Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |       
Autore: Wild_soul    08/08/2019    0 recensioni
Cosa conosci tu della mia vita, se non quello che io, di mia spontanea volontà, ho voluto rendere pubblico? Cosa mi impedisce di celare lati del mio carattere? Assolutamente nulla, quindi non avere il coraggio di affermare chi io sia, perché nessuno è in grado di comprendere qualcuno. Dalle volte siamo noi stessi a scoprire sfaccettature del nostro carattere che mai avremmo immaginato di possedere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Caleb/Akio, Jude/Yuuto, Kageyama Reiji, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ray Dark, il più famoso esponente scienziato di Londra, uomo con una reputazione davvero invidiabile, aveva insegnato per alcuni anni anatomia umana in una delle università più prestigiose del Regno Unito, dando prova della sua incredibile conoscenza in materia.
“Un genio” veniva molto spesso volgarmente etichettato. Ma c’era un lato nascosto che, come dire, lasciava molti restii dal voler intrattenere conversazioni con il professore, ossia il suo, quasi malato, desiderio di diventare celebre per i suoi esperimenti. Si vociferava, infatti, che Dark avesse lasciato una cattedra sicura all’università per potersi dedicare completamente ai suoi studi.

Ma i suoi non erano studi comuni.

Molto spesso accadeva che si rintanasse nel suo laboratorio per ore, o anche giorni, e non lo si vedesse a lungo in circolazione.

“Un topo di biblioteca” questo era il secondo soprannome che si era guadagnato, divenuto ormai famoso per le sue improvvise fughe dalla vita sociale londinese.
In particolar modo, negli ultimi mesi, i suoi studi si erano intensificati, così come i suoi progetti malati. Esatto, perché c’era una convinzione che accompagnava il professore in tutte le sue giornate, una sorta di vero e proprio credo.
I suoi ideali, infatti, erano basati sul principio secondo cui ogni essere umano fosse scisso a sua volta in due gemelli polari, due metà del Visconte Dimezzato, luce e ombra, giorno e notte, buono e cattivo, Bene e Male.
Lo scopo dei suoi esperimenti era proprio questo, ossia rendere manifesta la parte negativa, generalmente nascosta nei meandri più profondi della mente e dell’anima. Per mesi aveva fatto esperimenti senza sosta, tanto che ormai il suo laboratorio sembrava essere stato il campo minato di una guerra appena terminata.
Ora era lì, di fronte al suo bancone, unica superficie perfettamente pulita e disinfettata, osservando in silenzio il frutto del suo lavoro. Teneva delicatamente tra le mani una piccola ampolla di vetro, con al suo interno un liquido di un meraviglioso rosso rubino, colore che, in futuro, avrebbe scoperto odiare ed amare con tutto se stesso. Agitava lievemente la boccetta ed analizzava controluce il contenuto per controllare che non ci fosse nulla di anomalo, anche se, in realtà, niente poteva essere definito come normale.
Di tanto in tanto appoggiava l’ampolla sul piedistallo e prendeva in mano la penna, annotando su dei fogli sparsi alcuni appunti, mormorando a fior di labbra alcuni calcoli e proporzioni che solo lui sarebbe riuscito a risolvere.
Il momento era giunto, tutto era pronto, i calcoli rientravano nei parametri, non restava che testare il liquido per terminare il suo lunghissimo lavoro.
Con mano tremante, il professore allungò il braccio verso la boccetta e, con un unico sorso, ne bevve in contenuto fino all’ultima goccia vermiglia. Avvertì il liquido amaro scorrere giù per la gola ed a stento superò un conato di vomito, appoggiando le mani agli spigoli del balcone dondolandosi in avanti, ricurvando la schiena.
Sentiva distintamente il sangue pulsargli ad un ritmo disumano sui polsi e nelle orecchie, aveva paura di aver sbagliato qualcosa che ormai si stava rivelando essere irrimediabile. Eppure aveva ricontrollato più volte i suoi appunti, non sarebbe mai stato così scellerato da usare se stesso come cavia senza prima aver preso le dovute precauzioni.
La gola bruciava da impazzire, e più volte si portò le mani all’altezza della bocca in un vano tentativo di rigurgitare il liquido. Cadde a terra in ginocchio, in preda a continui colpi di tosse che gli raschiarono ancora più la gola, e di certo non si sarebbe meravigliato se da un momento all’altro avesse avvertito il sapore metallico del sangue in bocca.

Fu questione di un secondo, e tutti quei sintomi che stavano diventando insopportabili, scomparvero. La gola iniziò mano a mano a smettere di bruciare, mentre il cuore rallentava i suoi battiti, tornando a normale velocità.
Con le gambe tremanti, tornò nuovamente in piedi, appoggiandosi di peso al bancone e portandosi la mano all’altezza del petto, ancora sotto shock. Ma fu proprio in quel momento che, osservando il suo palmo, trasalì.
Rimase per alcuni secondi quasi paralizzato di fronte alla scena, studiando il suo stesso arto, incapace di proferire parola. Quella non era la sua mano, appartenente ad un uomo ormai più che quarantenne, su cui erano iniziare a distinguersi le prime rughe. La osservò a lungo, contemplandone la bellezza; quella era diversa, liscia, morbida e, di sicuro, appartenente a un ragazzo più giovane.
Come destato da un sogno, sentì la sua schiena irrigidirsi e, di colpo, corse verso il primo specchio che gli si parò davanti, ossia quello che si trovava all’interno dell’anta di un mobile su cui erano sistemate, in ordine casuale, diverse boccettine.
Due diamanti, rossi come il fuoco, sembrarono quasi perforare la superficie fredda e cristallina, facendo sobbalzare per la seconda volta il professore. Dark avvicinò lentamente la mano, nuovamente tremante, allo specchio, contemplando incredulo l’immagine che esso riportava.
Due occhi rossi, due diamanti, due fuochi ardenti, così brillanti che erano in grado di sprigionare vitalità semplicemente osservandoli, erano posti in perfetta simmetria sul viso di un ragazzo che non poteva avere più di vent’anni, seguiti a loro volta da un naso delicato ed una piccola bocca, dalle labbra sottili.
Dark rimase a studiare il corpo di fronte al suo con un’incredibile attenzione, quasi fosse un esperimento di laboratorio, ma solo dopo alcuni minuti realizzò chi veramente stesse osservando. Se stesso.
Quel viso delicato, quelle mani di velluto, quel corpo così elegante, non erano nient’altro che il suo riflesso allo specchio del laboratorio. Come era stato possibile?
Ad un tratto, una forte ed inspiegabile fitta al cuore lo fece vacillare nuovamente, costringendolo a fare un paio di passi indietro per appoggiare la schiena alla parete. I suoi occhi guizzarono velocemente prima sul suo riflesso e poi verso il balcone del laboratorio, distante da lui non più di pochi passi.
Sentiva una stranissima sensazione, come se avesse bisogno di qualcosa, come se rimanere segregato in quello spazio chiuso lo stesse facendo impazzire.
Velocemente, correndo sulle sue nuove gambe da ventenne, prese le chiavi appoggiate su un mobiletto davanti alla porta ed uscì in tutta fretta. Solo quando l'ebbe rinchiusa dietro di sé, fu in grado di tornare nuovamente a respirare, libero finalmente da quelle pareti bianche e opprimenti.
Vita” mormorò dentro di sé la voce di un ragazzo, ma la cosa che ancora più stupì il professore fu che in realtà lui non avesse minimamente aperto bocca.
Rimase per alcuni secondi con lo sguardo ancora fisso sul marciapiede, il cuore immobile per lo spavento, e le braccia irrigidite lungo i fianchi. D’improvviso, scosse la testa. Impossibile, assolutamente impossibile che avesse davvero sentito una voce, era matematicamente impossibile. Sicuramente si era lasciato semplicemente suggestionare dalla situazione a dir poco paradossale…o forse no?
Prese a camminare lungo le strade londinesi, sguardo basso e mani nelle tasche del giubbotto in pelle di camoscio, che aveva fatto appena in tempo ad afferrare prima di uscire definitivamente dal laboratorio. Avvertiva distintamente i vari benefici donati dall’esperimento, l’eleganza con cui le sue gambe si muovevano, schivando con passo aggraziato le pozzanghere che qui e là costellavano la monotona periferia.
Eppure, sentiva qualcosa che non andava, come se quell’incredibile serenità stesse anticipando qualcosa di più losco. Una strana sensazione continuava a tartassarlo, come se una parte di sé si meravigliasse, come se stesse attraversando per la prima volta quelle strade. Che osservazione sciocca…o forse no?
Fu proprio mentre passeggiava per King’s Cross Road che la sua attenzione venne catturata da un gruppo di ragazzi che costeggiava la strada dal lato opposto. Avevano un’aria particolarmente allegra e, a giudicare dalla loro instabilità nel camminare, avevano bevuto decisamente un bicchiere di troppo. Alzando lo sguardo, il professore venne catturato da un’insegna in ferro battuto e finemente colorata in pigmento oro
“The Queen’s Head Pub” lesse dentro di sé
. Dark non era mai stato il tipo di persona che amava l’alcool, anzi, era piuttosto fermo nella sua convinzione secondo cui meno lo si beveva meglio era, tuttavia, non seppe per quale motivo, ma una strana forza dentro di sé lo spinse ad entrare nel locale. Subito venne invaso dall’inebriante profumo di legno e, con passo incerto, si diresse verso uno sgabello proprio sotto al balcone, anch’esso finemente lavorato in legno e con le venature in evidenza.
Si stava ancora domandando quale dannato motivo lo avesse spinto ad entrare, quando, senza alcun preavviso, si ritrovò ad ordinare all’uomo dietro al bancone una St. Peter’s.
Per quale motivo si stava comportando in quel modo? Perché non riusciva a controllare quegli strani capricci di cui non aveva mai sentito la necessità?
Non appena gli venne posto il boccale stracolmo di birra, il professore rimase alcuni secondi confuso ad osservare in silenzio il biondo contenuto all’interno, ma solo dopo quando ebbe incrociato lo sguardo piuttosto scettico dell’uomo dietro al bancone, che si decise a berne qualche sorso. Avvertì il liquido scendere fresco nella gola, ed un brivido freddo misto a pura euforia gli scosse la schiena.
Perché lo stava facendo?
Come ridestatosi da un sogno, scosse la testa un paio di volte, prima di appoggiare nuovamente il boccale sul bancone e facendo per alzarsi dallo sgabello. Ne aveva abbastanza di quella situazione paradossale. Fece scivolare una gamba, fino a toccare terra, ma la sinistra rimase al suo posto, come se non ne volesse sapere di scendere.
Ma che diavolo...?
Tentò un altro paio di volte, ma l’arto sembrava come ancorato allo sgabello.
Siediti” sentì riecheggiare nella stanza una voce tagliente. Istintivamente, si voltò prima da un lato e poi da un altro, cercando con lo sguardo chi gli avesse rivolto la parola, ma non trovò nessuno. Inconsapevolmente, si ritrovò ad ascoltare quelle parole, tantoché, in pochi secondi si risedette con entrambe le gambe sullo sgabello. Sempre più pallido, tornò ad osservare il liquido all’interno del boccale
Bevi” si portò nuovamente il liquido alle labbra un altro paio di volte, completamente sopraffatto da quella situazione. Non era riuscito ad individuare chi gli stesse parlando, ma era certo di una cosa: il suo tono non ammetteva repliche.
Con gambe tremanti tentò per la seconda volta a scendere dallo sgabello, ma, per sua fortuna, non trovò nessuna voce ad impedirglielo, ed egli ne approfittò per pagare il conto ed uscire.
 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Wild_soul