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Autore: Eurus91    20/08/2019    1 recensioni
[MacGyver 2016]
Aka: Mac si mette nei guai in prigione e Jack deve ripassare il codice morse.
La storia partecipa alla #summerbingochallenge indetta sul gruppo hurt/comfort italia - fanfiction & fanart
https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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99. Agonia
Ovviamente la presente non è scritta a fini di lucro, ma per puro divertimento mio e dei lettori.
 Fandom: MacGyver (2016)
Personaggi: Angus “Mac” MacGyver -  Jack Dalton.
Parole: 5564
Tags: Niente che non sia successo nel canon a Mac, riferimenti a torture niente di troppo grafico, Worried!Jack, stavolta non è completamente colpa di Mac, tag episodio 1x7 “Can Opener”
 Dedicata a Shun di Andromeda e a PerseoeAndromeda
 
TEXAS IS NO FUN
 
Quando sei un agente segreto e lavori per un’agenzia talmente segreta che neanche la CIA sa o comunque dovrebbe sapere, della sua esistenza, essere vicino alla morte è un’esperienza che si ripete quasi in maniera ciclica. 
Ma se quell’agente è Angus MacGyver, venticinquenne incline a mettersi nei guai, allora avere un incontro ravvicinato con la cupa mietitrice quasi in ogni missione diventa inevitabile. 
Questo era quello che pensava Mac, mentre il bagagliaio dell’auto, in cui era stato costretto, si aprì accecandolo in maniera momentanea.
Finire prigioniero di El Noche Sancola, leader di un cartello della droga messicano, non era esattamente nei suoi piani, come non lo era ritrovarsi legato ad una sedia in metallo, in un una villa situata in luogo imprecisato del Texas (sperava fosse ancora nel Texas) dopo essere evaso di prigione e aver portato con lui il capo di detto cartello (come gli era stato ordinato), ed essere sparito dai radar della Fondazione. 
Questa missione stava per trasformarsi nel Cairo 2.0 e c’era un motivo se lui e Jack non parlavano mai del Cairo. 
 
Mac era comunque preparato a quello che sarebbe venuto dopo, non diventi un agente operativo se non sei addestrato e lui era stato addestrato dal migliore agente che conosceva: Jack Dalton, Cecchino professionista, ex-DELTA, ex CIA. Non era stato piacevole, per nessuno dei due e Mac sapeva, anche se non ne avevano mai parlato apertamente, che la vista di Mac che supplicava Jack di fermarsi, a volte riaffiorava nella mente del suo overwatch quando abbassava la guardia e questo significava solo una cosa: incubi. 
 
Sapeva benissimo che gli spessi strati di adesivo che tenevano i suoi polsi inchiodati ai braccioli freddi della sedia, non sarebbero venuti via semplicemente strattonandoli, ma questo non gli impedì di provarci. Ancora e ancora. Sentiva la pelle, tenera, bruciare e arrossarsi.
Nuovi lividi da aggiungere alla collezione.
“Non lavoro per nessuno. Non so di cosa stai parlando. Ero un detenuto, esattamente come te.”
Quelle frasi venivano ripetute meccanicamente come risposta alle domande di El Noche, che stava perdendo la pazienza. Mac lo sapeva e lo temeva.
Era addestrato, ma questo non significava che non aveva paura.
Quando una bombola con dell’Azoto e una maschera entró nella sua visione, seppe esattamente quanto avrebbe fatto schifo la cosa.
Nessun addestramento ti prepara a questo, puoi sapere cosa ti sta accadendo, ma non puoi impedire al tuo corpo di entrare in modalità sopravvivenza e cercare di liberarsi. 
Era quello che stava accadendo a Mac, mentre la maschera veniva costretta con forza contro il suo viso, il suo corpo si era teso contro le restrizioni che lo tenevano bloccato. I suoi polmoni bramavano ossigeno, bruciarono arrabbiati quando ottennero solo azoto puro. Stava soffocando e la consapevolezza che non poteva fare nulla per impedirlo gli arrivó come un fulmine a ciel sereno. Imprevedibile nella sua prevedibilità. 
 
La cosa divertente, o almeno Jack l’avrebbe trovata tale, era il suo cervello che aveva iniziato ad elencare tutte le conseguenze di respirare Azoto puro.
Non sarebbe morto, non subito almeno, poteva salvarsi, se Jack l’avesse trovato in tempo.
Perchè Jack l’avrebbe trovato. 
Una vocina nel suo cervello, gli suggerì che la possibilità di Jack di trovarlo e salvarlo, erano quasi 1 su 100, insomma parliamone, aveva usato le luci di posizione dell’auto e l’alfabeto morse per mandare un messaggio mentre lo portavano alla villa. Un messaggio che doveva essere recepito da qualcuno in grado di leggerlo, e questo qualcuno doveva essere abbastanza scrupoloso da chiamare il numero nel messaggio, il Numero di Jack. 
Troppe variabili e troppo poco tempo.
La vista gli si offuscò e ondeggiò pericolosamente sul posto.
Faticava a respirare nonostante la maschera non fosse più premuta contro il suo viso e i suoi polmoni lottavano in maniera disperata per riempirsi di ossigeno fin che ne avevano la possibilità
Era troppo stanco per accorgersi del trambusto che riecheggiava nella villa, del rumore di elicottero o degli uomini di El Noche che si affrettavano a lasciare la sala con le pistole in pugno. 
Del viaggio per tornare a casa, lui ricordava poco o nulla.
Ricordava la voce gentile di Jack, che forzava un sorriso mentre tagliava le restrizioni e lui crollava contro il suo petto esausto, riconoscendolo solo dal profumo familiare che era un misto tra il Texas e polvere da sparo.
Ricordava Jack che lo supplicava, in un angusto divano di un aereo, di tenersi la maschera con l’ossigeno, un tocco così gentile rispetto a quello degli uomini di El Noche.
“Mac, per favore.”
La voce di Jack, tremava leggermente, mentre con appena un po’ di forza gli bloccava le mani, per impedirgli di strapparsi la flebo e la maschera. 
“Piano Mac, respira.”
“J-Jack.” La voce debole.
“Si, sono io, ti ho trovato.”
Mac annuì prima di crollare di nuovo. 
 L’avvelenamento da azoto era infido. 
Ti faceva sentire euforico, su di giri, fin che non ne respiravi troppo. A quel punto il mal di testa e la nausea ti rovinavano la festa.
Il ricordo di lui che vomitava praticamente sulle scarpe della divisa TAC di Jack, gli balenò in mente, costringendolo ad arrossire.
L’ex-Delta non si era scomposto, piuttosto lo aveva avvolto con un braccio sostenendolo, mentre con quello libero gli scostava ciuffi biondi dalla fronte sudata e pallida sussurrando parole rassicuranti. 
Un asciugamano comparso da nulla, era stato usato per pulirgli le labbra secche.
Tutti quei frammenti lo raggiunsero tutti in una volta, lasciandolo confuso e stordito.
“Guarda chi è tornato tra noi. Perchè sei con noi vero Mac?” La voce di Jack trasudava ansia e preoccupazione. 
La War Room era piacevolmente illuminato e al contrario di come si presentava di solito cioè confusionaria e piena di gente era silenziosa e tranquilla un tocca sana per il suo mal di testa. 
Annuì, stropicciandosi un occhio soprassedendo sui lividi violacei e arrabbiati che spiccavano sulla pelle diafana.
“Dovremmo trovare una scusa plausibile per Bozer. Amico quei lividi fanno pensare a notti sfrenate.” 
A Mac sembrò non importare dell’allusione di Jack.
“Cosa...cosa è successo?”
“Da dove vuoi che inizi Mac? Da te che evadi di prigione con El Noche, passando per la parte in cui vieni torturato o...?”
Mac sbuffó.
“Puoi passare direttamente alla parte in cui mi salvi e torniamo a casa?”
“Mettiti comodo amico, ci vorrà un po’.”
E Mac rise.
Probabilmente quella missione avrebbe lasciato qualche segno, oltre ai lividi, ma niente che qualche settimana di terapia e Jack che si sistemava a casa sua per un po’ per non perderlo di vista, non avrebbero sistemato.
 
   
 
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