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Autore: LongShot    15/08/2019    1 recensioni
varie Oneshot più o meno collegate tra di loro che mostrano il progresso tra Emi e Luna, due sconosciuti che stanno sempre assieme per via di coincidenze o della loro cotta, una detesta l'altro, l'altro vuole essere suo amico: riusciranno a diventare amici, oppure forse diverranno qualcosa di più?
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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"Emi, questa è Luna" Ci fu un attimo di silenzio.
"…piacere." Emi arricciò leggermente il naso, ma riuscì a tenere un sorriso forzato in bella mostra.
"piacere." la risposta di Luna fu altrettanto seccata, come se la sola presenza dell’altro li mettesse entrambi a disagio.
Gemma, la ragazza che li aveva appena presentati, mise un braccio attorno al collo Entrambi e sorrise.
"Su! andiamo a prenderci un gelato!" Trascinò di forza i due ì verso la gelateria. Quella era la prima volta che Luna ed Emi si erano anche solo incrociati, ma già non si piacevano affatto. Tra i motivi per cui Luna lo detestava c’era il fatto che entrambi stavano dietro a Gemma per… motivi, il fatto che il ragazzo era almeno una testa più alta di lei ed il suo sorriso da idiota che le dava ai nervi. Le dava sui nervi la sua barbetta che la punzecchiava e le dava fastidio che potesse portare Gemma in braccio.
Emi invece aveva altri, tuttavia simili, motivi.
Ad emi non piaceva che lei stesse dietro a Gemma per ovvi motivi oppure il fatto che lei fosse bassa e carina al contrario di lui, non le piaceva che fosse paffuta e morbida, non le piaceva che era più in confidenza con la ragazza che gli piaceva, cioè Gemma.
I due ragazzi, purtroppo, dovevano sopportarsi. Perché? Perché sapevano entrambi che se si fossero scannati di fronte a Gemma la situazione sarebbe solo degenerata. Entrambi ci tenevano tanto a fare bella figura con quella ragazza, entrambi non volevano che l’altro gli rubasse il posto. D’altronde Gemma già aveva molti amici, però loro erano i suoi migliori amici. Erano avanti a tutti e la cosa era confortante… finché non si ricordavano di l’un l’altro.
Emi, Gemma e Luna uscivano molto spesso insieme, ma la ragazza non si era mai resa conto della loro incondizionata ostilità. Quando Gemma era occupata loro non parlavano e, nel caso in cui i loro sguardi si fossero incrociati,  si guardavano male.
Non parlando mai tra di loro, sapevano ben poco di l’un l’altro. A dirla tutta, non sapevano neanche i loro veri nomi, visto che si chiamavano solo per soprannome.
Un giorno però, rimasero soli ancora una volta. Gemma era dovuta tornare a casa presto e loro erano stati lasciati lì. Non si dissero niente ed ognuno si diresse verso il bus che dovevano prendere che, per coincidenza, era lo stesso.
La situazione era imbarazzante. I marciapiedi erano deserti e loro due erano in piedi ad aspettare l’autobus senza fiatare.
Emi era tutto tranne che un ragazzo coraggioso. Non riusciva mai ad iniziare un discorso con qualcuno che non conosceva e Luna… Non la conosceva.
Emi la guardò con la coda dell’occhio. Aveva il volto girato da un lato per evitare di incrociare gli sguardi e stava con le mani dietro la schiena. I riccioli neri le cadevano sulla guancia lasciando visibile un piccolo neo sulla sua pelle leggermente scura. Le sue labbra cambiavano forma di continuo, facendo delle espressioni buffe. Poi però lei si girò e lo guardò dritto negli occhi, lui arrossì e si girò a guardare da un’altra parte.
«Pervertito.» Disse lei accusandolo
«E-Eh?!»
«Ti ho visto come mi fissavi, stavi sbavando»
«Ma io-»
«Niente ma!» lei voltò il capo dall’altro lato, abbassandolo leggermente «Pervertito» mugugnò.
‘Addio speranza di iniziare un discorso.’ Pensò Emi, poi si avvicinò alla panca per sedersi, ma una domanda lo fermò.
«Come ti chiami?»
Lui si girò verso di lei e la guardò dritta nei suoi occhi neri come il petrolio, per un momento gli parve di vederla arrossire.
«I-Il mio vero nome è Ernesto»
«Mh.» Si aspettava che anche lei dicesse il proprio nome, ma a quanto pare avrebbe dovuto chiederglielo direttamente.
«…Tu invece come ti chiami?»
«Kristel.» La ragazza mantenne una voce monotona
«Kristel?» Ernesto alzò un sopracciglio
«Hai qualcosa da ridire sul mio nome?» lei gli diede un’occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo.
«Eh? N-no! È solo che non lo avevo mai sentito prima..»
«è un nome Albanese.»
«Sei albanese?»
«Sono nata in Italia, ma la mia famiglia è albanese. Certo che oggi hai la parlantina, eh?»
«Oh b-beh ecco io in realtà-» il rumore di freni lo interruppe, davanti a loro si era appena fermato l’autobus. Lui la guardò: voleva dire altro, ma non ne ebbe l’occasione. Lei salì e si sedette lontana da lui.
‘…Beh… sarà per un’altra volta.’
   
 
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