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Autore: m a v e r i c k    06/08/2019    5 recensioni
| Caitlin/Earth 2 Laurel Lance; Harry Potter!AU |
«Bene.» sorrise, forse con un po' troppa enfasi. «Bevi questo.» aggiunse poi, porgendole un bicchiere di liquido biancastro.
«Che roba è?»
«Ossofast. Credimi, ne avrai bisogno.»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Black Siren, Caitlin Snow
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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prompt. A lavora al San Mungo, ha lasciato da poco i banchi di scuola e si ritrova B ricoverata dopo l'ultima partita di Quidditch
 

Dopo aver arrotolato fin sopra il gomito le maniche del camice bianco che indossava, Caitlin Snow incrociò le braccia al petto e si appoggiò al cornicione con il fianco, lasciandosi sfuggire un leggero sospiro. Fuori la pioggia scrosciava con violenza, impattando sul cemento e sul fatiscente quartiere tappezzato di vecchi manifesti. Le gocce tamburellavano contro il vetro della finestra scivolando via rapide, disegnando giochi d'ombre sul suo viso, sul pavimento e sul profilo delle altre tre persone presenti nella stanza.

Alle sue spalle, abbandonato in una postura alquanto scomposta su una delle due poltroncine di pelle, Jefferson Jackson incrociò le dita dietro la nuca e puntò lo sguardo verso il soffitto, sbuffando a metà tra l'innervosito e l'annoiato. Accanto a lui, Lily Stein si limitò a girare la pagina della Gazzetta del Profeta con un'espressione altrettanto annoiata stampata in faccia, procedendo nella lettura senza lasciarsi distrarre dal lieve vociferare proveniente dagli studi adiacenti. I candidi occhi verdi della giovane strega saettavano veloci da una riga all'altra, mitigati da una lieve nota di timore, ed il titolo di testa spiccava intimidatorio sulla prima pagina.
 

ESERCITO DI MAGHI OSCURI ANCORA LATITANTE.
 

«Squadre di Auror all'opera su ogni fronte della costa Irlandese.» disse citando l'articolo di apertura. «C'è odore di crisi mediatica.» aggiunse poi in tono sommesso, dando voce ai propri pensieri. Sia lo sguardo di Caitlin che quello di Jax corsero nella sua direzione, disegnandole in volto un'espressione risoluta.

«Deve essere questo, ciò di cui parlavano l'altro giorno.» affermò con aria decisa, dopo essersi resa conto che nessuno dei due sembrava intenzionato a dire qualcosa. «Il ministero manderà i nostri sul campo ad aiutare i feriti ed invierà una classe di guaritori apprendisti a prendersi cura del San Mungo.»

«Può essere, anche se sarebbe stato carino da parte di Grigio farci sapere qualcosa.» rispose Jax, scrollando le spalle. «Ancora niente?» domandò subito dopo, rivolgendosi alla persona che dallo stipite della porta stava tenendo d'occhio entrambi i lati del corridoio.

Ormai certa che non stesse arrivando nessuno, Alex Danvers si lasciò scivolare dalle labbra un sospiro rassegnato, prima di decidersi a rientrare.

«Niente.» affermò. «Ma credo che Lily abbia ragione. La voce si è diffusa dopo l'arrivo della Gazzetta del Profeta, prima di allora non ne stava parlando nessuno.»

A quelle parole, lo sguardo della guaritrice si illuminò di colpo: cominciò ad indicare freneticamente la collega in piedi di fronte a lei, poi la pagina di giornale, poi entrambi, rivolgendo a Jax un'espressione sardonica che sembrava voler dire te l'avevo detto. 

«Pazienza, Jefferson.» disse con un sorriso sulle labbra, in un tono che il ragazzo non potè fare a meno di trovare spaventosamente simile a quello dell'anziano direttore del San Mungo. «Qualcuno sta per entrare da quella porta per dare un'utilità alla tua presenza.» lo prese in giro, senza nemmeno degnarsi di ascoltare le sue proteste.

«Già, anche se non capisco il perchè di tutta questa segretezza.» fece notare Alex, prima passare in mezzo alle due poltrone ed appoggiarsi alla scrivania, le braccia incrociate al petto.

Stringendosi nelle spalle, Caitlin sospirò nuovamente e tornò a rivolgere lo sguardo oltre il vetro ancora aggredito dalla pioggia.

Se doveva essere sincera, non aveva la più pallida idea di quale situazione sarebbero stati messi al corrente da lì a poco. Ma se c'era un dettaglio di cui era assolutamente sicura, era che di qualsiasi cosa si trattasse lei ci si sarebbe buttata a capofitto, senza la minima esitazione e se necessario senza nemmeno fermarsi a riflettere. Non era quello il modo di fare per cui era così conosciuta, da quelle parti, ma in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di poter impiegare le proprie forze in qualcosa di utile come il suo lavoro, e soprattutto avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non pensare.

Perchè nei recessi della sua mente, i ricordi del fine settimana appena giunto al termine bruciavano ancora, come fiocchi di neve intenti a sciogliersi a fior di pelle. Minacciavano di riaffiorare con la stessa innocua, pungente tenacia di un sogno dolceamaro, sapevano ancora di idromele e promesse mantenute ma subito infrante.

«Comunque siamo sicuri che sia una buona idea?» la voce di Jax arrivò a ridestarla dai suoi pensieri. «Che mi dite dei finanziamenti dei Rathaway? Ho sentito dire che sono disposti a finanziare una squadra di professionisti.»

«Dei professionisti che non sanno fare altro che lustrare il proprio nome senza mai scendere sul campo di battaglia per aiutare chi ha bisogno.» osservò Lily in tono asciutto. «Non avrebbero il coraggio di fare ciò che facciamo noi nemmeno tra un milione di anni.»

«Non abbiamo bisogno di loro, Jax. Accoglieremo quei ragazzi e faremo di loro dei guaritori con un futuro assicurato al San Mungo.» Alex mantenne lo sguardo fisso verso l'entrata dello studio. «Giusto, Caitlin?» domandò poi, con fare eloquente.

Ma nel momento in cui non sopraggiunse nessuna risposta, il Primario Danvers aggrottò le sopracciglia, confusa.

«Caitlin!?»

La diretta interessata si voltò, e nel notare non solo lo sguardo di Alex, ma anche quello di Jax e – purtroppo – quello di Lily puntati addosso, sgranò gli occhi.

«Va tutto bene?» fu l'interrogativo spontaneo, e Caitlin scosse la testa come a volersi scrollare di dosso quei famigerati pensieri che negli ultimi giorni avevano reso difficile fare... bhe, più o meno qualsiasi cosa.

«Lo avete detto voi.» rispose ostentando indifferenza. «Non abbiamo bisogno dei soldi di qualcuno che crede nella superiorità dei Purosangue.»

«Da quando sei arrivata hai a stento aperto bocca.» Lily, senza voltarsi del tutto, le rivolse un'occhiata guardinga.

«C'è qualcosa che ti preoccupa?» le domandò a quel punto Jax, in un atteggiamento che non aveva niente a che vedere con il sarcasmo con cui, fino a poco prima, aveva tenuto testa alle frecciatine delle due colleghe.

Caitlin, senza sapere cosa dire, esitò.

«Forse la definizione che Julian Albert ha di week-end romantico non ha nulla a che vedere con la sua.» la voce di Alex, unita ad un'improvvisa nota di imbarazzo, ebbe su di lei lo stesso effetto che avrebbe potuto avere un colpo nello stomaco.

«Albert?» sgranò gli occhi Lily, collegando quel nome al volto di un guaritore del reparto “Ferite da Creature Magiche”. «Mister Perfettino, biondo ossigenato? Che ha combinato?» domandò a quel punto, incuriosita.

«Avevano un appuntamento.» spiegò Alex, senza entrare troppo nel merito e cercando di intercettare lo sguardo di Caitlin. Lily pensò, sforzandosi di ricordare, ad  una qualsiasi occasione in cui l'amica ne avesse parlato anche in sua presenza.

«Oh, ma certo! Adesso ricordo!» esclamò all'improvviso, prima di accennare un sorrisetto malizioso. «Dunque devo dedurre che la questione dei meandri inesplorati della Londra Babbana non sia stata risolta?»

Dopo essere stato oggetto di un'attenta analisi per alcuni secondi, il significato nascosto in quelle parole non tardò a disegnare un'espressione costernata sul volto di Jax, alla stessa velocità con cui un rossore piuttosto vivido arrivò ad inondare il volto sbigottito di Caitlin: quest'ultima, tuttavia, riuscì a non dare di matto solo grazie all'intervento di Alex che, seppur tradita da un mezzo sorriso, arrivò a sfiorarle gentilmente la spalla. 

«Ehi... Lasciala perdere, quando si parla di pettegolezzi non riesce proprio a resistere.» ridacchiò, prima di rassicurarla: «Se hai bisogno di parlare con qualcuno, io ci sono.»

Caitlin la guardò senza avere la più pallida idea che cosa dire, ma il tentativo mal riuscito di provare a mettere in fila delle parole di senso compiuto venne stroncato sul nascere, perchè proprio in quel momento un leggero bussare avvisò i quattro guaritori dell'arrivo di qualcuno, ed il suo sguardo corse frenetico per la stanza fino ad individuarne la fonte: Gideon, l'assistente di Stein, era in piedi sulla soglia della stanza, e per un attimo Caitlin ebbe l'impressione di non essere mai stata così felice di vederla.

«Oh, bene. Sapete già tutto.»  La strega dai lunghi capelli castani, notando il giornale ancora stretto tra le mani di Lily, accennò un sorriso.

«Novità?» domandò Caitlin a bruciapelo, spostandosi e puntando entrambe le mani sulla scrivania, ignara degli sguardi che aveva ancora puntati addosso.

«La squadra di apprendisti sta per arrivare.» annuì Gideon. «Riunione nell'ufficio di Martin tra cinque minuti.»

E così come era arrivata, scomparve: Caitlin rovesciò la testa in avanti lasciandosi sfuggire un piccolo sospiro sollevato.

«Spiacente.» asserì con un sorriso. «Il dovere chiama, e le novità sui miei fallimenti sentimentali dovranno aspettare.»

«Oh, non ti preoccupare.» la rassicurò Jax, prima di fiondarsi in corridoio. «Non sono affatto curioso di conoscerle.»

«Insomma, che diamine ha combinato Albert, questa volta?» si lamentò invece Lily avviandosi al seguito delle due colleghe, come se dal sapere cosa era successo nel week-end non esattamente romantico della dottoressa Snow ne dipendesse la sua vita. «Lo conoscete, mio padre. Ce la farà tirare per le lunghe e io ho bisogno di saperlo adesso.»

«Nah, non è detto.» la liquidò Alex, con un ghigno degno di chi, al contrario, aveva già capito tutto. «Se siamo fortunati, venti minuti e tagliamo la corda.»

*
 

Nel ripensare agli eventi di quella mattina, Caitlin fu certa che da quel momento in poi non avrebbe avuto più dubbi riguardo a molte cose. Una di queste, ad esempio, era che d'ora in avanti non avrebbe più ascoltato le previsioni di Alex riguardanti le tempistiche dei loro incarichi.

Perchè anche se era andato tutto liscio, anche se ora - grazie a loro - decine di giovani guaritori erano in grado di gestire un'emergenza simile a quella che lei aveva saputo risolvere durante il suo primo giorno tra quelle mura, la testa stava cominciando a farle davvero male, e pure farsi strada tra la calca che in quel momento affollava il corridoio del quarto piano si stava rivelando un'impresa delicata. Non vedeva l'ora di raggiungere la calma del suo ufficio per potervicisi rifugiare, questa volta rigorosamente sola, e per potersi ritagliare qualche minuto di meritato riposo.

Con un'espressione stravolta ed i pugni serrati, Caitlin entrò a passo di marcia richiudendosi velocemente la porta alle spalle. Vi fece aderire la fronte e respirò a fondo, beandosi del silenzio che non tardò ad impregnarle l'udito.

«Oh, menomale. Ti stavo cercando.»

Non aveva ancora fatto i conti, tuttavia, con la voce di Alex che la sorprese alle spalle, facendola sobbalzare.

«ALEX!» esclamò portandosi una mano al petto. «Per Merlino, mi hai spaventata.»

Ma Caitlin Snow Hogwarts, classe 2015. Assistente Auror, membro dell'Ordine dei Guaritori e più giovane Primario che il San Mungo abbia mai avuto non aveva idea che in realtà era appena stato il passato, a bussare alla sua porta.

«Mi dispiace.» sorrise la collega. «Avrei bisogno di un favore.» le spiegò poi.

«Julian si trasferisce!» le parole sfuggirono dalle labbra di Caitlin ancora prima di riuscire a fermarle e quando si rese conto di quello che aveva detto, spalancò gli occhi, maledicendosi. «Seminario di medimagia forense avanzata, a San Francisco. È diventato l'argomento centrale del nostro appuntamento, un grande fiasco.» aggiunse poi, un po' per la sensazione che tenerselo dentro l'avrebbe portata a non capire più niente e un po' per la necessità di riversare i suoi pensieri in quella nota di acidità che aveva appena preso il possesso della sua voce. «E di pure a Lily che se tirerà di nuovo fuori la storia dei meandri inesplorati della Londra Babbana, io-»

«Wow.» fu l'unico commento di senso compiuto che il Primario Danvers riuscì a formulare, indicando la collega con un ampio gesto della mano. «Nonostante il fatto che tutto questo sia davvero molto da processare, non è ciò di cui volevo parlarti.»

«Cosa!?» Caitlin si sentì pervadere di vergogna. «E allora di che si tratta?»

«C'è una nuova paziente.» affermò semplicemente l'altra, e con un semplice movimento di bacchetta le fece apparire davanti un piccolo fascicolo sanitario. «È arrivata pochi minuti fa. E a dirla tutta, se tra di noi c'è una vera esperta di lesioni da incantesimo, quella sei tu.»

Caitlin, incredula, osservò per alcuni secondi l'oggetto intento a fluttuarle davanti. «Oh...»

Lesse velocemente il resoconto dell'incidente, le dichiarazioni dei soccorritori ed infine le credenziali, constatando che fortunatamente non sembrava trattarsi di una cosa grave o di un danno irreparabile.

Quando però i suoi occhi risalirono in cima alla prima pagina, soffermandosi sul nominativo del fascicolo, il sospetto di aver appena battuto la testa prese il sopravvento della sua mente con la stessa intensità di un uragano.

«È uno scherzo, vero?»

*

 

Nell'istante in cui si schiarì la voce, la penombra racchiusa tra le mura della corsia fu testimone della rapidità con cui un paio di occhi nocciola andarono a posarsi su di lei, annoiati ma allo stesso tempo incuriositi.

Estrasse la bacchetta da sotto l'elastico della gonna bordaux che indossava e la agitò un paio di volte davanti a sé, poi verso l'alto. In pochi secondi, il tendone grigio a ridosso dell'ampia vetrata si spostò, permettendo alla flebile luce esterna di mescolarsi con il caldo bagliore proveniente dalle sfere luminose sparse sul soffitto. Lentamente, ripose la bacchetta ed infilò le mani nelle tasche del camice.

«Laurel Lance?» domandò con voce ferma, cercando di non pensare a quanto fosse ovvia la risposta, fingendo per un solo istante di non essere la stessa persona che l'avrebbe riconosciuta anche sotto gli effetti di un incantesimo di trasfigurazione. La donna distesa sul letto inarcò un sopracciglio.

«In carne ed ossa.» rispose con un mezzo sorriso, dopo averla scrutata da capo a piedi per alcuni secondi. Si studiò il braccio sinistro, titubante, ed aggrottando le sopracciglia provò a muoverlo, ma dovette reprimere in una smorfia sarcastica la tentazione di non imprecare, quando una fitta lancinante le si diramò a fior di nervi. «Bhe, più o meno.»

Stessi capelli color miele, stessi occhi lucenti e sbarazzini. Viso leggermente più sciupato di quanto ricordasse, ma completo dello stesso sorriso con cui era solita vederla aggirarsi per Hogwarts nella sua postura elegante e sinuosa, avvolta nella divisa da Caposcuola. Caitlin la fissò per un lasso di tempo indefinito con la stessa espressione di qualcuno che all'improvviso si ritrovava alla disperata ricerca delle parole giuste da utilizzare. Sapeva benissimo che avrebbe dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa; o che quanto meno avrebbe dovuto provarci.

«Sembra che tu abbia visto un fantasma.»

Ma con suo enorme sollievo, fu il ghigno beffardo di Laurel a spezzare quel frangente di silenzio che per i suoi gusti stava cominciando a diventare insostenibile, oltre che incredibilmente imbarazzante. Caitlin avvertì la prepotenza con cui i ricordi minacciarono di tornare alla mente, e si sentì avvampare. Instintivamente, scosse la testa.

«Che cosa ti è successo?» domandò, con un pizzico di preoccupazione. Laurel scoppiò a ridere.

«Ah, sei proprio tu, Snow.» disse con le labbra arcuate in un sorrisetto sarcastico. «Non ci sentiamo da una vita e la prima cosa che ti viene spontaneo fare è comportarti come mia madre quando non mi vede da un mese.»

Caitlin sgranò gli occhi e sorrise esterrefatta. Aprì la bocca per controbattere ma la richiuse immediatamente, incrociando le braccia al petto.

«Ok, primo: è passato solo un anno e mezzo, e in mia difesa stavo completando gli esami che mi avrebbero permesso di lavorare qui.» spiegò in tutta tranquillità, sollevando l'indice di una mano come a voler mettere in chiaro le cose.

«Come se Stein non ti stesse riservando un posto qui dentro da quando eri ancora occupata con i G.U.F.O.» biascicò Laurel, evitando di incrociare il suo sguardo. Caitlin la ignorò.

«Secondo, per quanto in questo momento tu non sia l'unica ad avere più domande che risposte, non sono io quella bloccata in un letto con un braccio rotto, quindi ora gradirei sapere: che cosa è successo?» aggiunse poi, ottenendo come unica risposta un'alzata di occhi al cielo.

Caitlin registrò quel briciolo di ostilità e dovette trattenersi dallo scoppiare a riderle in faccia: non tanto perchè fosse effettivamente divertente, quanto per il fatto che si trattava di una reazione che lei per prima avrebbe associato al tentativo malriuscito della donna di fingersi indifferente al dolore, piuttosto che all'essersi appena riviste dopo così tanto tempo ed in quelle circostanze.

«Ho un'idea.» affermò, ed arcuando le labbra in un sorrisetto si approcciò al mobile della corsia, cominciando ad armeggiare con il contenuto di alcuni armadietti. «È evidente che entrambe abbiamo delle domande da porci. Dunque che ne dici se prima faccio il mio lavoro rimettendoti a posto, e poi cerchiamo di darvi risposta insieme?»

Nel voltarsi, la trovò intenta a studiarsi la punta delle dita di una mano.

«Bhe, mi sembra un piano ragionevole. D'altronde non credo di avere molta scelta.»

Oddio, quelle dita. Caitlin si affrettò a distogliere lo sguardo.

«Bene.» sorrise, forse con un po' troppa enfasi. «Bevi questo.» aggiunse poi, porgendole un bicchiere di liquido biancastro.

«Che roba è?»

«Ossofast. Credimi, ne avrai bisogno.»

Titubante, Laurel fece roteare un paio di volte il contenuto del bicchiere e lo mandò giù in un unico sorso, ma nel realizzare che razza di sapore avesse non potè fare a meno di lasciarsi andare in una smorfia di disgusto.

«Accidenti...» sillabò a denti stretti, ricacciandole in mano il bicchiere vuoto. «Quando questa storia sarà finita, mi devi un drink. Uno di quelli veri.»

La guaritrice sollevò un sopracciglio.

«Ora cerca di stare ferma.»

*
 

L'espressione impensierita di Caitlin aveva lasciato il posto a un lieve sorriso.

Non che quella piccola, piccolissima parte di lei che stava ancora cercando di capirci qualcosa non ne fosse consapevole, che era alquanto prematuro ritenersi sollevata dal saperla in un letto d'ospedale e con un braccio ingessato, piuttosto che là fuori e coinvolta in qualche missione pericolosa, ma semplicemente si accorse di non poterne fare a meno.

«Un giorno mi devi spiegare per quale motivo ti ostini a farlo così.» osservò Laurel, sfiorandosi appena i bordi della fasciatura. «A cosa ti serve la magia se operi come un medico babbano?»

Seduta sul bordo del letto, la guaritrice accavallò le gambe ed appoggiò il mento sul dorso di una mano.

«Non permettere che la medimagia ti faccia perdere l'abitudine di creare un rapporto psicofisico con il tuo paziente.» disse semplicemente. «È forse l'unico consiglio decente che mia madre sia mai stata in grado di darmi.»

«Allora?» esordì poi, dopo aver rimuginato tra sé e sé sul fatto che non era decisamente quello, ciò di cui voleva parlare. «Adesso ti deciderai a dirmi cos'è successo oppure devo tirare a indovinare?»

Facendo aderire la schiena contro il mucchio di cuscini, Laurel si lasciò sfuggire una risata appena accennata, sorridendo con rassegnazione. La veste di cotone che le avevano fatto indossare era fin troppo larga ed il lenzuolo azzurro scuro le solleticava la pelle delle gambe, ma non ci fece caso.

«Un bolide ha pensato bene di congratularsi con me...» cautamente, si mosse alla ricerca di una posizione più comoda. «Per aver vinto la prima partita di Quidditch dopo due anni di inattività.» ci tenette a specificare, come se l'essersi fatta distruggere qualche osso non fosse altro che un effetto collaterale di una grande impresa portata a termine con successo.

Caitlin, aggrottando le sopracciglia, le rivolse un'occhiata confusa. 
«Quidditch? Credevo che lavorassi al Ministero.»

«Ed è così. Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e membro ad-interim del Quartier Generale degli Auror.» ribattè Laurel senza la minima esitazione, in un tono di voce vagamente orgoglioso. «Ma non oggi. Oggi era il giorno della finale del torneo, ed i Grifondoro si sono ritrovati a corto di un giocatore all'ultimo momento.» sospirò poi alzando gli occhi al cielo, e dopo alcuni secondi di riflessione, Caitlin cominciò ad avere tutto più chiaro: Sara Lance, la sorella minore di Laurel, era il capitano delle G&R Legends.

«Oh...»

«Già.» la bionda annuì con aria stanca. «Non potevo lasciare che la mia sorellina perdesse di fronte alla sua squadra, non durante uno dei suoi ultimi tornei. Dunque potrei aver lasciato che mi implorasse in ginocchio per qualche giorno, e poi potrei averle permesso di organizzare il mio trionfale ritorno ad Hogwarts.» la sua espressione si era ammorbidita, dando vita a quel mezzo sorriso che Caitlin non aveva mai potuto fare a meno di trovare così da sorella maggiore.

«Quando mio padre ha visto in che condizioni ero ridotta ha cominciato a dare di matto, ma non ho capito se fosse arrabbiato per quello che mi è successo oppure commosso per l'aver visto giocare me e Sara nella stessa squadra.» aggiunse poi con un mezzo sorriso, e questa volta la guaritrice non potè fare a meno di sorridere.

«È stato un gesto molto carino, da parte tua.» osservò. «Almeno una frattura di secondo grado è valsa la vittoria?»

«Puoi scommetterci forte.» ridacchiò Laurel. «Squadra diversa, stessa abilità da cacciatrice.»

A quelle parole, due sorrisi identici presero vita sui loro volti.

«Ma qualcosa mi dice che anche quelle da Auror non sono da meno. Noi due abbiamo molto di cui parlare.»

«Non vedo l'ora, signorina più giovane Primario che il San Mungo abbia mai avuto.»


 

*

Alcune ore più tardi, quello dei sabato mattina trascorsi sugli spalti del campo di Quidditch - con lo sguardo intento ad alternarsi tra le pagine di un libro e le acrobazie mozzafiato di una cacciatrice dal mantello verde scuro - fu soltanto uno, dei ricordi che tornarono a sfiorare la mente di Caitlin. Laurel, d'altro canto, si guardò bene dal dirlo ad alta voce, ma l'idea dei metodi babbani per porre rimedio alle fratture aveva cominciato a non suonarle poi così tanto malvagia.

«A giudicare dalla tua espressione, deduco che tu non sia arrabbiata?» scherzò, senza notare l'espressione che sul volto della guaritrice cominciò ad oscillare verso lo stupore.

« Lo avevamo deciso insieme. Non ho mai avuto motivo per essere arrabbiata. »

« E adesso? »

« Che intendi dire? »

Là fuori, il rumore della pioggia aveva cominciato ad attenuarsi, ma nel bagliore aranciato delle candele che erano comparse con l'arrivo della sera, il silenzio regnava sovrano.

« Potrei avere motivo di credere che le cose potrebbero tornare come erano un tempo? »

Caitlin, mordendosi il labbro inferiore, tornò a sedersi accanto a lei.

« Sai... » cominciò, fingendo di doverci pensare. « Potrebbe essere stato uno dei peggiori week-end della storia, quello da cui tu mi hai appena risollevato il morale. »

All'improvviso, il tempo che l'aveva tenuta lontana da lei sembrò non essere mai esistito.

«Se ti dicessi che non ho mai smesso di pensarti, prometti di non piantarmi in asso? »

In tutta risposta, Caitlin si sporse in avanti.

Fu un bacio leggero, sussurrato. Sapeva di ricordi felici e sentimenti mai dimenticati.

«Mostrare di avere dei sentimenti non ti ucciderà.» le disse in un eco di malizia. «Non avrai risposta a questa domanda fino a quando non avrai obbedito agli ordini del tuo medico e ti sarai riposata per qualche ora.»

Ma quando le labbra di Laurel le andarono di nuovo in contro, riunire i loro sorrisi in una cosa sola fu probabilmente la decisione più bella che potesse aver mai preso nel corso degli ultimi mesi.

**
 

Tre anni e mezzo prima...

 

«Memorabilia.»

Il candeliere del bagno dei Prefetti, quella sera, era spento, e le tende di lino bianco perfettamente tirate. Frutto della luna piena, alta nel cielo di quella fredda nottata d'autunno, coni di candida luce filtravano nella stanza buia attraverso il vetro dell'armoniosa finestra ad arco, rischiarando la tenue oscurità. L’ambiente sarebbe stato completamente silenzioso, se non fosse stato per lo sporadico sgocciolio di un rubinetto e per i movimenti nell'acqua di una ragazza dall'aria impacciata.

In quel preciso istante, un lieve rumore spezzò il silenzio.

Scoccando un'occhiata verso la porta, Caitlin fece aderire la pelle nuda della schiena contro il bordo della piscina, e solo dopo essersi accorta di essere osservata si decise a distogliere lo sguardo. I passi della nuova arrivata riecheggiarono contro il marmo bianco del pavimento, lenti e acuti.

«Ti davo per dispersa.» ironizzò la giovane Corvonero, attirando a sé una generosa quantità di schiuma. Indossava una specie di bikini blu scuro, ma si vedeva lontano un miglio quali fossero le intenzioni che la ragazza più grande, ora impegnata a scrutare oltre la superficie dell'acqua, aveva in quel momento.

«Wow, ed io che pensavo che te la fossi data a gambe.» le labbra di Laurel Lance si arcuarono in un sorriso beffardo. «Devo ammetterlo. Sono sorpresa.»

Indecisa se provare curiosità oppure rancore, Caitlin le indirizzò un'occhiata di velata sufficenza. Si affrettò a guardare altrove, però, nel momento in cui la bionda – dopo essersi fatta scivolare lungo le spalle il mantello – iniziò dapprima ad allentare il nodo della cravatta, per poi cominciare a sbottonare la camicia.

La sua mente corse per alcuni istanti, recuperando le immagini degli attimi che quel pomeriggio avevano visto loro – ma in particolare lei con la schiena pari al muro – ed una distanza pressocchè inesistente, all'ombra del portico circostante al cortile della scuola. «Stanotte.» Il brusio concitato della folla era ovunque, ma le loro dita intente a cercarsi e la voce vellutata di Laurel furono capaci di dare vita ad un minuscolo universo in cui non sembrava esistere nient'altro. «Non te ne pentirai.»

Ne avevano parlato per giorni, settimane; forse addirittura per mesi. Ed ogni volta, la scena si era chiusa un po' nello stesso modo in cui era cominciata: le loro labbra che si univano, sfiorandosi, trepidanti di quel contatto di cui nessuna delle due si stancava mai, e la domanda che per tanto, forse fin troppo tempo, aveva modellato il volto di Laurel in un'espressione timorosa, titubante: perchè vuoi continuare a nasconderti?

Ma Caitlin, a quella domanda, non aveva mai ricevuto una risposta.

Lo aveva sempre allontanato con violenza, il pensiero di mettere la parola fine a qualcosa che fino ad allora non le aveva permesso di vivere i suoi sentimenti alla luce del sole, ed accontentandosi di avere nella propria vita – per la prima volta dopo tanto tempo – qualcuno che tenesse così tanto a lei, aveva continuato a stringere la sua mano senza mai lasciarla andare. Aveva lasciato che il tempo facesse il suo corso, e che a fare la differenza non fossero necessariamente le parole, bensì i silenzi, i gesti... le piccole cose.

Con il passare del tempo, infatti, le occhiate fugaci nei corridoi, gli incontri clandestini e i baci rubati lontano dagli occhi di tutti se n'erano andati, sostituiti dai sorrisi e dalle passeggiate mano nella mano.

Ed ora eccola lì. La prima notte di un nuovo anno ad Hogwarts.

Lo aveva sentito dire spesso, Caitlin, che il penultimo era sempre stato uno dei più difficili.

Non solo in materia di studio, ma anche dal punto di vista umano e sentimentale: perchè era abbastanza sicura che in quel momento, nella torre più alta del castello, le sue compagne di stanza stessero aspettando sveglie il suo ritorno dalla “ronda”, e che non appena avrebbe varcato la soglia della sala comune avrebbe dovuto prepararsi psicologicamente ad un interrogatorio a base di malizia, risatine, ed una lista di domande che Zari e Felicity avevano di sicuro già suddiviso in “cose da poter riferire a Sara” e “cose che sarebbe meglio non riferire a Sara”.

Quel pensiero, unito al ricordo di come tutta quella storia aveva avuto inizio – di quale senso di sorpresa avesse provato nel scoprire che era proprio la sorella di Sara, quella carismatica ed affascinante strega sempre circondata dalle personalità più di spicco di Hogwarts – le strappò un sorriso appena accennato. Alle sue spalle, nel frattempo, una divisa da Caposcuola aveva appena toccato la superficie marmorea del mobile, afflosciandosi accanto a quella che aveva ancora appuntata sul tessuto nero una spilla da Prefetto.

Una parte di lei, la stessa che appena un anno fa si era vista consegnare quella spilla dal professor Wells in persona, non potè fare a meno di pensare che non avrebbero dovuto essere lì: avrebbero potuto perdere i loro incarichi, o peggio essere espulse. Ma un'altra parte di lei, quella che in quel preciso istante non si stava impegnando a negare il fatto che il cuore avesse appena cominciato a batterle all'impazzata, non volle più avere a che fare con alcun tipo di pensiero. Soprattutto non nel momento in cui la figura sinuosa di Laurel scivolò nell'acqua, proprio accanto a lei, ed il tentare di non arrossire finì per rivelarsi un'impresa impossibile. Non aveva niente addosso.

«Non ti dispiace, vero?»

Abbozzando un sorriso, Caitlin scosse la testa.

In realtà non le sarebbe dispiaciuto, compiere di pari passo con lei ogni singola mossa dedita a raggiungere quella nuova meta del loro rapporto, ma se doveva essere sincera quella nota di imbarazzo che poco prima aveva cominciato a stuzzicarle lo stomaco ci impiegò davvero poco, a non trovare più una ragione di esistere. Perchè ciò che stava vedendo non era altro che la conferma alle domande che per anni, fin dal primo istante in cui si era conosciute, le avevano attanagliato la mente: la timida adolescente vittima della sua prima cotta per una ragazza non esisteva più, e quella scintilla di audacia che stava brillando negli occhi della Caposcuola era forse solo la prima, delle innumerevoli ragioni per cui il desiderio che quella notte non giungesse mai al termine arrivò a farle visita.

Era sul punto di spezzare il silenzio, ma le parole le morirono in bocca non appena Laurel ricomparve davanti a lei, questa volta con i capelli bagnati e le labbra piegate in un sorriso tenue. Caitlin le sfiorò i fianchi, per poi risalire lungo le spalle, fino ad allacciarle le dita dietro alla nuca ed accarezzarle il viso, lasciandosi cullare dalle sue labbra in un bacio che sapeva d'acqua dolce e timido desiderio.

«La tua ultima prima notte.» nascondesi nell'incavo nel suo collo, lasciò che quel pensiero solitario le incrinasse la voce. Non la vide con i propri occhi, ma era certa che in quel momento anche l'espressione di Laurel fosse mitigata da una nota di malinconia.

«Fossi in te non mi preoccuperei.» ostentando sicurezza, la Serpeverde le baciò la spalla. «Non riuscirai a liberarti di me così facilmente, e per di più quando me ne sarò andata ti mancherà soltanto un anno.»

«E fino ad allora?» tenere per sé quella domanda, invece, si rivelò un'impresa troppo grande.

«Fino ad allora non cambierà niente. Io continuerò a puntare la bacchetta alla gola di chi oserà definirti una mezzosangue, tu mi darai una mano a studiare per il M.A.G.O di divinazione...» ridacchiò la bionda contro il suo collo, facendo correre lo sguardo verso un punto indefinito da sopra la sua spalla. «Sarà tutto meraviglioso, come al solito. E a quello che succederà dopo ci penseremo quando sarà il momento.»

«Ma se le cose dovessero cambiare?»

Non si era deciso a lasciarla in pace, quel pensiero; ed una parte di lei aveva cominciato a sospettare che non lo avrebbe mai fatto, non in tempi brevi almeno. Ma quel timore, quella melanconia che le premeva all'altezza del petto, svanì nel momento in cui la sua ragazza tornò a guardarla negli occhi, il viso una maschera di risolutezza. Sciogliendo delicatamente quel contatto, Laurel si spostò al centro della piscina e le tese la mano in un muto invito ad avvicinarsi.

Bagnandosi i capelli, Caitlin si passò una mano sul viso e fece in modo che i loro sguardi non rimanessero separati troppo a lungo, andando a cingerle il collo con le braccia.

«Troveremo una soluzione. Cavolo, se io posso tirare fuori il peggio di te, ho paura che l'averti incontrata abbia portato alla luce il meglio di me. Non sarà un anno di lontananza ad impedirmi di darci un futuro.»

Nel soppesare quelle parole, Caitlin dovette fare ricorso a tutte le proprie forze per far sì che il suo viso non divenisse il territorio di una lacrima fuggiasca. Per la prima volta dopo tanto tempo – da quando suo padre era morto, da quando sua madre aveva deciso di augurarle ogni bene per l'ultima volta - non desiderò altro che non fosse l'affidare sé stessa alla consapevolezza di essere finalmente felice, oltre che alla tentazione di mettere a nudo ogni propria paura. Instintivamente, tornò a nascondere il viso nell'incavo del suo collo, lasciando che il buio fosse testimone delle dita di Laurel intente a sfiorarle dolcemente i capelli, in un assenso privo di voce a far sì che quella notte si fermasse per permettere loro di poterne cogliere ogni singolo istante.

Voleva rimanere sola, in compagnia del silenzio, ancora per un po'.
 

*

 

Il tempo sembrò fermarsi solo pochi minuti più tardi, quando la voce di Laurel tornò a sfiorarle l'udito in un istante lungo quanto l'eternità.

«Sono innamorata di te.»

Le palpebre di Caitlin, che fino a quel momento si erano lasciate accarezzare dal buio mescolato al quieto bagliore della luna, si sollevarono e lei ebbe l'impressione di aver appena sentito il proprio cuore perdere un battito. D'istinto, allontanò leggermente il volto per poterla guardare negli occhi.

«Mi dispiace di averci messo tanto.» le disse, credendo di averlo solo pensato. «Spero che non sia troppo tardi.»

L'espressione della ragazza venne alleggerita per un istante da un lieve sorriso. Lentamente, le sfiorò il viso con entrambe le mani e richiuse gli occhi, unendo le loro labbra nel riassunto di mille parole che non avevano bisogno di essere pronunciate. La strinse a sé con delicatezza, come se avesse paura di infastidirla, osando di più. Laurel la assecondò, ed allontanandosi per permettere ad entrambe di riprendere fiato, riconobbe in quel contatto che tornò subito a formarsi la sensazione di essersi appena persa nel circolo vizioso più bello del mondo. Le sue dita corsero lungo la schiena della Corvonero, vezzeggiando la pelle e raggiungendo la meta non appena il suo tocco garbato fu responsabile del fiocco del reggiseno che si scioglieva.

«Non è troppo tardi.» Nel sentirselo sfilare di dosso, Caitlin fremette tra le sue braccia. Senza nemmeno accorgersene, aveva avvolto le gambe intorno ai fianchi della Serpeverde. «È il momento perfetto.»

La sua pelle andò a fuoco man mano che i movimenti più decisi delle mani della bionda le percorrevano il corpo e i suoi baci le rubavano un gemito dopo l’altro, strappandole via dalla mente ogni dubbio o preoccupazione. Sentirla sospirare a sua volta e riconoscere il piacere tratteggiato sul suo volto stuzzicò ulteriormente l’appagamento di Laurel, spingendola a dirigersi altrove. E come per timore di un cambio di rotta improvviso, come sospesa tra il freddo della pelle bagnata ed un limbo di molteplici emozioni, Caitlin rabbrividì, avvinghiandosi con impeto alle spalle solide della Serpeverde quando quest'ultima la strinse tra le braccia, accompagnandola nei movimenti fino ad adagiarla oltre il bordo della piscina, contro le mattonelle bianche.

Abbandonandosi a lei, si puntellò sui gomiti, osservandola con lascivia mentre le baciava il mento, il collo, i seni.

Ma non potè fare a meno di chiudere gli occhi e reclinare la testa all'indietro, lasciandosi sfuggire sospiri e gemiti sempre più acuti, quando il tocco delle labbra di Laurel si avventurò con una lentezza estenuante verso il basso.

E ancora, e ancora, e ancora.

**

 

Laurel fece vagare lo sguardo dall’uno all’altro volto serio che aveva di fronte, sbattendo un paio di volte le palpebre e riflettendo attentamente.

Un giovane mago con la macchina fotografica appesa al collo se ne stava impalato con le mani dietro la schiena dall'altra parte della scrivania, in maniera analoga al proprio collega che invece, con una nota d'ansia fossilizzata negli occhi, ce la stava mettendo proprio tutta, per far sì che la penna d'oca sospesa a mezz'aria rimanesse attaccata al taccuino, in attesa di nuovi dettagli da annotare. Chiunque, in circostanze normali, avrebbe trovato piuttosto insolito il fatto che un guaritore con un minimo di autorità avesse permesso ad un proprio paziente di tornare al lavoro in quelle condizioni, ma nei corridoi dell' Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia era alquanto risaputo che mettersi a discutere con lei era un po' l'equivalente del mettersi a discutere con il Ministro della Magia in persona, dunque entrambi si guardarono bene dal far uscire dalla propria bocca parole di cui avrebbero potuto pentirsi per il resto delle loro carriere.

Ignara della soggezione che non si era ancora decisa ad abbandonare i volti dei due giornalisti, Laurel continuò a camminare avanti e indietro per qualche altro secondo.

«Con la presente, il capitano Quentin Lance del Quartier Generale degli Auror dichiara che i responsabili degli attentati in Irlanda sono attualmente sotto la custodia del Ministero, e che le porte di Akzaban si apriranno per loro in seguito al processo della settimana prossima.»

Rapido, il giovane si sistemò gli occhiali sulla punta del naso e fulminò con lo sguardo la piuma azzurrina e quella ripese a scrivere senza perdersi nemmeno una parola. Quando poi sia lui che il giovanotto con la macchina fotografica tornarono a rivolgerle un'occhiata velata di bramosia, Laurel arricciò le labbra in un sorriso tagliente.

«È tutto. Dite pure a Zolomon che se farà comparire il mio nome, gli farò rimpiangere di non aver mai preso parte a un corso di Occlumanzia. »

E senza dire altro, i due giornalisti si congedarono con un lieve inchino, andandosene senza avere la minima idea che fosse proprio una guaritrice priva di autorità, quella che fino a quel momento aveva osservato la scena appoggiata allo stipite della porta.

«Dinah Laurel Lance.» Caitlin, però, non era affatto priva di autorità: era semplicemente una delle poche persone al mondo ad aver capito che quando l'assitente del Ministro Waller si metteva in testa qualcosa, niente e nessuno poteva sperare di farle cambiare idea. «Che cerca sempre di salvare il mondo.»

Sollevando gli occhi dalle scartoffie di cui era appena tornata ad occuparsi, Laurel si accorse della sua presenza accompagnando un'alzata di occhi al cielo con un'espressione fintamente seccata.

«Sì, bhe... sarà meglio per te che tu non sia qui in via ufficiale. Non ho bisogno di un'infermiera.»

«Forse no, ma stavo pensando a qualcosa che potrebbe permettermi di essere il tuo medico e allo stesso tempo... bhe, chiunque tu voglia.» facendo vagare lo sguardo in giro, Caitlin sorrise appena, muovendo qualche passo dalla soglia della stanza ed infilandosi le mani nelle tasche del cappotto.

A quelle parole, la Auror si decise a lasciar perdere le scartoffie e si appoggiò allo schienale della sedia, il braccio ingessato in grembo e la testa inclinata nell'espressione tipica di qualcuno che era decisamente in vena. «Sarebbe a dire?»

«Sarebbe a dire che se ti va, potremmo continuare la nostra conversazione da dove l'avevamo lasciata. Che ne pensi di un caffè?»

Laurel la fissò ancora a lungo, prima di lasciarsi sfuggire una risata appena accennata ed arcuare le labbra a formare un sorriso storto: in tutta risposta, indicò con un cenno del capo il proprio lato della scrivania.

Caitlin, capendo al volo a che cosa si riferisse, si avvicinò, e non appena la donna le diede le spalle si affrettò a recuperare l'impermeabile dallo schienale della sedia, rigirandoselo tra le mani per aiutarla ad infilarlo senza dover fare ricorso al braccio offeso dalla fasciatura. Le sistemò i capelli oltre il bordo del colletto, eliminando una piega di stoffa con il dorso della mano, e Laurel, avvertendo il suo sorriso, ghignò maliziosa.

«Caitlin Snow. Mi stai forse chiedendo un appuntamento?»

*

 

Si diceva spesso che le costanti, quelle che entrano a far parte delle nostre vite quando meno ce lo aspettiamo, non fossero altro che la conseguenza di una serie decisioni dettate dal cuore. Alcune di loro arrivavano per restare, altre non facevano mai ritorno da dove era venute; altre ancora entravano a far parte di qualcosa di più grande per poi andarsene senza mai guardare indietro.

Erano passati più di due anni, dalla notte in cui Caitlin Snow aveva udito le parole "ti amo" associandole alla voce di Laurel Lance.

L'estate dell'inverno a cui non avrebbe mai potuto smettere di associare quel ricordo era arrivata troppo in fretta, e le paure che per mesi non avevano smesso di tormentare la parte più insicura di lei erano diventate realtà.  La decisione che fossero il tempo e l'ignoto, a decidere quali parole avrebbero riempito le pagine del loro futuro, era una tempesta di neve che aveva imperversato nel suo cuore fin per troppo tempo.

Ma in quel freddo pomeriggio di maggio, anche quando la pioggia era tornata a ghermire il vetro della finestra dietro al quale era seduta, Caitlin Snow aveva trovato il sole.

Il sole che sorge a primavera e che scioglie la neve.


Nella penombra di un pub della Londra babbana, con il calore di una tazza di caffè contro i polpastrelli ed un senso di felicità intento ad attorcigliarle lo stomaco, era felice.

Perchè era lì con lei, la cosa migliore che fosse mai stata sua, dimentica che là fuori il resto del mondo non aveva smesso di esistere.
Il sorriso luminoso di Laurel era la cosa più bella che lei avesse mai visto.

Laurel sorrideva così solo per lei.

 
  
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