Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    17/08/2019    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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COESISTENZA IMPOSSIBILE O “SEMPLICE” GELOSIA?

                                                          


               
Correre, è l’unica cosa che riesco a fare. Correre, è un istinto. Per allontanarmi, cercare di non pensare.
Oh, come se potessi riuscirci.
Forse è incoerente, di sicuro la mia reazione è spropositata e irrazionale, ma non è che possa farci molto.
E poi, perché dovrei essere io a starci male? Io mica ho fatto nulla di sbagliato! Che poi, si può definire sbagliato o sleale? Rallento la corsa.
Non lo so.
Insomma, ho accettato che Judal restasse e gli ho aperto le porte di casa, diciamo pure che nello specifico ho accettato restasse con Sin e crescessimo i nostri figli assieme.
Ma c’è modo e modo!
E questo è un modo che di sicuro mi sta facendo soffrire.
 


 
******************
Cazzo.
Semplicemente, merda!
Perché, perché è dovuto accadere?
-Prima o poi ne avremmo dovuto comunque parlare, Judal, ha solo accelerato un po’ i tempi.-
La fai facile, Sin.
Oh, possibile abbia ragione tu, in fondo conosci Ja’far molto meglio di me, ma dalla mia posso dire che ho visto i mutamenti del suo sguardo, i rukh che aleggiavano attorno a lui passare dalla sorpresa, allo sbigottimento, al fastidio ed alla rabbia.
Al suo posto avrei agito in maniera ben peggiore.
Ma non ho potuto fare nulla, non ho nemmeno fatto in tempo a realizzare ed aprire bocca che Ja’far era corso via, senza che neppure potessimo inseguirlo.
Poteva andare peggio di così?
 
 


******************
Fra i miei incubi, negli ultimi 10 giorni, c’è sempre stato il recarmi in ufficio.
Oh, a parte le storie che racconta Ja’far lavorare mi piace anche, e Judal che tutti i pomeriggi veniva a trovarmi era un piacevole pausa. Per quello l’avevamo pure studiata bene: da che Robin è nato tutti i pomeriggi Ja’far intorno alle due si stacca un attimo dal lavoro per andare ad allattarlo, e vista la distanza fra il nostro appartamento e l’ufficio ci vuole mezz’ora solo per andare e tornare, un tempo forse non abbondante, ma quantomeno sufficiente per una ripassatina veloce a Judal, tanto perché non torni isterico o depresso.
Come piano era geniale, Ja’far non si era mai preoccupato dell’assenza di Judal, avevamo provveduto a fargli credere che verso quell’ora andasse al largo della costa per allenarsi con la magia senza rischiare di coinvolgere nessuno… e allora come ha fatto Ja’far a essere qui così presto?
-Dal tuo sguardo sembri più seccato che preoccupato.-
 Possibile tu abbia ragione Judal, ma ti garantisco che ho paura, una paura blu.
E se scappasse di nuovo? Cosa mi fa pensare che questa volta tornerebbe da me? Cosa gli impedirebbe di andarsene e rifarsi una vita con un altro? Il semplice marchio gli impedisce soltanto di avere rapporti con un altro alpha, ma potrebbe sempre trovare un beta o un’omega. E Robin? Lo porterebbe con sé o lo lascerebbe qui?
Se glie ne avessimo parlato prima cosa sarebbe potuto accadere?
Perché sono così cretino da rifare sempre lo stesso errore?
 



******************
Calcolando il freddo che c’era due settimane fa questo sole è allarmante. Scalda le ossa e sembra voler bruciare la pelle, ma non riesce minimamente a intaccare il mio umore.
 
Dopo aver sbattuto quella porta ho avuto come l’impressione di vagare senza meta per il palazzo, ed invece mi sono ritrovato nella vecchia stanza mia e di Sin. Beh, in teoria di Sin e basta, io avrei una mia camera, sebbene non ci abbia mai abitato, ma serviva per non attirare sospetti.
… c’è mai stato qualcosa di mio? Da che sono nato, esiste qualcosa che fosse unicamente mio?
A ben pensarci, non saprei.
La mia vita apparteneva prima agli Sham Lash e poi a Sin. Si può dire che io abbia scelto di unirmi a lui, ma è opinabile, vista la situazione.
La mia tecnica e le mie conoscenze in fatto di anatomia appartengono al passato, ma non sono veramente cose che io ho appreso, quanto piuttosto cose che l’organizzazione mi ha trasmesso affinché fossi in grado di svolgere al meglio il mio lavoro.
Perfino le mie abilità attuali in ambito politico non si può dire che mi appartengono: mi sono solo state trasmesse da Rurumu affinché le utilizzassi al servizio di Sinbad.
A cosa servo in questa società?
… la mia stessa natura lo dice: non sono altro che un utero per molti, un semi-umano destinato a essere scelto da qualche alpha come compagno. O come ornamento.
Spalanco le porte del balcone, senza prestare attenzione alla lieve brezza, sedendomi su una delle poltrone poste fuori, guardando la città che si estende ai piedi del palazzo, continuando a riflettere.
Perché è successo quello che è successo? Cosa ho fato per meritarmelo? Avrei potuto evitarlo in qualche modo?
Sono tutte risposte che non ho, e non penso nemmeno di volere una risposta, perché temo potrebbe essere molto dolorosa.
Soffermandosi sulle leggi che regolano il nostro mondo Sin è nel giusto. Un omega ha il dovere di sottomettersi ad un alpha, e un alpha ha il diritto di sottomettere un omega. Semplice e lineare.
Sebbene tremendamente ingiusto.
Ho seriamente pensato di prendere Robin e andarmene un paio di giorni da qualche parte per smaltire questo indistinto groviglio di sentimenti, ma non ce l’ho fatta. E vorrei dire che non so perché, sarebbe semplice, ma so benissimo il motivo. Semplicemente, non posso lasciare Robin, ma lui considera Judal come sua madre, non capirebbe.
Quant’è ridicolo, una madre che si fa dare ordini dal figlio di due mesi scarsi…
Ignoro la lacrima che scende lungo la guancia, tirandomi le ginocchia al petto.
Per quanto tempo ancora mi farò mettere i piedi in testa? Perché non posso semplicemente affrontare la cosa e mettere Sinbad di fronte a due scelte?
Perché hai paura che scelga lui mi sussurra una vocina maligna, ma non riesce davvero a ferirmi. Eppure, mi chiarisce il nocciolo della questione.
 
 


******************
Non è piacevole osservare il così detto “leone in gabbia”, il che fa sì che per assimilazione caratteriale non è bello vedere Judal marciare avanti e indietro di fronte alla porta.
-Judal-
-Lo so, lo so, ho io le chiavi, ma non sono convinto di aprire. Cioè, sai, non vorrei mai che-
Per quanto sia anch’io molto preoccupato, devo dire che in qualche modo il terrore di Judal è adorabile: non mi aspettavo iniziasse a straparlare e gesticolare a questo modo se messo alle strette, e vederlo comportarsi in modo così insicuro, in un’altra circostanza, mi avrebbe fatto sorridere, lo avrei stretto e strapazzato, ma ora… per quanto mi sia stato d’aiuto per mantenere un contegno, ho paura anch’io.
-È comprensibile.- non ho voglia di deriderlo per queste sue esitazioni, preferisco piuttosto aprire la porta ed affrontare il problema. Gli scompiglio appena i capelli, cosa che so lo infastidisce parecchio in situazioni normali, e per quanto la sua reazione sia ben più discreta del solito basta per rubargli le chiavi dalla tasca e aprire la porta.
-Forza, vieni.- gli porgo una mano, e vedo che ha paura, ma nonostante questo, dopo aver preso un profondo respiro, entra.
 


 
 ******************
La prima cosa che noto è il buio. Non una luce accesa, non un rumore, non un movimento, e siamo in quel particolare momento della sera in cui il sole è calato ma ancora non è apparsa la luna, né tantomeno si vedono le stelle. Pure, grazie ad un briciolo di allenamento e ad una buona conoscenza dell’ambiente mi muovo bene.
Ho pensato di accendere le candele, ho pure lanciato un incantesimo se per quello, ma non ha sortito effetto, segno che probabilmente sono state tolte. Certo, potrei fare luce lo stesso con un incantesimo, ma sarebbe impegnativo, e la sparizione delle candele è un chiaro segno che Ja’far evidentemente preferisce il buio.
-Ja’far, sei in casa?-
Scuoto piano la testa, sconsolato. Sin, possibile tu non sappia leggere l’atmosfera?
Non una parola in risposta, non un suono, un movimento. Se non vedessi i rukh penserei che la casa sia vuota, e invece so bene che Robin dorme di sopra, anche se a giudicare dall’agitazione dei rukh si sveglierà fra non più di 10-15 minuti, e c’è una persona appena fuori dalla cucina.
Senza dire una parola afferro il polso del babbeo padre di mio figlio e me lo tiro dietro fino in cucina. Fino a lì mi segue senza opporre resistenza, ma appena faccio per muovere un passo nella stanza mi blocca e mi tira indietro.
Perché? Nessun dubbio che ha visto la sagoma sulla porta del terrazzo, ma allora
-Non hai visto i fili? Se fosti inciampato che avremmo dovuto fare?-
Strizzando gli occhi ci faccio caso: fili piccoli e sottili in tutta la stanza impediscono il passaggio, e in fondo non mi sorprendono.
 


 
******************
Mai, mai, nemmeno sotto tortura, ammetterò di aver avuto l’impulso di ritirare tutti i fili quando ho visto che Judal rischiava di inciamparci. Eppure avevo già iniziato a tirare i capi, anche se immagino che nessuno di loro se ne sia accorto essendomi posto in contro luce.
-Mi dispiace.- è poco più che un sussurro, ma in quanto ex-assassino ho imparato ad udire anche gli ultrasuoni, figuriamoci i bisbigli.
Non mi degno di rispondere. Il fatto che non desideri Judal o il bambino si facciano del male non significa che accetterò una scusa del genere con semplicità.
-Ja’far, possiamo parlarne?-
-Mi pareva che steste parlando fino ad un attimo fa, e non vi ho uccisi, quindi suppongo possiate ancora parlare.-
Nonostante abbia avuto quattro o cinque ore per sbollire la rabbia il mio umore non è molto migliorato.
-Non puoi togliere questi fili per parlare faccia a faccia?-
-No.- puoi provarci finché vuoi Sin, ma al momento non ti voglio vicino. Oh, voglio proprio sentire cosa avete da dire, eccome se lo voglio, ma preferirei mi steste ad una debita distanza.
Sento uno di fili andare in tensione.
-Sta attento Sinbad, alcuni fili sono innocui, altri nascondono diverse trappole.-
La tensione del filo avvolto sul mio pollice diminuisce, segno che evidentemente ha desistito. Ottimo.
-Mi dispiace, la colpa è mia.-
Oh, beh, ci mancherebbe solo che fosse mia!
-Le croci si fanno con due bastoni, e allo stesso modo da soli non si scopa.- non presto attenzione al tono velenoso che mi esce, in fondo non sono io quello in torto marcio, e Judal sembra saperlo. Oh, sarebbe facile dargli tutta la colpa, in qualche modo immagino che lo aiuterebbe a sentirsi meno sporco, ma non mi va di rendere le cose semplici.
-Ja’far, andiamo, non essere sciocco. Il punto non è di chi sia la colpa, ma piuttosto immagino tu voglia sentire le motivazioni, anche per liberarti tu da ogni possibile dubbio su una tua parte di responsabilità.-
A sentire una stronzata del genere inizia ad uscirmi fumo dalle orecchie e mi parte un sibilo in tutto e per tutto simile a quello di un serpente a sonagli. Incurante di buona parte dei fili che per un secondo si allenta lancio uno dei coltelli, che si conficca nel muro alle spalle di Sin dopo avergli adeguatamente graffiato un orecchio.
-Com’è iniziata?-
-6 mesi fa a Kou con il calore.-
-Non intendo questo Sinbad e lo sai benissimo!- praticamente ruggisco, incurante per una volta di informare Sindria della nostra relazione. Ammesso che perduri.
-Due settimane fa. Da un po’ la gravidanza mi dava alla testa e…-
Judal si azzittisce, e io volto la testa osservando il sorgere della luna. Quando sarà alta nel cielo vedranno le trappole appese qua e la e di sicuro Sin verrà qui, trainandosi dietro Judal.
-Mi dispiace, mi dispiace; lo so che non avrei dovuto, di fronte ai problemi che stai avendo tu con Robin questo è una roba da nulla ma-
-Hai ragione, in effetti è stato proprio un colpo basso.-
-Ja’far- non capita spesso che Sinbad si arrabbi, ma quando lo fa non ci sono mezze misure: tira fuori il tono perentorio tipico di un alpha, e diventa dura disobbedirgli, come se già non bastassero i feromoni che spande in giro. Odio la mia fottutissima natura di omega, tutte le volte che Sin fa così inizia a premere affinché mi chini ai suoi piedi e mi scusi.
Col cavolo, non questa volta.
Facendomi violenza raddrizzo le spalle, osservando con sfida Sinbad e notando solo ad una seconda occhiata Judal che cerca di rabbonirlo. Possibile che a lui che gli è pure più vicino non facciano effetto quei dannatissimi feromoni?
-Non sbagli nel dire che io e Judal siamo colpevoli-
Finalmente!
-ma non puoi escluderti da colpe, per come la vedo io.-
Coglione.
-E di cosa sarei colpevole? Sentiamo.-
-Uno.- inizia, con voce chiara e netta, priva della minima esitazione -Non più tardi di un mese fa hai accettato di far restare Judal a Sindria, aggiungendo che era parte della famiglia.- apro la bocca per ribattere, ma intuendo le mie intenzioni mi precede -Non venirmi a dire che ti attendevi uno sviluppo platonico o che desideravi una volta terminata la gravidanza se ne andasse. Mentiresti, e il fatto che tu, proprio tu, abbia invitato Judal a “tornare a casa” dopo lo scontro con Kou lo dimostra.-
Soppeso il coltello che ho in mano: potrei lanciarlo, ma non è detto che riuscirei a ritirarlo, e rimarrei senza.
-Due. Hai espressamente parlato più volte del crescere Robin con il piccolo che verrà, e non solo, non più tardi di tre settimane fa, prima che scoppiasse lo scandalo di Robin hai espressamente detto, tenendolo in braccio “fra poco più di 3 mesi sarai il fratello maggiore”.-
-In che modo queste sarebbero colpe?- mi viene da ridere: se queste sono le argomentazioni di Sin allora
-Non lo sono.- risponde pacato.
-Eh?! Ma ti rendi conto che hai parlato per nulla, che-
-Non sono “colpe”, ma invalidano la tua rabbia.-
-Stronzate.-
-Affatto.- la luna è salita abbastanza per illuminare la stanza, e nonostante ciò Sinbad non si muove. Resto incantato dal suo sguardo. Decisione, fermezza, caparbietà. Lo sguardo di quando ha rifondato Sindria. Di quando mi ha esortato a vivere per me stesso. Lo sguardo di chi crede in ciò che dice.
-Sei arrabbiato perché ritieni sia tradimento, ma nei tuoi gesti dimostri in realtà che eri consapevole della strada che avevamo intrapreso.-
Lo odio. Odio ammettere che in qualche modo ha ragione. Manca solo l’ultimo pezzo.
 
 


******************
Detesto dover arrivare a fare la voce grossa e piegare a me Ja’far ricorrendo ad un trucco meschino come il vantaggio offerto dall’essere alpha, ma non avevo altro modo.
E la cosa non è finita, perché, giunti a questo punto, è giusto terminare il discorso con la sua logica conclusione.
-Il fatto che tu sia qui, vicino eppure irraggiungibile, assieme alle precedenti considerazioni, porta a una sola risposta.- sono sicuro di ciò che sto per dire, so di essere nel giusto, lo so con talmente tanta certezza che stringo i fili vicino a me in una mano e tiro -Tu non sei arrabbiato per il tradimento, sei solo geloso perché sei stato escluso.- cadono a terra mollemente, tutti.
Avanzo deciso, piantandomi di fronte a Ja’far, in attesa. Non da segno di vita, ritto in piedi con la testa china e lo sguardo vago. L’atteggiamento da “Ho sbagliato, lo sappiamo entrambi, finiamola qui.”
Io lo so che è questo, lo capisco, perché lo conosco bene, stiamo insieme da anni, e normalmente, le rare volte in cui sono io ad essere nel giusto, gliela do buona, ma non oggi.
-Ja’far.- mantengo un’intonazione dura, pura degli ordini.
-È vero.-
-Più forte.-
Ripete, ma con un tono più basso ancora.
Prima che possa impedirmelo, ringhio infastidito.
-È vero.-
Questa volta è andata, si è sentito. Lo sguardo di Judal è attonito. Con passo malfermo si avvicina, titubante, come se avesse paura di essere cacciato o rifiutato di nuovo, e beh, visti tutti gli alti e bassi degli ultimi tempi non posso dargli torto.
Con titubanza prende la mano che gli porgo, tenendo d’occhio Ja’far come se potesse scattare da un momento all’altro. Quando non nota alcuna reazione, sospira.
-Mi dispiace.- ripete comunque, per buona misura, tenendo gli occhi fissi su Ja’far.
-Sei duro d’orecchi?- risponde con perplessità, facendomi ridacchiare. Me ne pento nel ricevere due pestate di piede degne di due pachidermi.
-No, solo troppo felice per crederci.- si spinge avanti appoggiando la fronte a quella di Ja’far, i nasi che si sfiorano.
Sorrido. Per quanto non convenzionale, immagino che questa sia definibile come “famiglia”. Avvolgo le braccia attorno ai due finalmente sereni, e anche loro liberano un braccio per allargare l’abbraccio.
Poi mi torna in mente una cosa. Non è proprio il migliore dei momenti, ma c’è un piccolo sassolino che desideravo togliermi dalla scarpa da un po’.
-E non puoi aspettarti nulla se non ti fai toccare che durante il calore.-
Due ginocchiate, una negli stinchi una al ginocchio, mi piegano in due.
Facevo meglio a tacere.










Piccoli scleri di cui (volenti o nolenti) finirete per far parte: ora, questo è un capitolo allo stato grezzo: scritto in un italiano che boh, con sicuramente alcuni piccoli errori quà e là, e uno svolgimento orribile. Perché è così? Perché la santa donna che beta è in vacanza e mi sono rifiutata anche solo di chiederle. Comunque a settembre finite le vacanze credo glielo propinerò e vedrò di migliorarlo, ma intanto...
nulla, buone vacanze
Hoshi
   
 
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