Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: YuukiNymeria    06/08/2019    1 recensioni
-Ti credo.-
Due parole dette con una sicurezza impressionante, Abbacchio aveva il bisogno malsano di credergli, aveva creduto in lui persino al loro primo incontro quando gli aveva promesso che lo avrebbe portato via dalla casa diroccata nel quale sembrava solamente sprecato. Bruno gli aveva offerto sollecitamente un ombrello per ripararsi dai sensi di colpa che piovevano sopra di lui come coltelli acuminati, successivamente una casa dove vivere, la calda presenza di un amico e infine la morsa confortante delle braccia di un amante.
Bruno era tutto ciò in cui credeva, quello che gli era rimasto e quello che aveva sempre inconsciamente bramato, e anche se la situazione richiedeva una certa elasticità mentale era pronto a credergli senza ma e senza però.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Leone Abbacchio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hirohiko Araki; questa storia è stata scritta senza sopo di lucro
 

 Aveva il calore di un morto



Lo percepiva in quella notte tormentata dalle intemperie, lo percepiva come ghiaccio sulla pelle, il calore di un morto, l'ineluttabile essenza di un cadavere, gli occhi cavi e avvallati bramavano l'oblio, le labbra plumbee muovevano piano l'aria, le sorde orecchie vivevano nella loro quiete assordante, sembrava deceduto di ipotermia.
Era un pellegrino e viaggiava nella vita come se la stessa non gli fosse mai realmente appartenuta, il suo corpo sopravviveva in un futuro dove a breve si sarebbe disintegrato e il rumore della lieve pioggia mista all'umida brezza notturna lo faceva respirare con pacata lentezza quasi avesse paura che respirando in maniera troppo convulsa l'aria gli sarebbe andata di traverso. I ricordi si accavallavano tra loro creando un ordine temporale sciatto e senza criterio ma per questo mistico ed immortale, memorie furtive che alimentate dal sonno acquistavano solo un fascino maggiore.
Bruno era scheletrico ai limiti dell'impensabile , era tormentato da uno spettro invisibile ma dalla presenza ineluttabile che si nutriva dei suoi sensi e si beffeggiava della debolezza che raramente mostrava; era ormai un'ombra abbandonata a sé, una causa persa, un'amante dimenticato e un sorriso non pronunziato da troppo tempo. Bruno era sabbia, minacciava di volar via al più piccolo spostamento d'aria.
Ed era accaduto quella notte dopo molto tempo, la reminescenza di vecchie ombre lasciate sopire in un  armadio che non spalancava le ante da troppo tempo, la bizzarra necessità di riscoprirsi, di suggellare tutto con un bacio, lambire le loro labbra; li aveva soffocati con una carica travolgente, era un circolo vizioso dal quale non erano mai realmente usciti e li incatenava con una veemenza tale da lasciarli senza fiato, soffocati fra dovere e desiderio come lucciole costrette ad un barattolo senza via d'uscita, si ritrovavano a desiderarsi senza l'impulso di toccarsi se non con qualche carezza fioca sul capo, avvolti nell' accogliente tessuto bianco nel quale si trovavano le loro coscienze si scontravano e si annullavano a vicenda.
la loro esistenza provocava un obbligo reciproco che era più forte della semplice amicizia e andava al di là dell'amore creando un sentimento più volitivo e longevo del primo e dell'ultimo. Era l'ultima notte che avevano il privilegio di passare insieme, infondo di questo entrambi ne erano consci.

30 marzo 2001

-I ragazzi sono andati a letto, perché non...-
-Scusami, ma vorrei riposare. Sono stanco.-
Ed era così strano che Bruno profanasse quel rito tanto caro ad entrambe, egli non s'era mai ritratto. Mai. Aveva sempre accettato ogni fulgida carezza posatasi sulla sua pelle, ora rifiutava il contatto come se avesse appena scoperto di un'allergia dal quale pareva terrorizzato come un topo alla vista di un gatto.

2 aprile 2001

-Bruno, parlami. Dimmi almeno come stai. Mi fai preoccupare!-
-Mi spiace essere l'oggetto delle tue preoccupazioni, ma sto bene.-
Era sospetto il come sputasse false sentenze e risposte evasive sperando di far morire il discorso, erano invece la faccia opposta di un cucchiaio: apparivano grottesche e nulla più, dettate da un comportamento ambiguo che in sé Bruno non avrebbe mai tenuto, ora animato da una strana freddezza che sgualciva il suo fascino. Bruno sapeva sempre farsi amare, perché le tenebre persuadevano il suo corpo? perché le stesse lo richiamavano a loro con tanta intensità?

4 aprile 2001

-Dormiamo assieme almeno questa notte, ogni notte potrebbe essere l'ultima.-
-Non mi sembra il caso di...-
-Smettila! Smettila subito di inventare scuse! Smettila o ti ammazzo!-

La voce di Abbacchio era trillata rapida nell'oscurità bassa, cupa e minacciosa e al tempo stesso incrinata da un pianto che esisteva solo nella sua mente, un rantolo sommesso che non riusciva a sputare gli tormentava la gola.
Davanti a Bruno si ergeva l'immagine di Abbacchio scura e soggiogata da un'ombra che gli gravava attorno, un offuscamento che gli dava un fascino malato e gradevole allo stesso tempo, sembrava quasi che Bucciarati volesse rubargli il suo charme poiché il suo capo era cinto da un areola nera, che lo faceva sanguinare come una corona di spine da quanta intensità sprecava per attorniargli il capo. Lui lo aveva sempre venerato come un Dio, eppure di quel Dio era rimasto ben poco, ora pareva solo un mendicante sperduto e feccioso,sembrava aver perso la sua immacolata purezza.

-Ti prego... parlami.-

Leone lo aveva visto esitare, lo aveva letto nei movimenti maniacali, nelle occhiate ansiose che gli lanciava e poi si era morso il labbro inferiore così forte da farselo sanguinare, la tentazione di lambire il suo sangue con la sua saliva era forte ma non si avvicinò, non era il momento giusto.
-Non ho nulla di cui parlare.-
E lo proferiva con quella sua vocina gentile e atona, tipica dei momenti nel quale era sconsolato  e affranto, lui che era sempre parso forte si ritrovava a gattonare giù dal suo trono lasciando cadere la sua corona, ora sembrava solo un ragazzino elevato ad una posizione che non voleva e per giunta temeva, soggiogato da lividi che gli turbavano il corpo; Bruno era sempre stato forte, prima per gi altri e poi per sé stesso, ma Leone desiderava vederlo piangere. Era uno dei desideri che non aveva mai proferito all'altro, ma quelle lacrime non arrivavano mai. Giacevano in un pozzo caduto in disuso da troppo tempo, piangere era un gesto che probabilmente Bruno non sapeva più compiere,aveva smesso di piangere quando era un bambino e da allora aveva scordato come si facesse; ne il pianto sommesso di Leone, ne quello disperato di Narancia, ne quello appena accennato di Mista e quello furioso di Fugo gli avevano ricordato il sapore delle lacrime, anche se a volte si dilettava a lambire quelle di Leone come a scostargliele, era una premura che avrebbe voluto ricambiargli.
Erano passati lunghi momenti di silenzio e ancora si torturava le labbra coi suoi denti bianchissimi e affilati, quello fu il punto di rottura. Abbacchio gli si avvicinò di soppiatto e con passi felpati, appena percettibili sul pavimento come se avesse paura di spaventarlo con un qualche rumore brusco, il che effettivamente avvenne. Bruno si era ritrovato ad indietreggiare con piccoli passi rapidi, una strana inquietudine pari a quella che un bambino avrebbe potuto provare nei confronti del buio,una stizza, una fobia che lo afferrava da parte a parte con le sue mani fatte d'ombra. Abbacchio gli afferrò il polso.

Gelido.

Esitò nel mollarlo come se avesse scoperto un arcano mistero, la paura della soluzione lo fece quasi arretrare, ma non lo fece. Si limitava a squadrarlo con quello sguardo curioso che si ritrovava in faccia molto raramente, era paura alimentata da adrenalina, una sensazione che aveva una strana consistenza.

-Bruno...?-

lo attirò piano, aveva paura che potesse in un qualche modo sgretolarsi, a quella premura l'amante non si sottrasse, ormai il segreto si era svelato e non aveva alcun senso tenerlo lontano.
-Non dirlo agli altri.-
Parlava come temeva d'esser sentito, come se i muri avessero orecchie per udire, la sua voce un flebile rantolo vagante nell'oscurità. Leone temeva le parole dell'altro, aveva paura per la prima volta dopo tanto tempo.
-Il mio corpo è quello di un morto. I sensi traballano e la mia coscienza si annebbia... Leone sono morto.-
lo aveva sputato d'un fiato, non aspettandosi una vera risposta dall'altra parte, come se il suo interlocutore fosse sparito nel momento stesso in cui aveva iniziato a biascicare le parole tanto temuto. Dall'altra parte Leone era lì, la sorpresa era trapelata dal suo volto e una strana sensazione di terrore gli rivoltava le viscere, le sue emozioni venivano mostrate nude e crude. Era una cosa impossibile, la consapevolezza di questo suo pensiero lo trapassò da parte a parte, avrebbe voluto credergli, ma la consapevolezza di trovarsi davanti ad un morto che cammina lo inchiodava a terra, aveva bisogno di credere in quel Dio che tanto venerava, ma allo stesso tempo era devastato e sconvolto.
-Non dirlo agli altri.-
lo aveva detto con una voce rotta e supplicante, sostenuta da qualcosa che dentro di lui si muoveva ed era vivo, questo inquietò il complice ancora di più.
-So che è difficile da...-
 -Ti credo.-

Due parole dette con una sicurezza impressionante, Abbacchio aveva il bisogno malsano di credergli, aveva creduto in lui persino al loro primo incontro quando gli aveva promesso che lo avrebbe portato via dalla casa diroccata nel quale sembrava solamente sprecato. Bruno gli aveva offerto sollecitamente un ombrello per ripararsi dai sensi di colpa che piovevano sopra di lui come coltelli acuminati, successivamente una casa dove vivere, la calda presenza di un amico e infine la morsa confortante delle braccia di un amante.
Bruno era tutto ciò in cui credeva, quello che gli era rimasto e quello che aveva sempre inconsciamente bramato, e anche se la situazione richiedeva una certa elasticità mentale era pronto a credergli senza ma e senza però. Avrebbe voluto delle spiegazioni, ma tutto appariva così terribilmente confuso e il pensiero di desiderare delle spiegazioni abbandonò la sua testa con una rapidità impressionante, dall'altra parte Bruno non sembrava disposto a condividere la dinamica dei fatti; ma ci fu una cosa che fece distrarre Abbacchio, una distrazione per il quale era grato. Abbacchio desiderava vedere la neve, da bambino gli zii trasferitisi a Milano gli raccontavano di quanto candida e soffice essa potesse essere, del candido strascico che accarezzava le gambe dei passanti e della felicità che provavano i bambini nel sapere dell'avvento del natale. Lui la neve non l'aveva mai vista e aveva sempre desiderato un suo avvento nella sua bella Napoli, ma la rassegnazione di non vederla lo aveva portato negli anni a credere solo in ciò che esisteva e soprattutto ciò che poteva vedere e analizzare con i suoi occhi, e ora si ritrovava ad avere ventun anni in un albergo che sapeva di fiori di campo stringendo l'amante tra le braccia e dagli occhi sgorgavano alcune lacrime, in quel momento si sentiva terribilmente egoista ma il fatto di averlo visto in lacrime lo riempiva di vita, lui che era stato un guscio vuoto. Si avvicinò alle guancie lentamente e gli baciò via le lacrime, ora capiva perché Bruno amasse farlo, il rossetto si era appoggiato alla sua pelle e gli conferiva un'aura innocente, era il nero che collideva sul bianco, e loro erano pedine mosse dal fato in una partita di scacchi che presto o tardi si sarebbe conclusa. Ad un tratto le parole di Bruno ricaddero sugli amanti con tale gravità da farli soffocare violentemente, Abbacchio avrebbe voluto piangere, ma non lo fece. Per una volta sarebbe stato lui a curare le sue lacrime e non il contrario, lui doveva essere l'esempio che l'altro aveva sempre cercato di essere per lui e per gli altri. Intanto Bruno si era scostato da lui e si era fatto spazio nelle lenzuola bianche, Abbacchio prima di intrufolarsi di fianco a lui accese la radiolina che si trovava su una scrivania che poco distava dal letto, la accese cercò la stazione radio che più gli aggradava e i Moody Blues fecero capolino nella stanza, la loro una preghiera incessante che volgeva già verso la fine, si andò a intrufolare dentro le coperte vicino all'altro che sembrava quasi nascondersi ai suoi occhi. Bruno era tutto, Bruno era vita anche se toccato dal fatale bacio della morte. Bruno era la neve marmorea che cadeva a Milano,il profumo della lavanda, il sapore della pizza margherita fatta da sua madre, una poesia dai toni leggeri, una melodia articolata ma dal testo semplice, una gara di formula uno e ancora un calice di vino rosso. Tutto ciò che amava prendeva forma in Bucciarati in una maniera ossessiva e disperata, il suo mondo aveva iniziato a continuare a girare grazie a lui, che in una vita piena di delusioni gli aveva fatto riscoprire la luce del sole; Bruno era vita, morte e paradiso.
 Bruno lo guardava con occhi riconoscenti, aveva smesso di piangere da un po' ma aveva ancora i segni del suo rossetto in viso.
La radio ancora accesa balzava dai King Crimson agli Aerosmith.
Erano quasi le quattro e aveva smesso di piovere, la finestra era socchiusa e il freddo abbraccio umido della pioggia li comprimeva contro le lenzuola.
-Ti amo.-
Ma Leone già dormiva abbracciato al suo corpo, Bruno lo fissava, un sorriso gli si apriva in volto.
Quella notte non avrebbe dormito.

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Angolo autore

Volevo solo specificare che il tempo nel quale è inserita la ff non è quello designato da Araki, questo perchè avevo bisogno di tempo per darle un adeguato svolgimento.
Spero comunque che possa essere di vostro gradimento, se avete critiche o commenti scrivete pure.
   
 
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