E’ una storia
sempre uguale.
Non cambia.
Mai.
Ma io continuo a
riscriverla in maniera sempre diversa e sempre uguale, per sfatarla un po’, per
convincermi che è solo una storia e che, come per tutte le storie, arriverà al
finale e si concluderà in esso.
Forse è solo uno
sfogo. Probabilmente non vale nulla.
Fatto sta che avevo bisogno, davvero, che qualcuno lo leggesse.
C'è aria morta
nei polmoni.
E polvere che marcia e
marcisce nello stomaco.
Ci sono pensieri stanchi nella
testa. Pensieri fantasmi. Pensieri pensati e pensanti.
Ci sono mani che cadono
assieme alle braccia, gambe che non si muovono.
C'è voce che non vuole uscire
dalla bocca e che non vuole parlare. Che brucia nella gola, che si scioglie
sulla lingua.
Ci sono sguardi che sbattono
contro muri di silenzio e vi muoiono davanti, assieme ad anima e
corpo.
C'è chi è morto.
Chi è morto dentro e non
riesce a morire fuori.
C'è chi si sgretola tra aria,
pensieri, mani, braccia, gambe, voce, sguardi.
C'è chi ce la fa e chi rimane
indietro, nascosto nel buio di angoli bui, mangiandosi la stessa aria, gli
stessi pensieri, le stesse mani, braccia, gambe, voce, gli stessi
sguardi fino ad annullarsi completamente.
C’è chi si mangia il dolore e
lo vomita in falsi sorrisi sporchi.
Chi tinge le lacrime di rosa
pelle per nasconderle meglio al mondo che scruta, decide, sputa
giudizi.
Chi preferisce scambiare il
silenzio con parole inconsistenti.
C’è mia madre, che balla il tango [da sola] tra quelle lacrime, quei sorrisi e
quelle parole.
C’è mio padre che si mangia tutto e lo
nasconde con la sua ombra; che si acceca per non vedere e che fa finta di non
sentire, fissando lo schermo pieno di guerra della
televisione.
C’è tanta normalità per chi guarda
dall’esterno.
C’è tanta, tanta sofferenza per chi ci
sguazza dentro e si trova costretto a doversi cucire addosso emozioni ed
espressioni di circostanza, pur di non far crollare l’unico falso equilibrio che
qualcuno [forse solo dal di fuori] riesce a vedere.
E c'è chi se ne frega di chi
muore. Chi tira dritto e sputa a terra. Chi chiude gli occhi, tappa le orecchie
e sghignazza sadico.
Tanto la colpa è sempre
di chi
muore,
soffocato in se stesso, impiccato a illusioni squartate,
pugnalato da chi vede e non consola.
C'è aria morta nei polmoni di
gente morta tra la polvere e l'acido del proprio stomaco, stretta da mani
assassine, spacciate per curatrici, che cuciono la bocca e tagliano la
lingua.
C’è aria morta nel silenzio di
gente morta a cui hanno ordinato di concepire pensieri più adatti.