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Autore: Relie Diadamat    04/08/2019    5 recensioni
[Teen!AU | L/Light | MiniLong]
Light è in vacanza con la sua famiglia a Londra contro la sua volontà.
Ha tre giorni di tempo per imparare a ballare e seguire così Misa Amane alla serata di beneficenza della Yoshida Productions, come gli è stato ordinato da Rem, dove sarà presente una persona molto importante che minaccia la vita della ragazza.
A causa di una scommessa persa, però, Light sarà costretto ad imparare tutto ciò che può sulla danza insieme ad un certo Ryuzaki.
[Dal primo capitolo]
L’altro non si era ancora scomodato a guardarlo in faccia. Se ne stava col volto basso e la schiena leggermente ricurva, come se l’asfalto gli stesse sussurrando i segreti dell’universo. Era strano, questo era certo.
«Ti chiami Light, vero?» Domandò monocorde, come se stesse leggendo un copione senza emozione.
Per un attimo sbarrò gli occhi incredulo.
«Sì», confermò. «E tu sei…?»
Lo sconosciuto sollevò il viso verso l’alto, in direzione delle nuvole, finché una goccia non cadde sul suo naso.

[Questa storia partecipa alla Teen!Challenge indetta dal gruppo fb Il Giardino di EFP]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Sayu Yagami | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SHUT UP & DANCE
 
I. One Step Closer
 
«Light! Guarda, guarda!»
Sospirò per l’ennesima volta mentalmente, spostando lo sguardo sulla figura iperattiva di sua sorella mentre indicava elettrizzata qualsiasi cosa le saltasse all’occhio. Stavolta l’indice era puntato verso la lavagnetta della tavola calda alla loro destra. «C’è il fish&chips! Light, hai visto?»
Sì, sì. Incredibile. Sensazionale.
Il ragazzo sollevò un angolo della bocca in un sorriso di circostanza, fingendo un tono fin troppo amichevole. «Dobbiamo provarlo».
Sua sorella saltellò allegra, emettendo versi acuti di felicità prima che Soichiro Yagami potesse rimproverarla. «Sayu , comportati in maniera civile.»
«Ma siamo in vacanza!» si difese, come se il fatto di essere in una città straniera per divertimento fosse una giustificazione valida per squittire come un topo posseduto.
«Non discutere, si volteranno tutti a guardarci».
Light potè sbuffare in tutta tranquillità, certo che né i suoi genitori né Sayu potessero sentirlo. A differenza di sua sorella, non era poi così entusiasta di trovarsi a Londra. Non gli cambiava assolutamente nulla spostarsi dal Giappone: continuava a pestare un marciapiede con la suola delle stesse scarpe che indossava nel Kanto, le persone prendevano gli stessi mezzi per spostarsi da un posto all’altro e pesce impanato con  patatine fritte erano reperibili ovunque, ormai.
Voltò annoiato lo sguardo verso la folla, tra tutte quelle teste che si rincorrevano e tutte quelle chiacchiere. L’unica cosa positiva di tutta quella storia era che Misa non era lì con lui.
Light non sapeva ancora spiegarsi del perché stessero insieme; Misa era una ragazza bella quanto fastidiosa, appiccicosa oltre i limiti di sopportazione umana e incredibilmente egocentrica, ma era soprattutto una fidanzata invidiabile. Chiunque l’avrebbe voluta.
Il perfetto Light doveva stare con l’inaccessibile Misa. Faceva parte del quadro, di quell’immensa messinscena senza fine.
“Falla soffrire e te la vedrai con me”, lo aveva minacciato Rem, una tipa strana e inquietante che Misa Amane si trascinava dietro come un cagnolino. Gli aveva stretto il polso e guardato dritto negli occhi, con una  profondità tale che Light ebbe quasi paura che potesse vedere ogni suo pensiero.
Rem era una seccatura, così come quella stupida storiella con Misa Amane. Così come quella stupidissima vacanza nella capitale inglese.
 
 

 
 
La famiglia Yagami si fermò in una caffetteria in cui Light – doveva ammetterlo - sarebbe entrato anche di sua spontnea volontà; le pareti rosse conferivano un calore intimo al posto, così come i divanetti di pelle scura e i tavolini in legno.
Sayu, seduta al suo fianco, ordinò una fetta di red velvet che gustò con tutta la lentezza di questo mondo. Dall’altro lato del tavolo sua madre gustava un tè nero alle rose, mentre suo padre aveva optato per un normalissimo caffè. Light lo imitò.
La fede di Soichiro brillava alla luce delle lampade calde del locale, catturando per una ragione ignota l’attenzione dell’adolescente. La fissò senza farsi notare, nascondendosi dietro la tazza fumante che si portava alla bocca tra un sorso e l’altro.
Suo padre aveva dedicato una vita intera al lavoro, restando fedele al suo senso di giustizia. Aveva amato una sola donna senza mai tradirla e aveva sempre tentato di essere un padre giusto per i suoi figli.
Sentì il liquido amaro scendergli nella gola senza apprezzarne il sapore, le bustine di zucchero abbandonate sul tavolo accanto al portacenere di vetro.
«Ehi.»
Light si sentì toccare la spalla con due colpetti, un accento britannico ben marcato nella pronuncia della frase. Volse il capo trovando un ciuffo di capelli rossi e due occhi verdi nascosti da un paio di occhiali da sole spuntare dal divanetto di pelle. Chi diamine indossa degli occhiali da sole in un locale come quello?
«Ti servono quelle?» Il tipo gli indicò le bustine di zucchero. «Sarebbe veramente umiliante chiederne altre due.»
Perché mai?
Light non fece commenti. «Certo, prendile pure.» Gliele passò con fare altruista, le labbra allungate per educazione. Quello ricambiò la cortesia per una frazione di secondo, poi ritornò alla conversazione messa in pausa per rivolgergli la parola. «Vedi di fartele bastare, perché non ho nessuna intenzione di chiedere altro zucchero agli estranei», lo sentì dire.
«Dici così solo perché qui non puoi fumare», constatò infastidita una seconda voce.
«Sentite, facciamo una scommessa…»
 

«Light?»
La mano di Sayu gli sfiorò leggermente il braccio, riportando la sua attenzione al tavolo giusto. Lo guardava con la testa leggermente piegata, una macchia di crema al burro che spiccava sul mento. «Mi stai ascoltando?»
«Ero sovrappensiero, scusami. Cosa dicevi?»
Sayu sospirò, come solo una ragazzina di quattordici anni potrebbe sospirare al fratello maggiore, ripetendosi per la seconda volta. «Ho detto che Misa deve tenerci davvero tanto a quel ballo. Ma come farai? Non ti ho mai visto danzare in tutta la mia vita.»
Il ballo. Dannazione. Quello stupidissimo ballo.
Misa si era incaponita nel trascinarlo alla serata di beneficenza che si sarebbe tenuta alla Yoshida Productions, giusto un giorno dopo il suo rientro in Giappone. All’inizio si era opposto, inventandosi una scusa su due piedi, ma tutti i suoi buoni propositi furono ostacolati da Rem.
Gli aveva ordinato di andarci, di stare accanto a Misa. “Potrebbe essere in pericolo, Light”.
Che se la sbrigasse da sola, avrebbe tanto voluto dirle. Perché non ti presenti tu, visto che Misa ti sta tanto a cuore?
 

Rem, però, aveva pronunciato un nome. Un nome che aveva cambiato tutte le carte in tavola.
 

«Prenderò lezioni», spiegò a Sayu, la quale sbarrò gli occhi come se le avesse appena detto che avrebbe fermato un proiettile con la forza del pensiero.
«Cosa?? Ma il ballo è tra sette giorni!»
«Me ne serviranno solo tre».
Sayu sbattè le palpebre sconcertata. «Sei davvero convinto di poter imparare a ballare in soli tre giorni?»
Sul volto di Light comparve un ghigno supponente, accendendo i suoi occhi scuri di una luce indecifrabile che riuscì a mettere a disagio la quattordicenne. «Vuoi scommettere?»
 
Quello, per Light Yagami, fu il primo vero sorriso della giornata.
 
 
 
**



 
L’aria era cambiata.
Light l’avvertì penetrare nelle ossa non appena mise piede fuori dal locale. Provò l’impulso di stringersi nella giacca, ma restò con le mani lungo i fianchi aspettando pazientemente che i suoi genitori lo raggiungessero.
Il cielo si era colorato di un grigio cenere e il vento odorava di pioggia. L’albergo in cui alloggiavano era poco distante, ma Light sperò vivamente di non beccarsi un acquazzone in testa.
 
Il cellulare vibrò nella tasca della giacca ma lo ignorò. Era Misa, sicuramente.
Misa con le sue solite domande noiose.
 
Era uscito con la scusa di dover rispondere alla chiamata della sua fidanzata e nessuno si era opposto o gli aveva fatto domande. Era pronto a prendere il cellulare tra le mani al minimo rumore alle sue spalle per avvalorare il suo alibi, ma qualcosa andò storto.
La porta si aprì e dei passi avanzarono verso la sua direzione. Light riconobbe il tipo dai capelli rossi con un’occhiata fugace; a dispetto del tempaccio in avvicinamento, indossava ancora gli occhiali da sole. Era insieme ad altri ragazzi, che ad un primo impatto gli parvero della sua stessa età escludendo il ragazzino albino a mani conserte.
Erano abbastastanza lontani e non si scomodarono a posare gli occhi su di lui nemmeno per un istante.
 
«Grazie per lo zucchero».
Light trasalì impercettibilmente. Torse involontariamente il corpo verso destra, incontrando la figura di un ragazzo magro quanto un chiodo. Il viso era coperto da un cespuglio corvino e la pelle era pallida quanto quella di un cadavere.
Non lo aveva sentito avvicinarsi e questo bastò a mandarlo in allarme. Prese un lungo respiro interiore, dicendosi di calmarsi e comportarsi in modo naturale. È solo un ragazzo.
«Ah, quindi erano per te le bustine extra?» Simulò un tono amichevole, come se avesse appena incontrato un compagno di vecchia data. «Figurati».
L’altro non si era ancora scomodato a guardarlo in faccia. Se ne stava col volto basso e la schiena leggermente ricurva, come se l’asfalto gli stesse sussurrando i segreti dell’universo. Era strano, questo era certo.
«Ti chiami Light, vero?» Domandò monocorde, come se stesse leggendo un copione senza emozione.
Per un attimo sbarrò gli occhi incredulo. Come può… poi ripensò alla caffetteria e al fatto che molto probabilmente aveva sentito il suo nome ascoltando le loro conversazioni. Esattamente come Light aveva origliato le loro.
«Sì», confermò. «E tu sei…?»
Lo sconosciuto sollevò il viso verso l’alto, in direzione delle nuvole, finché una goccia non cadde sul suo naso. «Sembra proprio che ci toccherà bagnarci».
Light non seppe proprio cosa dire. Rimase a guardarlo come un ebete mentre la pioggia iniziò a picchiare sulla sua faccia. Fu solo allora che gli dedicò uno sguardo, incrociando quegli occhi neri con i suoi. «Ci vediamo presto».
«Sì, presto» si ritrovò ad articolare senza un motivo, il cellulare ancora nella tasca della giacca e il picchiettio della pioggia che gli ricadeva sui vestiti e sui capelli.
 
«Light, andiamo!»
Suo padre lo chiamò risvegliandolo dal trance nel quale era caduto, indicando col mento l’unico ombrello sotto il quale si sarebbero riparate sua madre e Sayu. Light annuì, avanzando il passo verso di loro, ma non potè trattenersi dal guardare indietro per scoprire se quel ragazzo-cadavere fosse già scomparso.


 
Prima vera storia in questo fandom, yeee.
L'età di alcuni personaggi verrà cambiata per ragioni di trama.
Prompt usato: lezioni di ballo.
Ho voluto aggiungere un pizzico di mistero alla storia, anche se avrà un lato prettamente Comedy.
Grazie per aver letto fin qui e lasciatemi pure un parere se vi va!
   
 
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