Il
caldo, nelle notti di quel Settembre, allentava un po' la morsa.
Quel
tanto perché i giri di ronda non diventassero passeggiate
infernali
con la tuta che si appiccicava alla pelle sudata. Ma comunque non
abbastanza per renderle piacevoli.
Per
lo meno nel rifugio c'era una sorta di fresco che non sapevano se
fosse o no magico, mentre lì fuori, sul tetto di un palazzo
a
guardare le luci artificiali della città pulsare, un rivolo
di
sudore imperlava la fronte di Isabel, sotto il ciuffo castano.
Lei
lo deterse con il dorso della mano, prima di sbuffare via infastidita
i capelli dalla faccia. Raphael scostò la ciocca con un
tocco
gentile, portandola dietro il suo orecchio.
Si
beccò un sorriso grato e amorevole come ricompensa.
Mikey
li osservò e scosse la testa, con un sorrisino.
Poté
quasi sentire Steve al suo fianco rollare gli occhi al cielo. Angel
occhieggiava la coppia, a metà tra il commosso e il dubbioso
e Mikey
si chiese a cosa stesse pensando.
E
Leo dava loro le spalle, intento a fissare nel cielo nero e scuro
sopra di loro.
Erano
tutti lì, riuniti.
Non
potevano davvero discutere al rifugio, -o meglio ovvio che potessero,
non c'erano segreti,- ma volevano togliere fuori e discutere teorie e
pensieri senza fraintendimenti o col rischio di allarmare
prematuramente Samantha.
Avevano
pensato tutti la stessa identica cosa.
“È
sicuramente una trappola” esclamò Leonardo,
voltandosi verso di
loro e dando finalmente voce a quel dubbio che li divorava tutti.
Donatello
era rimasto al rifugio con Leatherhead per continuare gli esperimenti
per il contro-siero, ma anche lui era ovviamente d'accordo con la
loro teoria.
L'unica
ignara era forse Samantha, troppo sconvolta dalla notizia della morte
dei Williams per pensare a qualcosa di strano: era stata la botta
finale.
Era
rimasta catatonica, a fissare il vuoto, poi si era andata a chiudere
in camera di Isabel, per pensare. Non voleva l'eredità,
aveva detto.
Non le importava niente.
Michelangelo
aveva rispettato il suo desiderio di stare da sola, per quanto gli
facesse male vederla così.
“Donnie
ha provato a controllare i file della polizia, i Williams erano
benestanti e ben conosciuti nella comunità,
perciò hanno fatto le
cose per bene nelle indagini della morte: tuttavia, i corpi si sono
potuti riconoscere solo grazie alle impronte dentali, per colpa
dell'incendio che ha distrutto ogni traccia. Tracce di percosse o di
prigionia, ad esempio” raccontò il leader con tono
secco.
“Hersen
potrebbe aver rapito i Williams. E dopo aver capito che non erano
biologicamente imparentati con Melissa, potrebbe averli torturati per
farsi dire quello che sapevano sulla figlia adottiva”
continuò
Raphael, indovinando i suoi pensieri.
“Allora
saprebbe che Melissa ha una sorella gemella. Magari l'ha cercata fino
ad ora ed è solo grazie al fatto che Sam era vestita da
ragazzo che
non è stata presa... se non l'avesse trovata
Mikey...” disse
Isabel con voce grave, guardando verso il mutante dalla benda
arancio, con apprensione.
Lui
si sentiva ribollire di rabbia e disgusto e sapeva che il suo volto
esprimeva il suo tumulto interiore.
Se
non avesse incontrato Samantha quella notte... che cosa avrebbe
potuto succederle? Se Hersen l'avesse presa, prima che lui la
incontrasse, il suo destino sarebbe stato segnato come quello della
sorella.
Melissa
era morta per colpa sua, era un rimorso che non avrebbe mai trovato
pace, ma si sarebbe dannato l'anima per proteggere Sam. Ora che era
con lui, non avrebbe permesso che le accadesse nulla.
E
al sicuro nel rifugio magico, se anche Hersen avesse saputo dove
fosse prima, era irrintracciabile.
“Aspetterà
che si presenti per ritirare l'eredità per
rapirla” sputò fuori
con furore.
“Ma
Sam non vuole l'eredità. Anche se fosse una trappola, non
funzionerebbe. Evidentemente Hersen non sa nulla su Samantha”
intervenne Raphael, con un ghigno compiaciuto.
Gli
piaceva quella ragazza, era tosta e aggressiva, e in più
sembrava
riuscire a tenere testa a Michelangelo, il che era decisamente una
cosa buona.
“Quindi
qualsiasi piano Hersen potrebbe avere per prendere Sam non
funzionerebbe. Ma poi? Continuerebbe a cercarla comunque. E noi non
possiamo tenerla nascosta sotto terra per sempre”
esclamò irata
Isabel; non con loro, ma irata. “Io so cosa si prova a
nascondersi
per così tanto tempo da non sapere più cosa sia
la normalità, e
non voglio che anche Sam lo provi.”
Raphael
la afferrò e la strinse a sé e lei gli rivolse un
sorriso
innamorato, prima di rivolgersi nuovamente a loro.
“Dobbiamo
trovare il modo di eliminare la minaccia di questo Hersen una volta
per tutte. Quindi, ho un'idea. Può sembrare stupida, ma
è l'unica
che mi venga in mente per ora.”
Rimasero
tutti ad ascoltarla mentre lei spiegava gesticolando animatamente il
suo piano, dettagliatamente, i pro e i contro. Sembravano tutti
dubbiosi, eppure in qualche modo incuriositi.
Quando
lei finì rimasero in silenzio a pensare, a valutare.
“Non
so se funzionerebbe. Non assomigli a Sam. Ma non c'è nulla
di male a
provare, nel peggiore dei casi sappiamo che sei in grado di
difenderti egregiamente” disse infine Leonardo, con un
sorriso
mite.
A
quelle parole Raph la strinse un po' più forte, il fantasma
della
sua sparizione ancora vivo in lui, gli incubi sulla sua presunta
morte sempre presenti.
Isabel
si accoccolò contro di lui, un sorriso triste sul suo volto.
“Andrà
tutto bene” lo rassicurò, convinta.
“Dobbiamo proteggere Sam”
aggiunse decisa.
Pianificarono
come muoversi da quel momento in avanti e chi avrebbe avvisato
Donatello e Leatherhead della cosa, ovviamente senza fare sapere
nulla a Sam.
Non
che volessero tenerla all'oscuro, ma Sam era decisamente un tipo
impulsivo e irrazionale, come Raphael, e se avesse saputo della
trappola era molto probabile che ci si sarebbe buttata dentro con
tutte le scarpe nel desiderio di vendetta.
Si
separarono e iniziarono la ronda, divisi in tre squadre. Leo e Steve
sparirono in una direzione, mentre Isabel, in ronda con Raphael,
decise di prendere la stessa strada di Michelangelo e Angel.
“Come
va?” chiese distrattamente, avvicinandosi al suo
auto-proclamato
fratello maggiore.
Michelangelo
le rispose con un sorriso che non trasmetteva appieno la sua solita
allegria. I suoi pensieri si intuivano facilmente, così come
tutta
la stanchezza e il nervosismo che provava da ormai quasi due
settimane.
“Tutto
ok. Non vedo l'ora di tornare al rifugio, voglio vedere come sta
Sam.”
Un
ghigno stirò le labbra di Isabel per un istante.
“Lei
ti piace” disse, come un dato di fatto.
E
Michelangelo non ci provò nemmeno a negarlo
perché era palese e lui
non era il tipo che nascondeva i suoi sentimenti.
“La
adoro. Sto diventando pazzo per lei. È forte, tosta, furba,
divertente e bellissima. Darei un braccio per poterla... aah, ma cosa
sto dicendo? Sua sorella è morta per causa mia! Non credo
che-”
Isabel
fermò la sua corsa sui tetti, prendendolo per una spalla e
inchiodandolo lì dove si trovavano. Non aveva ancora la
maschera sul
viso e i suoi occhi scuri fiammeggiavano.
“Tu
hai cercato di salvare Melissa. Le hai dato affetto e calore quando
era diventata un mostro che nessuno avrebbe aiutato, le hai dato
così
tanto che sei diventato la sua persona speciale, così tanto
che ti
ha donato il suo tesoro più prezioso, il suo bracciale,
metà
perfetta di quello di Sam. Tu hai salvato Melissa. L'hai fatta
sentire umana almeno una volta ancora prima che morisse. Sono sicura
che anche Sam lo pensa.”
Michelangelo
sorrise tristemente, prima di abbracciarla forte. Rovinò
l'intenso
momento due secondi dopo, stampandole una pernacchia sulla guancia e
facendola ridere.
Isabel
si staccò con un risolino e si pulì la guancia
con la manica della
tuta, dandogli una pacca disapprovevole sul braccio.
Michelangelo
rise con lei, più leggero, prima di chiedere:
“Allora,
pensi che avrei una chance?”
E
Isabel smise di ridere, commossa dalla sua fiducia nell'aprirle il
suo cuore in quel modo.
“Sì,
ne sono sicura. Ma solo se giochi bene le tue carte”
annuì
convinta.
“Per
esempio potresti essere meno fastidioso” si intromise la voce
di
Raphael, ricordandogli che era lì con loro insieme a
Angel.
Isabel
diede un pizzico irato al suo fidanzato per punirlo della sua
boccaccia, mentre Angel sembrava imbarazzata e conflitta, stranamente
silenziosa.
“Ok!
Allora prima la salviamo da Hersen e dopo la sedurrò col mio
fascino” esclamò deciso e autenticamente
Michelangelo, di nuovo sé
stesso.
Raphael
rise derisorio, beccandosi un altro pizzico da Isabel, mentre lei gli
sorrideva convinta.
“Non
sottovalutarmi, fratello. Se tu sei riuscito ad acchiappare uno
splendore come Isabel, io posso avere la ragazza più tosta
del
mondo!” annunciò con un ghigno e uno scintillio
negli occhi.
“Ehi,
sarei io la più tosta del mondo!”
soffiò offesa Angel, che
sembrava essersi ripresa da suoi pensieri.
“Va
bene, la bionda più tosta del mondo, allora.
Contenta?” si difese
Michelangelo, mentre lei gli faceva una linguaccia. “E poi,
mia
tosta Angel, sei la mia sorellina. E se non lo fossi, che ne
è di
Kevin, il tizio con cui uscivi? O era Kermit?”
Lei
rollò gli occhi al cielo per la sua palese presa in giro.
Poi la
bocca si piegò in una smorfia amara, come se avesse leccato
un
limone.
“L'ho
lasciato, mesi fa. È un idiota e io non voglio
più avere nulla a
che fare con lui” esclamò stizzosa la ragazza.
Poi, vedendo le
loro espressioni, un misto tra curiosità e compassione,
aggiunse:
“Era
uno schifoso omofobo, ci credereste? Ha detto cose orribili su una
coppia di amici ad una festa e io l'ho preso a schiaffi e poi l'ho
lasciato lì.”
Le
sue sopracciglia erano così aggrottate da essere una unica
linea di
furia.
Mikey
le applaudì con un ghigno colpito e Raphael le
mandò un pollice in
su, soddisfatto.
“Hai
una calamita per gli idioti, Ange, mi spiace. Il prossimo ragazzo
dovrà avere la mia approvazione, prima!” disse
Michelangelo
stringendola sinceramente e lei lasciò andare via un po'
dell'arrabbiatura nell'abbraccio
“No,
per un po' voglio stare da sola. Pensare un po', riflettere”
mugugnò pensierosa.
“Ok,
ma devi fare il tifo per me e Sam! Non che abbia bisogno di aiuto, ma
il sostegno non mi dispiacerebbe!”
“Ah,
auguri! Sam è una davvero in gamba, dovrai sudare per
conquistare una come
lei!” esclamò Angel con una risatina e una
scrollata di testa.
Negli
occhi di Mikey passò un lampo di sfida e tirò su
il mento.
“Vedrai!
Prima la salvo e poi la conquisto!E il prossimo matrimonio
sarà il
nostro.”
Nella
notte risuonò la risata sarcastica di Raphael, lo
scappellotto che
Isabel gli rifilò, e un “ehy” indignato
di Michelangelo.
Angel
li guardava e scuoteva la testa, prima di riportare gli occhi al
cielo.
Sam
era rimasta nella sua camera per ore, prima a fissare il soffitto con
dolore e frustrazione poi, preda della noia quanto dello sconforto,
aveva iniziato a far rimbalzare una palla contro il muro, mentre la
testa vagava.
Tutto
il suo mondo era in continua mutazione, si ribaltava e ribaltava
ancora, e niente aveva più senso, neppure quello che provava.
Si
chiese se fosse almeno lontanamente paragonabile a quello che aveva
provato Melissa quando era stata mutata, quando era capitata
lì
sotto anche lei, quando tutta la sua vita era stata capovolta da un
misero errore, una fatalità così stupida.
Si
disse che qualunque dolore o confusione stesse provando non era nulla
in confronto a ciò che aveva dovuto passare sua sorella.
E
si sentì egoista e meschina per lasciarsi andare
così.
Si
alzò con un gesto secco e un grido rauco, scagliando la
palla con
forza di fronte a sé: rimbalzò a
velocità impressionante, tra mura
e soffitto, rompendo un paio di ninnoli di Isabel nella sua
traiettoria.
Sam
si sentì in colpa anche per quello e la sua rabbia
aumentò.
Spaccare
le cose di Isabel non era il modo migliore per sfogare la sua ira
crescente, perciò decise di allenarsi un po' al sacco da
boxe di
Raphael, almeno finché le nocche non avessero iniziato a
sanguinare.
Al
piano di sotto non c'era nessuno, come al solito. Donatello e
Leatherhead lavoravano ancora al contro-siero, mentre Splinter amava
passare le serate nel dojo a meditare.
Sam
voleva imparare a combattere come loro, -aveva visto Isabel
combattere contro Leonardo ed era stato magnifico; anche Steve era
davvero in gamba,- ma lo strano ratto non aveva voluto insegnarle.
Non
ancora, le aveva detto. Non era ancora il momento.
E
Samantha si era segretamente arrabbiata e c'era rimasta male, come se
fosse in difetto, come se lei non fosse degna di un onore
così
grande, e neppure le parole successive del maestro, che le avevano
assicurato che un giorno le avrebbe insegnato, avevano cancellato
quel senso di vergogna e rifiuto dal suo cuore.
Iniziò
a colpire il sacco con colpi secchi, senza guanti né
protezione, uno
dopo l'altro senza quasi prendere fiato, solo il duro schiocco della
carne contro la pelle consunta e il tintinnio della catena nel
silenzio colmo di respiri affannati.
Ogni
colpo corrodeva appena la superficie del suo dolore, staccava appena
la patina di rabbia che la colmava.
Era
una gara tra la resistenza del sacco e quella delle sue mani.
“Non
dovresti farti del male così” disse una profonda
voce,
allarmandola.
Era
colma di gentilezza, forse fu quello a bloccare la sua furia e a
costringerla a voltarsi, mentre il sacco ancora dondolava per il
colpo subito.
Leatherhead
la osservava con curiosità e comprensione, nel suo camice da
laboratorio.
Forse
aveva finito per la giornata e stava tornando a casa sua, ovunque
fosse casa sua. Sam non lo sapeva, non c'era mai stata.
“Stavo
per prendere una tazza di thé. Vuoi unirti a me? “
le chiese un
po' titubante, giocherellando con le dita di una mano per il
nervosismo.
Sam
trovava il contrasto tra la sua stazza enorme e la sua gentilezza
molto dolce, c'era qualcosa in Leatherhead che le impediva di
arrabbiarsi, che le scioglieva il cuore, come solo Melissa prima di
allora era riuscita a fare.
Acconsentì
con un cenno del capo e lo seguì nella cucina, in cui
l'enorme
mutante si mosse con gesti sicuri, mettendo un bollitore sul fuoco,
prima di voltarsi verso lei.
“Gradisci
anche un paio di biscotti?”
Sam
gli sorrise furba, prima di accettare con slancio.
“Come
mai tu non vivi qui con loro?” gli chiese d'un tratto, mentre
Leatherhead sistemava un paio di biscotti al miele sul un piattino.
“Io...
non sono come loro” rispose dopo qualche attimo di silenzio,
con un
tono più cupo del solito.
I
suoi occhi divennero a fessura per un secondo, dandogli un aspetto
ferale, ma passò in fretta come era apparso e Sam avrebbe
pensato di
esserselo immaginata, se non lo avesse già visto accadere la
prima
volta in cui si erano incontrati.
“Io
sono più instabile di Michelangelo e degli altri. Perdo il
controllo
facilmente e non riesco a controllare la mia parte animale. Divento
aggressivo e non distinguo tra alleati o nemici. Sono pericoloso per
i miei stessi amici” spiegò lui, tristemente.
Samantha
percepì il suo dolore e si ricordò di qualcosa
che lui le aveva
detto quando si erano incontrati, qualcosa sul suo passato, su un
rapimento e torture che qualcuno gli aveva fatto.
“Parlami
di te. Dall'inizio, dal momento in cui sei mutato.”
Non
c'era stato un 'per favore' o un 'potresti' nella richiesta di Sam,
che la distinguesse da un ordine, ma Leatherhead sentì la
cortesia
nel tono gentile che la ragazza aveva usato, che mostrava che ci
teneva.
Così,
davanti ad una tazza di thé caldo e biscotti, il coccodrillo
mutante
raccontò con pazienza la sua storia, prendendo una pausa
ogni tanto
in un ricordo particolarmente difficile, senza tuttavia mai perdere
la calma.
E
Sam ascoltò ogni parola, e offrì il suo sostegno
e la sua
indignazione condita con furia, che strappò perfino una
risata
lusingata in Leatherhead che rischiò di mandargli di
traverso il
thé.
Si
confrontarono, chiacchierarono, si consolarono a vicenda, e quando
Donatello uscì un'ora dopo per cercare Leatherhead, li
trovò così
immersi nel loro mondo da non osare disturbarli, ritornando al
laboratorio in silenzio, con un tenue sorriso in volto.
Il
piano era estremamente semplice.
Eppure
proprio per quello non erano certi che sarebbe riuscito.
Isabel
avrebbe contattato l'avvocato degli Williams e si sarebbe fatta
passare per Samantha, con parrucca e lenti colorate, per poter
controllare se il testamento fosse o meno una trappola: se lo fosse
stato, sarebbe intervenuta immediatamente e avrebbe neutralizzato
Hersen e qualunque scagnozzo potesse avere; se tutto quello non era
una trappola, ma un vero lascito a favore di Sam, avrebbe fatto in
modo che la ragazza potesse avere ciò che le spettava.
Se
l'avessero scoperta, cosa molto probabile, avrebbe usato un po' di
magia per confondere i suoi interlocutori perché la
credessero
davvero Sam.
C'erano molte cose che potevano andare male, ma le avevano vagliate
tutte e per tutte avevano pensato ad una contromisura immediata.
Si
sentivano perciò pronti.
Uscirono
un pomeriggio diretti allo studio notarile, cercando di non dare
nell'occhio; e risultava un po' complicato, con Isabel conciata con
una voluminosa parrucca bionda a boccoli e finti occhi grigi.
“Mi
sento ridicola” sussurrò a nessuno in particolare,
mentre si
avvicinava allo spesso portone in legno massello dell'elegante
palazzina in mattoni rossi.
Sentì
Mikey e Raphael ridere nell'auricolare, di gusto.
“Il
biondo non è certamente il tuo colore”
esclamò l'ultimo con uno
sbuffo divertito.
“Sì,
non ho intenzione di cambiare, tranquillo. Sam rimarrà
l'unica
bionda in famiglia.”
Mikey
pigolò emozionato per la sua uscita, ma Isabel non
riuscì a seguire
i seguenti scambi di battute, perché il portone si
aprì e un
distinto maggiordomo la invitò ad entrare.
Lo
studio era compreso nella casa del notaio della famiglia Williams e
tutto trasudava eleganza e benessere, di certo non ispirava l'idea di
una trappola architettata da Hersen o chicchessia, era tutto troppo
artefatto perché potesse esserlo.
Tuttavia,
rimase sul chi vive, mentre attendeva nello studio abbellito di
dipinti in stile barocco, invidiando gli altri che attendevano di
fuori.
Mikey
era parcheggiato nel furgone in un viottolo lì vicino, da
cui poteva
avere la visuale sulla via senza però essere in bella vista;
aveva
accompagnato Isabel e doveva rimanere di guardia su movimenti
sospetti nella zona.
Leo
e Raph pattugliavano i cieli, sulla palazzina dall'altro lato della
strada, da cui potevano osservare ogni punto cieco, attenti ad ogni
cosa inusuale.
Donnie
era rimasto al rifugio, anche se era stato messo al corrente del
piano, sia per continuare a lavorare al siero, sia per distrarre Sam
nel caso si fosse accorta della loro assenza.
Poteva
funzionare, un paio di ore sarebbero bastate per il loro piano e a
seconda dell'esito avrebbero poi deciso il da farsi.
Isabel
attese, con tutta la calma possibile, pensando mentalmente a
ciò che
avrebbe dovuto dire se il notaio le avesse fatto domande personali
sulla vita di Samantha.
Non
seppe dire quanto tempo passò, nel silenzio snervante. Non
poteva
nemmeno comunicare con gli altri per distrarsi, non sapeva se fosse o
meno sotto controllo e parlare da sola non era di certo il modo
migliore di presentarsi.
Studiò
ogni cornice con noia e ansia crescente, sperando che tutto andasse
per il meglio.
Non
c'era molto che Raph e Leo potessero fare, se non scrutare verso il
palazzo e la via dall'alto, attenti a persone sospette o movimenti
strani; non sentivano nulla provenire dagli auricolari, ma sapevano
che funzionavano per via del rumore statico, quindi non si
preoccuparono: evidentemente Isabel non poteva parlare al momento,
quindi si decisero ad attendere gli sviluppi.
In
silenzio.
Erano
troppo concentrati per parlare tra di loro o con Michelangelo, anche
lui a portata di segnale radio.
Il
sole picchiava forte sulle loro teste e Raphael stava per aprire
bocca per lamentarsi, e rimpiangere per una volta l'oscurità
della
notte, quando un sibilo acuto saturò l'aria tutto attorno a
loro,
diffondendosi in ogni dove: si voltarono entrambi e si trovarono
davanti ad un muro compatto di volti fin troppo dolorosamente
familiari.
Era
decisamente una trappola.
C'erano
dieci o dodici umani mutati, la luce del sole rifletteva sulle loro
squame blu, sui denti da squalo affilati e gli occhi completamente
neri, rendendoli ancora più inquietanti: era passato del
tempo
dall'ultima volta in cui avevano visto degli esseri simili, durante
la battaglia contro Hersen, ma non avevano dimenticato affatto la
loro ferocia e aggressività, né la loro assoluta
mancanza di
controllo.
Ma
tutto quello che riuscirono a pensare in quel momento era che quel
bastardo aveva di nuovo e davvero mutato altri innocenti in mostri,
soggiogandoli al suo potere e costringendoli a morire prematuramente
per colpa dell'incompatibilità del siero.
Per
un momento dimenticarono anche Isabel che attendeva nello studio, il
pensiero solo sulle creature e su Sam, l'unica chiave di salvezza per
loro, forse.
Era
una fortuna che fosse al sicuro nel rifugio magico.
I
mostri sguainarono i lunghi artigli neri, affilati come lame, con un
ringhio gutturale, e senza dargli nemmeno un secondo in più
si
lanciarono all'attacco, precisi e veloci, implacabili: erano
agilissimi, sparivano alla vista in un soffio e riapparivano solo al
momento del colpo, diretto verso gli organi vitali o la gola,
prediligendo l'attacco alle spalle.
Si
ritrovarono accerchiati e in balia del loro ritmo, riuscendo solo a
parare o a schivare con difficoltà, sempre più
difficilmente:
entrambi sfoggiavano nuovi tagli e lacerazioni sul viso e sulle tute,
il respiro era corto e pesante per lo sforzo e il dolore e c'era
un'ansia pressante che li stringeva entrambi, il pensiero di sapere
se Isabel fosse o no in pericolo.
Lo
scontro sarebbe potuto finire in fretta, se avessero fatto sul serio,
ma non volevano colpire gli umani mutati, non seriamente perlomeno;
cercavano di rallentare i loro movimenti e pensare a come poterli
intrappolare senza ferirli, ma non gli veniva in mente nulla
nell'impeto della lotta e la situazione non sembrava dover cambiare.
Probabilmente avrebbero prima attirato l'attenzione dei Newyorkesi,
allarmati dalle loro grida e dai rumori di lotta sul tetto di un
palazzo in pieno giorno e sarebbe stato l'intervento della polizia ad
interromperli.
Raphael
si lanciò con i pugni contro due di loro, -i Sai non li
aveva
nemmeno sguainati per non rischiare di ferirli,- e ne colpì
uno alla
spalla mandandolo indietro per la forza del colpo, ma quello subito a
sinistra si avvinghiò al suo braccio e lo morse con tutta la
sua
forza, penetrando la carne mentre la bocca si riempiva di sangue.
Raphael
urlò, un grido roco che di sicuro riuscirono a sentire
tutti,
perfino nelle strade lì sotto.
Poi
accaddero più cose contemporaneamente: un fascio di luce
splendette
più forte del sole, per un istante, un tuono
rombò molto vicino e
Raphael si sentì lasciare andare.
Le
grida cessarono e così gli attacchi.
Isabel,
senza parrucca e con gli occhi bianchi, teneva una mano ritta di
fronte a sé, sugli umani mutati racchiusi in una bolla
pulsante di
magia: si erano bloccati nel vederla, con uno scintillio di terrore
negli enormi occhi neri, ma sguainavano i denti contro di lei, in una
vana minaccia.
La
collana al suo collo smise di pulsare di rosso e la pietra si spense,
ritornando di un innocuo e opaco viola.
“Sono
questi i mutanti di Hersen?” domandò senza
voltarsi, continuando a
studiarli. Gli occhi erano di nuovo normali o per quanto potessero
esserlo con le lenti colorate; mentre teneva la barriera con la mente
avvicinò le dita agli occhi e le tolse, strofinando poi le
palpebre
chiuse per il fastidio per un attimo, prima di tornare a fissare i
loro assalitori.
“Sì,
questi però sono diversi da com'era Melissa. Hersen li
chiamava 'gli
scarti' perché son più aggressivi e senza
controllo, per quanto
pare che lui riesca in qualche modo a farlo” rispose
Leonardo,
avvicinandosi cautamente alla bolla, per studiarli meglio.
Una
delle creature si fiondò contro di lui con ferocia, e anche
se
sbatté contro la barriera con un tonfo doloroso e potente,
continuò
a graffiare e a schiantarcisi per cercare di uscire, finché
Leo non
si allontanò, indietreggiando verso Isabel.
Erano
tutti irrequieti e ancora più violenti, se possibile.
“Ho
paura che esploderanno da un momento all'altro” disse con
voce
greve Raphael, reggendosi il braccio ferito contro il petto.
“Posso
bloccarli” propose Isabel pensierosa, ancora fissa su di
loro. Il
suo sguardo si era addolcito, quasi come se sentisse la pena interna
di quelle creature che un tempo erano state semplici umani.
“Li
lascerò chiusi in una bolla senza tempo, saranno come
congelati, in
stasi. Così non esploderanno, per ora.”
“Puoi
farlo davvero?” domandò Leo con tono sorpreso,
quasi incredulo.
Isabel
annuì con vigore, prima di aggiungere, con tono cupo:
“Non
per molto, però. Dobbiamo trovare un contro-siero il prima
possibile.”
Il
suo corpo si illuminò intensamente, le braccia tese davanti
a sé, e
la bolla che conteneva i mutanti splendette di rosso, blu, verde e
giallo in successione, prima di diventare bianca e incorporea: al suo
interno si bloccarono tutti in pose statiche e i loro occhi si
chiusero lentamente, le loro grida cessarono; caddero in un sonno
magico.
Isabel
smise di brillare e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi
con un
sospiro sofferto. In un paio di falcate si portò davanti a
Raphael e
gli prese la mano tra le sue con gentilezza, portandola alle labbra:
il sangue smise all'istante di uscire e la ferita si
rimarginò in
pochi attimi, lasciando solo il ricordo del dolore di poco prima.
Raph
le sorrise grato e lei, lasciata andare la mano, si sporse verso
l'alto per dargli un veloce bacio sulle labbra. Quando si
scostò e
fece un passo indietro, era seria e concentrata.
“Era
davvero una trappola. Allo studio non è successo nulla, il
notaio si
è spaventato quando la collana si è illuminata,
ma forse Hersen
avrebbe fatto irruzione per rapirla se ci fosse stata Samantha.
Sapeva che io non ero lei e sapeva che voi eravate qui a sorvegliare,
probabilmente sa che Sam è con noi, ormai. Dobbiamo avvisare
Donnie
e Mikey per- Mikey! Può essere stato attaccato anche
lui!”
Leo
e Raph si scambiarono un'occhiata allarmata e si presero mentalmente
a calci per non averci pensato, e tutti e tre scattarono in avanti,
diretti verso il vicolo poco più avanti.
“Non
risponde” esclamò con preoccupazione Leonardo, che
nel mentre
continuava a cercare connessione sia con l'auricolare che con il
telefonino.
Michelangelo
risultava irrintracciabile.
Il
furgone era lì dove lo avevano lasciato, ma la portiera del
guidatore e gli sportelli posteriori erano spalancati.
Non
c'era traccia di anima viva.
Si
gettarono di sotto con un balzo coordinato e urgente, gli occhi
attenti a qualsiasi traccia o indizio.
Videro
subito la scia di sangue che si allontanava dal furgone, via via
più
sottile, e i loro cuori si strinsero in una morsa di ansia.
Leonardo
mise mano al telefonino.
“Donnie,
abbiamo bisogno di te” disse dopo qualche istante, cupo e
tormentato.
Spiegò
velocemente al genio cosa era successo e gli chiese di tracciare il
cellulare di Michelangelo in fretta, ma Donatello rispose con tono
urgente mentre in sottofondo si sentiva un ticchettio di tasti,
assicurando che la quadratura del cellulare di Mikey corrispondeva
con la sua e quella di Raph e quella di Isabel; il leader
ispezionò
per bene il vicolo e si accorse, tra i rifiuti lasciati contro il
muro, dello scintillio di metallo e plastica: un shellcell con un
angolo sbeccato e lo schermo nero, forse caduto in una fuga o forse
colpito assieme al suo proprietario.
Isabel
lo raccolse e lo studiò con sguardo preoccupato, mentre Leo
ascoltava Don, che intanto faceva teorie su cosa potesse essere
successo e su come trovare Mikey.
Poi,
di colpo, il leader allontanò il telefono dall'orecchio con
una
smorfia di dolore, mentre dall'apparecchio si diffuse un ruggito
disumano, udibile anche a quella distanza.
“Sam
non c'è!” sentirono urlare Donnie, spingendo
Leonardo a premere
infine il tasto di vivavoce e permettere così anche agli
altri di
sentire.
“Leatherhead
è andato a controllare e Sam non c'è
da nessuna parte!”
aggiunse il genio, e sentirono i suoi passi concitati, misti a quelli
pesanti e gravi di Leatherhead, che intanto non aveva smesso di
ringhiare.
“È
uscita dal rifugio, ma non so se c'entri con la sparizione di
Michelangelo. Proverò a tracciare il suo cellulare, ma ci
vorrà un
po' di più, non conosco il segnale.”
“Fai
più in fretta che puoi, Donnie. Noi cerchiamo qualche altro
indizio
qui, appena sai qualcosa chiama e ci mettiamo subito in moto.”
“Io
e Leatherhead verremo con voi” esclamò
immediatamente il genio.
Leo
annuì col capo, più a sé stesso, ma
seppe che il fratello aveva
compreso senza aver bisogno di vederlo.
“Contiamo
su di te” disse, prima di chiudere la chiamata.
Raphael
e Isabel lo osservavano con i volti scuri di preoccupazione, lei
teneva il cellulare di Mikey stretto nel pugno, contro il petto.
Era
andato tutto peggio di come avessero immaginato, decisamente peggio:
non solo Sam era scomparsa, ma anche di Mikey non c'era traccia, e
l'unica cosa che sapevano è che uno dei due poteva essere
ferito o
in mano ad Hersen.
Non
poteva andare di certo peggio, o almeno così speravano.
Note:
La storia
è quasi finita, siamo a meno tre capitoli.
Ma la serie durerà ancora.