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Autore: Little_GirlMoon005    11/08/2019    1 recensioni
(...) "Abbiamo scoperto chi è il vero capo dei Barbagrigia."
"Ah si... salta fuori che è un Drago, che mi ha aiutato." (...)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dovahkiin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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skyrim ff 4
Il Dovahkiin raggiunse il Tempio Celeste quando il sole era ancora alto nel cielo. Non aveva particolari notizie da riferire alle Blade, semplicemente voleva metterli a conoscenza del suo viaggio per Solstheim, in modo da non dare l'idea di sparire improvvisamente.
Aveva indugiato troppo, rimandando quella meta troppo a lungo, ma adesso la situazione stava andando fuori controllo; non poteva godersi una semplice cavalcata tra le lande di Skyrim che si imbatteva in questi Cultisti che tentavano di assassinarla, spesso di notte quando era da sola, e quando era nei vari villaggi creando il panico tra la gente.

Per timore che potessero avvicinarsi anche ai suoi figli, decise di trasferirli temporaneamente nella piccola casa a Whiterun, sotto la custodia di Lydia.

Quella giornata, fortunatamente, il viaggio da Riverwood al Tempio fu molto tranquillo e non ci furono problemi. 
"Allora, siamo arrivati?" Chiese Serana seduta dietro di lei, sentendo il cavallo fermarsi. Ormai le due viaggiano molto spesso, Serana oltre ad essere un ottima combattente si era scoperta anche di piacevole compagnia.

Non erano partite col piede giusto all'inizio; a Verya non andava genio di averla tra i piedi, più di una volta glie lo aveva fatto intendere, e il sentimento da parte di Serana era reciproco. Dal doversi sopportare erano passate al proteggersi le spalle a vicenda, e l'ostilità tra loro era andata pian piano a scemare.

"Si, dovrò solo parlare con loro. Non credo ci vorrà molto." rispose il dovahkiin. Smontarono da Arvak, che si dissolse pochi istanti dopo, e cominciarono ad addentrarsi nel tempio.
"E, sta tranquilla... non troverai molta luce la dentro."
"Grazie Verya. C'è... così tanto sole là fuori."
"Cerca di resistere un altro po'; Falion ha recipito la mia lettera ed è disposto ad aiutarti. Prometto che andremo a Morthal in questi giorni."

Il grande salone del Tempio era poco illuminato, sul grande tavolo di pietra al centro si scorgevano bottiglie di Idromele, vino e cesti pieni di frutta. Oltre il tavolo c'era il Muro di Alduin, un bassorilievo risalente alla Prima Era che descriveva diversi eventi chiave della storia di Tamriel.

Alla destra del muro vi era una scrivania di legno con qualche libro e pergamena sopra. "Mettiti pure comoda, Serana. Faccio subito." disse l'elfa avvicinandosi a una donna da i capelli biondi che era china sul tavolo, scrivendo qualcosa.
"Delphine..." la chiamò, e la donna si voltò verso di lei abbandonando quello che stava facendo. "Sangue di drago!" la chiamò. "Arrivi in tempo, ho delle notizie per te."

"Anche io. Fai in fretta." ribattè l'elfa afferrando poi una bottiglia di idromele. Strappò il tappo coi denti, sputandolo poi sul pavimento, sotto gli occhi Delphine.
"Inizia dalle buone." disse, prima di berne un sorso. "Come se ce ne fossero." sussurrò la bionda in modo grave, avvicinandosi al dovah. "Abbiamo scoperto chi è il vero capo dei Barbagrigia."

"Ah si... salta fuori che è un Drago," replicò l'elfa, poggiandosi contro il bordo del tavolo. "Che mi ha aiutato." precisò, prima di un altro lungo sorso, sotto lo sguardo incredulo della donna.

"Aspetta... tu sapevi?!" chiese, leggermente alterata. Il dovahkiin la guardò interrogativa, "Sapevo cosa?"
"Chi era il capo dei Barbagrigia!"
"Be'... si."
"Da quanto?" 
"Da un bel po' direi e... perché me l'ho chiedi?"

"Te lo spiego io perchè." sbottò la bionda bruscamente. "Paarthurnax. Il drago che i Barbagrigia hanno protetto per tutti questi anni, a cui noi gli abbiamo dato la caccia, con cui tu hai avuto a che fare... deve morire. E spetta a te farlo."
Quelle parole furono immediate, come un secchio d'acqua gelata scaraventata sulla faccia, come uno schiaffo un pieno viso, lasciando una senso di frastornamento.

"Cosa...?" fu tutto quello che riuscì a dire il dovahkiin.
La bionda sembrò ancora più accigliata. "Ho balbettato per caso? Paarthurnax deve morire, finché non muore... mi dispiace, ma se dovessimo aiutarti infrangeremo il nostro giuramento di Blade."
"Perché deve morire?" 
"Perché ha commesso diversi crimini quando era alleato con Alduin, e l'ha aiutato a ridurre in schiavitù i nostri avi. E' vero, alla fine ha deciso di schierarsi contro di lui, ma questo non fa che renderlo ancora peggiore."

Su di loro calò per un attimo il silenzio. 
"Non possiamo permetterci di dare a Paarthurnax la possibilità di tradirci." parlò ancora Delphine.
Verya cercò di non trasalire, ma quelle parole risultavano pesanti da accettare, perché le stava chiedendo... o meglio, ordinando di uccedere un amico. "E... che succede se decido di non farlo, mm? Mi chiuderete le porte in faccia?"
"Non avremmo più niente da dirci fino a quando Paarthurnax non sarà morto." rispose. "Fa la tua scelta, Sangue di drago, o ci penseremo noi."

Verya strinse forte i pugni, "Sai che ti dico? Vaffanculo, Delphine, con voi ho chiuso!"
La bionda, non credendo alle sue orecchie, la guardò sbalordita. "Come, prego?"
"Hai capito bene! Io non lo ammazzo, è un nostro alleato-"
"Nostro? Paarthurnax non è nostro alleato." interruppe Delphine. "Rimane comunque un drago; non puoi fidarti di loro-"

"Ti ricordo che lo sono anche io." sibilò il dovah. "Solo nell'anima, è vero, ma so cosa vuol dire convivere con una natura del genere. Non hai idea dello sforzo che ha compiuto Paarthurnax per reprimere la sua di natura malvagia e dominante, acquisendo una saggezza che mi è stata di grande aiuto."
"Stai parlando seriamente? Vuoi davvero risparmiare la vita a quella serpe?"
"Quella... serpe... è mio amico." sbraitò il dovah sentendosi fremere di rabbia. A momenti le avrebbe sferrato un pugno in gola, ma riuscì a contenersi.

"Il tuo... amico ha commesso atrocità che sono imperdonabili." 
"Quindi, cosa? Vuoi vendetta? Credevo che le Blade fossero meglio di così."
"Non è questione di vendetta, Sangue di Drago, si tratta di giustizia." disse Delphine.
"Quello che ha fatto appartiene al passato!"
"Ma la giustizia non bada al passare degli anni. E noi Blade abbiamo la memoria lunga-"
"Non me ne frega un cazzo, Delphine. Lui non merita di morire!"

Entrambe le donne non si accorsero che, col andare avanti della discussione, i toni delle loro voci si erano fatti piuttosto alti, tanto da attirare l'attenzione di Esbern e due delle nuove reclute delle Blade, che uscirono dalle loro stanze.

Perfino Serana si era allarmata, ma non si avvicinò troppo, limitandosi a guardare da lontano.
"Mi sorprendi, Sangue di Drago. Non ti facevo così ingenua da farti manipolare da quella bestia." sibilò la bionda, il dovah trattenne l'insulto che le stava per uscire fuori dalle labbra. Per tutti i daedra se aveva voglia di farle ingoiare tutti i denti, ma riuscì a trattenersi.

"Parli proprio tu che vuoi comandarmi a bacchetta, quando sei tu che dovresti eseguire la mia volontà senza battere ciglio!" rispose l'elfa. "Credevo che le Blade miravano a qualcosa di più nobile. Che esistessero per servire il Sangue di Drago, sei stata tu a dirmelo!"

"Tu non hai la minima idea di cosa eravamo, e cosa siamo. Non ne hai idea, e non puoi capire."
"Per tutti i dei, Delphine, ma un minimo di fiducia...! Ho liberato il Nirn dal male assoluto, messo fine a una guerra civile, e non vuoi dare retta a me? Puoi non fidarti di Paarthurnax, dei Barbagrigia, ma di me puoi avere fiducia, se ti dico che non ha mai avuto secondi fini."

La bionda si passò una mano sul viso, per poi far scorrere le dita tra i capelli biondi, agitandosi sul posto. Invece il dovah rimase immobile con le braccia incrociate al petto.

"Devo anche ricordarti che, senza Paarthurnax, Tiber Septim non sarebbe chi conosciamo oggi?"
"Bel tentativo... ma questo non cambia nulla. Erano tempi diversi." Delphine riprese la parola, "Paarthurnax deve morire." affermò, ferma nella sua posizione, puntandole un dito contro.

Gli occhi dell'elfa si ridussero a due fessure, colme di profonda rabbia. La spinse lontano da lei, facendola barcollare all'indietro, gesto che fece agitare Esbern ed uno degli adepti.

"Bruniikke...!" (Selvaggi) il dovah sputò quella parola con veleno, "I Barbagrigia avevano ragione su di voi! Avrei dovuto dargli retta. Siete peggio dei fottuti Thalmor."
"Come osi! Stai mettendo a dura prova la mia pazienza." sibilò la bionda.
"Vallo a dire al palmo della mia mano, troia!" e quella mano stava per colpire violentemente il viso di Delphine, se non fosse stato per Serana che le afferrò in tempo il braccio, trattenendola. A quel punto intervenne Esbern mettendosi in mezzo alla zuffa.

"Ora basta, Sangue di Drago." 
"Esbern, levati. Non ho niente contro di te!" disse l'elfa. Era vero, ammirava Esbern e il suo intelletto, ma sentiva che anche lui era pedina nelle mani di Delphine.

"Sangue di Drago, se ritieni che i nostri doveri non corrispondano ai tuoi, sei libera di andare. Rispetteremo comunque la tua decisione di risparmiare Paarthurnax."
"So che tu lo farai, Esbern. Ma lei? Chi mi dice che quella cagna non lo faccia per tornaconto personale!?"
"Ora basta, stai andando troppo oltre!" sbottò la bionda, superando l'anziano per fronteggiare l'elfa.
"Dammi un buon motivo per cui noi non dovrei considerti come una traditrice per la nostra causa!"

"Dreh ni fus bahi!"
Senza che potesse rendersene conto, dalle labbra del Sangue di drago fuoriuscirono parole che fecero scuotere la terra, agitare gli alberi, e smuovere le nuvole. Non semplici e comune parole, ma appartenenti alla stirpe dei draghi.
Perché nonostante il corpo mortale, dentro di lei ribolliva l'anima di un dovah. E come tale, non poteva ignorare il richiamo della sua vera natura.

La terra sotto i loro piedi tremò per alcuni istanti che sembravano eterni. Poi calò il silenzio, e tutti rimasero col fiato sospeso.
"Per gli dei... la lingua dei draghi." il silenzio venne rotto dalla voce, quasi meravigliata, di Esbern. ''Che cosa ha detto...''
sussurrò Delphine. Esbern non le rispose. ''Esbern... cosa diamine ha detto...!
''Delphine...!'' la voce dell'anziano si fece dura, seria. ''Basta così. Lasciamola andare.''

Il volto del dovah si era disteso, mostrando un viso più rilassato rispetto a qualche momento fa. 
"Paarthurnax sarà risparmiato, Delphine... e non c'e altro da dire." affermò il dovah, e poi, con tono altrettanto calmo, aggiunse;

"Ma se vengo a sapere che hai completamente ignorato le mie parole, o anche solo pensato andare ad ammazzarlo di tua iniziativa, io torno qui... e se scopro che hai abbandonato questo posto con la coda fra le gambe per scampare alla mia collera, giuro su tutti i Divini, che troverò te, i tuoi cazzo di novellini... e vi sgozzo come animali."

Si voltò ignorando lo sguardo quasi scioccato della bionda, abbandonando definitivamente quel posto. Nella testa del dovah vi era un vortice di emozioni, mille pensieri che le affollavano la mente, rischiando di farla impazzire.
Doveva allontanarsi da lì, in fretta, e andare ad affogare quei pensieri in una bottiglia di vino. Più di una.

Evocò Arvak con un gesto della mano, e Serana, quasi timorosa, le rivolse la parola.
"Verya, ne vuoi parlare?"
"No, non ne voglio parlare!" le gridò adosso, "È già tanto che io non abbia ammazzato qualcuno oggi. Quella... troia è fortunata ad avere ancora la testa sulle spalle."

"Verya, per favore..." 
"No! No, Serana. Non dire niente, non voglio compassione!" la interruppe l'elfa, salendo sul destriero.
"Ti prego, parlane almeno con me."
"Sali. Ti riporto alla fortezza Dawnguard." disse ignorando le sue parole, senza nemmeno guardarla in faccia.

"Non puoi tenerti tutto dentro, ti farai solo del male-"
"È quello che mi merito, cazzo!" gridò. "Adesso sali su questo dannatissimo cavallo, e... e non.... non parliamone più." voltò il capo dall'altra parte distogliendo lo sguardo, una sorta di meccanismo di difesa, per non farsi mostrare debole agli altri.
"Verya-"
"Ti prego," la voce le si era fatta più flebile, "non parliamone più. Voglio stare da sola, per un po'."

Serana fece come aveva detto, nessuna obiezione, e nemmeno una parola durante tutto il viaggio.





  
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