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Autore: futacookies    08/08/2019    2 recensioni
{ soukoku • one shot }
La notte della fuga di Dazai dalla Port Mafia, quest'ultimo non riesce a lasciare il suo partner a cuor leggero.
L’appartamento di Chuuya distava dal suo soltanto tre metri.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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3 metri
 


 
L’appartamento di Chuuya distava dal suo soltanto tre metri – era l’unica cosa a cui riusciva a pensare, mentre, entrando nel suo ingresso, ne visualizzava nitidamente la porta chiusa.

(“Per rafforzare lo spirito di squadra”. Era stata un’idea di Mori, quella di farli vivere vicino, in un palazzo abbandonato. Lui non l’aveva mai capita né condivisa, ma l’aveva accettata perché all’epoca l’altro lo incuriosiva abbastanza da renderlo tollerabile; poi avevano iniziato a trascorrere troppo tempo insieme, per due che dichiaravano apertamente di non sopportarsi – ma le labbra di Chuuya erano morbide e quando le mordeva faceva sempre quei versi adorabili, a metà tra lo scandalizzato e l’omicida.)

Avrebbe dovuto soltanto andarsene.

Invece restò immobile per qualche minuto, la testa vuota e pesante, la sensazione di panico che lo assaliva perché c’erano troppe cose da fare e non abbastanza tempo – in realtà doveva solo uscire, così come era entrato, e allontanarsi in fretta pregando nel favore della notte.

Non ci riuscì.

Si riprese quando il sangue ormai secco sulle mani e le bende cominciò a dargli fastidio – il sangue, giusto. Il sangue di Odasaku. Il sangue del suo unico amico, a cui aveva promesso che avrebbe voltato le spalle alla Port Mafia. Il sangue, doveva lavare via il sangue.

Sarebbe stato molto più facile aggrapparsi al campanello di Chuuya e lasciare che fosse lui a ripulirlo – in fondo, l’aveva già fatto decine di volte. Sarebbe stato molto più facile supplicarlo di venire con lui, anche se non sapeva dove – ma non gli aveva mai chiesto nulla, non aveva mai chiesto nulla a nessuno se non a Odasaku e a Mori per il bene di Odasaku. Non aveva mai nemmeno supplicato. Non avrebbe saputo da dove iniziare.

Il cappotto di Mori gli scivolò dalle spalle e atterrò silenziosamente mentre si muoveva verso il bagno. Avrebbe dovuto bruciarlo. Avrebbe dovuto dare fuoco all’appartamento – all’intero palazzo. Avrebbe dovuto cancellare tutto ciò che lo collega alla mafia – cancellare Chuuya. Il solo pensiero fu un pugno alla bocca dello stomaco.

Mentre guardava le ultime gocce di sangue scivolare sul lavandino, mormorò malinconicamente il suo addio a Odasaku. Forse sarebbe dovuto restare con lui per assicurarsi che nessuno toccasse il suo cadavere mentre diventava freddo. Forse avrebbe dovuto seppellirlo con le proprie mani, piuttosto che sperare che se ne occupasse qualcun altro.

La benzina, sì, la benzina doveva essere nascosta da qualche parte, forse in cucina, forse sul retro – l’ultima volta gli sembrava che l’avesse nascosta Chuuya per evitare che in un impulso suicida coinvolgesse anche la sua preziosa abitazione. Ecco, era sul terrazzo, dietro un mucchio di piante secche che non si era mai dato la pena di annaffiare.

Ne buttò in ogni stanza quanto bastava per assicurargli che fosse tutto distrutto prima dell’alba. I fiammiferi del Lupin si rivelarono più utili di quanto non si fosse aspettato.

(Aveva preso la scatoletta quasi per scherzo, l’ultima sera che avevano aspettato Ango. Aveva risposto all’occhiata interrogativa di Odasaku spiegandogli che sarebbe stata molto più comoda da tenere in tasca rispetto ad una fotografia di quelle dimensioni – la fotografia, giusto, dovrebbe salvare almeno quella. La nasconde nell’unico libro che ha intenzione di portarsi nella sua nuova vita.)

Il cappotto bruciò in un attimo e la puzza salì alle narici così in fretta che si precipitò alla porta – ci sarebbero voluto pochi minuti prima che l’incendio si propagasse.  Avrebbe sempre potuto percorrere quei benedetti tre metri e chiedere a Chuuya di seguirlo – era il suo partner, non ci sarebbe stato nulla di male. A conti fatti, era anche l’unica persona che gli rimaneva.

I primi passi furono i più sicuri che mosse - Chuuya sarebbe andato con lui perché credeva che fosse troppo stupido e assolutamente incapace di proteggersi da solo.

Passato il primo metro, aveva il fiatone come se avesse corso una maratona – Chuuya gli avrebbe detto che era ammattito e che solo un idiota come lui poteva sperare di fuggire illeso alla Port Mafia.

L’ultimo metro lo compì come un condannato al patibolo – non solo Chuuya non sarebbe venuto, ma lo avrebbe tradito, consegnandolo a Mori.

Il braccio che aveva inconsciamente alzato per bussare ricadde pesantemente al suo fianco: se voleva almeno una possibilità di riuscita, non poteva fidarsi di nessuno. Chuuya era soddisfatto della Port Mafia e Mori avrebbe anche potuto concedergli il posto da dirigente che lui aveva appena liberato; non avrebbe alcun motivo di rinunciare al suo stile di vita lussuoso, alle sue auto da corsa e al suo vino pregiato per abbracciare l’assoluta incertezza che gli offrirebbe in cambio.

(Per un istante aveva voluto sperare di essere un motivo abbastanza valido affinché abbandonasse tutto, ma il terrore che le cose non stessero così gli impedì di portare oltre la questione – non scoprì mai perciò che se solo gli avesse detto qualcosa, qualsiasi cosa, Chuuya non avrebbe esitato a seguirlo perché essere il suo partner gli piaceva molto di più di quanto non sarebbe mai stato disposto ad ammettere.)

L’idea della bomba arrivò sul momento, mentre scendeva di corsa l’ultima rampa di scale e le imprecazioni di Chuuya, resosi conto dell’incendio, cominciarono a raggiungerlo: uno scherzo innocuo, si disse, sfruttando munizioni che Mori aveva precedentemente inviato per un’imminente missione – nulla che riuscisse a ferirlo, soltanto una cartolina d’addio che in un lontano futuro avrebbe potuto vantarsi di avergli inviato. E poi, non gli era mai piaciuta quella macchina.

Osservando il fuoco che ingoiava tutta la zona superiore del palazzo non poté non pensare che non ci fosse davvero bisogno di far bruciare anche i tre metri che li separavano.

Li aveva già distrutti lui.



 
  
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