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Autore: funny1723    16/08/2019    1 recensioni
Dal testo:
"Sansa aveva sempre amato fantasticare sul suo futuro. Le piaceva pensare che avrebbe sposato un cavaliere, un uomo retto e dall’armatura splendente."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petyr Baelish, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A MAN LIKE HIM







 
 I want love, just a different kind









Sansa aveva sempre amato fantasticare sul suo futuro. Le piaceva pensare che avrebbe sposato un cavaliere, un uomo retto e dall’armatura splendente.
Sognava spesso che un giorno l’amore della sua vita si sarebbe presentato alla sua porta con una rosa in mano e avrebbe chiesto a suo padre, Ned, il permesso di prenderla in moglie. Avrebbero vissuto insieme una vita felice e prospera, all’insegna dell’amore più puro e dell’eleganza. Una vita perfetta.
Ma quello era il prima.
Prima del loro arrivo ad Approdo del Re, prima di Joffrey, prima di Cersei, prima della morte di Ned. Prima di Ramsay. Aveva subito troppo, visto troppo, fatto troppo.
Ora Sansa alle favole non ci credeva più.
Il mondo non era fatto di uomini giusti e splendenti. Il mondo era un posto oscuro, impastato di sangue innocente e corpi ammassati in putrefazione. Il mondo erano il cadavere decapitato di suo padre, le cicatrici di Sandor, le risate di Ramsay. Il mondo era lo sguardo furente di Petyr Baelish. Erano il suo sorriso affamato, le sue bugie, la sua rabbia.
Quindi no, Sansa non credeva più nelle favole.
Non credeva più niente.
Petyr era stato un buon maestro dopotutto, forse anche troppo. Eppure, anche se Sansa aveva ormai imparato la lezione – e lo aveva fatto a caro prezzo – a volte si ritrovava ancora a fantasticare come una ragazzina frivola e ingenua. Solo che ora non c’erano cavalieri al galoppo, né principesse in attesa di essere salvate nei suoi sogni. Sansa non desiderava più un castello d’oro e un “vissero per sempre felici e contenti”.
No.
Sansa voleva vendetta, voleva la sua famiglia, o quanto meno ciò che ne restava, di nuovo unita, voleva giustizia per il Nord e per la sua gente. Voleva Petyr.
E sapeva di essere stupida, una stupida stupida ragazzina sciocca per questo. Perché Petyr era un mostro. Ma a volte, quando si ritrovava sola a fantasticare nella sua stanza, questo non le importava, in fondo anche lei non era più la ragazza innocente di un tempo.
Non le importava che Petyr fosse un mostro, perché sapeva che quella era la sua natura, niente di più. Petyr era un animale nato e cresciuto in cattività a cui i padroni avevano sempre e solo lanciato gli avanzi. Era stato accudito dall’odio e dall’invidia. E così era diventato avaro, egoista, pronto a tutto per ottenere ciò che desiderava.
Sansa in parte lo ammirava per questo.
E sapeva che se Petyr non l’avesse venduta come carne da macello a Ramsay Bolton, se non l’avesse resa prigioniera nel suo stesso regno, se non ci fosse stato il volto di Catelyn sulle sue labbra la sera, come una preghiera silente. Se non avesse venduto suo padre, se non lo avesse tradito, dando inizio alla fine di tutto. Se Petyr semplicemente non fosse stato un bravo insegnate, allora Sansa sapeva che avrebbe potuto amarlo, sposarlo forse.
Ma quelli erano solo sciocchi sogni di una ragazzina, perché la realtà era un’altra.
La realtà era il Trono di Spade, era l’ultimo sguardo implorante di Rickon, era il sangue sulle mani di Arya.
La realtà era il tavolo freddo sotto le sue mani, era la sua voce ferma mentre emetteva la sentenza, era il passato che gridava giustizia da una sedia a rotelle, era il pugnale che scintillava nelle mani di Arya.
La realtà era che Sansa voleva Petyr, ma a volte il volere qualcosa non basta.   
 
 
   
 
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