo.

“Raccontamelo domani. Ora basta questo.”

E trattenendo un sospiro, per la prima volta Angelique si rese conto che quello non le bastava. Non le bastava affatto.

 

 

Note dell’Autrice:

Ehm… Salve. Probabilmente nessuno si ricorderà più a che punto eravamo arrivati, ma non importa.

Nel frattempo, mi sono laureata e abilitata alla professione, quindi diciamo che ne ho passate di cotte e di crude! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, è stato molto difficile scrivere la trama e riuscire a incastrare tutti i passaggi perché spesso mi sembrava che ci fossero dei buchi o degli errori. Spero che non sia così.

Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di leggere fino a questo punto e chi si è preso la briga di commentare lo scorso capitolo: Cinthia988, thetwinsareback, Idiot, vale_misty e cescapadfoot.

Grazie di cuore a tutti voi.

Un bacio

Bluelectra

  
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