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Autore: funny1723    19/08/2019    2 recensioni
Dal testo:
"Sansa gli si sedette accanto. Anche adesso che tutto era cambiato, dopotutto quello che era successo, che le era successo, Sandor non poteva fare a meno di notare che i suoi modi restavano quelli di una vera lady."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPPURE








 
Tell the devil to take you back
my heart went from red to black
came up from that lake of fire
only had that one desire









Sansa gli si sedette accanto. Anche adesso che tutto era cambiato, dopotutto quello che era successo, che le era successo, Sandor non poteva fare a meno di notare che i suoi modi restavano quelli di una vera lady. Forse in fondo era vero che certe cose sono radicate troppo in profondità per poter essere cambiate.
Sansa non era più la ragazzina fragile e bisognosa di aiuto che aveva conosciuto ad Approdo del Re, la vita non le aveva permesso di continuare ad esserlo. Ora era una donna indipendente, fiera, fredda come il luogo che governava e che le era tanto caro.
Una volta, quando tutto doveva ancora iniziare, Sandor aveva sentito re Robert definire lady Catelyn una vera lady del Nord; all’epoca non aveva pienamente capito il senso di quelle parole, non gli era interessato particolarmente il comprenderlo, ma adesso capiva cosa intendeva dire quel vecchio ubriacone di Robert e capiva anche il perché dell’espressione irritata di Cersei. Una lady del Nord non era come quelle inutili puttanelle frignanti di Approdo del Re, non era cresciuta fra feste e balli. Una lady del Nord era ghiaccio e freddo e silenzio. Era la morte nella sua forma più bella e più letale. Ed era ciò che era diventata Sansa Stark. Sandor la rispettava per questo, la rispettava e la ammirava. Perché nonostante avesse subito ogni genere di orrore e superato ogni genere di tragedia, certe cose per l’appunto erano probabilmente radicate troppo in profondità per essere cambiate; come i suoi modi aggraziati per esempio, o le sue labbra che a Sandor sembravano sempre pendere un po’ verso l’alto, come se cercasse di trattenere un sorriso.
O come il modo in cui lo guardava.
Sansa aveva quel modo tutto suo di fissarlo, un modo che faceva sì che a Sandor si contorcessero le budella. Sansa lo guardava come se Sandor fosse un uomo. Non un mostro, non un assassino, non uno scherzo della natura. Solo un uomo che aveva visto tanto, fatto tanto, sacrificato tanto. Lo guardava come se fossero alla pari. E anche se Sandor non si era mai sentito certo alla pari della bella e forte Sansa Stark, spesso gli capitava di ritrovarsi a provare gratitudine nei suoi confronti. Sì, quel piccolo e maledetto uccellino lo faceva sentire grato, in pace, al sicuro. E compreso.
Soprattutto dopo ciò che era successo, dopo Joffrey, Thoros e Gregor.
A Sandor non piaceva parlare del passato, ciò che era stato poteva anche andare a farsi fottere per quanto lo riguardava, eppure quando Sansa gli si sedeva accanto come aveva fatto quella sera, la bocca gli si muoveva senza volere e si ritrovava sempre a raccontarle cose che a volte faceva fatica a dire anche a se stesso.
Quella sera il vento era più freddo del solito, eppure nessuno dei due si preoccupò di riaccendere il fuoco. Sansa non aveva detto niente, come sempre si era limitata a sedersi accanto a lui, un bicchiere di vino in mano.
Sansa non gli aveva mai messo fretta, non lo aveva mai costretto a fare niente, stava solo ferma lì, in silenzio, e anche per questo Sandor le era grato.
All’inizio, le prime sere, non aveva parlato neanche lui, erano semplicemente rimasti uno accanto all’altro a fissare il fuoco e bere.
Poi, pian piano, Sandor aveva iniziato a raccontarle cose. Dove era andato dopo che Joffrey era diventato sovrano, come aveva conosciuto Thoros, come aveva imparato a cavalcare. Cose banali, prive di importanza. E Sansa come sempre era rimasta lì, accanto a lui, in silenzio.
Non aveva detto niente quando Sandor le aveva raccontato del tempo passato con Arya, né quando le aveva parlato del suo odio per Cersei. Non aveva detto niente neanche quando Sandor le aveva confessato com’era avvenuto il suo primo omicidio.
Erano mesi ormai che ogni sera i due si incontravano, mesi che Sandor le raccontava ogni genere di nefandezza che aveva commesso, ogni tradimento, ogni orrore, eppure Sansa non si era mai scomposta. Non lo aveva mai fatto sentire né vittima né carnefice.
Solo Sandor.
Non il Mastino, non il discendente di casa Clegane, non il sicario della corona.
Solo Sandor.
Forse era proprio per come Sansa lo faceva sentire che quella sera aveva deciso di parlarle di Gregor, del loro scontro, della sua morte. O forse era perché semplicemente aveva bisogno di dirlo a qualcuno.
“Gregor era un mostro”, le aveva detto con calma, come se stesse spiegando una verità universalmente nota ad una bambina troppo piccola per conoscerla.
“Gli avevo giurato che mi sarei vendicato e l’ho fatto. Quel bastardo ha avuto ciò che si meritava e-“ le parole gli morirono in gola.
Per un istante gli venne da ridere.
Forse, dopo tutto quel tempo passato a parlare da solo aveva finito la quantità di stronzate che gli dei gli avevano concesso di usare in una vita intera, o forse alla fine aveva perso la voce finalmente. O forse quello che stava per dire era semplicemente troppo. Troppo intimo, troppo personale, troppo difficile.
Sandor bevve un generoso sorso di birra.
Aveva paura.
Non che Sansa lo dicesse a qualcuno o che lo deridesse, sapeva che non l’avrebbe mai fatto, non lei. No. Sandor aveva paura che se avesse finito la frase, se avesse detto ciò che voleva dire, allora forse il suo uccelletto avrebbe smesso di presentarsi a quei loro inconsueti incontri serali. Temeva che avrebbe iniziato anche lei a guardarlo come facevano tutti gli altri, che l’avrebbe trovato rivoltante. Che ne avrebbe avuto timore. E quello, quello non poteva sopportarlo, non da parte di Sansa.
Quindi era lì, con la bocca socchiusa come un idiota e le parole a strozzargli la gola.
Fighetta codarda, fighetta codarda, fighetta codarda, fighet-
Sansa si girò verso di lui e con delicatezza gli carezzò la guancia – la cicatrice – con la punta delle dita fredde. Sandor espirò bruscamente, come chi dopo essere stato in apnea per troppo tempo torna a respirare a pieni polmoni.
“Eppure,” disse Sansa piano, quasi in un sussurro.
“Era sempre tuo fratello. Nonostante tutto.”
 Sandor si accorse di star piangendo solo quando sentì il sapore delle lacrime sulle labbra di Sansa.         
 
   
 
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