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Autore: Bloody Wolf    06/08/2019    5 recensioni
Questa storia partecipa alla Stucky Bingo Challenge del mese di Agosto/Settembre del 2019; Il prompt che ho sviluppato è stato il numero 82 - Sirene.
Dal testo:
La farfalla era di un colore che mai aveva visto nella sua corta vita, sembrava blu ma pareva quasi essere fatta di pura elettricità ogni qualvolta che sbatteva le ali per muoversi da fiore in fiore, Steve la seguì spostandosi assieme a lei, meravigliato.
Si nutriva di quel polline e poi ripartiva verso altro cibo mentre il bimbo la seguiva silenzioso e rispettoso con occhi di chi pare non aver mai visto nulla di così bello nella sua vita.
| Mermaid!AU | Stucky | Pirati | Parole: 8023 |
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Natasha Romanoff, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte due | Parole: 4330 

 

“Ehi Capitano! Ad ore undici c’è un’isola! Sventola la bandiera dell’hydra!”

Steve annuì, erano ormai un paio di anni che avevano preso il largo e “casa” ormai era lontana, le battaglie si erano susseguite sanguinose e distruttive, avevano perso uomini e vinto guerre a bordo di quel loro fidato vascello.

L’Hydra era una delle poche flotte che affrontavano mal volentieri, erano barbari, stupratori, assassini, vili pirati senza un vero scopo se non quello di accumulare potere e ricchezze ai danni di altri.

Afferrò il telescopio che gli stava passando Natasha e guardò quella bandiera sventolare, guardò le mura e il porto scoperto e non protetto.

Doveva essere una delle loro nuove conquiste.

“Ci servono scorte?”

Chiese a Sam che era appena emerso da sotto coperta, si erano guardati e il giovane di colore aveva parlato leccandosi le labbra.

“Sì, avremo bisogno di un pò di scorte, oserei dire anche di una buona manutenzione alla nave, alcune parti si sono pericolosamente incrinate durante l’ultima tempesta… che Dio ce la mandi buona se vogliamo tornare a navigare in queste condizioni. Riparazioni da poche ore al massimo.”

Steve si portò una mano ai capelli e sospirò annuendo più a se stesso che ad altri, non era uno sciocco e men che meno un folle pronto a perdere la vita per qualcosa di così poco conto.

“Bandiera bianca. Si naviga verso il porto.”

Il loro jolly roger venne calato per issare una bandiera bianca, un segno di resa e di sottomissione, non cercavano rogne ma solo materiale e cibo. Superarono la barriera invisibile dei primi cannoni, si addentrarono lentamente in quel porto che pareva assai ricco e attraccarono ad uno dei moli senza alcun problema.

“Steve io cerco informazioni utili, Clint rimarrà di guardia e Sam andrà a cercare altre informazioni. Ho già assegnato i compiti agli uomini quindi fatti un giro ma non creare disastri, chiaro?”

Steve si ritrovò ad annuire, di fronte a quella donna le sue capacità di organizzazione sembravano sempre venire meno eppure riuscivano ad essere un team efficiente e collaborativo.

Steve scese dal ponte con passo cauto ma fiero, non si erano ancora  scontrati direttamente con quei corsari e il loro nome non era così conosciuto da essere abbastanza minaccioso per quei boriosi e potenti pirati. Forse una sola volta all’inizio della loro navigazione avevano affondato una nave ma nulla di eclatante da muovere la vera Hydra.

Steve vagò per il mercato, osservò le merci e sorrise ad alcuni di quei bambini che vagavano correndo di qua e di là ridendo gioiosi; Steve si ritrovò a guardarsi attorno con attenzione, le genti erano povere, ridotte sul lastrico nonostante la quantità di navi e di strutture che ricoprivano  anche solo quel pezzo di porto.

Natasha gli giunse vicino prendendolo sotto braccio e sussurrandogli nell’orecchio con gli occhi che scattavano in tutte le direzioni per cercare qualche pericolo imminente.

“Quest’isola è una base per il bracconaggio, per le aste di creature rare e sono quasi certa che ci sia un covo dell’Hydra, forse non il principale ma una grossa base.”

Steve si ritrova ad annuire a quelle informazioni, odiava quella pratica illegale, c’erano persone che amavano collezionare bestie di ogni genere spesso portandole ad atroci sofferenze e, in alcuni casi, anche alla morte.

“La gente è povera, Nat.”

La donna si guardò attorno, studiò quel posto notando le prostitute che li guardavano quasi disperate, quasi che chiedessero quei soldi con una necessità che raramente aveva visto negli occhi di persone, si vendevano per poter vivere e non ne erano per nulla felici.

“Dobbiamo salvarli, non posso lasciarli qui così, guarda i bambini…”

Natasha si voltò scuotendo la lunga chioma rossa ritrovandosi a guardare quei bambini che, se a primo impatto potevano parere normalissimi bambini ma che, ad uno sguardo più accurato, si potevano notare quanto quei vestiti risultavano grandi e quanto quei volti parevano scavati dalla fame.

"Aspettiamo Sam e analizziamo le sue informazioni, ok Steve?"

Il capitano annuì comprando un po' di mele con dei fiorini e allungandole successivamente a quei bambini con un sorriso dolce dipinto in volto.

"Prendetele e mangiatele, non è molto lo so…"

I bambini si ritrovarono a mangiarle tutte, con avidità nonostante l'iniziale titubanza, incapaci di credere in quella gentilezza gratuita.

Steve si perse in quei bambini e sorrise accarezzando loro il capo prima di vederli correre via.

 

Tornarono alla nave e, sul ponte ad attenderli, c’era Sam con le braccia conserte e il volto imbronciato.

“Ehi Capitano terranno un’asta in cui, oltre ai soliti pezzi come squali o coccodrilli, avranno anche due rarità dell’oceano, dicono pezzi unici o comunque rari.”

Steve guardò attorno a sè e sospirò, doveva pensare a cosa fare e a come muoversi per liberare quella povera gente dalla maledizione dell’Hydra.

“Pezzi unici?”

Natasha parlò curiosa e richiamando così anche il biondo all’attenzione obbligandolo a guardare in volto Sam, improvvisamente curioso di cosa nascondessero quei corsari.

“Hanno parlato di un delfino albino, una femmina gravida e… se ho capito bene parlavano di un tritone.”

Gli occhi di Steve si spalancarono, increduli a quelle parole e a quella creatura rara, non gli servì guardarsi intorno perché Natasha aveva già dato ordine di prepararsi a combattere e a liberare quella gente.

“Se non fosse lui puoi sempre avere informazioni, Steve.”

Il capitano annuì a quella frase, Nat aveva ragione, aveva sempre ragione e non poteva abbandonare tutto ora che, finalmente, aveva una pista da seguire.

 

……………………….

 

Si erano infiltrati in quella casa d’aste, si erano appoggiati a quel muro in fondo alla stanza cercando di rimanere il più possibile anonimi, indossavano larghe mantelle che permetteva loro di nascondere anche il volto in caso di necessità.

Quella stanza era grande, gremita di persone che erano lì per acquistare, ricchi proprietari che volevano solo aggiudicarsi quelle rarità per arricchire il proprio ego.

Al centro di quei quattro muri c’erano due grandi vasche, una nascosta da un telo scuro e l’altra che mostrava, all’interno di essa, un delfino bianco che nuotava in circolo, nervoso e infastidito da quella situazione stressante...

“Il pezzo forte dell’asta di oggi è un pezzo da collezione, una creatura più pericolosa di un qualsiasi squalo e più feroce del kraken stesso. Signori e Signore se qualcuno riuscisse a plagiarlo e ad addestrarlo avrebbe tra le mani una delle armi più potenti del mare… lustratevi gli occhi su questo esemplare in piena forma di tritone.”

Il telo della seconda vasca venne tolto, scivolò a terra con un rumore delicato facendo placare immediatamente il vociare concitato delle persone attorno a loro.

“Può procreare se vi interessa signori, è una razza che non ha un sesso specifico ma ha sia organi maschili che femminili, è straordinario non pensate? La base d’asta per codesta creatura è di quindici barili pieni di fiorini…”

Steve si perse ad osservare la creatura, aveva spesse catene che gli ancoravano le braccia e la coda al fondo di quella vasca, aveva un collare ed una corda che lo obbligavano a tenere la testa piegata in avanti per via del peso di essa ed infine era bendato.

I colori di quella creatura erano uguali ai suoi, il grigio e il blu, il nero e l’azzurro, le braccia che parevano immerse nel petrolio più scuro ed infine quelle poche squame sotto all’ombelico che risultavano rosse… 

Il respiro di Steve si accorciò mentre Natasha lo guardava rovistare nella propria giubba alla ricerca di quel disegno che aveva fatto per non dimenticarselo mai, lo mostrò alla donna che, incredula, si ritrovò ad annuire al biondo.

“Stiamo parlando dell’Hydra giusto?”

Sam e Nat annuirono, la donna iniziò ad indicargli un uomo, colui che stava parlando e vendendo quella bellissima creatura.

“Quello è Alexander Pierce, uno dei peggiori e al suo fianco c’è Rumlow, il suo scagnozzo più fidato, eliminiamo loro e ci sarà tutto più facile.”

Steve guardò i suoi due compagni d’avventura, annuì e parlò con tono risoluto e sicuro.

“Devo salvarlo è lui Nat, ne sono certo…”

Sam gli appoggiò una mano sulla spalla, non sapeva nulla di quella storia eppure sostenne il suo Capitano dirigendosi all’esterno per dare l’ordine agli altri di uccidere quelle guardie affinché la battaglia fosse un poco meno cruenta.

Steve si mosse, camminò muovendosi nell’ombra fino a raggiungere le spalle di uno dei pirati nemici, gli coprì la bocca con la mano e, con un abile gesto, gli spezzò l’osso del collo passando al successivo fino a giungere a quelli che restavano, immobili vicino a quel palco improvvisato. 

Si ritrovò a cercare con lo sguardo Natasha che, complice e silenziosa, aveva ripulito l’altro lato della stanza portandoli a dover finire l’opera solo con quella decina di uomini che avevano di fronte.

Non appena Steve marciò verso il primo uomo, esso si voltò intimandogli di fermarsi prima di venir colpito da un potente pugno del biondo, creando così il caos in quella casa d’aste.

I compratori iniziarono ad urlare e a scappare terrorizzati mentre, attorno a quelle due enormi teche in vetro, la lotta continuava a suon di fendenti e di calci e pugni.

Steve si ritrovò, dopo aver ucciso un altro scagnozzo dell’Hydra, di fronte a Rumlow e la battaglia iniziò furiosa, quell’uomo evitava i suoi pugni e si difendeva egregiamente, era veloce e preparato. 

Steve si ritrovò ansante dopo aver incassato un destro sul volto, si leccò le labbra prima di tornare all’attacco deciso più che mai a mettere la parola fine a quel combattimento; Riuscì ad affondare un coltello nel braccio dell’uomo per poi ferirlo ad una gamba e rotolare alle sue spalle ed atterrarlo con forza prima di afferrare con le sue mani la testa di quell’uomo e sbatterla sul pavimento con forza decretando la sua vittoria.

Natasha nel frattempo aveva impedito a Pierce di fuggire e lo aveva bloccato ed immobilizzato, l’aveva legato ad una sedia per aspettare un ordine del biondo.

“Puoi prenderlo se vuoi ma sappi che non riuscirai mai a domarlo!”

Steve si bloccò di fronte a quella vasca, ignorò quell’affermazione e spostò lo sguardo su quel corpo  squamoso ma armonioso e si ritrovò a sorridere.

Non doveva domarlo, non ne aveva bisogno, doveva solo riuscire a ricordargli chi era e sarebbe andato tutto bene, ne era certo, ne era sicuro perchè se lo sentiva dentro.

Si mosse avvicinandosi alla creatura che, per via di tutto quel casino si era agitata, lo vide muoversi cercando di strappare quelle catene che stridettero e che si tesero anche sotto quell’acqua cristallina, cigolando come pronte a spezzarsi per via di quella forza sovrumana.

“Ehi, ti ricordi di me?”

Il tritone cercò di muovere la coda, le sue branchie si aprirono ma non diede nessun segno di calma, sembrava solo essere nel pieno del panico.

“Quando ci siamo incontrati la prima volta, tu mi salvasti e io ingenuamente ti chiesi da dove venivi…”

Mosse ancora un paio di passi ritrovandosi così a pochi centimetri da quel vetro spesso, vide la creatura bloccarsi, Steve lo osservò mentre spostava il capo da destra a sinistra, come curioso di quella situazione. Continuò a parlare allora, fiducioso.

“Ti chiesi come ti chiamavi ma l’unica cosa che mi dicesti era una B sospirata e affaticata…”

Il semi animale iniziò ad aprire e a chiudere le mani palmate cercando di muoversi, di percepire qualcosa oltre a quelle catene che, dolorose, stavano segnando le sue squame scure. Steve lo poteva vedere, lo percepiva quasi sotto pelle quel desiderio di essere libero e non poteva biasimarlo.

“Ti dissi che ti avrei chiamato Bucky e quello stesso giorno giurai all’oceano che prima o poi ti avrei ritrovato.”

La creatura vibrò rilasciando un suono simile ad un gorgoglio, tirò le catene in maniera quasi disperata cercando di arrivare a toccare quel vetro, scosse il capo muovendo quei lunghi fili scuri che si muovevano in acqua come dotati di vita propria.

Steve si ricordava quella creatura con i capelli corti ma ora era cresciuto, era diventato grande, adulto e quella chioma dava quel tocco selvatico a quel suo primo e impossibile amore.

“S….Steve?”

Il petto del biondo si riempì di gioia, quella voce e quel nome, sussurrato a bruciapelo da quelle labbra che gli avevano rubato il suo primo bacio, erano meravigliosi; mai avrebbe immaginato di sentire il proprio nome e trovarlo immediatamente perfetto, giusto detto da lui.

Toccò nuovamente la teca, sfiorandola e poggiandoci la fronte mentre sussurrava verso Bucky.

“Ti ricordi di me…”

Era felice, aveva quasi le lacrime tanta era la gioia che il suo cuore stava provando, si leccò le labbra sorridendo prima di parlare gentile e dolce.

“Ora ti porto nel tuo amato oceano, nella tua casa…”

Si staccò da lì andando a cercare, sul cadavere di Rumlow, le chiavi di quelle malefiche catene. Frugò fino a trovarne un grosso mazzo, prese la rincorsa e, agilmente, scavalcò quella  parete di vetro con un salto agile.

L’acqua lo avvolse, calda mentre la sua vista era leggermente appannata, vide una sorta di “scarico” e subito ne cercò con gli occhi la leva che, giustamente, si ritrovava all’esterno della vasca.

Decise che a quello ci avrebbe pensato dopo, dopo averlo liberato, solo dopo che quelle catene non ci fossero più state sull’immensa coda scura del suo Bucky.

Nuotò fino alla coda, ne accarezzò gentilmente la parte finale, come una leggera dimostrazione di presenza, un fremito e un suono ovattato delle catene che si aprivano ed improvvisamente l’ossigeno venne a mancare nei polmoni di Steve. 

Tornò in superficie, incanalando più ossigeno che poteva nei polmoni prima di tornare giù e liberare il collo accarezzando distrattamente quei capelli scuri con gentilezza prima di passare ai polsi segnati, non se lo ricordava così potenzialmente letale ma aveva fiducia in lui e mai lo avrebbe lasciato lì, in mani sconosciute.

Liberò anche la seconda mano e, immediatamente, quelle mani palmate andarono a rimuovere quella spessa benda che gli ostruiva la visuale, si specchiarono l’uno negli occhi dell’altro, vicini ma non abbastanza.

Bucky lo afferrò e lo portò in superficie e Steve si ritrovò a respirare a pieni polmoni sorridendo prima di incupidirsi udendo le parole di Natasha dal di fuori della vasca.

“Steve! Stanno arrivando! Esci da lì! Capitano!”

Steve guardò l’amica e poi il tritone, guardò nella direzione di quella specie di scarico e parlò mentre si issava per uscire da quella vasca.

“Aprirò quella specie di botola, Bucky devi andare e tornare ad  essere libero, ti ho ritrovato e ti sto restituendo il favore di salvarti quindi và.”

Bucky allungò una mano verso di lui, aveva gli occhi di chi non voleva andarsene, quasi spaventato, ma, non appena Steve si spostò avvicinandosi a quella leva e la mosse, l’acqua iniziò a calare all’interno della vasca e la creatura si ritrovò ad annuire nuotando abile verso quella via d’uscita sotto gli occhi attenti del biondo che lo osservava dall’esterno, tramite quel vetro chiaro.

Steve si ritrovò a respirare, non si era nemmeno accorto di aver trattenuto il fiato, l’aveva appena ritrovato e l’aveva già perso come in un crudele scherzo del destino.

“Natasha dobbiamo andare alla nave, dobbiamo andarcene....”

Era confuso perché era certo di aver visto in quelle iridi un sentimento simile al suo, una vicinanza che entrambi avevano desiderato fin dal loro ultimo incontro, un’intimità che solo loro due avrebbero potuto capire.

Natasha si ritrovò ad annuire, afferrò una delle daghe che portava con sé recidendo la trachea di Alexander Pierce, precisa e senza alcuna emozione… si ripulì le mani e poi iniziò a correre afferrando il braccio di Steve e portandolo con sé, incapace di farlo riprendere da quell’incontro fugace.

“Ci sono tre navi in arrivo, armate fino ai denti… potrebbero essere velieri da combattimento.”

Sam gli era corso vicino, stavano lottando tutti quanti per farsi largo in quel casino per raggiungere la loro nave, la loro unica ancora di salvezza.

“Ammainare le vele! Assetto da combattimento!”

Steve si ritrovò sul ponte ad osservare quelle navi che, seppur lontane, viaggiavano più veloci di loro, avrebbero dovuto combattere volenti o nolenti per sopravvivere.

I primi colpi di cannone li sfiorarono, caddero in acqua muovendo di un poco quel veliero che ancora portava bandiera bianca sull’albero maestro.

“Sam la bandiera! Facciamogli vedere contro chi e contro cosa si sono messi!”

Dovevano batterli di furbizia se volevano sopravvivere, ma lì non c’erano promontori o rocce che potevano aiutarli, non c’era nulla che li poteva riparare da quelle tre navi che avanzavano, senza alcuna pietà verso di loro.

“Virare a babordo.”

Natasha lo guardò scioccata, incredula prima di avvicinarsi a lui e chiedere conferma di quell’ordine insensato che li avrebbe portati  a schierarsi quasi di fronte al nemico.

“Non riusciremo mai a sfuggirgli, sono in velocità e noi abbiamo solo una nave da muovere, siamo più manovrabili di loro ed è l’unico modo per allontanarli dal porto ed evitare che muoia della gente innocente.”

Il suo sguardo era determinato, giusto nel suo ragionamento e puro come l’uomo che era sempre stato, un capitano che oltre a sé stesso e alla propria ciurma, pensava sempre a quelle povere anime che non avevano nulla a che fare con quei combattimenti.

“Signorsì signor Capitano. Uomini! Preparatevi al combattimento! Vivi o morti!”

La prima palla di cannone colpì il ponte con un rumore sordo portandosi via alcuni pezzi di legno con sé, Sam stava dando ordini agli uomini ai cannoni mentre Natasha stava cercando di dare una mano a distribuire più armi possibile.

Steve si mosse, avrebbe guidato lui stesso la sua nave verso quella battaglia, era lui il capitano e nessun’altro.

Evitò una scarica di palle da cannone riportandosi in linea verticale rispetto alla nave nemica e si mosse, quasi affiancando quel nemico ed urlando:

“FUOCO!!”

Il rombo dei cannoni fu forte, sordo e potente ma il risultato fu distruttivo e letale. 

La scarica finì sull'albero maestro e su quello di trinchetto che crollarono, decretando la fine di quella prima nave nemica, Steve sorrise portando la nave ad allontanarsi perchè, nonostante essa non potesse muoversi, poteva ancora sparare. Doveva andare verso il mare aperto, verso l’orizzonte e finire la lotta con quelle due navi che parevano non voler demordere.

“Ricaricate e al mio via sparate ancora tutti assieme! Puntate alla stiva e alle vele! Possiamo farcela!”

Le due navi si stavano dividendo, volevano accerchiarli e chiuderli in una morsa fatta di ferro e acqua, non avrebbero avuto scampo.

Alcune palle di cannone nemiche arrivarono e distrussero alcune assi sul ponte, un paio giunsero nella stiva senza causare troppi danni però ed infine una giunse vicino alla sua posizione, strappò parte del parapetto facendo finire quella sfera nera nella sua cabina.

“Un ricordo della battaglia.”

Ci scherzò su quando vide Natasha guardarlo con apprensione e preoccupazione per via di quella tattica nemica che li stava chiudendo in una morsa mortale.

“Steve! Che facciamo?”

Steve cercò con lo sguardo una via d’uscita, un modo per liberarsi da quei nemici che da lì a poco avrebbero iniziato a girargli attorno come squali affamati.

Successe tutto in fretta, le urla giunsero da una delle due navi nemiche mentre di fianco all’altra nave un’enorme balena si innalzò in cielo prima di ricadere, mortale, nel centro della nave spezzandola in due.

Il canto della balena si innalzò sopra al suono della battaglia mentre l’altra nave andava a picco, sprofondando come trascinata in basso da qualcosa oppure ancora come se qualcosa l’avesse spaccata da sotto permettendo al mare di intromettersi in quella barca e farla sua.

“Steve?”

Erano salvi, avevano vinto? 

“Ripiegate le vele.”

Gli uomini eseguirono quell’ordine in silenzio, rimanendo in ascolto di quel canto che non si interrompeva mentre la balena continuava a cantare nuotando vicina alla superficie, maestosa ed immensa.

Steve, quando la nave fu immobile, lasciò il timone, percorse il ponte correndo fino alla polena e si appoggiò al parapetto per guardare quella creatura che li aveva salvati, sorrise di fronte a tutta quella bellezza che era celata nel profondo di quel cuore nascosto che era l’oceano.

“Capitano! C’è qualcosa che nuota sotto la nave!”

Il capitano si voltò e si precipitò verso il parapetto di babordo, sporgendosi sul mare, guardò in basso e vide solo la coda di quella creatura, si ritrovò a sorridere prima di alzare lo sguardo verso la nave nemica che, lentamente, stava ancora colando a picco. Si precipitò dall’altra parte della nave e si sporse parlando.

“Niente paura, è un amico.”

Bucky sbucò dall’acqua aggrappandosi al parapetto incrociando le braccia su di esso, mosse la coda non schiodando lo sguardo da quello di Steve.

Era fantastico vedere come la luce del sole riflettesse quell’azzurro sulle scaglie nere della creatura, i suoi lunghi capelli restavano sulla schiena e quegli occhi riflettevano la felicità nelle sue iridi.

Un movimento alla sua destra fece diventare quello sguardo pacato e docile in uno furioso assieme ad un ringhio furioso con tanto di denti in mostra.

“Bucky no, siamo tutti amici qui… calmo.”

Sam si era avvicinato innocentemente, forse alla ricerca di qualche risposta o forse solo per pura curiosità ma Bucky aveva reagito come terrorizzato dall’intero genere umano.

“Sei al sicuro ora, mi hai salvato anzi ci hai salvati tutti. Grazie.”

Bucky spostò il capo verso sinistra e poi verso destra, l’aveva fatto anche quando erano solo dei ragazzini e Steve non riuscì a non sorridere felice e con occhi che appartenevano solo a lui, solo per lui.

Vide la creatura sospirare e leccarsi le labbra prima di parlare con tono canzonatorio e divertito.

“Non sei più il ragazzino che cade dalla scogliera… ora sei capitano ma resti tonto.”

Negli occhi una scintilla luminosa quasi che quella frase racchiudesse tutto ciò che c’era da dire su di loro, una frase detta a pezzi, non corretta ma che fece battere il cuore del biondo.

Annuì Steve ridacchiando mentre alcune lacrime cadevano dal suo volto, creando una lieve scia umida che terminava a terra con un piccolo sordo tonfo.

La fronte del tritone si scontrò con la sua obbligandolo ad aprire gli occhi e a parlare.

“Ti ho cercato perchè dal momento stesso in cui te ne sei andato, ho sentito la tua mancanza…”

Le mani di Steve si alzarono per spostare alcuni di quei fili neri dietro l’orecchio a punta del tritone, ne accarezzò la consistenza e sorrise restando così immobile per alcuni, infiniti minuti perchè quelle parole le aveva dette con il cuore e andava bene così.

 

……………………………

 

“Natasha lascio la nave nelle tue mani, torno domani mattina o al massimo domani pomeriggio.”

La donna lo guardò, incrociò le braccia sotto al petto e si avvicinò a lui sporgendosi verso l’oceano e trovandosi Bucky che li guardava curioso a pelo dell’acqua.

“Ti ricordi quello che aveva detto Pierce vero, Steve?”

Steve la guardò con cipiglio interrogativo mentre, lentamente, aveva iniziato a togliersi la casacca e la camicia bianca, negò con il capo di fronte a quella domanda posta a bruciapelo da Natasha.

“Aveva detto che potevano procreare quindi io non so di preciso cosa facciate nelle vostre fughe amorose ma… stai attento Capitano.”

Steve arrossì di colpo di fronte all’osservazione della propria navigatrice, sorrise imbarazzato e divertito prima di grattarsi il capo e fare spallucce, si issò sul parapetto aggrappandosi ad una delle funi ed annuì in direzione di quell’amica di una vita.

“Starò attento, Natasha, messaggio ricevuto.”

Si tuffò in acqua riemergendo subito e scuotere il capo per eliminare l’acqua in eccesso che gli stava impedendo di vederci, venendo subito abbracciato da Bucky che, geloso, stava guardando Natasha soffiandogli inferocito.

“Stai calmo, Buck, scherzava.”

Il tritone iniziò a nuotare portando con sé Steve, lo portò in una grotta nascosta dove l’acqua era azzurra e dove l’aria sembrava tiepida. 

Steve si sdraiò sulla sabbia bianca e sorrise mentre le mani fresche di Bucky si poggiavano delicate su di lui e sul suo petto.

Il volto del tritone si poggiò sui suoi addominali e Steve si perse a guardarlo prima di mettersi seduto e tirarlo a sé per reclamare quelle labbra armate di denti pericolosi ma di cui lui non aveva nessuna paura.

“Sei bellissimo, Bucky.”

Si divise da lui per parlare ma subito Bucky si mosse su di lui reclamando ancora quelle labbra con passione e con determinazione.

Bucky gemette muovendo la coda e le branchie, Steve ridacchiò a quella palese dimostrazione di eccitazione da parte di Bucky, era già passato un anno da quando lo aveva ritrovato.

Steve lo aveva salutato quando aveva visto la balena andarsene ma lui li aveva seguiti, aveva imparato a conoscere tutto l’equipaggio e a parlargli. Era diventato uno di loro nonostante tutto e tutti sapevano che tra loro due c’era qualcosa di più che delle dolci carezze e sguardi, era palese e loro non avevano mai fatto nulla per nasconderlo agli occhi della ciurma.

“Sei bellissimo e sei rimasto con me.”

Bucky non era di tante parole, nemmeno sulla nave, c’erano le volte che si sedeva sul parapetto e se ne stava lì a guardarli lavorare con freddezza, spesso si lisciava i capelli o apriva i molluschi che aveva recuperato dal fondale per loro. 

Bucky si strusciò su di lui, leccandogli un orecchio con dolcezza prima di lasciar scivolare una mano sul cavallo dei pantaloni di Steve e parlare, come se fosse la cosa più normale di quel mondo.

“Tu hai mantenuto una promessa che l’oceano mi ha riportato tramite una conchiglia, sei il primo umano che non mi ha mai guardato con disprezzo o con ingordigia, voglio rimanere con te fino alla fine dei nostri giorni.”

Steve lo guardò emozionato e, iniziando a piangere, lo abbracciò stringendoselo contro con tutto l’amore di cui era capace, quella conchiglia che aveva lasciato sulla spiaggia fatta di sabbia nera prima di partire aveva riportato il suo messaggio, aveva sussurrato in essa la sua promessa e nulla al mondo avrebbe scalfito quell’amore.

“Fino alla fine dei nostri giorni, insieme, Bucky, insieme.”

Il tritone si accoccolò meglio contro di lui spostando la coda attorno al corpo di Steve come a volerlo abbracciare ancor di più mentre respirava il suo profumo intenso e piacevole che sapeva di casa e di amore.

 

Fine.


Note: 

Grazie mille a chiunque abbia anche solo letto questa storia, davvero grazie infinite <3

Se siete amanti della Stucky e volete sentirvi capite/i cercate su FB il gruppo “Till the end of the line - Stucky”.

Ciaoooo

 
   
 
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