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Autore: FreddyOllow    08/08/2019    0 recensioni
Il cielo casca sul mondo ignaro dell'imminente distruzione. La musica del silenzio prepara l'ascesa al caos. Case, strade, città, tutto viene distrutto, bruciato dalle fiamme, disintegrato dalle bombe. L'odio affligge i sopravvissuti e la speranza rincuora i forti. Il cielo dipinge colori tetri, anneriti dal dolore e dal canto di mille tuoni. La terra muore, lacerata dall'uomo avido, corrotto. Sorge una nuova Era, come un alba splendida tra le fessure del male...
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E tu, mortale? Chi seiii?" La voce dell'essere fece eco, schiantandosi sulle pareti.
"Io..." Balbettò Nathan. Le sue gambe stavano quasi per cedere.
"Sei entrato nella mia casaaa..."
"Io non..."
"Volevi?!" Tuonò la voce dell'essere. Le pareti tremarono e dal soffitto cadde della polvere.

"Nathan!" Gridò Eva, spaventata. "Sei stato tu?"
"Certo che è stato lui." Rispose Julien "C'è solo lui là dentro."

"Tu non puoiii..." Sibilò la voce.
"Per favore, io... Non sapevo che..."
"Non sei il primooo..." Il suono della voce ruotò attorno a Nathan. "Ma chi sei... tuuu?"
"Sono Nathan." Deglutì, terrorizzato. "E' tu?"
"Io ero qualcuno un tempooo..." Una sagoma nera si staccò dalla penombra delle pareti, proprio dietro le spalle di Nathan. Il suo corpo tremava come un interferenza radio. Si avvicinò all'uomo, fermandosi una volta vicino. "Ero un uomooo... Un contadinooo... Un maritooo... Un padreee..."
Nathan percepì qualcosa alle spalle, e lentamente si voltò. Quando lo vide, rimase pietrificato. La faccia della sagoma, era un dito dalla suo viso. L'oscurità del suo volto, un buco nero che risucchiava ogni granello di luce. Nathan sentiva le gambe cedere, ma resistette. Voleva fuggire, allontanarsi da quel posto, ma rimase lì. Aveva paura che l'essere l'avrebbe ucciso ancor prima di aver mosso un piede.
"La mia porta è chiusaaa..." Sussurrò l'essere. "Doveee... Seiii... Entratooo..?" Sibilò.
"D-Dal tetto." Nathan istintivamente indicò il tetto con il dito. Poi lo ritrasse subito, per paura che glielo staccasse.
"La mia porta è chiusaaa..." Ripeté di nuovo l'essere. "Sono passati anniii... Moltissimi anniii... Ho perso tuttooo... Il mio unico figlio divorato dalle radiazioniii... Ho visto le sue carni divorate dai corviii..." La sua voce diventò quasi un tuono. "Voiii... Voiii e le vostre armiii... Avete distrutto tuttooo..."
"M-ma io non ho fatto nulla." Disse Nathan intimidito.
"Siamo tutti partecepiii..." Sibilò la voce, penetrando il cervello di Nathan. "Non ho potuto aiutare mio figliooo... Erooo... Mortooo... Intrappolato qui dentrooo... Per sempreee..." L'ultima frase rimbalzò sui muri del granaio. "Ho soffertooo... Veduto la morte di mio figlio e mia moglieee... Lei era sopravvissutaaa... Ha resistito alle radiazioniii... Ma i vermi la inghiottironooo..." La voce tuonò nel granaio, pezzi di intonaco del tetto caddero sul pavimento. " Poi la sagoma s'ingigantì. Le pareti diventarono nere. Nathan si vide come inghiottito da un'oscurità impenetrabile. Il cuore gli batté impazzito, le mani tremavano. Pensò che fosse morto, che il vuoto l'avesse reclamato. Poi sentì qualcosa. Una voce femminile. Prima debole, poi forte. Era Eva che lo chiamava. L'oscurità arretrò, mentre il mondo lentamente riappariva. Lottavano silenziosamente luce e oscurità, lottavano per averlo. Poi, i tentacoli oscuri svanirono, lasciando visibile la sagoma nera di nuovo di fronte a lui. Nathan sentiva il suo sguardo addosso, anche se non aveva occhi. Poi l'essere arretrò lentamente, finché svani nell'ombra dei muri. Nathan tirò un sospiro di sollievo. Si voltò verso la porta d'entrata sbarrata delle assi. Poi sentì qualcosa alle spalle. Una flebile ventata gelida sulla nuca. Fu scaraventato contro le assi, che si ruppero, e volò fuori dal granaio. Eva e Julien lo seguirono con gli occhi. Finì per terra. Le assi si sbriciolarono come carbone al vento, mentre il granaio crollò su sé stesso. Eva e Julien corsero giù dall'avvallamento, spaventate. La polvere delle macerie si espanse tutt'attorno, levandosi poco dopo in cielo. 

Eva si precipitò da Nathan, alzandogli la testa: "Tutto bene? Stai bene? Rispondimi!"

Nathan aprì lentamente gli occhi. Il mondo sgranato, circondato da una nube di polvere. Vide il viso di Eva, prima sdoppiata e poi normale. Non riusciva a mettere a fuoco. Sbatté più volte le palpebre. Poi vide Julien guardarsi attorno, avvolta dalla nube di polvere. Tossì. Tutti tossirono per la polvere che filtrava nei polmoni. Eva cercò di far alzare Nathan, ma cascò su di lui. La nube lentamente si dissolse. Il cielo plumbeo comparve sulle loro teste, e del granaio rimase solo un cumulo di pietre. Nahan si mise seduto e tossì, mentre Eva gli sorrise. Julien lo scrutò con gli occhi ridotti a due fessure. Poi Nathan voltò la testa. Vide qualcosa, o pensò di averla vista. Un bambino con una maglietta bianca e un orso come logo, in piedi sui detriti del granaio. Lo fissava con quei penetranti occhi bianchi. Poi lentamente scomparve, reclamato dal vento.

"Cosa stai guardando?" Chiese Julien, guardando la direzione in cui guardava Nathan.
"Ho visto un bambino." Rispose Nathan, incredulo.
"Un bambino?" Aggiunse Eva. "Io non ho visto niente."
Julien rimase per un momento in silenzio, poi disse: "Cosa è successo nel granaio?"
"Un essere... Ho parlato con lui... Era completamente nero..." Nathan era molto confuso.
Julien aggrottò la fronte, ma non disse nulla.
"Poi sono s-stato come inghiottito d-dall'oscurità... Pensavo d-di... Pensavo di essere m-morto..." Nathan faticava ad articolare le parole. Ogni parte del suo corpo tremava "La sagoma è... scomparsa n-nell'ombra delle pareti. M-mi son voltate ed ho..." Nathan si fermò di colpo.
"Ed ho?" Chiese Julien, non capendo cosa Nathan stesse farfugliando.
"...Ho sentito un vento gelido dietro il collo e... Sono stato sradicato contro le assi..."
Julien si voltò di scatto verso il cumulo di macerie. Non vide nessuno. 

Eva vide qualcosa dalle rovine della casa. Ombre emersero dal pavimento, ammassandosi a centinaia. Volti assenti, e uniformi con la loro sagoma nera. Solo l'altezza li differenziava. Immobili e silenti, li fissavano. Eva li indico a Nathan e Julien con il dito. Tutti rimasero impietriti. Le ombre si mossero in avanti, come un fiume in piena. I piedi sospesi a dieci centimetri dal suolo. Sembravano volare immobili come figure statiche. Nathan si alzò togliendosi di dosso la polvere dai pantaloni e dalla felpa. Terrorizzate, Eva e Julien guardarono l'esercito di ombre venirli incontro. I Tre corsero giù dalla piccola collina, mentre le ombre si fermarono silenti sulla sua sommità. Li osservavano allontanarsi, pur non avendo occhi per vedere. Il silenzio fu interrotto dal terriccio che veniva calpestato durante la loro fuga. Quando il gruppo si fu allontanato abbastanza, si voltarono indietro a guardare. Una folata di vento cancellò le ombre dalle colline. Confusi, i tre si guardarono tra loro.

"Cos'erano?" Julien era senza fiato, il sudore che gli colava dalla fronte.
"Erano..." Nathan fece un grosso respiro. "Erano come l'essere che ho visto nel granaio!"
"Perché ci stavano inseguendo?" Chiese Eva, sedendosi a terra.
"Non ci stavano inseguendo." Rispose Nathan. "Ci stavano cacciando via."
"Lo penso anch'io." Concordò Julien.
"Ma... Ma siamo rimasti in quella casa durante la tempesta di pioggia acida." Disse perplessa Eva. "Dovevano uscire allora, non dopo."
"Non so proprio cosa pensare." Rispose Nathan.
"Allontaniamoci da questo posto." Disse Julien. "Potrebbero ritornare."

I tre s'incamminarono lungo il fiume asciutto, gettando un occhiata alle spalle di tanto in tanto. Il paesaggio seppur tetro e desolante, lentamente tornava a migliorare. Qua e la spuntavano alberi, arbusti e erba alta dai colori scuri, tendenti al nero. La terra diventava più morbida, e sporadiche rocce puntellavano il territorio. Non mancava molto alla Comunità di Patrick. 

Salirono una ripida collinetta, proseguendo per altri duecento metri, poi scesero giù. In lontananza, quasi nascosta dalle nere fronde degli alberi, la comunità di Patrick si ergeva su una pianura, affiancata da una montagna che proseguiva verso Est. Si fermarono. Eva drizzò gli occhi quando la vide, e sorrise. Nathan se ne accorse, ma non disse nulla. Julien, dallo sguardo impassibile, continuò a scendere. La seguirono, e poco dopo raggiunsero insieme la strada asfaltata percorsa da innumerevoli crepe e buche. Durante il tragitto, Nathan e Eva si scambiarono fugaci occhiate, mentre Julien camminava poco più avanti. L'aria diventava meno opprimente. La puzza di carbone lasciò spazio a un odore misto di terra e fiori. L'unico fiore che cresceva in questa zona era la belladonna, ma lievemente mutata nei suoi petali neri e violacei. Man mano che camminavano, l'erba alta invadeva la strada asfaltata e gli alberi, un tempo grosse querce, lanciavano i loro artigli al cielo. Rami in grado di recidere la pelle come un rasoio. 

La comunità di Patrick li usava come armi. Modificavano la parte inferiore come impugnatura dell'arma, sostituendole con parti metalliche o semplicemente bruciando quella parte. I rami di questi spettrali querce erano molto resistenti come vere lame d'acciaio. Ci costruivano persino dei micidiali giavellotti, lance e punte di frecce. Solo il fabbro della comunità di Patrick sapeva come costruire queste armi, e nessun'altro era in grado di farlo. Ma questo armamento veniva usato solo come ultima spiaggia in caso le armi convenzionali s'inceppassero. La comunità di Patrick spiccava per il vario armamento di cui disponevano; Mitra, mitragliette, pistole, fucili d'assalto, granate e lanciamissili. Ma nessuno sapeva dell'esistenza di questo arsenale di guerra. Patrick era molto bravo a nascondere le cose.

Da lontano s'intravedeva la cinta muraria di pietra che formava un cerchio attorno alla comunità. Sui camminamenti, c'erano due guardie armate per ogni sezione di muro. La porta maestra, alta più delle mura e rinforzata con ferro e varie parti metalliche, era quasi impossibile da abbattere se non con armi molto potenti. I tre seguirono la strada che svoltava a sinistra. Un posto di blocco della comunità di Patrick, impediva loro di proseguire.

Una guardia uscì da una specie di gabbiotto di cemento mezzo crollato, puntando il fucile d'assalto verso di loro. "STOP! Non fate un altro passo." La guardia, barba incolta e lungi capelli neri, si avvicinò a loro. Indossava una tuta militare vecchia chissà quanto e sporca di terra, sotto a degli stivali neri non in perfette condizioni. Da sotto un avvallamento ai lati della strada, strisciarono fuori altre quattro guardie armate di Fucili d'assalto e Mitragliette. Si avvicinarono e attesero i comandi della guardia del gabbiotto.

Eva e Nathan alzarono le mani, mentre Julien, sguardo serio, disse. "Sono Julien. Ho bisogno di vedere Patrick."

La guardia incerto, la scrutò da capo a piede. Poi abbassò l'arma. "Sì, ora mi ricordo di te. Julien." Annuì "E' tu devi essere Nathan." Lo indicò con la punta dell'arma. Le quattro guardie abbassarono le armi.
"Sì, sono io." Disse Nathan, abbassando le mani, seguita da Eva.
"Da quando accogliete la gente con le armi spianate?" Chiese Julien insospettita.
"Da quando Patrick è sparito." Rispose la guardia. "Non abbiamo sue notizie da quando si è recato da voi con Hellis e Cassandra, ed altri uomini che..."
"Se non sono qui, dove sono?" Interruppe Eva preoccupata.
"Quindi non sono morti?" Rispose la guardia aggrottando le sopracciglia.
"Erano diretti qui." Disse Julien. "Se non sono arrivati, allora è successo qualcosa." 
Confusa, la guardia scambiò rapide occhiate con i quattro uomini armati. "Pensavamo fossero morti. Lasciare la comunità di notte è molto pericoloso. Noi l'avevamo avvisati, anzi, Elvira li aveva avvisati."
"Elvira?" Sottolineò Julien. "Chi sarebbe?"
"Il nostro nuovo comandante." Rispose la guardia. 
"Scusate se vi interrompo." Aggiunse Nathan con un sorriso. "Non è meglio parlare dentro le mura. Si sta facendo notte, e non..."
"Si hai ragione." Lo interruppe la guardia. "Potete passare. Noi resteremo qui fino a nuovi ordini. Parlate con Elvira, ma credo che sappia già della vostra presenza." Voltando le spalle, tornò nel gabbiotto. Le altre quattro guardie ritornarono giù nell'avvallamento.

Quando si avvicinarono alla Porta Maestra, alta dieci metri e larga sette, la testa di una guardia che indossava un cappello marrone con una mazza da baseball con logo sbucò fuori da sopra il parapetto del cancello. Li guardò per qualche istante, poi voltò lo sguardo verso la guardia del gabbiotto, che alzò il braccio. La guardia sul parapetto si tirò indietro. Dopo qualche secondo il portone si aprì, emettendo uno suono stridulo per via dei meccanismi mal oliati. Due guardie andarono verso di loro, pistola in mano. Nathan notò che tutte le guardie indossavano la stessa uniforme militare, anche se non erano militari.

"Seguiteci." Disse uno di loro. Un uomo sulla cinquantina, capelli corti neri, spalle massicce e mento accentuato. 

*****

Una Jeep Cheroke nera si trovava sul ciglio della strada in piena notte. Le portelle aperte, il sangue che imbrattava i sedili e i vetri rotti. I fanali dell'auto illuminavano un uomo senza vita, le viscere fuori dal corpo. Nelle mani, una moltitudine di vetri conficcati. Un foro di proiettile in testa, cinque sul busto. Una Glock era a qualche metro. In lontananza, tre figure nella penombra uscirono fuori da dietro un ammasso roccioso. 

"Fanculo! Io ve l'avevo detto. Quello stronzo era un Runner." Disse la prima voce da uomo.
"Un Runner con un ottima mira." Rispose la seconda voce da uomo.
"E con amici bravi quanto lui." Rispose una terza voce da donna.
I tre camminarono verso i fanali dell'auto, fermandosi davanti al cadavere crivellato di pallottole. Avevano la faccia e gli abiti luridi di sangue, ma non era il loro.
"Può essere uno sfregiato." Disse Hellis.
"Potrebbe." Rispose Patrick.
"Vediamo un po'." Aggiunse Cassandra, chinandosi verso il corpo e scrutando il viso pieno di verruche del cadavere. Pupille rossastre e occhi nero pece, vene nere sul viso e sulla gola. "Sì, è proprio uno Sfregiato. Bravo!"
Hellis si compiacque. "Ne ho uccisi a centinaia di stronzi come questo, e..."
"Non ce ne frega un cazzo, Hellis!" Lo interruppe Patrick. "Ora pensiamo al da farsi. Prendiamo la valigia dal cofano e spariamo da qui. Gli spari avranno attratto altri Sfregiati o Runner, o peggio ancora."

Hellis andò dietro la Jeep Cheroke e aprì il bagagliaio. Pezzi di vetro caddero sull'asfalto e sulla valigia. Hellis la pulì, poi afferrò la valigia contenente tre MAC-11 e una Desert Eagle. Nel frattempo Cassandra aveva controllato l'auto, mentre Patrick si guardava attorno.
"Ok. Andiamo." Disse Hellis, mostrando la valigia.
"Sparate solo se è necessario." Ordinò Patrick.
"Non vedo a più di un palmo della mia mano." Rispose Hellis. "Se quelle cose saltano fuori dobbiamo farlo. Loro riescono a vederci di notte, noi no."
"Fai come ti dico."
Hellis sbuffò.

Camminarono sul fianco della strada che dava verso una distesa pianeggiante, senza alberi e rocce. Solo ciuffi di erba nera che macchiavano il terreno. Dall'altra parte della strada, a sinistra, la terra saliva per qualche metro. Alberi contorti e squarciati, rocce ed erba alta impedivano loro di vedere chi arrivava da quella parte. I tre lanciarono occhiate cariche di tensione in quella direzione, aspettandosi da un momento all'altro di venire attaccati. Ma proseguirono senza problemi per seicento metri, finché uno strano ululato, simile a un urlò, interruppe la quiete della notte. Hellis puntò la Glock nell'altro lato della strada, gli altri due fecero lo stesso. L'ululato diventava più forte, man mano che loro avanzavano.
"Allontaniamoci dalla strada." Disse Patrick. "Proseguiremo dalla pianura, e costeggeremo la strada di là.
"Ma non si vede nulla." Rispose Hellis.
"Forza, muoviti!" Cassandra lo strattonò dalla maglia. Hellis brontolò, ma non rispose.

Lungo la pianura, l'oscurità era impenetrabile. Non riuscivano a vedere a più di un metro da loro. L'ululato continuava senza sosta, finché un minuto dopo cessò del tutto. Hellis si voltò istintivamente. Percepì qualcosa che stava arrivando, qualcosa di molto pericoloso. Patrick e Cassandra si fermarono solo per dirgli di camminare. Non si erano chiesti del perché l'ululato fosse terminato.
Hellis si girò verso di loro. "Fuggite!" Urlo, correndo e sorpassandoli.
Non capendo cosa stava succedendo, i due si affrettarono dietro di lui. Corsero a perdi fiato per la pianura, perdendo di vista la strada di riferimento. Dietro di loro qualcuno urlò a squarcia gola, e poco dopo si aggiunsero altre grida. 
"Merda!" Imprecò Patrick. "Cosa cazzo sono queste grida?"
"Sfregiati!" Rispose Hellis. "Quei bastardi sono sulle nostre tracce!"
"Per questo ti sei messo a correre?"
"No, per passione." Rispose sarcasticamente Hellis. "Secondo te perché?"
"Ah, certo. Tu e i tuoi amici sfregiati. Una cosa sola." Disse Patrick con un lieve tono di sarcasmo.
"Ridi pure. Se non era per me..."
"State zitti!" Gridò Cassandra.

Corsero per trecentocinquanta metri, quando Cassandra inciampò su una piccola pietra e cadde per terra. Patrick si fermò di colpo, mentre Hellis era indeciso se correre o fermarsi. Alla fine rimase lì, la Glock puntata verso l'oscurità. Le urla si avvicinavano. 
Patrick si precipitò verso Cassandra.
"Sto bene." Disse la donna.
"Su forza! Alzati!" Patrick sollevò Cassandra, mentre Hellis li copriva.
"Ce la faccio da sola!" Cassandra si tolse dalla presa di Patrick.
Una figura apparve dall'oscurità, correndo goffamente verso loro, il busto inclinato leggermente in avanti. Hellis lo vide con la coda dell'occhio e gli sparò. Due colpi in petto e uno alla gamba destra. Lo sfregiato cadde di avanti. Lo sparo fece eco nella pianura. Le grida si fecero più intense e aggressive. 
"Fanculo!" Imprecò Patrick. "Sono proprio vicino a noi!"
"Correte, cazzo!" Urlò Hellis, sparando alla cieca nell'oscurità. Centrò uno o due sfregiati, poiché le urla si fecero assordanti.

Raggiunsero la fine della pianura, mentre il terreno diventava irregolare. Correndo, Patrick mise un piede nel vuoto di una buca e cadde di faccia a terra. "Cazzo!" Imprecò.
Cassandra, che si trovava alle sue spalle, inciampò sopra di lui. Hellis si fermò, coprendoli mentre si alzavano. Le grida erano molto vicine. Tre figure emersero dall'oscurità, lanciandosi addosso a Cassandra. Hellis aprì il fuoco, ma ne centrò solo due prima di finire il caricatore. Il terzo si buttò addosso a Cassandra, cercando di morderla. Gli occhi neri, verruche sulle guance e sulla fronte, denti aguzzi come quelli di uno squalo bianco. Lo sfregiato si dimenava su di lei, colpendola con pugni e schiaffi. Patrick lo colpì al fianco con un calcio ben piazzato. Lo sfregiato cadde di lato. Hellis inserì il nuovo caricatore nella Glock e sparò in testa allo sfregiato. Patrick aiutò per la seconda volta Cassandra ad alzarsi. 
"E tu che dicevi di non usare le armi!" Disse Hellis a Patrick, che non rispose.

Corsero nuovamente, mentre il terreno diventava ripido e in salita e l'erba sempre più folta. Le rocce impedivano ai tre di correre dritto, facendoli rallentare di volta in volta per non finirci contro. Gli sfregiati erano a qualche metro da loro, le bocche sporche di sangue coagulato. Patrick, più avanti rispetto ai due, finì contro una parete di legno. L'urto lo face cadere a terra di culo.
Cassandra capì subito che si trattava di una casa. "Entrate!"
"Cosa? Sei impazzita?" Rispose Hellis, sparando agli Sfregiati che uscivano dal buio. "Se ci barrichiamo, saremo morti entro cinque minuti."
Patrick si alzò da terra, sparando agli Sfregiati che giunsero da destra. "Non ha senso correre all'infinito. Primo o poi non ci resterà più fiato, e questi stronzi ci salteranno alla gola."
Hellis finì le pallottole e tolse il caricatore vuoto dalla Glock. "Maledizione! Andiamo!"

Chiusero la porta alle loro spalle, catapultandosi in fretta al secondo piano. Gli Sfregiati si lanciarono contro le finestre, atterrando dentro la casa, piccoli vetri si conficcarono nella loro carne. 
"Blocchiamo la scala!" Disse Cassandra.
"E come?" Chiese Hellis, mentre mise il nuovo caricatore nella Glock.
"Dammi la valigetta, Hellis!" Ordinò Patrick, strappandogliela dalla mano.
"Ehi!"
"Il divano!" Indicò Cassandra con la canna della Beretta. "Possiamo bloccare la scala con quello!"

Hellis e Cassandra andarono a spostare il divano, mentre Patrick prese due Mac-11, sparando gli Sfregiati che tentavano di salire la scala. Per non sprecare proiettili, Patrick sparava solo a colpo sicuro, centrandoli spesso in testa. Ma quelli che morivano, venivano subito rimpiazzati da altri che scavalcavano la pila di cadaveri ai piedi della scala. Gli Sfregiati al piano terra, come un onda implacabile, si riversavano in casa saltando e lanciandosi attraverso le finestre. In breve, finirono per ammucchiarsi così tanto da non riuscire più a muoversi. Altri ne giungevano da fuori, e in breve la struttura venne circondata. Erano a centinaia.

Patrick continuò a mitragliare gli Sfregiati che tentavano di salire, finché gli stessi corpi bloccarono del tutto l'entrata. Hellis e Cassandra arrivarono in quel momento, imperlati di sudore per aver spostato il divano.
"Non credo che serva più." Disse Patrick con un lieve sorriso, un esile fumo usciva dalle canne dei MAC-11.
I due guardarono giù dalle scale. Increduli, si voltarono verso Patrick.
"Ah, non guardate me." Disse Patrick con un lieve sorriso. "La Dea bendata ci ha favorito questa volte, eh?" Non appena smise di dire la frase, i corpi che ostruivano il passaggio per le scale, scivolarono al piano terra.
"Magnifico!" Sottolineò Cassandra. "Dea bendata un corno!"
Patrick sorrise imbarazzato, e si affrettò a dare una mano a Cassandra e Hellis. Il Divano scivolò giù per le scale e travolse gli Sfregiati che cercavano di salire bloccandosi tra i due muri.
"Cerchiamo una via di fuga." Disse Cassandra, prendendo la Beretta dalla valigia che era sul pavimento.

Si misero a perlustrare le stanze del secondo piano. Patrick nella camera da letto, Cassandra nel bagno e Hellis sul balcone che si affacciava verso il limitare di un bosco dagli alberi contorti e foglie nere. Vide gli Sfregiati stretti l'uni contro gli altri, gemere e battere i denti. Non lo videro, ma Hellis rientrò sulle punte degli stivali senza fare rumore. Cassandra aprì la piccola porticina dello specchio posto sopra il lavabo, non trovando niente di utile se non qualche medicina usata da chi viveva qui. Patrick non trovò molto nella camera da letto, oltre a fotografie incorniciate di una coppia anziana sopra un cassettone. Ne prese una e la osservò per un momento.

Cassandra andò da Hellis, che guardava fuori da una finestra gli Sfregiati. "Non ho trovato niente. Tu?"
"Nemmeno io." Rispose Hellis senza voltarsi. "Però possiamo fuggire da lì." Indicò la balconata con un dito. "Dobbiamo arrampicarci per quel tubo, poi scendere per di là." Si spostò verso sinistra, indicando una fune appesa tra il tetto spiovente e un grosso albero morto ricoperto di cenere. Sui rami contorti, al centro, si ergeva un casotto di legno completamente nero, come se il fuoco l'avesse divorato.
Cassandra guardò il punto indicato, poi gli Sfregiati al di sotto, quindi si voltò verso Hellis. "Anche se riusciamo a passare, gli Sfregiati ci vedrebbero. Dobbiamo fare in modo che non ci vedono."
In quell'instante entrò nella stanza Patrick. "Avete trovato una via di fuga?"
Hellis annuì. "Ne stavo giusto parlando con Cassandra."
"E non hai pensato di avvertirmi?" Disse Patrick irritato.
"L'avresti saputo ugualmente." Rispose Hellis, per poi aggiornarlo con quello che aveva detto a Cassandra.

"Vi è sfuggita una cosa." Disse Patrick, quando Hellis ebbe finito di parlare. "Il casotto laggiù non è sicuro. Chi vi dice che non cadrà giù una volta posato un piede? E' ridotto malissimo, e si mantiene in piedi solo per puro caso."
"Forse è solo ricoperto di cenere." Disse Hellis.
"Può essere, ma non mi va di rischiare con gli Sfregiati la sotto."
"Vuoi rimanere chiuso qui dentro?"
"Finché gli Sfregiati andranno via."
"Se andranno via." Sottolineò Hellis.
"Mentre voi discutete, io vado." Disse Cassandra, aprendo la porta vetrata e uscendo nella balconata. 
I due la guardarono, senza risponderle.
Chinandosi, Cassandra si avvicinò di soppiatto alla tubatura e gettò una fugace occhiata agli Sfregiati che non si erano accorti di niente. Lentamente, mise le mani sul condotto e iniziò a rampicarsi. Un piede dopo l'altro, una mano dopo l'altra. Gli Sfregiati gemevano e si urtavano nella confusione. Il puzzo di morte arrivò come uno schiaffo nei polmoni di Cassandra, che si bloccò per non tossire. Smise di respirare per tre secondi, deglutì e ricominciò a scalare. La puzza diventava sempre più intensa man mano che si arrampicava. Sembrava che tutta l'orrido odore si fosse concentrato sopra l'edificio, poiché prima non aveva sentito nessun odore. Il ché era strano, visto il centinaio di Sfregiati che infestavano dentro e fuori le mura della casa.

Quelli che erano al limitare dell'orda, cominciavano goffamente ad allontanarsi senza meta dall'edificio, ma il gruppo rimase folto e numeroso. Durante l'arrampicata, verso destra, Cassandra intravide dietro un imposta aperta una specie di sporgenza in legno. Sopra di esso, correva la fune in direzione del casotto. "Strano, dalla finestra la fune sembrava iniziare da sopra il tetto e non sotto." pensò Cassandra. Con cautela, allungò il braccio verso l'imposta e la chiuse. Poi mise un piede sul rivestimento di legno, premette con forza sui talloni degli stivali mentre si teneva stretta alla tubatura, e si accertò che il selciato fosse sicuro. Infine mise l'altro piede, e facendosi forza su una mano che teneva serrata sul tubo, si mise in piedi. 

Sotto di lei, Patrick e Hellis, che l'avevano guardata salire, si guardarono tra loro, incerti. Cassandra non guardò giù, né si interessò se gli Sfregiati l'avevano veduta. Mise entrambi le mani sulla fune, si mantenne con tutto il suo peso alla corda, e quando capì che la fune avrebbe retto il suo peso, attorcigliò le gambe attorno ad essa. Lentamente, Cassandra avanzò attraversò la fune, sopra le teste degli Sfregiati, altri abbandonavano l'orda. Un minuto dopo, si ritrovò a ridosso del casotto. Mise le punte dei piedi sulla sporgenza, mantenendosi alla corda con le mani. Anche qui, quando si accertò che avrebbe retto il peso, si lasciò cadere.

L'aria era pregna di cenere. Cassandra mise una mano davanti alla bocca e guardò giù. Gli Sfregiati continuavano a scontrarsi tra loro, gemendo. Non si erano accorti della donna. Cassandra guardò in direzione della finestra dove Patrick e Hellis erano lievemente affacciati. Fece ceno con la mano di raggiungerla. Il primo a scalare fu Hellis, che con qualche esitazione si arrampicò, raggiungendo senza problemi Cassandra. Anche lui aveva notato la puzza di morte che c'era sul tetto spiovente, e poi l'odore penetrate della cenere nel casotto. 

Patrick stava per mettere una mano sulla tubatura, quando udì un forte rumore provenire dal piano terra. Incuriosito, andò a controllare. Gli Sfregiati salirono le scale come una valanga travolgente. Patrick riuscì a chiudere la porta in tempo, prima che tre Sfregiati si scagliassero contro. Si diresse in tutta fretta verso la tubatura, gli sfregiati colpivano violentemente la porta con calci e pugni. Salì lungo il condotto, nel mentre gli sfregiati abbatterono la porta, riversandosi nella stanza. Uno di loro raggiunse la balconata, il viso sporco di sangue coagulato scosso da frenetici tic. Patrick continuò a scalare. La maggior parte degli Sfregiati raggiunse la balconata, ammucchiandosi sempre più. D'un tratto il balcone venne giù, portandosi a preso tutti gli Sfregiati che si schiantarono a terra o contro altri Sfregiati. Il rumore fu così forte, che tutti gli Sfregiati s'innervosirono, cominciando a gemere più forte. Patrick raggiunse la sporgenza, mise mani e piedi sulla corda e si diresse verso Cassandra e Hellis, che erano rimasti spaventati e sorpresi da quanto fosse successo.

Dal casotto, videro altri Sfregiati entrare nella camera, e spinti da quelli dietro, cadere giù. Era come osservare una cascata di Sfregiati che formavano una pila di cadaveri alla base della casa. Continuavano senza sosta a cadere, e quelli al piano terra a salire al secondo piano. I tre rimasero immobili, aspettando che l'orda si dileguasse. Il cumulo era cresciuto notevolmente, ed ora quando gli Sfregiati si buttavano, razzolavano giù senza morire. 
Patrick si voltò, dando le spalla alla casa. Guardò giù, e vide che non c'erano Sfregiati nei dintorni dell'albero morto.
"Cosa fai?" Disse Cassandra a Patrick.
"Non ci sono Sfregiati di sotto." Rispose Patrick indicando con il dito l'area libera al di sotto dell'albero.
Hellis si girò verso loro. "Che aspettiamo, allora? Andiamo."

   
 
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