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Autore: cut_wing    18/08/2019    0 recensioni
Questa vuole essere una raccolta di pensieri di Makalaure incentrati sui numeri. Spero che vi piaccia.
Dal prologo:
Osservò con attenzione i suoi capelli uno ad uno e poi, trovandone uno senza doppie –anzi, quadruple- punte, tirò.
Non sentì quasi nulla, ormai ci era abituato; era la quarta volta che doveva sostituire una delle corde originali della sua arpa. Quattro di sette.
Continuò a strappare, contando ad alta voce; uno, due tre, quattro, finché non fu un canto ad uscirgli dalla gola; un canto che aveva tenuto dentro di sé così a lungo da non rendersi nemmeno conto che esistesse.
E continuò a cantare, e mano a mano che gorgheggiava i numeri si trasformavano in ricordi; immagini, suoni, odori che non avrebbe più sentito.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maglor
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tra corde, numeri e ricordi
 
Uno spiacevole suono bloccò il suo canto, facendolo sospirare.
-Si è rotta un’altra corda… - mormorò, osservando con tristezza la sua arpa. La corda in questione penzolava da una parte, mentre l’altra metà era aggrovigliata a quella accanto ad essa.
La rimosse con calma, attento a non rovinare la struttura dello strumento, per quanto fosse possibile date le sue pessime condizioni, poi le sue mani –entrambe senza fasciature; non ne valeva la pena- andarono ad accarezzare una ciocca dei suoi lunghi capelli corvini.
In tutto quel tempo –quant’era passato, da quando si era ritrovato solo? Non lo ricordava- erano cresciuti ancora, e gli arrivavano quasi alle ginocchia, ma lui insisteva a non tagliarli; in casi come quello erano proprio ciò che ci voleva.
Li osservò con attenzione uno ad uno e poi, trovandone uno senza doppie –anzi, quadruple- punte, tirò.
Non sentì quasi nulla, ormai ci era abituato; era la quarta volta che doveva sostituire una delle corde originali. Quattro di sette.
Se avesse cantato nei centri abitati forse avrebbe potuto ottenere qualche moneta con cui ripararla, ma –non poté fare a meno di sorridere amaramente pensandoci- sarebbe potuto finire nelle mani di qualche elfo in preda alla sete di vendetta, e lui non voleva, non poteva morire; aveva ancora troppe storie da narrare e troppi pregiudizi da smontare per lasciare tutto a metà. Era quello l’unico motivo che impediva a sé stesso di lasciarsi andare.
Continuò a strappare, contando ad alta voce; uno, due tre, quattro, finché non fu un canto ad uscirgli dalla gola; un canto che aveva tenuto dentro di sé così a lungo da non rendersi nemmeno conto che esistesse.
E continuò a cantare, e mano a mano che gorgheggiava i numeri si trasformavano in ricordi; immagini, suoni, odori che non avrebbe più sentito.
Aveva tanto da raccontare, e tanto da ricordare.
E troppo che vorrei dimenticare.
   
 
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