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Autore: Rei Ryugo    16/08/2019    1 recensioni
Sequel de "Super pokémon Mystery Dungeon: le cronache dell'Oricalco. Primo atto:il tramonto".
"The loser wallows in ignorance, the king broods hate
in his castle under a gloomy sight, and the jester, disowned,
laugh on this fools. Almighty dark forces, rise and punish the fools,
and offer the blood to the jester. he will make a toast with the falling moon,
and the shadow will wane on the world"
Rukio e i suoi amici sono partiti per risolvere il mistero del Veloscuro, un artefatto maledetto in grado di scatenare un potere oscuro fuori dai canoni del credibile. Lui, il team Skyraiders e il team AWD dovranno affrontare nuovi nemici eccentrici, nuovi intrighi e, soprattutto, loro stessi. Un vecchio nemico è pronto a portare il terrore di nuovo nel mondo sfruttando ogni mezzo possibile, per vendicarsi di tutto e di tutti, tra servitori determinati e malvagi, mentre un vecchio eroe sarà chiamato di nuovo alla ribalta per assistere i due team. Scopriamo insieme il segreto dietro a quelle sciarpe, e tuffiamoci di nuovo in una meravigliosa avventura!
Genere: Avventura, Comico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Grovyle, Lucario
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Anime, Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Super Pokèmon Mystery Dungeon: Le cronache dell'Oricalco'
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Centosettantesimo anno del drago, ore 8.20. A Crillaropoli era un nuovo giorno, un nuovo inizio. Così sarebbe dovuto essere, e così sarebbe stato giusto che fosse. Tuttavia, dopo gli avvenimenti della sera precedente, il tempo si era fermato per i suoi abitanti. Davanti a loro, innanzi a poveri pokémon che non volevano lottare e vivere una vita serena, un futuro incerto si era presentato dilaniante, con la crudeltà di un incendio cavalcante. In quella giornata, allo scoccare delle 12.00, la loro vita sarebbe finita, secondo le limitazione imposte dal contratto con Kurokiba Sobek, il feroce criminale. 

La maggior parte di loro non aveva fatto niente per meritarsi quella fine indegna. Eppure, ella sarebbe giunta, e loro erano consapevoli che non avrebbero potuto fare niente per rimandarla. Alcuni di loro, i più disperati, cominciavano a fare in modo di passare i loro ultimi attimi nel modo migliore: chi spendendo nella locanda di Benji i loro ultimi risparmi; chi riconciliandosi col vicino, di un torto subito troppi anni prima per essere considerati dei peccati insormontabili; chi, infine, passandoli nell'amore, con la propria anima gemella. 

Altri, invece, si sedettero semplicemente sui divani, passando il tempo, tra un bicchiere e un altro, nel ricordarsi i momenti della propria esistenza più gloriosi e vincenti, soprattutto coloro che appartenevano ai vecchi clan, di cui una piccola parte aveva visto con i suoi occhi gli orrori della Guerra dei Sette Giorni. Altri ancora, invece, continuarono la loro vita quotidiana, svolgendo le proprie mansioni, come pulire la casa e i propri panni. 

Gli artigiani, invece, lo passarono scolpendo altre opere, nel marmo o nella pietra. Questi due tipi di pokémon erano i più orgogliosi: pur di non darla vinta a Sobek, avrebbero condotto i loro ultimi attimi come se fosse un giorno normale, come se l'enorme coccodrillo fosse un piccolo granello di sabbia, nel deserto della vita. 

Il loro destino era segnato, ed era giusto affrontare nel modo migliore che si credeva, la conclusione del proprio viaggio. Altri, invece, non avevano perso la speranza. Quei pokémon venuti dal mondo esterno, gli esploratori di Brusilia e Borgo Tesoro, erano ancora vivi, e quel giorno avrebbero tentato il tutto e per tutto, per salvare la loro vita. Loro credevano. Credevano nel Riolu dal cuore nobile, nel Grovyle irremovibile e, in parte, persino nel Frogadier assassino. 

Molti avevano riconosciuto la sua forza in battaglia, allo stesso modo in cui avevano riconosciuto quella del capitano. Nonostante ciò, per ovvi motivi, il figlio di Neronotte rimaneva l'ultima ruota del carro, quello su cui si sarebbe puntato solo se fosse rimasto solo lui. 

Come non comprenderli? La sua stirpe era stata la responsabile dei loro dolori, di quella guerra, della perdita delle loro famiglie. Nessuno avrebbe potuto simpatizzare per la ranocchia, dopo tutto quello. L'unico motivo per cui Shinikage d'Arc Shinso faceva parte dei favoriti, era per il grande spirito eroico che i suoi compagni avevano mostrato nel salvarlo, mostrando a loro una piccola facciata di valore nel ninja oscuro.

Consapevole di questo, e torturato da questi pensieri, la Schiumorana camminava così, all'interno del villaggio, stringendo a sé la Borsa dell'Esploratore, insieme ai suoi compagni, il saggio Kintaka e il sindaco Benji, i quali stavano guidando i forestieri verso la strada che gli avrebbe portati all'Antro della Belva, la tana delle Kuroi Kiba. Tutti quanti stavano procedendo a testa alta, decisi più che mai a salvare Elliot e gli abitanti di Crillaropoli. 

Lui, invece, procedeva a testa bassa, forte della convinzione di non poter in alcun modo reggere lo sguardo dei pokémon in cui aveva incusso timore, soprattutto in quelli in cui aveva direttamente rovinato la vita. Quando passavano gli esploratori, tutti quanti si facevano da parte. Per evitare di scansarsi, la maggior parte stava attraversando la città sui ponti sospesi, per seguire inoltre per più tempo loro nell'attraversamento della città. 

Purtroppo per gli esploratori, l'unico modo per andare verso quel dungeon nefando era passare per la città. Lo sguardo di Shinso era duro e spalancato, ma tremava dalla testa ai piedi, nella sua camminata. Aveva paura di qualunque cosa: che venisse insultato, che gli venissero lanciati oggetti o frutta marcia, o, peggio, che venisse attaccato, visto la mancanza di un divieto. 

- Ehi, Froggy.

Egli non cambiò la posizione della testa. Inclinò i bulbi oculari verso sinistra, chiamando con lo sguardo il suo compagno Kenji. 

- Alza la testa. 

Doveva essere forte, in quel momento. La loro missione avrebbe comportato forse la perdita della loro vita, se avrebbero fatto anche il minimo errore. Era necessario che il suo amico, la ranocchia piagnona, fosse pronto a lottare al pieno delle forze, a dare il tutto e per tutto. Ma, per lui, il viso rivolto verso l'orizzonte aveva ancora il quadrato vuoto, accanto alla scritta "missione compiuta".

- N-non è... facile, Kenji, - disse quello, rivolgendo di nuovo gli occhi al pavimento.

- Kenji ha ragione.

Un tono fermo arrivò dalla prima linea, dal suo capitano. 

- Hai bisogno di guardare in faccia alle tue colpe, se vuoi redimerti.

Il momento divenne immobile, a parte per la loro camminata, che continuò inesorabile. 

- Andrà tutto bene. Se qualcuno si metterà in mezzo, ci penseremo io e Kenji a fargli cambiare idea. 

- Eheh! Ovviamente, - rispose il Grovyle, - ho proprio voglia di fare un po' di riscaldamento, prima di entrare nella grotta. Quella fatina bianca ha fatto un lavoro troppo buono. Mi sento rinato!

Si mise la mano sinistra sulla spalla destra, facendo stretching al collo.

- Mi sento troppo fresco e leggero... sono così eccitato, che potrei affettare il primo che mi capita.  

- Tieni le tue zampe a posto, dannata lucertola, - disse la felina, - abbiamo bisogno di tutte le forze possibili, contro quelle pesti. 

- Sono talmente in forma, che non farà una differenza un fendente in più o in meno, - rispose il Grovyle, - ma non ti preoccupare: non faccio del male a gente che non se lo merita.

Intorno al ninja di Neronotte si costruì un muro di vuoto. Normalmente, avrebbe incalzato il compagno per la sua troppa spavalderia, divertendosi con lui in insulti e litigi. Ma non se la sentiva proprio. In lui, il peso della sua colpa era talmente soverchiante che non c'era spazio per felicità e diletto. 

Notando questo, lo spadaccino non continuò il discorso, così come nemmeno la Lamartigli, che ben sapeva quando non disturbare un'anima perduta. La palla di pelo e lo stuzzicadenti avevano già dato, per il conforto: se il suo stato era ancora quello, l'unico modo era dargli la possibilità di agire sul serio. 

- Ancora qualche metro e ci siamo, - disse Kintaka, davanti alla fila, - alla fine di questa via, c'è una piccola piazzetta che collega l'uscita a nord del villaggio, verso il Viale Fogliagrezza, che vi condurrà verso un passaggio sotterraneo. Alla fine del tunnel, vi troverete in una piccola gola di cratere, al cui interno vi è la foresta Cuortesoro. Aldilà di essa, troverete l'Antro della Bestia.

Prima che l'Arcanine potesse finire di parlare, Benji attivò il suo potere Genshi, Dedalo. Da una mattonella lì vicino, modellò come plasma il materiale marmoreo, trasformandolo in un utensile di Tenma no Kusari.

- Prima di lasciarvi, prenda questo, Rukio-dono.

Lanciò dietro di sé quell'oggetto, verso il piccolo licantropo, che lo afferrò con le mani. La forma ricordava molto quella di un martello, ma non vi era presente l'uncino, e la base di azione era molto più piccola, di appena un centimetro. 

- Le Tenma no Kusari si possono distruggere dall'esterno, da un pokémon non imprigionato. Ma ci vuole molta forza, per farlo, - spiegò lo Slowking, - un altro metodo utilizzabile, è quello di batterlo con un qualcosa dello stesso materiale. Con quello, potrete liberare Elliot senza esaurire le forze.

Rukio si sentì molto sorpreso da tale gesto. Il sindaco di Crillaropoli, e per di più un Mizukage, stava dando a loro un aiuto più che concreto per la riuscita della missione. Il ticchettio dei passi procedeva lentamente, facendo preambolo ad una nuova frase di fiducia rivolta a loro.

- Conto su di voi, - disse, senza dire altro.

- Certamente, - rispose sicuo il pokémon Emanazione. 

Procedettero in avanti, avvicinandosi alla piazzetta del Viale Fogliagrezza. 

- Uhm?

A pochi passi dall'entrata, l'Arcanine emise un mugolio d'incertezza.

- Qualcosa non va, Kintaka-dono? - Chiese lo Slowking.

- Queste aure...

Fece qualche passo in avanti, prima di fermarsi. 

- Immaginavo... sarebbe potuta succedere una cosa del genere, - rispose.

Gli esploratori seguirono il cane infuocato, nonostante il velato avvertimento. Quando intravidero di chi stava parlando, si bloccarono al bordo dell'entrata. 

Weavile e Kenji divennero seri e cupi, avendo la sinistra sensazione di dover intervenire, mentre i loro colleghi inghiottirono della saliva dal nervosismo. Il piccolo licantropo rimase inespressivo, non potendo capire chi aveva di fronte a lui. 

Chiedendosi del perché si fossero fermati così all'improvviso, Shinso alzò lo sguardo verso l'orizzonte, guardando aldilà del pokémon Leggenda. Davanti alla loro vista, egli sbiancò, diventando paonazzo e ricolmo di terrore. 

Un enorme gruppo di pokémon di tipo Acqua era al centro della piazza, condotti da un Barbaracle, che portavano con sé una toga bianca dai lineamenti azzurri, dalla loro spalla destra fino ai fianchi. I Mizukage di Crillaropoli, i sopravvissuti di Albachiara, sbarravano il loro cammino verso le Kuroi Kiba, con volti corroborati dal loro passato distrutto. 

Il Riolu si voltò verso il ninja di Neronotte, notando quello stato d'animo inghiottito dall'oscurità. Capendo al volo la situazione, non esitò un solo secondo: si girò di nuovo in avanti, per poi riprendere la camminata, nonostante il vecchio saggio si fosse fermato.

- Che sta facendo, Rukio-dono? - Disse l'Arcanine. 

Egli non gli rispose: continuò nella sua marcia lenta ed inesorabile, mostrandosi davanti all'antico clan. Il suoi occhi parlavano chiaro: nessuno dei ninja acquatici si sarebbe dovuto interporre tra lui e il suo cammino, e se qualcuno avesse tentato di ostacolarlo avrebbe provato sulla sua pelle la sua furia. Tuttavia, sebbene la silenziosa aura di minaccia, nessuno dei Mizukage indietreggiò. 

Rimasero fermi, ad aspettare che l'eroe di Borgo Quieto arrivasse dinnanzi a loro. Shinso era paralizzato: con gli occhi spalancati dalla paura, l'avere davanti a lui coloro a cui aveva ucciso la propria famiglia lo pose in uno stato di pietrificazione, non riuscendo ad affrontare la situazione lucidamente. 

Fortunatamente per lui, questa volta, il Grovyle non stette in disparte, in supporto silenzioso ma poco solido: poggiò la mano destra sulla spalla del Frogadier, come un padre che cercava di rassicurare il figlio sperduto. Non disse una parola, non cambiò espressione, ma bastò quel gesto per porre della speranza negli occhi della Schiumorana, rallentando un po' il suo battito cardiaco. Il capitano del team Skyraiders si fermò davanti a loro, guardandogli dritto negli occhi.  

- Scusate il disturbo, - esordì, - avrei bisogno di passare, assieme al mio team.

Nessuno di loro si mosse. Continuavano a guardasi con sguardi truci, come se volessero attaccarlo e dilaniarlo semplicemente con le loro pupille. Ma queste minacce non servirono a nulla, contro di lui: egli rimase irremovibile, manifestando dei suoi bulbi oculari una volontà di ferro. 

- Che rottura... - disse la Lamartigli. 

- Per favore, - ripeté il pokémon Emanazione, - ho bisogno di passare. Sia per me... che per voi.

Più tempo passava lì fermo, più la loro vita si accorciava. Non era questo il motivo che gli aveva spinto a stare davanti agli esploratori, ma ben si rendevano conto che, qualunque cosa volessero fare, non avrebbero dovuto rimandare troppo. 

Senza proferire parola, il Barbaracle cominciò a spostarsi verso destra, aspettando con calma che anche i suoi simili seguissero il suo esempio. In silenzio inesorabile, essi cominciarono a fare largo al gruppo di pokémon diretto all'Antro della Bestia, creando una sorta di passaggio ampio tre metri.

- Non sento... iniziativa alle ostilità, - disse Kintaka, - seguite il vostro capitano. Non vi faranno del male.

- Lo credo bene, - rispose la Lamartigli, - non credo abbiano voglia di ritrovarsi come trapunte. 

Raggiunsero il capitano, velocizzando il passo per recuperare il tempo perduto. Shinso, tuttavia, procedette comunque a passo lento, diventando l'ultimo della fila. 

- Tch. Che seccatura...

Rendendosi conto dello stato d'animo del suo compagno, Kenji tornò indietro, per accompagnare il suo migliore amico in quella gogna pubblica di sguardi ostracizzanti. In silenzio, il Frogadier procedette tra quelle due file di Mizukage, di vittime giustamente arrabbiate con lui, giustamente meritevoli di avere giustizia. Per tutto il tragitto, egli tenette lo sguardo basso e tremante, mentre la sua colpa gli appesantiva le palpebre, impedendogli di provare qualunque emozione positiva. Nel frattempo, tutti i ninja di Albachiara stavano facendo largo lentamente al Riolu, il capo fila, senza dire neanche una parola. 

Il tempo passava inesorabile, sembrando non finire mai: ci saranno stati un centinaio di pokémon per ogni lato, torturando la ranocchia uno alla volta. Gli unici suoni che si sentirono furono i passi degli esploratori avanzanti e quelli dei Mizukage scansanti, assieme allo strofinamento delle toghe sul pavimento della piazza. 

Alla fine del buio tunnel, rimasero solo due figure ad interporsi tra loro e l'uscita per l'Antro della Bestia. Due pokémon che, in tutto quel frangente, nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di vedere. 

Davanti agli esploratori, un Ludicolo inespressivo portava con sé una Brionne dal volto serio, che indossava, a differenza degli altri, una tonaca azzurra dalle lineature blu. Quando la notò, il Frogadier si sentì piccolo piccolo, diventando distrutto per via della rivelazione. Divenne chiaro come il sole che anche la piccola Brina, la pokémon Pop Star impacciata ed impaurita, faceva parte del clan dei Mizukage. 

Con lei, evidentemente, la stessa paura del ninja di Neronotte. Con lei, la stessa rabbia provata dal suo popolo. 

Ella non disse una parola, a loro. Si scostò verso destra, lasciando libero il passaggio come quelli prima di lei, fadendosi seguire dal suo fidato mentore. Continuò a guardare loro con sguardo serio, che rimase tale per tutti i pokémon che le passarono oltre. Quando Shinso passò, tuttavia, il suo sguardo cambiò direzione, puntandosi verso di lui. Lo seguì con i bulbi oculari per tutto il tragitto, mentre egli non si degnò, o per meglio dire non si azzardò, a ricambiare il suo sguardo. 

Aveva portato troppo dolore alla piccola Brionne. Troppe erano state le ferite inferte al suo piccolo cuore, ieri sera. Mostrarsi gentile a lei, per poi presentarsi come il responsabile di averla resa una piccola pokémon impaurita, senza genitori e senza amici. Non avrebbe potuto mai essere degno, di poter chiedere scusa a Mizukage Brina, nemmeno se lei glie l'avesse concesso. 

Nessuno degli esploratori si voltò verso di lei, capendo che avrebbero solo peggiorato la situazione. Procedettero spediti, verso l'uscita del villaggio, così come la Schiumorana, che mantenne la testa verso il basso e le braccia penzolanti lungo i fianchi, privi di qualunque forza, come un marmocchio che stava tornando nella sua camera, dopo aver rotto un vaso, passando davanti a sua madre senza dire niente, cercando di farla franca. Se ne stava andando via, verso il dungeon oscuro, probabilmente sparendo dalla sua vita per sempre. 

- Quel giorno... ad Albachiara...

Freddo. In quel preciso istante, con quelle precise parole, la piccoletta riuscì a congelare gli esploratori in dipartita, facendoli venire i brividi. I loro piedi divennero inutili corpi morti, nei confronti del duro suolo. Non aveva importanza, se magari la domanda della Brionne sarebbe risultata innocua: in quelle poche parole, vi si trovò un seme maledetto, che sarebbe potuto germogliare nella completa distruzione dello spirito del Frogadier. Prevedendo quel possibile scenario, Kenji si scostò indietro, per richiamare il compagno. 

- Lasciala parlare.

A sorpresa, il piccolo licantropo fermò verbalmente lo spadaccino, che timoroso si rivolse verso di lui. Alla sua reazione seguì quella del resto degli esploratori, non comprendendo la sua scelta.

- Non ha... cattive intenzioni. 

Un alito di vento sospirò intorno a loro, rendendo l'atmosfera ancora più pesante. Era stato reso noto da lui stesso che, il Riolu, era in grado di sentire la voce dei cuori dei pokèmon intorno a lui. Se lui riteneva che la Brionne non aveva brutte intenzione, allora ci si doveva fidare. Ma, dopo i precedenti, era veramente difficile credere in qualcosa, persino nell'onesto capitano. Negli occhi della Brionne, fiamme rosse e ombre nere tergiversarono al loro interno, riportandola a quel terribile giorno di undici anni fa. 

- M-mamma... p-papa... t-ti prego... s-salvatemi...
- N-non voglio... fare questo. I-io non voglio... ma... se non ti uccido...
- H-ho paura... t-ti prego... no...
- Per favore... dimmi il tuo nome. Voglio... almeno ricordarmi il tuo nome...
- MAMMA! PAPA' !!! AIUTO!!!
- T-ti scongiuro... dimmi il tuo nome...
- MAMMAAAAAAAAA!!! PAPAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!
- C-CRUUUUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!


- Quel giorno... nella mia città, - continuò con tono serio, - hai detto che ha tolto la vita ai miei simili, per salvare la vita di tuo fratello.

Il Frogadier chiuse le labbra, tremando di nuovo di fronte a quel passato. La minaccia di Torikago, così come gli omicidi condotti sulla sua pelle, risuonarono nelle sue membra. I pianti di disperazione, le grida di rabbia, il suono della carne che si infrangeva contro i Kunai: lui e gli altri ninja di Neronotte avevano commesso un'eresia, un pandemonio infernale le cui fiamme continuavano a bruciare la loro memoria.. 

- Perché... non hai usato quella tecnica?

- L'ho... l-l'ho...creata io... La loro morte... è solo una finta. 

- Quella tecnica... quella che ha indotto la finta morte ai Kuroi Kiba. Perché non l'hai usata anche per noi? Potevi... salvare delle vite...

I tremori di Shinso cessarono, trasformandosi nella completa rassegnazione. Il suo più grande peccato, il suo più grande rimorso. L'esistenza di quella tecnica e del suo utilizzo, era ciò che lo pugnalava continuamente nelle viscere più profonde, ogni volta che ricordava quel giorno.

- Potevi... salvarci. Potevi ingannare chi ti aveva ricattato. Perché... perché non l'hai-

- Crede... che non ci abbia provato?

Questa volta, a congelarsi furono i vecchi abitanti di Crillaropoli, che si unirono nello stato di pietrificazione degli esploratori. Davanti alla risposta del Frogadier, la piccola Brionne spalancò leggermente gli occhi. 

- Quella notte... ad Albachiara... persi tutto quello che di buono avevo nel mio cuore. Crede... che se avessi avuto la possibilità di rimediare, non l'avrei fatto? E' ovvio, che io l'abbia usata.

Lo spadaccino guardò il ninja con sopresa vivida. Neanche lui era a conoscenza di quel particolare. Forse, il rimpianto di non esserci riuscito, era la cosa che pesava di più, nell'animo suo.

- Kage no Hijutsu: Mozart no Requiem *. Questo... è il nome che gli ho dato. Non l'avevo... mai provata prima. L'unica cavia che potevo utilizzare, per ovvi motivi, era me stesso. Non avevo mai avuto modo di usarla seriamente. All'epoca era solo un giochetto, uno scherzo da fare a mio fratello maggiore. Era... molto divertente, quando si spaventava.

Un piccolo sorriso apparve sulle labbra di Shinso. Per un attimo, i ricordi con il suo Anija lo tirò su di morale, nonostante la situazione non glielo permetteva. Sparì subito, nell'oscurità della colpa. 

- L'ho provata... per disperazione. Non avevo niente da perdere. Bastavano due sigilli, che bisognava eseguire prima della tecnica da effettuare, per l'uccisione. Aspettai tre settimane, prima di tornare ad Albachiara di nascosto, tramite un'altra tecnica per il lungo trasporto. Ma... non ci sono riuscito.

Digrignò i denti dalla rabbia, per il suo fallimento.

- Quando tornai...erano rimaste solo ossa. Ho... fallito. Ho ucciso con le mie mani degli innocenti. Per questo... L'ho perfezionata. Ma... ormai... 

Strinse il pugno della mano destra, maledendosi per la sconfitta subita.

- Era troppo tardi... 

Nessuno dei presenti era a conoscenza di quel particolare. Colui che aveva fatto entrare gli Shinikage nel villaggio di Albachiara, aveva provato a salvare delle vite, nonostante l'inutilità di tale gesto. Il Grovyle guardò sconsolato il suo migliore amico: il peso del suo peccato era più pesante di quello che pensava. Oltre alla colpa, il rimorso e il fallimento erano presenti, facendone da contorno, per un piatto disgustoso e acido, volto a distruggere ogni senso del piacere gustativo. 

Davanti a quello, i suoi compagni esploratori si sentirono persi e impensieriti, riunendosi in un silenzioso dispiacere per la povera ranocchia. 

Il Riolu si girò verso di lui: ancora una volta, egli avrebbe avuto bisogno di aiuto, un'ancora di salvezza che avrebbe potuto farlo attracare in un porto sicuro. Si sarebbe avvicinato per consolarlo, guidandolo di nuovo verso la loro missione. 

Tuttavia, esso si paralizzò sul posto, spalancando finalmente gli occhi, liberandosi della sua faccia seria e inespressiva. Una reazione insolita, davanti alle parole del Frogadier, si presentò davanti a lui, riflessa ai Mizukage. 

Essi erano tremanti, erano increduli. Lo stesso stupore del piccolo licantropo stava correndo nelle loro vene, alcuni addirittura portandoli alle lacrime. Dei sibilli silenziosi sgorgarono nel suo cuore, rendendolo ancora più stupito, colmo di input emotivi che non riuscì a gestire, rimanendo immobile in quella espressione sconvolta. 

Il colpo di grazia, fu dato da un solo pokémon. Vicino al Ludicolo, la Brionne inquisitrice, colei che voleva un ultima risposta dal carnefice di Neronotte, aveva un qualcosa che non doveva esistere sul suo viso, da vittima qual'era. Un sorriso caldo e sincero, sereno e felice. Ella si girò verso i suoi compagni, mostrando anche a loro il suo volto ricolmo di gioia. 

- E'... sufficiente, come prova?

I Mizukage non riuscirono a reggere, tutto quello. Persino Shachi, l'allievo di Kintaka, si unì in quella sottile orchestra di commozione, lasciando che le lacrime bagnassero il suo viso. Davanti a quello spettacolo, gli esploratori riacquistarono un po' di senno, il tempo di capire quello che stava avvenendo.

- Prima che tu vada... figlio di Neronotte, - continuò, - voglio che tu senta una storia. 

La morsa del pugno del Frogadier si allentò, riaprendo gli occhi disperati. 

- Sono... gli ultimi attimi di vita di Albachiara. Tu... dovresti sentire, quelle parole. E' la storia della nostra sopravvivenza, di come noi, ultimi sopravvissuti, riuscimmo a scappare... da voi Shinikage. Hai il coraggio, di sentirla?

Richiuse gli occhi lentamente, con sguardo depresso e sconfitto. Il volto del colpevole dal cuore pugnalato. 

- No... non c'è l'ho, - disse il ninja, - ma... ascolterò. E' giusto... che io lo sappia. 

La Brionne non aspettò oltre, procedendo con un monologo. Un discorso, che avrebbe cambiato per sempre la vita dell'assassino. 

- Undici anni fa... dopo che il villaggio fu assaltato dagli Shinikage, alcuni abitanti sopravvissero, svegliandosi da un lungo sonno, una settimana dopo la distruzione.

La cosa che stava trattenendo le speranze del Frogadier, era la sicurezza, di quello che sapeva. I suoi simili erano metodici, precisi e infallibili. Tutti quelli che erano con lui e Torikago, lo erano, e, essendo votati alla fedeltà, avrebbero fatto del loro meglio, per assecondare i suoi desideri. Il fatto che ci fossero stati dei Mizukage sopravvissuti, non da fughe segrete prima dell'assalto, ma dalla sconfitta della morte, lo trovava irreale ed impossibile. 

- Alcuni Mizukage, - continuò lei, - in mezzo ai compagni caduti, riuscirono a risvegliarsi, grazie ad un potere miracoloso. Era stata una piccola Popplio, a salvare le loro vite, con una forza sconosciuta, portata dal suo Meisoku. Ella era stanca, era distrutta, e non riusciva a rimarginare le sue ferite. Ma, nonostante tutto, si coprì il corpo con delle bende, facendosi aiutare da un membro della sua famiglia. Lei era l'unica a conoscere l'entrata segreta per il lungo tunnel sotterraneo che guidava la loro città ad un rifugio su un diverso continente. La marcia durò quaranta giorni, tra provviste che scarseggiavano e l'affannamento dei colleghi più vecchi. Eppure, lei non volle abbandonare nessuno. Si limitò ad una Baccacedro al giorno, lasciando la maggior parte delle provviste ai suoi compagni. Se non fosse stato per il suo corpo debole, avrebbe anche camminato da sola per tutto il tunnel. Fu portata in braccio dallo stesso che l'aveva medicata, fino a che a questo non gli cedettero le gambe. Non si fece aiutare da nessun'altro, poi, non ritenendo giusto di portare favoritismi. Miracolosamente, riuscì a guidare i suoi compagni verso questa città, dopo altri venti giorni di cammino, portandoli in salvo. Quella Popplio... fu la loro salvatrice.

Il volto del Riolu si incupì. Davanti a lui, forse, stava per essere svelato un qualcosa di molto più grande, di quello che si immaginava.

- ... O, almeno, questo si vociferava. Ma... la verità, era un'altra.

Il Ludicolo guardò la sua Demoiselle con dei sentimenti misti. Da una parte, il pensiero di perdere la sua cara signorina, di cui tanto amorevolmente si era occupato, come se fosse sua figlia. Dall'altra, la fierezza della sua onestà, nel mostrare la crescita del bel fiore che stava diventando. 

- Lei... aveva mentito. Lei non aveva alcun potere. Era una comunissima Popplio, una povera cucciola di quattro anni, senza alcuna forza per affrontare il futuro. Era troppo debole, troppo insignificante, per fare qualcosa del genere. L'unica sua abilità... era un naturale portento nell'Hikari no Mizu, la sua tecnica preferita. Tutto quello che si era limitata a fare... era stato svegliare i sopravvissuti, trattare le ferite manualmente, fermando le emorragie, per poi coprirle con la tecnica, spiegando i dolori come "ricordo del corpo". Quelli che non avevano ferite gravi... nonostante l'avvento degli Shinikage.

Lo sguardo della piccola si abbassò, mostrando intenerimento. Il velo di rabbia sparì del tutto, lasciando spazio ad una pokémon felice, contenta di potersi finalmente confessare.

- Ho ricordi confusi... di quel giorno. Ma ricordo che ad un pokémon nelle prime file, un Froakie fanciullo, accanto ad un Decidueye, fu imposto di uccidere. Si percepiva... che lui non voleva, ma il pokémon dal piumaggio nero fu senza pietà, per il povero bambino. Gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, facendolo piangere. Sentì... che lo aveva minacciato di uccidergli il fratello, non lasciandogli scelta. Lei... fu uccisa da quel bambino.

Shinso era confuso e paralizzato. Non si ricordava, in quella notte, di un'altra Popplio, lì vicino. Non era un pokémon comune lì, ma ne erano presenti un po', e si ricorda bene che lui, ne aveva uccisa solo una, ed era quella Popplio spaventata. Nessun altro, al di fuori di lei, fu assassinata dalle sue mani palmate.

- Dimmi, Shinikage.

La Brionne, prima di continuare, mise mano alla sua toga. 

- Te lo ricordi... il nome della tua prima vittima?

Un'altra domanda scomoda. Nonostante il tono dolce, l'atto di rispondere a quella domanda avrebbe portato un dolore insopportabile. Lui non riusciva a capire. Perché quell'accanimento nei suoi confronti? Era questa, la sua vendetta? Per averla ingannata? Per averla privata della sua famiglia? Non si poteva, tuttavia, sottrarre a tutto quello. 

- Non so... perché me lo stai chiedendo, - disse il ninja, chiudendo gli occhi sconsolato, - ma... no. Era troppo impaurita... per dirmelo. Ed io... ero troppo impaurito a mia volta, per attendere.

La pokémon Pop Star mise l'altra mano sulla toga, slegando il nodo sulla sua spalla destra.

- Avrei portato... il suo nome, fino alla fine dei miei giorni, - continuò il Frogadier, - senza mai dimenticarla. Ma non potei... nemmeno fare questo.

La mano del ninja si aprì di nuovo totalmente, lasciandosi andare a peso morto. Quel suo ennesimo rimorso, quello di non aver potuto onorare la sua memoria, lo aveva accompagnato per tutta la sua vita. Per tutta la sua misera esistenza, avrebbe voluto, desiderato, di portare nei suoi giorni, il nome di quella sconosciuta, sperando un giorno, alla fine dei suoi tempi, di poterla rincontrare, e implorare perdono, alla sua prima vittima.

- Io... io conosco, il suo nome.

La Schiumorana riaprì leggermente gli occhi. Erano lucidi ed arrossati, ma non stavano piangendo. Aveva già pianto troppo, per i suoi gusti. Era inutile, chiedere scusa più di ogni volta. Non voleva risultare ridicolo, visto che non si riteneva nemmeno degno, di piangere dei Mizukage.

- Se vuoi vivere... con il suo nome nel tuo cuore, per il resto dei tuoi giorni, come monito... di ciò che hai fatto...

La toga cadde sul pavimento, rendendo la Brionne spoglia del vestiario del suo clan.

- Io sono disposto a dartelo.

Non mi è possibile, mio caro lettore, descrivere i volti contorti dal terribile stupore che si stampò sui volti degli esploratori, come un pugno dirompente di un pugile infuriato. Le loro bocche erano spalancate verso di lei, non credendo ai loro occhi. L'unico che riuscì a rimamere calmo nel suo stupore, fu Ōryugo Rukio. Chiuse la bocca in silenzio fermo, non riuscendo però a chiudere gli occhi. 

- Per favore... - disse la Schiumorana, - voglio... sapere il suo nome. 

Il ninja non era ancora voltato verso di lei. Nella vergogna di ciò che aveva fatto, non aveva alcuna intenzione, di permettersi di guardare faccia a faccia i Mizukage. Ma lui voleva. Voleva rimediare, portandosi il suo peccato fino alla notte dei tempi, come era giusto che fosse.

- Lei era... - disse la pokémon Pop Star, - l'unica erede della famiglia reale. La figlia legittima del nostro capo clan. Ed era... la stessa pokémon, che aveva mentito al suo popolo, per diventare la nuova guida in una situazione disperata.

Il volto di Shinso si paralizzò, non cambiando minimamente espressione. L'ultima frase detta, implicava un qualcosa che non era possibile associare alla verità. Rimase imbambolato, non comprendendo la realtà dell'affermazione.

- Ed il suo nome... è....

Fu come se il tempo intorno a lui si fosse rallentato. Come uno studente che non voleva vedere il suo compito di matematica, perché aveva già la sensazione che fosse andato male, a sua volta il Frogadier ebbe dei ripensamenti, inconsciamente. Eppure, una parte di lui lo voleva. Avrebbe fatto di tutto, per portare con sé, il nome della prima pokémon a cui aveva tolto la vita. 

- Mizukage. Cour de Leon. Brina. (*)

Calò il silenzio, intorno ai pokémon nella piccola piazza. Tra i due, lo sfondo divenne bianco, portato da un alito di vento leggero, cancellando la presenza degli altri intorno a loro. La realtà che rifiutava, la verità che non era riuscito a riconoscere, stava bussando con forza alla sua porta, facendo rimbombare persino le pareti del suo animo perso. Dopo qualche secondo dalla rivelazione, Shinso rialzò il viso da terra, spalancando gli occhi, rimanendo fermo e senza tremori. Sembrava un fantasma, un corpo vuoto senza muscoli, privo di qualsiasi contrazione involontaria. Ciò che gli era stato riferito risuonava confuso nella sua testa, come l'eco di una voce gridante, tra le montagne della sua disperazione. 

Si girò lentamente, in senso orario, mantenendo quella espressione incredula. Guardò finalmente negli occhi la figura che gli stava parlando, con lo sguardo di chi aveva perso tutto, e lo stava ritrovando tutto di una volta. 

Davanti a lui, vi era una Brionne sorridente, gioiosa, nonostante fosse in presenza del temibile figlio di Neronotte. 

- E-è... è impossibile...

Il suo sguardo si posò verso il fianco sinistro della pokémon Pop Star, la parte che prima era stata coperta dalla toga, per tutto quel tempo. In quel punto, vi era una piccola cicatrice seghettata, ormai diventata nera dal tempo.

- No... T-tu...

- Mi svegliai... due settimane dopo, - continuò la principessa, - non ricordavo molto bene cosa fosse successo prima, forse per colpa del lungo sonno. Respiravo a fatica, ed ero ferita. Non erano ferite profonde, ma erano tante. Ogni volta che le toccavo, mi facevano un dolore assurdo. L'unica... che non mi faceva male, era questa cicatrice, che undici anni fa era viola.

Le braccia del Frogadier tremarono, così come i suoi occhi, increduli. 

- La prima cosa che feci, fu cercare dei sopravvissuti. La città era piena di cadaveri, ma non mi fermai. Andai di pokémon in pokémon, riuscendo a svegliare... solo quelli con la mia stessa cicatrice.

I Mizukage dietro di lei seguirono l'esempio della loro principessa, togliendosi davanti a lui le toghe. Ognuno di loro, sui fianchi, avevano delle cicatrici seghettate nere. Persino Shachi, il Barbaracle, ne aveva una, sulla mano sulla spalla destra. Era piccola piccola, rimarginatasi parzialmente forse per l'evoluzione, quasi indistinguibile dalle rocce del suo corpo.

- Ho mentito... per diventare una guida per il mio popolo. Dovevo portarli via dalla città, trovargli un posto sicuro... per poter ricominciare. Così... coprì le cicatrici con il mio Hikari no Mizu. Così... per tutto questo tempo. 

Si poteva vedere la bocca di Shinso riunirsi nel brivido del suo corpo. In quel momento, tutte le sue certezze stavano crollando. Un battito. Due battiti. Quattro battiti al secondo. Il carico emotivo che ricevette in quel momento lo colpì come un fulmine a ciel sereno.

- Solamente coloro con la cicatrice, riuscirono a salvarsi. Per il resto... non ci fu niente da fare. Sono stata molto male, per questo. Ma... qualcuno era sopravvissuto. Anche sé molti erano morti, qualcuno era riuscito a salvarsi. E' questo... che riuscì a darmi determinazione, quel giorno.

Il Frogadier era immobile, davanti a lei. Con gli occhi spalancati di chi guardava un qualcosa che desiderava con tutto sé stesso, e il dubbio di chi non la poteva avere. 

- Quanti... ne hai uccisi?
[...]
- Duecento... cinquantotto. 


- Quando arrivai qui, - continuò Brina, - purtroppo, svenni sul momento. Ma, una volta svegliata, non mi riposai un secondo. Nonostante fossi inutile, cercai di aiutare le Shirotsutsuji di questo villaggio il meglio che potevo. La signora Flor curò tutti quanti, e registrò nel suo diario medico ogni paziente visitato, trascrivendo su di esso... il numero dei salvati. Il numero di pokémon... sopravvissuti alla tragedia di Albachiara. 

Da sotto il suo sombrero, Kyōha tirò fuori un libro dalla copertina bianca, con un'azalea bianca di diamante nel mezzo, circondata da intarsi dorati. 

- Le abbiamo rubato questo ieri sera. Sono sicura che non si offenderà, quando le diremo il motivo per cui l'abbiamo preso.

La Brionne prese il libro tra le sue pinne, aprendolo con sicurezza. Andò ad una pagina ben precisa, verso la fine del quaderno. Raggiunta quella, la girò verso il Frogadier, in modo tale che lui potesse vederla. In quella pagina, in basso a destra, alla fine di un resoconto scritto a penna blu, vi era un numero a caratteri cubitali, scritto in grande come se si dovesse marchiare nella mente di chi l'aveva scritto, in modo da ricordarselo per sempre. 

Quello stesso numero, che era stato il simbolo del peccato del ninja di Neronotte. 

Quel numero che lo aveva torturato per tutta la sua vita. 

Quel numero, che ora, si presentava come la sua salvezza. 

- Ci sono stati... duecentocinquantotto sopravvissuti. 

Due serpenti con la schiena inarcata, opposti l'uno all'altro, ed un altro che si mordeva la coda, formando due cerchi l'uno sopra all'altro. Le labbra di Shinso si chiusero lentamente. I suoi denti batterono l'uno contro l'altro, come un piccolo piano con solo note alte, ticchettando acutamente come un piccolo squittio. 

Il peccato più grande di cui si era macchiato, l'orribile misfatto di cui si era tanto odiato quanto ripudiato, svanì dal suo cuore in un fiato, come un corpo affaticato, cadente su un letto piumato. Vicino a lui, una fresca ventata le accarezzò la pelle, cangiando in bianco il nero del suo passato, liberandosi del suo peso soffocante. Accanto a lui, i cuori dei suoi compagni si riunirono nel coro silenzioso, carichi di un emozione dirompente. Il volto di Rukio, il suo capitano, era ricoperto da una tiepida ombra.   

- T-tu... t-tu... - balbettò di nuovo il Frogadier. 

- Ho aspettato... tanto a lungo questo giorno. Ho sempre pensato... che non fosse una coincidenza, che si erano salvati solo quelli con la mia stessa cicatrice. Quando hai detto a Sobek le particolarità della tua tecnica di finta morte, non volevo credere a ciò che stavo sentendo. Quando ti ho chiesto del perché... volevi tenere il nome del mio popolo, volevo sapere delle tue ragioni, dietro quel gesto. 

Questa volta, a piangere, fu il sindaco di Crillaropoli, lo stesso Benji che aveva provato odio per il demone mezzosangue. 

- Ieri... quella sera, quando tutti stavano morendo, ho rincontrato il mio carnefice. Ed anche... colui che mi ha salvato la vita.

Brina si rimise la toga indosso, con il sorriso di un'elegante pokémon regale.

- Figlio di Neronotte, - continuò, guardandolo negli occhi, - il tuo debito nei nostri confronti è ancora lontano... dall'essere saldato. I fatti, purtroppo, non mi concedono il privilegio di assolverti dai tuoi peccati. Ma... in quanto sovrintendente del popolo dei Mizukage... no. Come Mizukage Cour de Leon Brina...

Lacrime di cobalto uscirono dagli occhi della Brionne. Non era tristezza ciò che le stava facendo nascere. Non era depressione, ciò che le stava facendo sgorgare. Era un sentimento di sincera gratitudine, nel confronti di colui che era riuscito a salvare l'eredità del suo popolo, dalle grinfie del vero male degli Shinikage.

- Grazie... di cuore.

Poi, il silenzio di nuovo. Il vuoto di chi aveva perso l'odio mortale e senza perdono. Il vuoto di chi voleva stringere a sé tutto ciò che c'era di bello nella sua vita, ma che non aveva il coraggio di afferrarlo. Il vuoto, di chi non voleva credere al ringraziamento, alla sincera gratitudine che si aveva nei suoi confronti. Dopo trenta secondi di immutabile immobilità, un nuovo suono si fece largo nella piccola piazza che precedeva il Viale Fogliagrezza. 

Strisciava lentamente. Non era percepibile ad orecchio attento. Lo stesso individuo che lo stava producendo, non se ne stava nemmeno rendendo conto. Un Si leggero ed alto, strimpellato sul suolo, prodotto da una piccola lacrima cadente dal suo volto, in uno sfondo nero e senza luce, come se ci fosse solo quella singola goccia immersa nella realtà del mondo, per poi lasciar tornare il primo piano sulla povera ranocchia. Un altro Si, a poca distanza dal precedente, immerso nel buio. Poi di nuovo la luce. Poi un altro ancora, avvicinandosi sempre di più l'uno all'altro, tenendosi per mano.

- (Sono...vivi)

Il fiume si spostò mano a mano dal suo viso fino alle sue labbra, che tenevano la bocca tremolante aperta. Alcune gocce trovarono il riposo sul terreno. Altre, conclusero il loro viaggio nella sua bocca, rinfrescandone la lingua, che era ormai abituata al sapore amaro, dandole un sollievo dimenticato.

- (Tutto... per tutto questo tempo...)

Il suo corpo cadde in ginocchio, con la schiena irta, non più gobba, come il suo peccato l'aveva resa per tutta la sua vita. Non sentiva più quel peso orribile, quel maledetto pugnale conficcato nella sua schiena, che lo aveva avvelenato per tutto quel tempo inesorabile, per tutta la sua misera esistenza. 

- (Sono... vivi...)

Il suo cuore venne preso in braccio dall'amorevole madre, fuso in un calore affettuoso e morbido. Non riusciva più a reggersi in piedi, come il marito sconsolato nelle braccia della sua compagna di vita. Quell'enorme peso, quell'enorme nero che si portava dietro, era svanito tutto d'un colpo, lasciando libero, senza dargli il tempo di rendersene conto. Appoggiò le mani al pavimento, come se volesse aggrapparsi ad esso, per non essere sbattuto via dalla tempesta che incombeva su di lui. 

- (S-sono... vivi...)

Plick. Plock. Plick. Plock. Ciò che prima era un piccolo esercizio per ascoltare la debole nota, divenne un torrente di suoni incontrollabili, come quelli di un bambino curioso che, ignorando e non seguendo una melodia, provava tutti i tasti del piano, gioendo di ogni singola nota. Come l'infante si sentiva libero in quell'atto, allo stesso modo il povero Frogadier non sentì finalmente il bisogno di trattenere le sue lacrime, per paura di far arrabbiare chi lo riteneva un ipocrita. Poteva piangere: poteva sentire tutto il triste e malinconico calore della pioggia libera, senza la paura che qualcuno gli inveisse contro. 

- (Loro sono vivi!)

Dopo undici anni di tormento, per la prima volta, lui non aveva paura di piangere. Per tutto quel tempo, per tutto quel maledetto tempo, si era vergognato di piangere del suo passato. Si sentiva un vile, nel lacrimare la morte degli stessi pokémon che aveva ucciso. Per tutto quel tempo, non si sentiva degno di manifestare davvero, quel canto solitario che mostrava il suo lato più debole. Però, per lui, quel giorno avvenne il cambiamento. Avvenne la sua rinascita, il primo passo verso la redenzione che cercava. Il primo passo nell'ottenere la chiave, che gli avrebbe concesso la vita di gioia che aveva cercato per tutto quel tempo, e la stessa che avrebbe potuto condividere con dei veri amici, senza paura di doversi nascondere da sé stesso. 

Non si era mai ritenuto degno di provare tristezza, né tanto meno sofferenza, visto che era lui stesso uno dei tanti che l'aveva inflitta. Per la prima volta nella sua vita, lui non si sentiva smarrito. Non si sentiva in vergogna, nella sua tristezza. Non si sentiva privo del diritto alla vita, non sentiva più il desiderio di non essere mai nato. Per la prima volta, Mizukage Shinso, poteva disperarsi e non essere odiato. Poteva piangere, come ogni pokémon comune. Poteva piangere di gioia, ed urlare con fierezza al mondo: "Io esisto".

- CRUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!!!!

L'assassino di Neronotte poté dare il benvenuto alla sua tristezza, abbandonandosi nel pianto più disperato e tragico, dando gran voce, dopo tanto tempo, a tutta la sua anima. 

- CRUAAAAHHH!!!! CRUAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!!!!

Finalmente, dopo tanto tempo, poteva soffrire come un pokémon normale, e gioire di un pianto liberatorio, come se tutti i suoi problemi fossero stati tramutati in bellissime rose di cristallo, riempiendo un giardino terso di speranze e luci di benedizione. Si sfogò come non aveva mai fatto nella sua vita, liberandosi di tutto il dolore che aveva provato.

- CRUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHH!!!

Immersi in questo coro, immersi in questo felice grido, i suoi colleghi e compagni si riunirono nel suo canto. 

Arbok e Drapion non volevano piangere di nuovo. Se fosse accaduto, probabilmente si sarebbero presi dei Nottesferza dal loro capitano, ora che era libera di fare come voleva. Avevano già pianto abbastanza: dei veri maschi, avrebbero dovuto sopportare il dolore, ed andare avanti come se nulla fosse. Eppure, dentro di loro, il sentimento di gioia per la Schiumorana non ne voleva sapere, di essere trattenuto. Si coprirono gli occhi con le braccia e con la coda, ma non poterono nascondere i lucci argentati che sgorgavano dai loro specchi d'animo. 

Lopunny aveva le mani alla bocca e gli occhi lucidi. Colui che, in quei due anni, aveva continuamente regalato a lei delle bellissime rose e le aveva dimostrato sincero apprezzamento, si era dimostrato un demone sanguinario, non meritevole di affetto. Ora, quella maschera che gli era stata forzatamente cucita sulla faccia era sparita nel nulla, concedendole di nuovo la felicità di provare qualcosa per lui. 

Medicham tirò fuori finalmente il suo lato tenero: dopo tanto tempo nel trattenersi, riuscì finalmente ad essere vicina al ninja del team Skyraiders. Si mise il braccio destro sulla fronte, appoggiandosi alla compagna Gardevoir, anch'essa dagli occhi lucidi e ricolmi di benevolenza.

Weavile e Kenji cercarono di resistere, facendo appello al loro orgoglio e alla loro determinazione. Però, nessuno dei due riuscì a nascondere il loro cuore, tramutandosi in un sorriso felice, e degli occhi umidi. Riuscirono solo ad impedire che le loro lacrime fuggissero dai bulbi oculari, mostrando il loro solito ed arrogante sorriso beffardo.

- CRUAAAAAAAAAAAHHH!!!

Il Frogadier alzò il viso al cielo, urlando all'azzurro empireo. Uno sbuffo di serenità uscì dalle fauci di Kintaka, tramutandosi in un sorriso di cuore. Il resto dei pokémon del villaggio, che da lontano avevano assistito alla scena, non ebbero bisogno di parole o gesti, per capire cosa stava accadendo laggiù. Persino Kazumi, l'allieva di Kintaka, si fece colorare la pelle dallo stesso elemento a cui era debole per natura. 

- Perché piangi... sorellona? - Chiese Rommy, lì a fianco.

- NON STO PIANGENDO! - Urlò, - STO SUDANDO DAGLI OCCHI, C**ZO! FA TROPPO CALDO QUI!

- C-Cra.... C-Cra... 

Il povero Frogadier cercò di riacquistare le sue forze, soffocato da acqua salata e singhiozzi perforanti. Ma mai nella sua vita, aveva provato un dolore tanto fresco. 

- Ve l'avevo detto, no?

Gli esploratori furono attirati da quella insolita domanda, lasciando libera la Schiumorana. Si girarono verso il capitano del team Skyraiders, ancora immersi nel legame empatico con il ninja di Neronotte.

- Era impossibile... che il mio amico Shinso fosse un assassino, - disse Rukio, con un sorriso caldo e solare, fiero di poter guardare negli occhi il suo fedele compagno. Non c'era stato il minimo dubbio, nel suo cuore.

Un pokémon tormentato dal suo passato, disperato dalla sua stessa esistenza, per il piccolo licantropo, non era un essere malvagio e privo di cuore come lo era un assassino. Omicidio o non, il canto che sentiva ogni sera, ogni maledetta notte a Brusilia, a casa loro, era la sinfonia disperata di un poveretto perso in un bosco oscuro, non di quello che ci viveva dentro. Ed ora, quello stesso pokémon era stato salvato dal fango, lasciandogli la possibilità di librarsi in cielo, come una rondine fuori dal nido. 

- C-ca...c-capitano...

Un balbettio vibrante uscì dalle labbra della Schiumorana. Le lacrime coloravano il suo volto di un azzurro splendente, come quello di un mare calmo in una calda giornata d'estate, brillante tra gli scogli. 

- A-andiamo... a-andiamo...

Si girò verso il Riolu, stringendo il pugno destro e cercando di stringere i denti, facendo in modo di assumere una faccia decisa, nonostante il tornado di emozioni che lo aveva investito in quel momento. Libero da quel peso, sapeva perfettamente cosa doveva fare. Non poteva in alcun modo attendere oltre: era arrivato il momento, che la ranocchia trovasse il coraggio di mettere la testa fuori dallo stagno, diventando il combattente, e l'eroe, che aspirava a diventare. 

- Andiamo... a salvare Elliot! E a f-fermare quel Feraligatr! 

Il piccolo licantropo si sentì carico di adrenalina e positività. A lui importava poco della sua gioia: ciò che realmente dava balsamo al suo animo, era vedere i suoi amici contenti e felici. Il fatto che il Frogadier volesse rendere partecipe anche lui della sua gioia, lo rendeva il pokémon più felice della terra.

- Sì! Certo!

Il Grovyle non poté fare a meno di scoppiare in una risata gioiosa, contento di cuore per il suo migliore amico.

- PFAHAHAH! Era ora che ti svegliassi, froggy viscido!

- Era quello che stavamo per fare, - disse Weavile, con fare offeso, - prima che tu facessi questa sceneggiata da verginella. 

Il pokémon Emanazione si incamminò verso il ninja, con passo spedito e sicuro.

- Però... prima...

Il sorriso di Shinso si chiuse leggermente, complice la curiosità e il principio dell'ignoto. 

- C'è qualcosa... che dobbiamo fare.

Arrivò davanti al Frogadier confuso, senza spiegare cosa avesse intenzione di fare. Aprì la Borsa dell'Esploratore portata da lui, tirando fuori dei pezzi di stoffa di color azzurro.

- Quelle sono... - disse la felina.

Il piccolo licantropo tirò fuori dieci delle sciarpe confezionate da Lothar II, il dono regalatogli da Nebra I. 

- Da quando siamo partiti dal palazzo... ho continuato a pensare. 

Si alzò in piedi, con i veli in mano. Il sorriso sul suo viso sparì come d'incanto, lasciando spazio ad un espressione solenne e decisa. 

- Tutta la faccenda dei Veloscuro... tutte queste vite in gioco. Stiamo intervenendo per salvare il mondo, ed impedire che succeda qualcosa di brutto. Nel mio caso... non voglio che si ripeta ciò che era successo due anni fa.

Tutti i presenti stessero in silenzio, Mizukage compresi. Ogni volta che parlava così seriamente, l'aura che emanava il piccolo licantropo era quella di un re saggio, volto a condividere con gli altri il suo sapere e la sua esperienza. Nessuno, tuttavia, sapeva come sarebbe finito quel discorso. Nemmeno Portafiamma Kintaka, colui che aveva vissuto di più.

- Volente o nolente... - continuò, - il futuro è nelle nostre mani. E noi siamo destinati... a cambiare il destino stesso.

Guardò le sciarpe nella sua mano, tenendole come se stesse tenendo un bambino tra le fasce, con la stessa delicatezza e premura di chi sapeva di avere un dono, tra le sue mani. 

- Io... sono consapevole, che non è possibile sradicare il male completamente. Il nostro obiettivo... va ben oltre, quello di un impresa.

- Cosa vuoi dire? - chiese la Lamartigli.

Il Riolu si girò verso di loro, con sguardo serio e determinato. Lanciò a loro otto sciarpe, che presero al volo tutti quanti. Arbok, Drapion, Weavile, Lopunny, Medicham, Gardevoir e Chikatomo. 

Un'altra la consegnò a Shinso, abbassandosi di nuovo e afferrandogli entrambe le mani, facendogliele stringere al velo blu, come se gli stesse consegnando un inestimabile tesoro.

- Ci ho pensato molto. Questo... è molto più di un semplice dono, - disse, fissandolo negli occhi.

- Dopotutto: su qualcosina avrò anch'io il diritto di mentire, no? E' ovvio che qualcuno è ancora a piede libero, nonostante io faccia di tutto per assicurarli alla giustizia e rinchiuderli nella mia fortezza. Ma per i pokémon comuni è importante che loro sappiano che "tutti" sono rinchiusi. Sai perché questo? 
- Un... simbolo. Giusto? 


- Noi... dobbiamo diventare un simbolo, - continuò, - Qualcosa a cui gli altri pokémon possano guardare, dalla quale possano trarre fiducia e speranza. Non la speranza di distruggere il male. 

Si rialzò in piedi, girandosi verso i suoi compagni. Era il volto di chi stava prendendo una decisione vitale, che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e quella dei pokémon intorno a lui.

- La speranza di cambiarlo... 

Il Riolu prese il velo azzurro e se lo legò al braccio sinistro, formando una specie di banda, in modo tale che il sole tatuato su di esso potesse risplendere su di lui. 

- E cambiare noi stessi!

La figura solenne del capitano si stampò nelle loro anime come il monito del proprio insegnante di vita, con la stessa fierezza di un guerriero pronto a scendere sul campo di battaglia. Il vento accarezzava il suo pelo blu, assieme alla Sciarpa dell'Armonia e ad il suo nuovo velo azzurro, il cui sole arancione splendeva più rosso che mai, come un tramonto durante le sue prime luci. 

- Avevo già pensato al nome. Ma non ero sicuro... che tutti quanti fossero sulla stessa pagina.

Si voltò di nuovo indietro, porgendo la mano al suo compagno Frogadier, attendendo la sua mossa. Il viso del piccolo licantropo era fiero e sicuro. Non stava guardando negli occhi ad un assassino. Stava guardando negli occhi, ad uno dei suoi migliori compagni di squadra. 

Shinso si asciugò le lacrime, tramutando il suo sguardo in serietà. Era il viso di un pokémon determinato. La faccia di colui che avrebbe seguito il suo capitano in capo al mondo, ai confini della realtà così conosciuta. Afferrò la sua mano, per poi tirarsi in piedi. Senza proferire parola, legò anche lui al suo braccio il velo donatogli da Ōryugo Rukio. 

Poi, si girò verso i Mizukage, con lo stesso sguardo, non più impaurito dalla sua colpa. Piegò in avanti la gamba destra, poggiando il ginocchio sinistro a terra, in un inchino cavalleresco.

- IO, SHINIKAGE D'ARC SHINSO, - Gridò, - SCONFIGGERO' KUROKIBA SOBEK! LO GIURO SULLA MIA ANIMA!

Brina chiuse gli occhi in segno di accettazione, facendo a sua volta un inchino leggero con la testa. 

- Pregherò per la tua fortuna, - disse ferma. 

- Esattamente... - disse il piccolo licantropo, - siamo qui... per cambiare il destino. Ma, prima di tutto, per cambiare il nostro. 

Procedette verso gli altri esploratori, puntando verso il Viale Fogliagrezza.

- C'è una leggenda nel mio mondo... che mi ha sempre affascinato. Dall'alchimia, si diceva si potesse creare una pietra in grado di trasformare alcuni metalli in oro, di cambiarli completamente. I più la chiamano "Pietra Filosofale", ma c'è anche una branca, che credeva che gli atlantidei, il popolo di Atlantide, l'avessero già scoperta. E che loro... la chiamassero "Pietra dell'Oricalco". Noi... prenderemo il nome della leggenda.

Superò loro, senza chiedergli di seguirlo. Procedette avanti, senza pretendere di essere scortato. Eppure, in loro non ci fu la minima esitazione. Seguirono l'esempio del Rakujitsu no Senshi, legandosi all'arto che preferivano quel leggero velo azzurro. Weavile e Kenji se lo legarono al collo, Drapion al braccio destro, Arbok nella parte alta della coda, Medicham e Gardevoir anche loro sul collo, così come Chaki, mentre Lopunny se lo legò alla gamba sinistra, come portafortuna. 

- Noi... siamo il simbolo del cambiamento, - continuò il Riolu.

I pokémon si diressero verso di lui, incamminandosi verso la gola del mostro coccodrillo.

- Il più grande team di esploratori... No: il più grande team d'eroi che queste terre avranno modo di vedere!

Il viso era dritto e deciso, protratto verso l'orizzonte. Verso un nuovo inizio ed un nuovo mondo, che stava per nascere davanti ai pokémon di Crillaropoli. Davanti a quei pokémon, in cerca della speranza. 

- Noi siamo... IL TEAM ORICALCO!

Da lontano, in una grotta che conosciamo molto bene, un enorme Feraligatr era seduto, con gli occhi chiusi in segno di meditazione. Di fianco a lui, il suo braccio destro, Aragram Bishop. Davanti al boss dei Kuroi Kiba, una gabbia di Tenma no Kusari, al cui interno vi era un Empoleon arrotolato tra altre catene, pieno di ferite da pugni e graffi. Una goccia scese dalla stalattite vicino a Sobek, facendo un suono piccolo ma profondo, che risuonò per tutta la sua stanza. Si svegliò con sguardo duro, come se fosse stato richiamato da una forza sconosciuta.

- Qualcosa non va, boss? - Chiese il Bisharp.

Il suo capo si alzò in piedi, inarcando i muscoli e digrignando all'interno della sua museruola, come quella di un cane rabbioso pronto ad azzannare il nemico che era entrato nel suo giardino. Con la consapevolezza, che non avrebbe avuto alcuna pietà.

- Loro... stanno arrivando...


In primo piano, l'eroe che aveva salvato il mondo dalla Materia Oscura. In secondo piano, i due compagni alla ricerca l'uno della gloria, l'altro della redenzione. In terzo piano, le due rivali diametralmente opposte, come il sole e la luna, pronte ad illuminare il cammino di chiunque le avrebbe seguite. In quarto piano, il duo velenoso del team più spietato e pericoloso di Brusilia, accompagnate dalle bellezze aggraziate del team femminile più scaltro di tutto Borgo Tesoro. Ed infine, colui che aveva seguito l'eroe del futuro, nella sua impresa contro la paralisi planetaria.

Come una grande freccia scoccata per perforare il centro rosso dei nuovi eroi venivano battezzati sotto il sole del nuovo giorno, splendendo più che mai in quella oscurità che si stava avventando sul mondo. Illuminati dal loro cammino, le foglie selvatiche brillarono di un verde smeraldo, le bacche di un rosso acceso, e i fiori di un giallo luminoso. Trasportati dal vento del cambiamento, come un tifone di calamità, il team Oricalco si sarebbe abbattuto sul male, trascinandolo via con sé verso le acque della purificazione. 

Avrebbero lottato, avrebbero combattuto fino all'ultimo respiro, con una sola missione: salvare il futuro dei Pokémon e, con loro, quelle delle generazioni future.

Non c'era un briciolo di esitazione, nemmeno un briciolo di paura in loro, convinti che avrebbero raggiunto la vittoria, e raso al suolo completamente ogni piccola pietra che si sarebbe scagliata su di loro. 

Centosettantesimo anno del drago, ore 9.00. 

Fu il giorno in cui la storia iniziò, la grande leggenda degli eroi che avrebbero salvato il mondo. Il primo grande capitolo, delle "Cronache dell'Oricalco".


FINE SECONDO ATTO

Ringraziamenti

Ce l'abbiamo fatta, eh? Ho perso la cognizione del tempo, da quando ho iniziato questo piccolo hobby che mi ha fatto scaldare il cuore, più di una volta. Spero con tutto me stesso che questo non sarà un addio. Purtroppo, molto presto, dovrò affrontare delle sfide che mi metteranno a dura prova e, forse, il tempo per continuare questa bellissima storia non lo troverò. Ma volevo ringraziare, comunque, le persone che mi hanno sostenuto fino adesso, permettendomi di migliorare e condividere questo piccolo mio sogno nel cassetto.

@UltraC21 . Grazie di esserti stupito con me, di esserti arrabbiato con me, di esserti commosso con me. Le tue reazioni hanno dato lo sprint in più che mi serviva per continuare. Sperò di averti soddisfatto, con questa storia. (P.S. Pinguino intensifies)

@Flavio8896 Lettore accanito, dagli indomiti difetti linguistici e dalle altrettanto numerose imprecazioni, le tue letture su discord mi hanno fatto passare del bel tempo la sera. Rivedere con te i momenti scritti mi rendeva più partecipe di ciò che ho fatto, oltre a rendermi conto di errori stupidi e indecenti. (Dio mio se sono troppi...). Spero di essermi liberato della minaccia dell'Oblivion, dopo questo capitolo. Scusami se ti ho spaventato un po' troppo con un po' di cosa, ma spero che il prezzo ne sia valsa la pena. 

@Un_Figlio_Del_Fuoco e che dire di te? Il lettore incrollabile che mi ha seguito fino a questo punto, ancor prima della caccia. Sei stato la dimostrazione che la mia storia vale qualcosa, per quanto vicino al nulla, se hai continuato inesorabile a seguirla. Devo concludere qui questo capitolo di vita, ma, se mai riprendessi, voglio contare su di te. 

@Darkrairedegliincubi Grazie anche a te. Non è mica da ridere leggersi tutti e due i libri in meno di una settimana. Sono contento che il mio libro ti sia piaciuto fino a questo punto. Spero che non ti mancheranno troppo i miei personaggi. In caso, avrai notizie dal mio profilo.

Elgas Ti metto anche qua, anche se non ci sei su wattpad, ma potrai leggerlo da EFP, quando lo leggerai. Grazie cara del tuo supporto e dei tuoi consigli. Sono sicuro che questa storia non avrebbe mai raggiunto i livelli di ora, se non fosse stato per te. Ti auguro in bocca al lupo per il tuo fumetto, se non ci vediamo più. 

E, per il resto, grazie a tutti quanti per il vostro supporto e per le vostre letture. Grazie a tutti quanti per aver reso possibile tutto questo. Ci ribecchiamo forse sul Secondo Atto 2.5, che verrà rilasciato in blocco unico per motivi di aggiustamento.


Il viaggio, continua...



*******************************NOTE DELL'AUTORE*******************************

- Explaining:

1) 

- Legenda:
Mozart no Requiem: requiem di Mozart.
Cour de Leon: Cuor di Leone.

-F.A.Q.

- Curiosità

Il nome della tecnica di Shinso è stata nominata "Requiem di Mozart" in onore della "Messa di Requiem in Re minore K 626" dell'autore, appunto, Wolfang Amadeus Mozart. La morte di quelli colpiti da questa tecnica è una "morte incompiuta", così come quest'opera non era stata completata. Il nome di famiglia di Brina è riferito a Richar I of England, Riccardo I d'Inghilterra, detto anche Cuordileone (Lionheart), re d'inghilterra e duca di Normandia nel primo secolo del primo millennio. 



   
 
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