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Autore: tixit    13/08/2019    11 recensioni
Una giovane donna riflette prima di un passo importante, ripensando a cosa l'ha portata verso quella decisione.
Dalla storia: Suo fratello era un bue, decise, sistemandosi il vestito, e sarebbe sopravvissuto benissimo anche senza di lei.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diane de Soisson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La Vita è un Fortunato Incidente.


Suo fratello era un bue, decise, sistemandosi il vestito, e sarebbe sopravvissuto benissimo anche senza di lei.

Quanto a sua madre, per lei era sempre stata solo una futura sposina, quella che avrebbe risolto i problemi di tutti levandosi dai piedi. Il vestito era per lei.

 

Non era stata poi questa gran cosa il sesso, decise rattristata, sistemando la sedia al posto giusto, per poi montarci sopra, in piedi, con decisione.

Lui glielo aveva chiesto, di vedere se loro due, se si sarebbero piaciuti davvero, come un uomo ed una donna, arrivati al dunque.
La cosa l'aveva lasciata perplessa - era scontato che due che si sposavano si piacevano. Si piacevano e quindi si sposavano, e anche quelli che si sposavano non piacendosi, si sarebbero comunque piaciuti, non funzionava così per tutti?

Ma poi questo piacere, cosa avrebbe dovuto essere?
Sua madre non gliene aveva mai parlato, solo discorsi spaventosi a base di peccato e fiamme dell'inferno - e bambini che fino a qualche anno prima richiedevano almeno una cicogna e adesso, invece, la dannazione eterna.

Ma lui aveva insistito e a lei non era poi sembrato così importante contraddirlo: il fidanzamento era ufficiale e sposarlo voleva dire che, dopo, avrebbe potuto disporre di lei come voleva, pure picchiarla se gli fosse sembrato giusto, e forse questa storia del voler sapere prima se insieme sarebbero stati felici non era poi così sbagliata.
Anche se quello che lui le stava proponendo le era sembrata una cosa molto vaga e parecchio distante dalla difficoltà del dividere una stanza con un'altra persona - il fastidio di dover accordare i respiri, condividere odori, abitudini e piccole manie, senza mai essere davvero alla pari. Se dormire con sua madre ed essere una figlia obbediente non l’avevano preparata non sapeva cosa avrebbe potuto. Ma lei non aveva studiato proprio niente, se non le preghiere del convento, i sette vizi capitali, le quattro ultime cose, le tre virtù teologali - non conosceva il mondo, cosa ne voleva sapere?

Fa di me ciò che vuoi - gli aveva detto - voglio quello che tu desideri per me.
Era sempre stata una bambina obbediente, quella la sua unica dote assiema al nome dei de Soisson, che però non serviva a pagare il conto del panettiere.

Così si erano presi un anticipo sulla vita lunga da sposati che li aspettava - lui era così sicuro ed orgoglioso, si sentiva più uomo di Lauzun.

Le parve carta vetrata - lo implorò di finire prima possibile, cosa che per sua fortuna fu.
Lui, dopo, bofonchiò qualcosa sul fatto che la prossima volta sarebbe durato di più e lei ricordò di avergli risposto, con voce dolce, che, per quanto la riguardava, andava benissimo così. Pure meno.

Non stava scherzando - se quello era un peccato, era parecchio sopravvalutato, molto meglio quello di gola. A poterselo permettere.

Non si era dovuta rivestire perché tanto non s’era spogliata e non dovette inventare nessuna bugia per coprire una assenza, perché nessuno s’era nemmeno accorto della loro sparizione. Se non fosse stato per il dolore, un imbarazzante rivolo di sangue e i lividi sulla coscia sinistra, dove l'aveva afferrata, avrebbe detto che forse non era nemmeno successo sul serio - una faccenda di nemmeno dieci minuti.

Dopo si erano allontanati, lei non aveva più voluto e lui aveva cercato un'altra più ricca, probabilmente più bella e, onestamente, più entusiasta - una vedova - senza sentirsi in colpa: se lei fosse stata veramente una brava ragazza avrebbe detto di no. Non toccava forse alla donna essere la guida morale? A non tentare l'uomo sulla via del peccato?

Per un attimo aveva pensato che forse era stato meglio così, che se avessero aspettato per scoprire come era quando ormai erano incatenati per l’eternità, forse sarebbe stato peggio.

Questo prima di mettersi a piangere.
Aveva pianto davanti al camino, tutta sola, cullandosi avanti e indietro, per due ore buone - ironico se pensava a quei pochi minuti frettolosi che avevano deciso tutto tra loro.

S'era sentita mancante di qualcosa, difettata, forse non funzionante. Forse lui glielo aveva chiesto perché si capiva che non era adatta al matrimonio e alle sue piacevolezze. L’unica cosa di cui non si era preoccupata era di aspettare un bambino, ma solo perché ci aveva messo un po’ per capire che le due cose erano collegate - quando se ne preoccupò ormai sarebbe stato chiaro che non c'era nulla di cui preoccuparsi, o almeno sarebbe stato chiaro ad una più sveglia - lei si preoccupò per un tempo assurdo. La loro vicina, Madame LeGrande, che aveva sei figli, le parve, di colpo, una pazza.
Poi le era sembrato di aver fallito un esame importante, perso lo scopo della sua vita.
Infine s’era sentita imbrogliata da lui, da sua madre, dall'educazione al convento, dal mondo intero - era giovane e viveva di assoluti.

La cosa davvero devastante era stato il dolore di sua madre, che non conosceva il dettaglio del suo conto in sospeso con l'inferno, dopo la morte: era orripilata da quello che sarebbe avvenuto prima, dal fatto che non si sarebbe sposata.
Sarebbe rimasta ancora a lungo con loro, un peso sulle spalle di suo fratello, forse per sempre perché magari nessuno l'avrebbe voluta, passato il momento rigoglioso della sua giovinezza. Come aveva fatto a perdere un fidanzato, nobile per di più, merce rara e preziosa più del tè e della cioccolata? Cosa aveva combinato? Non era stata sufficientemente dolce? Non era stata obbediente?

Aveva cercato di parlarne con suo fratello, ma lui annegava le sue delusioni con gli amici davanti ad un bicchiere di vino. E poi cosa le avrebbe potuto dire? Lo sapeva che pagava per il piacere e sentiva i suoi apprezzamenti sulle donne che si concedevano gratis - non contavano nulla ed erano di tutti.

Alla fine decise che se fino ad allora nessuno l'aveva voluta veramente, nemmeno la sua famiglia, non c'era nessun motivo per cui un uomo l’avrebbe mai potuta amare.

Così aveva cercato di sparire pian piano senza disturbare: ogni giorno sbocconcellava un pezzetto di pane sempre più piccolo, il suo unico pasto, una espiazione - tutti le avevano detto che gli occhi le erano diventati bellissimi e la pelle di un candore perlaceo. Nessuno aveva notato le sue mani.

Decise quindi per una soluzione rapida - forse la sola libertà che le era concessa era quella: lasciar andare. E poi aveva già commesso un peccato mortale - non lo aveva mai confessato, non perché non fosse pentita, ogni volta che sua madre la guardava con aria disperata, ogni volta che sua madre contava i soldi nel borsellino consunto, se ne pentiva.
Il problema era che Père Girault viveva alla canonica con sua madre, Madame Girault, una donna imponente. Sicuramente le raccontava tutto. Al vescovo avrebbe detto che la confessione era un segreto, ma a sua madre? Ci mancava solo quello, finire sulla bocca delle pettegole del quartiere. E ad andare in un'altra chiesa di sicuro avrebbero ricamato sul perché.
A quel punto un peccato mortale in più, uno in meno, avrebbe fatto differenza?

Mentre era in piedi sulla sedia, pronta per darsi la pace, lo vide passeggiare proprio per la loro strada, con lei sottobraccio; lo vide fermarsi a salutare sua madre.

Osservò, sorprendendosi da sola, che, visti da quella prospettiva, quei tre erano davvero molto piccoli.


A quel punto scese con prudenza dalla sedia.

   
 
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