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Autore: ShadeOfCool    14/08/2019    1 recensioni
Clara ed Ettore sono i protagonisti di questa storia fuori dal tempo e dallo spazio. Il loro unico modo di comunicare è attraverso delle lettere, che li vedono stretti in un metaforico abbraccio inizialmente formale poi sempre più intimo. Ciò che li unisce è un irrimediabile senso di solitudine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Oggi è il giorno più brutto della mia vita, per molti motivi, troppi, più di quelli che sarebbero consentiti ad un uomo. Sono passato davanti ad almeno venti chiese e ad ognuna ho promesso che alla seguente sarei entrato e mi sarei buttato piangente ai piedi dell’altare. Non l’ho fatto.

Forse avrei dovuto.

Forse chiedendogli scusa avrebbe smesso di rigirare il suo grande coltello onnipotente nelle mie piaghe.

Mio padre diceva sempre che raschiato il fondo si può solo risalire, che anzi il fondo spesso e volentieri ha le molle e ti da una bella spinta verso su. Mio padre diceva anche che non si inizia un discorso con “Mio padre diceva sempre”, soprattutto se si vuole far colpo su una donna. Ma oggi mi ha detto che gli hanno diagnosticato una leucemia, quindi scusami se per oggi non tento di far colpo su di te.

Il medico dice che, con le cure che farà, potrà “rompere le scatole ancora per molto”. A me non hanno mai fatto ridere i medici che tentano di fare gli attori comici nelle situazioni tragiche. Mio padre non hai mai “rotto le scatole” a nessuno, men che meno a me. Mio padre non fuma, non beve, va a correre ogni giorno da quando è in pensione e – cosa che gli invidio più di tutte – mi vuole ancora bene.

Mi vuole ancora bene dopo che trent’anni fa ho rotto il mio primo motorino appena uscito dalla concessionaria, dopo che con i soldi del mio primo stipendio ho comprato un cane costosissimo che ho fatto scappare in un paio di giorni, dopo che gli ho sbattuto porte in faccia e detto parole che non si possono ripetere.

Ma questo non conta niente, non conta che si sia svegliato alle cinque per quarant’anni, solo per darmi i soldi per fare questo lavoro di merda. Non conta che gli devo i vestiti che indosso, il caffè che bevo ogni mattina, la mia casa, il mio lavoro, tutta la mia vita, persino te. Sì Clara, perché se sto con te – o stavo, visto come vanno le cose – è solo perché, in mezzo alla rabbia che ho sempre inspiegabilmente riservato alla vita, lui è riuscito ad insegnarmi non l’amore ma la pazienza, la gentilezza e il rispetto.   

Sono arrabbiato. Tu dormi in un letto di ospedale per colpa mia e tuo padre mi odia.

Se non morirò questa notte mi alzerò con delusione.

Ti amo lo stesso, ti amo sempre e disperatamente.

Ettore
   
 
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