C’era una volta in un paese lontano, lontano…
Ma no! Le favole dei fratelli Grimm e di Mr. Perrault hanno definito il significato stesso della parola fiaba e rimarranno per sempre le più romantiche e avventurose, ma è ora di cambiare!
C’è qui, ora e oggi una ragazzina di dieci anni di nome Maia. Vive a Valmadrera, frequenta la quinta elementare, è simpatica, allegra, gentile e adora la storia. Forse non proprio tutta, ma certamente ha una vera e propria ossessione per i Greci e i loro dei. Insieme alla sua amica del cuore Beatrice non parlano d’altro se non di Olimpo, miti, leggende e divinità. Le conoscono tutte quante, da Epafo, dio ben poco noto che troverà notorietà tra gli egizi con il nome di Iside, al grande e temuto Zeus. Insieme, le due ragazzine passano ore e ore a leggere racconti che riguardano vita, morte e passioni dei loro beniamini e sebbene sappiano con certezza che gli dei non esistono - perché è stata la mitica maestra Monica a dirlo - sognano di poterli incontrare e conoscere.
Un sabato pomeriggio Bea invita la sua migliore amica per una merenda e un po’ di sana lettura nella sua casa di Limonta. Per il suo compleanno Maia ha ricevuto “Il grande libro dei miti dei greci” che sua zia Eli, studiosa di storia, ha pensato bene di regalarle per assecondare la sua passione. Sdraiate nell’erba del giardino della grande villa d’epoca dove vive Bea, sfogliano il libro sugellando ogni pagina e immagine con un’esclamazione diversa, ma sempre convincente:
- Ohohoh!
- Ahahah!
- Nooooo!
- Siiiiiiiii!
Passano le ore e Maia e Bea non se ne accorgono. È primavera inoltrata e il sole scalda abbastanza le due lettrici per invogliarle a continuare, ma non così tanto da infastidire la loro attenzione. Una fervida immaginazione e leggende d’altri tempi proteggono le fanciulle da una realtà fatta di compiti, doveri e di verifiche di matematica della dolcissima maestra Nicoletta, custodendole in un mondo tutto loro, ricco di strepitose imprese, grandiosi tradimenti e nefasti destini. Il giardino coccola le bambine con colori variopinti e profumi incantatori e il triste frastuono delle auto è attutito dalla siepe che materna circonda tutta la casa. Tanto sono assorte e concentrate che nessuna delle due si accorge del repentino cambio del tempo. Il sole, seppur riluttante, si nasconde dietro grandi nubi grigie imbronciate e in lontananza, ma nemmeno troppa, si scorgono lampi minacciosi e bagliori intimidatori.
Improvvisamente secondo le bambine, ma in realtà in seguito a numerosi palpabili segnali, le prime gocce di pioggia bagnano le pagine del nuovo libro di Maia. Senza perder tempo Bea prende l’amica per il braccio e la trascina nella casetta sull’albero dove saranno al riparo da quel brutto temporale e potranno continuare a sognare in santa pace.
Ad un certo punto l’attenzione delle ragazzine viene catturata da un chiarore intermittente che pare fuoriuscire proprio dal libro.
- Bea hai visto anche tu quello che ho visto io?
- Credo proprio di aver visto il libro illuminarsi, ma forse mi sbaglio ed è tutta colpa dei bagliori che filtrano dalla finestra…
- Hai ragione, sarà proprio andata in questo modo.
- Maia hai visto anche tu quello che ho visto io?
- Credo proprio di aver visto il libro muoversi da solo, ma forse mi sbaglio ed è tutta colpa del temporale che ha fatto vibrare le assi del pavimento…
- Hai ragione tu, sarà proprio andata in questo modo.
Le bambine si sporgono e scoprono che in quelle pagine si narra il mito di Deucalione e Pirra che altro non è se non la versione greca e pertanto originale - dal momento che è antecedente - del Diluvio Universale. Maia e bea la conoscono grazie Lucia, la loro maestra di religione. Racconta di Zeus che deluso dal comportamento degli uomini decide di eliminarli con un diluvio e di Prometeo che riesce a convincerlo a salvare la coppia più meritevole, per l’appunto Deucalione e Pirra, principi della Tessaglia. La coppia riuscì poi a procreare una nuova stirpe gettando dietro le loro spalle pietre magiche che si trasformavano via via in uomini e donne. Mentre Maia e Bea scorrono avidamente le due pagine con lo sguardo notano chiaramente che alcune parole sparse qua e là si illuminano formando una scritta di senso compiuto:
UN - DIO - È - DI – NUOVO - ARRABBIATO!
- Maia hai letto anche tu quello che ho letto io? Hai visto che le parole illuminate hanno formato una frase? Chi sarà mai il dio arrabbiato? Si tratterà certamente di Zeus! È lui il dio della leggenda ed è sempre Zeus che ha la folgore e il potere di comandare il cielo!
- Credo proprio che tu abbia ragione, ma Bea ti rendi conto che Zeus non esiste e non è mai esistito. Gli dei sono un’invenzione dei greci, ce l’ha detto Monica!
- Bea! Ti rendo conto che se quel fulmine ci avesse colpito ora saremmo carne abbrustolita? Qualcuno è davvero molto arrabbiato…
- Follow your harts!
Intanto la pioggia si è trasformata in tempesta e il cielo si è tanto imbrunito da parer notte…. non una notte qualunque, ma una in cui tutto può succedere!
La diffidenza di Bea sparisce e come se l’esistenza degli dei fosse ormai un dato di fatto indiscutibile, esclama:
- Maia dobbiamo fare qualcosa, se è vero quello che abbiamo letto nel libro questa pioggia ci sommergerà.
- Hai ragione. Dobbiamo parlare con Zeus proprio come fece Prometeo e convincerlo a risparmiarci. Ma dove lo troviamo?
- Chi osa disturbare il grande Zeus?
- Voi là! Chi siete mai? Come osate disturbarmi piccole ninfette dispettose? Pensate di poter richiamare con trucchetti insulsi il più potente degli dei greci senza subire terribili conseguenze?
- Com’è possibile tutto ciò? Chi mai sta giocando con la mia folgore? Chi osa prendersi gioco dei miei poteri? Chi sfida il grande Zeus?
- Siete state voi?
- Tranquille, va tutto bene!
Per questo motivo trovano un briciolo di coraggio e a turno, con voce tremante, cercano di spiegargli la situazione. Partono dall’inizio quindi dalla loro passione per la mitologia greca, gli chiariscono che non sono in Grecia e non è l’anno 500 a. C. ma bensì sono in Italia, più precisamente a Limonta ed è il 2019 d.C. e gli raccontano del libro dove è comparsa la scritta. Zeus le ascolta senza interrompere, è incredulo, ma molto curioso. Il tempo sull’Olimpo trascorre diversamente rispetto alla Terra e non immaginava proprio fossero passati tutti quel secoli e soprattutto non immaginava di essere diventato solo una leggenda disegnata su un libro per ragazzine insulse. Nonostante ciò comprende che le ninfette chiacchierone sono sincere. Tutto sommato è il padre di tutti gli dei e sa riconoscere i bugiardi, ma per testare le conoscenze delle ragazzine decide di metterle alla prova. Tra le tante informazioni che alternativamente hanno fornito, una l’ha colpito. I loro compagni di scuola non amano gli dei come loro che al contrario sono delle vere fanatiche.
- Bene, bene, ho capito tutto… ma sono un po’ preoccupato per mia moglie. Sono scomparso senza spiegazioni… mi farò perdonare regalandole… un pomo d’oro proprio come fece Paride quando la decretò la più bella tra le dee…
- Signor Zeus, non vorrei contraddirvi, ma Paride scelse il dono dell’amore, quindi donò la mela ad Afrodite…
- Certo, certo… che sbadato. Anche mio cugino Poseidone, dio degli inferi, sarà preoccupato…
- Ma no! Poseidone è vostro fratello ed è il dio di tutti i mari!
- Quindi chi ha la mia folgore e perché?
- Grande Zeus dovete sapere che sul libro dal quale siete uscito è comparsa una scritta…
- Quale scritta?
- UN DIO È DI NUOVO ARRABBIATO!
- Per gli dei dell’Olimpo! Chi mai crede di poter usare la mia folgore senza il mio permesso?
- Grande Zeus…
- Credo che qualcuno abbia organizzato tutto questo per portarvi qui da noi per qualche motivo, forse quel qualcuno voleva attirare la vostra attenzione e ha usato la vostra folgore e questo libro per farlo.
- Nessuna osa sfidarmi sull’Olimpo!
- Forse allora non è sull’Olimpo…
Di nuovo qualcosa distoglie l’attenzione delle bambine dalla figura del padre degli dei, perché il libro riprende a vorticare per fermarsi questa volta su una delle prime pagine, una delle più tragiche. Si tratta della storia di Crono, padre di Zeus e di un destino che li separerà per sempre.
Tutti in quella casetta sanno che quello è un tasto dolente nella vita di Zeus, nessuno si augura d’avere un padre che divora i propri figli e tanto meno nessuno si augura di dover distruggere il proprio padre per fermare quel figlicidio.
- Per tutti i fulmini del cielo! Perché quel dannato libro si è fermato proprio su quella storia?
Maia si avvicina a Zeus e conoscendo la storia della sua famiglia ed intuendo i suoi pensieri gli pone timidamente una mano sul braccio in segno di conforto. Quel gesto genera una luce potente che colpisce l’immagine di Crono che divora uno dei suoi figli e proprio come poco prima dal nulla era comparso Zeus, così appare un altro essere, simile a Zeus per fattezze, ma molto più giovane e del tutto sconosciuto ai presenti della casetta.
- Chi sei?
Il giovane è avvolto in un lungo mantello viola che lo copre da capo a piedi a tal punto che nessuno si è accorto che in realtà si tratta di una fanciulla. Solo quando scosta il cappuccio liberando i lunghi capelli color del grano i tre curiosi scoprono la verità.
- Sono Syncorea, la dea del perdono.
La risata di Zeus si blocca di colpo quando Syncorea estrae dal mantello la sua folgore e gliela porge con gentilezza e un caldo sorriso.
- Bene, bene, oltre ad essere una bugiarda sei anche una piccola ladra. Sarai punita.
Syncorea senza perdere la sua compostezza si rivolge a Zeus sempre molto dolcemente, ma anche con decisione e sicurezza.
- Forse ti ho rubato la folgore, ma di certo non sono una bugiarda.
- Certo che sei una bugiarda. Conosco personalmente ogni dio e ogni dea che vivono sull’Olimpo o nell’Ade, ma anche quelle che si nascondono tra gli uomini, tra gli animali, nel folto dei boschi o tra i coralli del mare e tu non sei una di loro. Non ti ho mai vista e nemmeno ho mai sentito parlare di te. Tutt’al più sarai una ninfetta arrogante, proprio come queste altre due pulci fastidiose.
Intanto la giovane lascia cadere il mantello e si mostra in tutta la sua bellezza e divinità. Non vi sono dubbi sulle sue origini regali e se il suo aspetto non garantisce abbastanza, lo fanno i suoi gesti. Syncorea unisce le mani in una sorta di preghiera e abbassando così tanto il capo da connettere le punte delle dita alla punta dal naso produce energia sotto forma di onde concentriche che si sprigionano dal suo corpo allargandosi in tutta la casetta e molto oltre. Raggiungono il prato, gli alberi, il lago, nientemeno le onde energetiche salgono fino al cielo, liberandolo dalle nubi e dalla tempesta così velocemente da stordire lo stesso Zeus che rimasto senza parole fissa la fanciulla cercando di capire chi sia davvero quell’essere misterioso.
- Ora mi credi grande Zeus? Ora sei convinto che sono una dea esattamente quanto lo sei tu?
- Sebbene non possa negare il tuo potere e la sua origine divina non osare mai più metterti al mio pari. Io sono Zeus, figlio di Crono e Rea, colui che ha salvato la discendenza di Crono dal loro stesso padre e ha nutrito i Centimani con nettare e ambrosia per sconfiggere Crono e i Titani.
- Certo fratello, so perfettamente chi sei.
Bea e Maia sono completamente incantate dallo scambio di battute tra queste due divinità. Fino a poco tempo prima pensavano che gli dei, per quanto affascinanti, fossero un’invenzione dei greci per giustificare eventi naturali quali i temporali o i maremoti o similari, esattamente come aveva spiegato maestra Monica. Scoprire che invece sono reali, che esistono davvero e che interagiscono con gli esseri umani, rende la loro passione qualcosa di molto più speciale.
Zeus sembra sul punto di esplodere. Le narici sono dilatate e sbuffano esattamente come quelle di un toro appena prima della carica, le iridi degli occhi, ridotti a fessure, si muovono convulsamente da destra a sinistra e viceversa e il collo si è gonfiato come quello del maschio della fregata, enorme e rosso non certo per attirare l’attenzione di una qualche femmina - per quello Zeus usava altre armi - ma solo per contenere tutta la rabbia per l’insulto di essere trattato da stupido.
Il grande Zeus non può cedere, pertanto continua imperterrito a sottolineare la differenza tra di loro. Da sempre dio benevolo, aveva spesso interceduto tra gli altri dei per evitare guerre o stragi, ma non può permettere che qualcuno manchi di rispetto alla sua autorità e alla sua posizione di padre degli dei andando in giro a raccontare si essere non solo una dea, ma addirittura sua sorella.
- Non osare chiamarmi fratello, TU figlia di nessuno.
- Grande Zeus, stesso padre e stessa madre mi generarono, come dovrei chiamarti? Come ti chiamano Poseidone, Ade, Demetra, Estia e tua moglie Era? Forse non fratello?
- Per tutti i tuoni e i fulmini della mia folgore sei forse sotto l’effetto dei fumi dell’oppio o della mandragola o ti sei ubriacata con il kikeon per dire tali scempiaggini? Io sono l’ultimo erede di Crono e Rea, io solo.
- Fermo fratello, farai del male a queste bambine. Le ho scelte per avvicinarti, perché portatrici di fede negli dei e degne eredi della sacerdotessa Cassandra che con tanto ardore ci ha venerato per decenni.
- Non tergiversare donna insolente. Potrei anche credere che queste fanciulle siano le discendenti di Cassandra, mai e poi mai crederei che tu sei mia sorella di sangue.
- Sbagli fratello. Dopo che hai esiliato nostro padre sull’isola dei Beati egli ha finalmente trovato la pace e la serenità necessari per chiedere scusa a nostra madre. Desiderava ottenere il suo perdono per alleggerire il fardello che si portava da tempo, sperando così di riavvicinarsi a te con maggior facilità. Quel fardello era stata la sua condanna e la causa della guerra che vi ha portato l’uno contro l’altro. Dio contro dio. Figlio contro padre. Un giorno quindi Rea si presentò al cospetto di Crono che inginocchiato e pentito ottenne il suo perdono. Da quell’unione, dalla redenzione di Crono e il perdono di Rea nacqui io che non solo non fui divorata, ma crebbi felice con nostro padre sulla sua isola. È lì la mia casa ed è da lì che giungo oggi. Per dimostrartelo ti ho portato questo, me l’ha affidato nostro padre come segno delle sue buone intenzioni. Mi ha detto che avresti compreso solo vedendolo. Ti ama e vorrebbe potertelo dimostrare.
“Mai madre Rea mi ha raccontato di aver rivisto mio padre e tanto meno di aver generato un’altra figlia, mia sorella. Potrebbe essere vero quello che racconta la giovane? Certamente la falce parla chiaro, parla di Crono che si fida di Syncorea e gli affida la sua falce oppure si tratta di un altro furto di questa impostora? “
Questi i pensieri di Zeus alla vista di quell’oggetto così simbolico per la sua complicata famiglia. Sapeva che per Crono quella falce era sempre stata molto importante e ancor di più lo era diventata da quando era il re dell’Isola dei Beati. Quel giorno, quando mise piede per la prima volta sulla spiaggia dell’atollo, Zeus gliel’aveva resa come simbolo del suo perdono, come segno di riconciliazione tra padre e figlio. Per Crono quindi la falce rappresentava la rinascita, una seconda chance con suo figlio così simile, ma così diverso da lui. Ma la verità è un'altra, Zeus lo aveva perdonato solo a parole perché da quello stesso giorno mai più l’aveva voluto rivedere. Crono aveva tentato più volte di parlarci spedendogli messaggi tramite suo nipote Ermes, dio messaggero. Ad ogni richiesta Zeus aveva trovato scuse più o meno plausibili e addotto impegni legati al suo ruolo di Dio del cielo e alla fine non era mai andato da suo padre. Crono lo aveva a lungo giustificato, d'altronde lui era il Padre di tutti gli dei e mandava avanti da solo tutto l’Olimpo, poi aveva compreso che il problema non erano gli impegni di suo figlio, ma il suo cuore che non lo aveva davvero perdonato, ma solo dimenticato.
Una manina tira leggermente la candida tunica di Zeus, è Maia che guardandolo dritto negli occhi lo distoglie dai suoi tristi pensieri e gli dice:
- Zeus credo proprio che Syncorea dica la verità. Quella è la falce di tuo padre.
- Bene, se tu come dici sei figlia di Crono e Rea e quindi mia sorella e se quella è la falce di mio padre devi avere un grande potere, perché ognuno dei figli di Crono è dotato di capacità superiori a qualsiasi altro dio. Io controllo i fulmini e tutti gli eventi del cielo. Poseidone ha il dominio delle acque, Ade degli inferi, Era sorella e moglie mi è tanto simile per poteri mentre Demetra è la mia antitesi, dea della terra e dei sui frutti e infine Estia è la dea della famiglia ed è adorata quale pura vergine. Tu che potere hai per metterti al nostro pari?
- O forse il tuo potere è fare un po’ di yoga e spazzare via le nuvole?
- Zeus hai compreso il potere di tua sorella?
- Cosa intendi piccola Bea?
- È il perdono la sua forza, sa dissipare i rancori degli esseri viventi, ma anche delle forze dell’universo. Il cielo è terso e così le nostre anime. Non la senti una pace confortante invadere il tuo corpo e il tuo cuore?
- Ho perdonato mia padre secoli or sono, non ho bisogno dei tuoi poteri.
- Sei sicuro grande Zeus di averlo perdonato? O forse lo hai solo dimenticato e ti sei ripulito la coscienza esiliandolo su un’isola il più lontano possibile dall’Olimpo e da te.
- Come osi parlare della mia coscienza? Come puoi capire quello che ho passato? Avevo un destino e l’ho compiuto!
Intanto Syncorea si accascia e le bambine accorrono in suo aiuto spaventate dal suo sguardo sofferente. La dea cerca di sorridere, ma la smorfia sul suo candido viso e le mani pallide ancorate allo stomaco rivelano un dolore lancinante.
- Questo il mio dono e la mia condanna. Porto perdono, pace e compassione, ma per farlo mi faccio carico del fardello che appesantisce i cuori e sporca le anime. È doloroso e faticoso, ma questo è il mio compito per tutta la vita e ne sono felice e fiera.
- Nonostante tu sapessi quanto ti sarebbe costato rivelarti a Zeus hai deciso di affrontarlo per riavvicinarlo a vostro padre? Ti fa onore grande Syncorea, mi inchino dinnanzi alla tua saggezza.
Poi è Maia che pensa di rivolgersi a Zeus, senza peli sulla lingua e forse dimenticandosi per un attimo a chi sta dirigendo il suo rimprovero o forse rammendando nel profondo le sue origini sacerdotali e sacre.
- Non vedi quanto è coraggiosa tua sorella? Non capisci che la sua è una dimostrazione d’affetto? Ama te e ama vostro padre e vuole che vi ritroviate e sono certa che anche tu lo vuoi. In fondo al cuore desideri riappacificarti con lui, altrimenti non lo avresti liberato dal Tartaro.
Zeus incredulo guarda entrambe, prima Bea, poi Maia e poi di nuovo Bea e di nuovo Maia. Le aveva credute così piccole e impotenti, innocue e deboli, al contrario ora vede due degne discendenti della grande sacerdotessa Cassandra. Si sente piccolo piccolo difronte a quelle due orgogliose bambine che senza poteri e senza onori hanno centrato il bersaglio e compreso il suo animo molto prima di lui. Finalmente comprende tutto: ama suo padre e ha bisogno di lui. Si inginocchia proprio davanti a quei visini così delicati e puri, ormai si sente un loro pari e le abbraccia, non certo perché Syncorea ha usato il suo potere, ma perché lui, il grande e potente Zeus, Padre di tutti gli dei, lo ha deciso. Syncorea sorride e si unisce all’abbraccio. Il dolore è passato, il perdono è finalmente giunto, vero e sincero.
Così come sono apparsi, Zeus e Syncorea si dileguano nel nulla per lasciare le giovani ragazze di nuovo sole, ma più consapevoli del loro destino. Vicino a loro c’è il grande libro degli dei aperto all’ultima pagina, dove magicamente Zeus non è più potente e solo, ma è rappresentato con suo padre Crono e si abbracciano avvolti da tutt’altro tipo di potere: quello dell’amore. Sullo sfondo ci sono Rea e Syncorea che sorridono felici.
Maia sospira:
- Che peccato che nessuno saprà mai che quella donna così bella e buona è una dea e non una qualunque, bensì la Dea del perdono!
- Hai proprio ragione, varrebbe la pena che ogni nostro compagno conoscesse questa storia… forse potremmo parlarne con maestra Mariella, lei ha sempre una soluzione per tutto!
Ma… chissà… forse un giorno qualcuno racconterà questa storia… mai dire mai… soprattutto con gli DEI DELL’OLIMPO!
FINE…
Dalla fantasia di mamma Tatiana e Maia!