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Autore: Elibettysoul98    05/08/2019    1 recensioni
"Non sono mai stata un tipo piuttosto estroverso o che ne so, troppo impulsivo. Sono sempre stata sulle mie a valutare ogni mia azione minuziosamente, temendo che qualcosa di troppo grosso mi potesse sopraffare in ogni senso. Certo, i miei tempi di riflessione possono prendere parecchio tempo, ma sono sicura che facendo così potrei benissimo cavarmela in ogni situazione, bella o brutta che sia.
Certo che stasera la luna è comparsa all'improvviso, non l'avevo nemmeno notata."
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sono mai stata un tipo piuttosto estroverso o che ne so, troppo impulsivo. Sono sempre stata sulle mie a valutare ogni mia azione minuziosamente, temendo che qualcosa di troppo grosso mi potesse sopraffare in ogni senso. Certo, i miei tempi di riflessione possono prendere parecchio tempo, ma sono sicura che facendo così potrei benissimo cavarmela in ogni situazione, bella o brutta che sia.

Certo che stasera la luna è comparsa all'improvviso, non l'avevo nemmeno notata.

 

Alzai di poco il viso verso quell'enorme cerchio lattiginoso che come una foglia rimaneva sulla superficie di un lago quieto e scuro in mezzo ad una radura. Una leggera brezza estiva mi accarezzò il viso e fece ondeggiare lievemente i peletti della mia morbida sciarpa grigia. Anche se ci fossero stati 50° e l'ambiente circostante fosse sembrato un forno, non sarei riuscita a separarmene lo stesso. La accarezzai dolcemente sistemandola con cura, per poi proseguire il mio abituale giretto serale.

Accanto a me, un piccolo fiumiciattolo ingrigito dalle alghe e dai rifiuti scorreva a fatica, facendosi strada tra un'alga e un pezzo di plastica, ne potei quasi sentire il lamento stanco e arreso.

Non ci feci caso e andai avanti.

A parte il respiro del fiume, tutto quella sera taceva: i miagolii dei gatti in calore del vicinato erano ormai cessati da diversi giorni, causa la scarpa lanciata dal balconcino di un irritato vecchietto, costringendo i felini a battere in ritirata. Persino il mugolio di quel cagnolino poco considerato dalla famiglia adottiva che era solito accucciarsi sullo zerbino dell'entrata sembrava dormire beato.

C'ero solo io quella sera in quella viuzza, a quanto pare.

Presi una grande boccata d'aria e decisi il da farsi: avrei raggiunto quella casetta in fondo alla via, quella azzurrina, con quelle decorazioni bianche così carine e poi me ne sarei andata.

 

Proprio quando cominciai a scorgere quell'abitazione e quelle decorazioni farsi sempre più grandi, la finestra di una casa accanto attirò la mia attenzione.

Appoggiato al piccolo davanzale di finto marmo, so trovava accasciato un ragazzo che non avevo mai visto prima d'ora, nonostante conoscessi perfettamente chi abitasse in quelle case.

I suoi occhi curiosi mi stavano squadrando e nonostante fosse parecchio buio, riuscii a identificare quello che secondo me era un sorriso furbetto, forse un ghigno.

Mi avvicinai cauta a quella finestrella a circa un metro e mezzo da terra e rimasi a fissarlo con un'espressione piuttosto inquisitoria.

 

"Che c'è?"

 

Chiesi ad un tratto, spezzando il silenzio che aleggiava in quella via.

Lui, come se fosse sorpreso dalle mie parole, non mi rispose subito, fingendo un'espressione indignata.

 

"Chi, io? Nulla. Sei tu che sei passata di fianco a me. Io me ne stavo qui per conto mio ad ammirare quella meravigliosa cosa che sta lassù."

 

Mi fece un cenno col capo, indicandomi maldestramente la luna, che stava ancora splendendo nel cielo.

 

"Che maleducazione, una come te non dovrebbe parlare in questo modo."

 

Finsi di non cogliere quella vena di supponenza nelle sue parole e lo ignorai, scuotendo il capo.

La decisione di andarmene senza nemmeno rispondergli fu grande, ma qualcosa dentro di me mi fermò. 

Rimasi a fissarlo, scrutando ogni minimo particolare del suo volto: occhi chiari e pelle candida, sembrava molto giovane, eppure i suoi occhi parevano simili a quelli di chi di cose ne aveva viste, e anche parecchie. Qualche ciocca di capelli rossicci sfuggiti dallo chignon gli contornavano il viso affusolato, quasi interamente ricoperto dalla barba, in cui si intravedeva quel ghigno di saccenza e scherno che era ancora stampato sulle labbra sottili.

Non si poteva ritenere né meraviglioso né orribile, ma c'era qualcosa in lui che non mi permetteva di andarmene.

 

"Io dico ciò che voglio e parlo con chi voglio, tu non sei uno di questi."

 

Gli risposi, mentre la mia voce, senza che io sapessi darmi una spiegazione, cominciava a tremare e svanire.

 

"Beh, ma lo stai facendo. È già un inizio, no? Potresti avere sotto i tuoi occhi l'amore della tua vita e lo stai trattando come se fosse qualcuno di poco conto, che probabilmente domani avrai già dimenticato.

Ma quindi tu, mi hai già dimenticato?"

 

Aggrottai la fronte dopo quelle parole. Com'è possibile dimenticare qualcuno che non avevo mai visto?

Lui proseguì.

 

"Certo, detta così potrei apparirti come uno strambo o un matto, ma fidati: noi due ci siamo già visti. Non così da vicino, assolutamente, ma so perfettamente che tu ogni sera a quest'ora gironzoli nei paraggi fino a quella casetta là, ormai vuota, e poi ritorno indietro.

Io sono sempre stato qui, da che ne ho memoria. 

Tu sei sempre bellissima, dal primo giorno che ti ho visto."

 

Non so che cosa successe esattamente in quel momento, ma sussultai e iniziai a sentirmi spaesata e particolarmente accaldata, ma tutto ciò non era dovuto né dal caldo afoso dell'estate né dalla mia sciarpa troppo stretta o calorosa. 

 

"Sai, non sono un tipo socievole, quando posso me ne sto in disparte e se qualcuno mi provoca reagisco in malo modo e ferisco chiunque mi stia attorno, ma tu oddio, tu sei la cosa più bella che abbia mai visto, non riuscirei ad essere arrabbiato con te nemmeno se tu mi insultassi fino alla fine dei miei giorni.

Sai, tra poco me ne andrò da qui, e vorrei chiederti una cosa. Un ultimo desiderio prima che io me ne vada definitivamente da questa casa."

 

Riuscii a sibilare una sorta di "che cosa?" Tra le labbra strette in un'espressione tesa, mentre il cuore iniziò a battermi forte nel petto e una strana sensazione mi pervase il corpo.

 

"Un bacio. Vorrei solo un bacio.

Lo so, è una richiesta piuttosto assurda dato che probabilmente tu non mi avevi mai notato prima d'ora, ma negheresti mai qualcosa di così piccolo ad un moribondo?"

 

Lo guardai come una madre guarda il proprio figlio che è appena caduto dalla bicicletta e non sa bene come comportarsi. Una richiesta del genere non l'avrei accettata nemmeno se mi avessero pregata per ore, ma quel ragazzo mi trasmetteva un senso di sicurezza assoluta, un senso di calore misto ad uno di inquietudine, che però passava in secondo piano quando i miei occhi incrociavano i suoi.

 

Dopo attimi che parvero interminabili, mi decisi a rispondergli, anzi, ad agire.

Mi sporsi dapprima lentamente verso quest'ultimo, socchiudendo gli occhi, ma quando sentì quella strana sensazione cogliermi in profondità, una strana euforia si fece strada in me e con passione lo baciai.

Quest'ultimo mi strinse con le sue braccia salde e forti contro il suo petto, mentre il buio della notte mi avvolgeva piano piano come una coperta nera che da cocente divenne gradualmente tiepida, poi fredda, poi gelida.

Chiusi gli occhi e non vidi più nulla.

Per sempre.

 

Dopo essersi dimenata per qualche attimo, la falena si arrese alla fiamma della candela, bruciando e consumandosi con quest'ultima, che dopo qualche istante si spense, accogliendo tra la sua cera bianchiccia le ceneri dell'insetto, in un abbraccio tiepido sotto lo sguardo calmo e suggestivo della luna piena.

 
   
 
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