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Autore: funny1723    19/08/2019    0 recensioni
Dal testo:
"Draco non avrebbe saputo dire con certezza quando aveva iniziato a fissarla. Un giorno si era semplicemente accorto che non riusciva a smettere di guardare Hermione Granger."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Haunted heart'
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HOW BIG, HOW BLUE, HOW BEAUTIFUL








 
What are we gonna do?
We've opened the door, now it's all coming through
Tell me you see it too
We opened our eyes and it's changing the view
Oh, what are we gonna do?









Draco non avrebbe saputo dire con certezza quando aveva iniziato a fissarla. Un giorno si era semplicemente accorto che non riusciva a smettere di guardare Hermione Granger.
Lì per lì la cosa lo aveva sconvolto, era pur sempre un Malfoy dopotutto. Eppure da quando erano tornati ad Hogwarts, da quando Lucius era poco più di un’ombra nella sua vita, per Draco quel suo cognome prima tanto rinomato e nobile, ora non era altro che motivo di vergogna.
La guerra aveva cambiato tutto e tutti.
Ognuno di loro era stato costretto a prendere una posizione, a fare una scelta e Draco che in vita sua non aveva mai dovuto – mai potuto – decidere niente, si era ritrovato dalla parte sbagliata della trincea. Non biasimava sua madre o suo padre per questo, ormai non era più un bambino, ora capiva. Capiva che in fondo neanche Lucius era mai stato veramente libero di decidere, lui che aveva sempre vomitato superbia e disprezzo su ogni cosa, in realtà non era altro che un bambino spaventato che rincorreva le vesti del Signore Oscuro nella speranza di essere finalmente più di ciò che era. Più di ciò che sarebbe mai potuto essere.
Draco provava quasi pena per lui, anche se sapeva che forse alla compassione Lucius Malfoy avrebbe preferito il disprezzo. Non che ormai importasse più ciò che preferiva. I dissennatori non avrebbero fatto comunque alcuna distinzione.
Per quanto riguardava Narcissa, Draco non biasimava neanche le sue di scelte. Sua madre era sempre stata una donna tanto bella quanto maledetta. La vita non le aveva mai dato la possibilità di cambiare. L’avevano educata ad essere una brava figlia prima ed una buona moglie dopo.
Zitta Narcissa, devi sorridere mentre ti spezzi.
E questo aveva fatto. Era stata zitta. Aveva sorriso. Il risultato perfetto di un patriarcato soffocante e nocivo rivestito d’oro e marchiato a fuoco con il sigillo oscuro dei Black. È difficile discostarsi da ciò che le persone ti insegnano ad essere, da ciò che si aspettano tu diventerai un giorno. Draco ora capiva anche questo, come avrebbe potuto non capire?
Capiva, sì, capiva e si vergognava.
Lui che fino a qualche anno fa aveva avuto la superbia di credersi migliore di chiunque, lui che aveva denigrato e deriso quelle stesse persone, quegli stessi ragazzi (perché questo erano, ragazzi), che solo qualche mese fa gli avevano salvato la vita.
A volte, aveva anche pensato di andare a scusarsi con tutti coloro che aveva avuto l’ardire di trattare come suoi inferiori, ma poi si era detto che probabilmente non meritava di fare ammenda. Non meritava di pulirsi la coscienza, di ricominciare. Non aveva il diritto di rientrare nelle loro vite, anche se solo per un momento.
Forse era anche per questo che, tornato ad Hogwarts, aveva accettato gli sguardi d’odio e diffidenza che gli lanciavano gli altri studenti senza dire niente. Sapeva di meritare le occhiatacce, gli spintoni. L’indifferenza. Tornato ad Hogwarts era diventato un paria, un reietto, ma questo non lo disturbava. Era solo giustizia, niente di più, niente di personale.
 In fondo, dopo tutto ciò che erano stati costretti a sopportare alcuni di loro durante la guerra, lui poteva tranquillamente sopportare un anno passato da scarto sociale. Un anno, o il resto della sua vita. Poco importava, poco cambiava.
Perché appunto, Draco capiva.
Da quando era tornato ad Hogwarts si ritrovava spesso a pensare ad una frase che aveva sentito dire una volta a Silente. Un aiuto verrà sempre dato ad Hogwarts a chi lo richiederà. Una frase forse banale, eppure Draco non faceva altro che rimuginare su quelle parole.
Forse, si diceva ogni notte seduto nell’osservatorio di astronomia con le gambe a penzolare nel vuoto, forse non tutti meritavano di richiedere aiuto, forse lui non meritava di richiedere aiuto.
Rimuginava su questo e fissava Hermione Granger.
Per lei il ritorno ad Hogwarts doveva essere stato decisamente diverso. Hermione era stata accolta con tutti i riguardi e gli onori che meritava. La strega più intelligente degli ultimi dieci secoli, colei che aveva aiutato Harry Potter a vincere. Colei che aveva sacrificato tutto, così che altri dopo di lei non avrebbero dovuto fare lo stesso. Un’eroina con la e maiuscola.
Non c’era giorno che sedesse da sola in mensa o che qualcuno vedendola passare per i corridoi non la ringraziasse o le sorridesse con gratitudine ed ammirazione.
Forse era perché tutti le prestavano continuamente attenzione che Draco aveva iniziato a fissarla. O forse era semplicemente perché guardare Hermione Granger lo faceva stare meglio.
Aveva passato così tanto tempo a disprezzarla per le sue origini che non aveva mai notato quanto effettivamente Hermione fosse speciale, diversa. Guardandola nessuno avrebbe mai sospettato che la guerra l’avesse cambiata, ma Draco sapeva che non era vero.
Né fisicamente, né mentalmente.
Ogni tanto mentre la fissava Draco si ritrovava a sfiorarsi l’avambraccio sovrappensiero. Là dove il marchio oscuro gli deturpava la pelle. Sapeva che nello stesso punto, anche la pelle di Hermione era stata deturpata. Lo stomaco gli si chiudeva e la bocca gli si riempiva di bile ogni volta che ripensava a quel giorno a Malfoy Manor. Lo sguardo folle di Bellatrix, le grida di Hermione, il sangue che si allargava scuro e caldo sul pavimento di marmo bianco. Sangue rosso, come il suo. E lui fermo, immobile, silenzioso. Una bambola di porcellana dimenticata a prendere polvere in un angolo della stanza.
 Una bambola rotta.
A volte, fissandola, Draco si domandava se anche a lei capitasse mai di sfiorare la cicatrice quando era sovrappensiero. Anche se sapeva che probabilmente Hermione non aveva il tempo di essere sovrappensiero.
Quindi sì, forse la fissava semplicemente perché il farlo lo faceva stare meglio. O forse la fissava per l’espressione che le oscurava lo sguardo.
Draco forse non sapeva molto di lei, ma riconosceva la tristezza quando la vedeva ed Hermione Granger era triste.
A volte si chiedeva come facessero a non accorgersene tutti gli altri. Certo, rideva e parlava tranquillamente come se tutto andasse splendidamente, ma tutto di lei trasudava disperazione, dolore.
Forse la fissava perché in fondo si sentiva simile a lei. O forse lo faceva perché semplicemente non lo faceva nessun altro, non davvero almeno.
Quel giorno Hermione era seduta sotto un albero, vicino al lago nero. Era ormai arrivato l’inverno da più di una settimana, eppure la ragazza non indossava né sciarpa né guanti. Mentre le si avvicinava, Draco si chiese se avesse freddo.
Sapeva di stare per fare una cosa stupida, ma ormai non aveva più niente da perdere. Non sapeva esattamente quando avesse deciso di andare a parlare con Hermione Granger, sapeva solo che l’idea di non farlo non lo aveva neanche sfiorato.
Un aiuto verrà sempre dato ad Hogwarts a chi lo richiederà.
Draco non aveva ancora pienamente compreso il senso di quelle parole e anche se sapeva che lui non aveva il diritto di chiedere aiuto, era altrettanto consapevole che al contrario Hermione quel diritto lo aveva sempre avuto. E stava chiedendo aiuto ormai da tanto, troppo tempo senza che nessuno lo notasse.
Allungò un braccio per sfiorarle la spalla, ma lo ritrasse prima di toccarla. Si schiarì la gola invece.
Hermione si girò verso di lui e lo sguardo che gli rivolse fece capire per un istante a Draco cosa si provava a ricevere il bacio di un dissennatore. Ma questo non lo convinse comunque a ritirarsi, in fondo, Draco capiva il suo odio. Sapeva di meritarlo.
“Grager, io…” le parole gli si bloccarono in gola.
Hermione nel mentre si alzò, lo sguardo se possibile ancora più furente.
“Vattene Malfoy, non abbiamo niente da dirci.”
Draco trattene il fiato. Forse aveva ragione lei, forse sarebbe stato meglio fare come voleva. Forse… 
Chiuse gli occhi. Non era il momento di essere codardi. Non di nuovo.
“Mi dispiace.”
Le parole gli uscirono a malapena percettibili. Non era ciò che voleva, ma si disse che comunque era sempre meglio di niente.
“Ti dispiace?”, una risata le grattò la gola mentre pronunciava quelle parole.
“E dimmi Malfoy, per cosa ti dispiace? Per ciò che è successo a tuo padre? O no, aspetta, magari ti dispiace per essere stato fermo a guardare mentre tua zia mi mutilava? Ho indovinato? No?”, ogni parola che pronunciava trasudava rabbia, disprezzo.
“Ma certo, so per cosa ti dispiace. Ti dispiace di avere perso la guerra, o sbaglio? Ti dispiace esserti schierato dalla parte degli sconfitti, ti dispiace che una sporca mezzosangue sia stata più forte di te.”
Quando Hermione fece un passo avanti, Draco non indietreggiò. Non indietreggiò neanche quando lo schiaffo gli fece girare la faccia e bruciare la pelle.
Rimase fermo lì, calmo e composto. Qualcosa dopotutto da sua madre l’aveva appresa.
Zitta Narcissa, devi sorridere mentre ti spezzi.
Aspettò che Hermione si ricomponesse, i suoi occhi fissi in quelli di lui erano come una pugnalata al cuore.
“Mi dispiace che ti abbiano tolto il diritto di essere triste.”
Hermione fece per dire qualcosa, replicare, ma Draco fu più veloce.
“Mi dispiace che tutti si comportino come se l’aver vinto la guerra cancelli tutto ciò che avete fatto, che hai fatto, per vincerla. Mi dispiace che ti abbiano impedito di mostrarti fragile, disperata. Mi dispiace che abbiano dimenticato che anche tu eri solo una bambina e che a volte le persone quando stanno male non hanno bisogno di qualcuno che dica loro che va tutto bene o che sono importanti, ma che hanno semplicemente bisogno di stare male, di piangere, di urlare. Mi dispiace che non ti abbiano dato la possibilità di arrenderti. Mi dispiace che ti abbiano tolto il diritto di essere una persona normale.”
Hermione aprì la bocca e la richiuse senza emettere neanche un suono. Poi strinse la mascella, le labbra una linea sottile.
“Non sai di cosa stai parlando Malfoy. Non sai niente.” , nel dirlo, la voce le tremò appena.
Draco annuì. Forse dopotutto la Granger aveva ragione, non erano fatti suoi. Forse non sapeva davvero di cosa stava parlando; però capiva.
Hermione raccolse la sua roba, pronta ad andarsene, lo sguardo ancora furente.
“Un aiuto verrà sempre dato ad Hogwarts a chi lo richiederà.”, pronunciò quelle parole quasi urlando, sperando che Hermione lo sentisse.
Ma lei non si girò e lui si ritrovò lì, solo, a fissarla.
Di nuovo.
Fu solo il giorno dopo che iniziò a pensare che forse lo aveva sentito. Fu solo il giorno dopo che iniziò a pensare che forse lo aveva ascoltato.
Non che fosse accaduto niente di particolarmente eclatante. Come sempre, Draco era un paria, un emarginato, un reietto e, come sempre, Hermione era circondata di gente, intenta a ridere o a chiacchierare con tranquillità con chiunque le sedesse accanto.
Eppure, Draco sapeva che qualcosa era cambiato.
All’inizio Draco non era sicuro del perché fissasse Hermione Granger. Si era detto che forse era perché lo facevano tutti o che magari era perché il farlo lo faceva stare meglio. O forse perché in fondo lui ed Hermione erano simili.
Qualsiasi fosse il motivo, all’inizio Draco non era sicuro del perché fissasse Hermione Granger.
Ma quel giorno qualcosa era cambiato. Perché adesso, ogni volta che Draco fissava Hermione, incontrava gli occhi di lei a ricambiare lo sguardo.
Perché adesso, Draco capiva.
 
   
 
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