It’s a kind of magic
The bell that rings inside your mind
Is challenging the doors of time
It’s
a kind of magic
It’s a kind of magic
A
kind of magic, Queen, 1986
Tutto
era iniziato nel 1870, quando aveva seguito le lezioni
dell'illusionista John Maskelyne.*
Da
quel momento, Aziraphale si era appassionato alla nobile e millenaria
arte della prestidigitazione e delle magie da palcoscenico. Aveva
acquistato innumerevoli testi e manuali che riportavano con dovizia
di particolari e illustrazioni dettagliate tutti i trucchi che un
vero mago avrebbe dovuto saper eseguire e passava le notti ad
esercitarsi nel retro della sua libreria.
Era
un modo come un altro per ammazzare il suo tempo infinito, un hobby
nel quale l'angelo si impegnava a fondo e che avrebbe desiderato
poter perfezionare tanto da arrivare, un giorno, ad esibirsi davanti
a un pubblico che rimanesse attonito e ammagliato dalla sua
incredibile performance. Chissà, forse il futuro gli avrebbe
riservato perfino l'onore di intrattenere nientemeno che Sua Maestà
la regina Vittoria, la quale, si diceva in giro, mostrava uno
spiccato interesse per le arti magiche.
Nel
giro di un paio di mesi, i numeri con le carte da gioco e le monete
non avevano più segreti per lui, o almeno così la pensava
Aziraphale secondo la sua visione molto ottimistica.
Era
giunto il momento di mettersi alla prova con qualcosa di nuovo e più
avanzato. E così un giorno l'angelo salì su una carrozza e si fece
portare al negozio di animali, dove comprò un coniglietto bianco e
un trio di colombe che arruffarono le piume e sembrarono molto
contrariate all'idea di lasciare il loro trespolo per essere infilate
a forza in un'angusta gabbia di ferro e portate via da quell'uomo.
Una
volta tornato alla libreria, Aziraphale si mise a consultare una
delle sue preziose guide cartacee e scelse un paio di numeri da
sperimentare con i suoi nuovi assistenti che, per dirla tutta, non si
rivelarono molto collaborativi.
Alla
fine di quel pomeriggio, il poveretto si ritrovò tutto sudato e
ansimante al centro di un vero e proprio disastro: c'erano piume
bianche ovunque ed escrementi sparsi qua e là. Le colombe avevano
tentato più volte la fuga e l'angelo aveva avuto il suo bel daffare
per riacchiapparle, tanto più che queste lo beccavano in
continuazione e gli rivolgevano occhiate sdegnose. Il coniglietto era
quasi soffocato nel doppiofondo sotto il tavolo in attesa di apparire
nel cilindro e ora si rifiutava di scendere dalla mensola sopra la
quale si era rintanato, al sicuro tra due grossi volumi polverosi.
Aziraphale
rimediò a quella devastazione con uno schiocco di dita, dopodiché
si sedette in poltrona con un sospiro frustrato.
Come
primo tentativo non era stato poi un granché. Ma se tutti i più
grandi illusionisti e prestigiatori del mondo si fossero arresi al
primo fallimento, non sarebbero mai diventati famosi. No, non poteva
arrendersi così. Ci avrebbe riprovato il giorno seguente e quello
dopo ancora, fino a padroneggiare pienamente quei trucchi.
In
realtà, trascorse un mese intero prima che l'angelo riuscisse a
collezionare qualche successo. C'erano stati anche un paio di
trascurabili “incidenti”
ai quali Aziraphale aveva posto rimedio ricorrendo a qualche piccolo
miracolo di resurrezione. Le colombe e il coniglio sembravano ormai
essersi rassegnati al loro destino e si sforzavano di assecondare
quel buffo uomo che li costringeva a fare cose assurde e, dal loro
punto di vista, assolutamente degradanti. Tutto sommato, era anche
molto premuroso quando si trattava di prendersi cura di loro e non
gli faceva mai mancare cibo e attenzioni amorevoli.
Un
giorno, Aziraphale decise che i tempi erano maturi per inserire un
nuovo elemento di difficoltà nei suoi spettacoli solitari, ovvero la
presenza di un pubblico.
Ci
pensò su e stabilì che, forse, avrebbe fatto meglio a cominciare
con un unico spettatore, qualcuno che potesse esprimere un giudizio
imparziale sulla sua performance e magari dargli dei consigli per
migliorarla. Un amico, insomma, o almeno qualcuno che si avvicinasse
il più possibile a quella definizione.
I
suoi pensieri corsero immediatamente a Crowley e il sorriso sicuro
s'incrinò sulle sue labbra. Erano trascorsi otto anni da quando
avevano litigato a St. James Park a causa della folle richiesta del
demone. Non si parlavano da allora ma forse quella era proprio
l'occasione giusta per riallacciare i rapporti e passare oltre.
Inviò
una lettera a Mayfair nella quale chiedeva al demone di recarsi da
lui per una “questione urgente” non meglio specificata e attese
qualche giorno con le dita incrociate, sperando che Crowley
raccogliesse il suo invito nonostante le loro passate divergenze.
Le
sue aspettative non vennero deluse perché il demone bussò alla sua
porta la settimana seguente, picchiettando sul legno con un bastone
da passeggio dall'impugnatura d'argento a forma di testa di serpente.
Quando
Aziraphale aprì, ci fu un istante di imbarazzo durante il quale
nessuno dei due riuscì a trovare qualcosa di adeguato da dire ed
entrambi decidettero di tacere nella speranza che fosse l'altro a
dare avvio alla conversazione.
L'impasse
venne superata quando l'angelo si rese conto della sua scortesia nel
lasciare l'ospite in piedi sulla soglia, per di più durante
l'imperversare di un temporale, e lo invitò con calore ad entrare.
-
Allora, di che si tratta, angelo? Nella lettera hai menzionato una
questione urgente. - disse Crowley, il tono di voce appositamente
modulato da apparire sufficientemente noncurante ma non privo di una
punta di insofferenza che facesse capire ad Aziraphale che egli non
aveva affatto dimenticato la loro discussione di otto anni prima.
-
Ehm, in realtà... forse “urgente” è una parola un po' forte. -
-
Non dirmi che mi hai fatto venire fin qui per una delle tue
sciocchezze! -
Aziraphale
alzò le mani. - Calma, calma, Crowley. Vorrei solo che mi facessi un
piccolo favore. Si tratta di una cosa molto importante per me e che
non ti costerà nulla. -
I
lineamenti del demone si contrassero in una smorfia di disappunto. -
E perché io dovrei accontentarti facendoti questo favore quando tu
invece, otto anni fa, ti sei categoricamente rifiutato di farne uno a
me? -
Aziraphale
sospirò. - Si tratta di una cosa completamente diversa. Tu mi stavi
chiedendo di procurarti dell'acqua santa, contravvenendo a tutte le
regole della mia fazione e mettendo a rischio la tua stessa vita, io
invece ti chiedo solamente di farmi da spettatore e poi dirmi
sinceramente cosa ne pensi. -
L'espressione
stizzita di Crowley si trasformò in sorpresa mista a curiosità. -
Farti da spettatore? Ma di che stai parlando? -
L'angelo
non poté evitare di arrossire un poco. - Ecco, è da un po' di tempo
che mi sto dedicando alla prestidigitazione e all'illusionismo e
credo di essere diventato piuttosto bravino, ma non mi sono mai
esibito davanti a qualcuno, prima d'ora. Mi piacerebbe che tu fossi
il mio primo spettatore. -
-
Prestidigitazione? Illusionismo? -
-
Sì, hai presente quegli spettacoli in cui gli umani fingono di
compiere magie davanti ad altri umani? -
-
Lo so benissimo, angelo. Quello che non capisco è perché perdere
tempo in queste cose quando, se volessi, potresti esercitare i tuoi
poteri sovrannaturali e lasciare a bocca asciutta qualsiasi mago
umano da strapazzo. -
Aziraphale
fece spallucce. - Non sarebbe divertente. -
Crowley
scosse la testa davanti a quell'incomprensibile atteggiamento.
-
Allora? Vuoi farmi da pubblico o no? - incalzò l'angelo.
-
Ma sì, perché no? Quantomeno mi farò quattro risate. - rispose
Crowley, caustico.
Aziraphale
gli fece cenno di seguirlo nel retro, dove aveva allestito una sorta
di palcoscenico amatoriale con tanto di sipario e una comoda
poltroncina di velluto per il demone proprio di fronte.
Crowley
prese posto, tolse il cappotto, il cappello e i guanti, appoggiò il
bastone da un lato e si mise comodo, in attesa dell'inizio dello
spettacolo.
Aziraphale
si recò dietro una tenda e qualche secondo più tardi ne uscì con
addosso una strana giacca di satin blu notte con qualche applicazione
luccicante qua e là e un cappello a cilindro nero sottobraccio.
Si
mise davanti a un tavolo sul quale erano sparsi diversi oggetti:
mazzi di carte, grandi anelli di metallo, una bacchetta di legno
verniciata di nero lucido e una gabbia vuota.
Nella
stanza regnava una studiata penombra, rischiarata solo da qualche
candela e, occasionalmente, dal chiarore dei lampi.
Aziraphale
si schiarì la voce con fare solenne. Aveva letto che la
presentazione iniziale era il trampolino di lancio per conquistarsi
l'attenzione del pubblico e creare la suspense necessaria.
-
Benvenuti, mesdames et monsieurs. Oggi è il giorno in cui
tutte le vostre certezze vacilleranno e il confine tra sogno e realtà
vi parrà null'altro che un sottile filo di fumo. Tutto ciò che,
fino ad ora, avete ritenuto impossibile si realizzerà magicamente
davanti ai vostri occhi pieni di meraviglia e stupore. -
Fece
una pausa teatrale, gli occhi spalancati come a voler sottolineare le
ultime due parole. Crowley dovette ricorrere a tutta la sua forza di
volontà e a una discreta dose di autocontrollo per non scoppiare a
ridere.
-
Oggi, - riprese l'angelo con la stessa voce ieratica. - sarete
testimoni di avvenimenti che andranno al di là della vostra
comprensione e che non avreste osato immaginare neanche nelle vostre
fantasie più bizzarre. Oggi, conoscerete... la Magia! -
Aziraphale
allargò le braccia come a voler salutare una platea immaginaria e
Crowley dovette riconoscergli un'ammirevole convinzione, anche se il
suo primo impulso fu di portarsi la mano al volto e nascondersi per
l'imbarazzo. Lo stava facendo sul serio?!
L'angelo
lo fissò con una certa insistenza e, a un tratto, il demone capì
che si aspettava che lui applaudisse in onore della fine del
discorso. Abbozzò un tiepido battito di mani decisamente privo di
entusiasmo ma ciò sembrò bastare ad Aziraphale, il quale s'inchinò
profondamente prima di afferrare il mazzo di carte.
-
Come potete vedere, signore e signori, questo altro non è che un
comunissimo mazzo di carte. -
A
testimonianza di quanto aveva appena detto, Aziraphale lo sfogliò
rapidamente, mettendone in mostra l'assoluta mancanza di
particolarità.
-
Ora sceglierò uno di voi e gli domanderò di estrarre una carta
qualunque e poi di rimetterla nel mazzo, avendo cura di non farmela
vedere. Volete farmi questo onore, signore? -
Crowley
alzò gli occhi al cielo mentre l'angelo gli si avvicinava con il
mazzo di carte tra le mani. Ne scelse una a caso, le diede una rapida
occhiata per poi reinserirla tra le sue sorelle.
Aziraphale
fece roteare le carte con movimenti che, teoricamente, avrebbero
dovuto risultare fluidi e ipnotici ma che in realtà parevano
piuttosto impacciati.
-
La vostra carta è... questa! - disse trionfante, mostrando al demone
un due di cuori.
Crowley
scosse la testa in segno di diniego e Aziraphale assunse
un'espressione perplessa. - No? Be', allora potrebbe essere...
questa! -
Di
nuovo, il demone fece cenno di no e un lieve sconforto iniziò a
segnare il viso di Aziraphale.
-
Ok, allora la terza volta è quella buona. La vostra carta è... -
Ma,
mentre tentava di mischiare il mazzo, questo gli sfuggì dalle dita e
una pioggia di carte si riversò sul pavimento.
-
Oh, accidenti! -
Non
andò molto meglio quando passò ai trucchi con le monete. Crowley
non credette neanche per un momento che l'angelo gli avesse estratto
un penny dall'orecchio.
-
Ce l'avevi in tasca. - affermò, deciso.
-
No, no! Era vicino al tuo orecchio. - protestò il “mago”.
-
Non è mai stato vicino al mio orecchio. -
Aziraphale
sospirò e tornò al tavolo, da cui prese la coppia di anelli di
metallo che, secondo il suo manuale, avrebbe dovuto dapprima unire e
poi separare, ovviamente senza aprirli.
Ci
mise tutto l'impegno e la concentrazione che poté, ma, dopo essere
riuscito chissà come ad incatenarli l'uno all'altro, non ci fu più
verso di scioglierli.
Ormai
al limite della pazienza e dello scoramento, Aziraphale cercò di non
perdersi d'animo e si giocò il tutto per tutto puntando sui numeri
con gli animali, nei quali si era esercitato a lungo nell'ultimo
mese.
Crowley,
dal canto suo, non si divertiva più ad osservare l'amico fallire in
ogni impresa magica. Anzi, iniziava a sentirsi a disagio e
dispiaciuto per quella serie di umiliazioni alle quali l'angelo si
stava sottoponendo. Avrebbe voluto dire ad Aziraphale di lasciar
perdere, di smettere con quel siparietto, che non valeva la pena di
continuare a ricoprirsi di ridicolo, ma temeva, in quel modo, di
abbatterlo ancora di più.
Fu
una disfatta su tutta la linea: le colombe, evidentemente rese
nervose dal temporale (o magari dalla presenza di un demone nella
stanza), non ne volevano sapere di stare ferme e di lasciarsi
infilare nella manica di Aziraphale, così finirono per riempirlo di
beccate. Il coniglietto, terrorizzato dal fragore di un tuono, si
divincolò dalle sue mani e, con un salto formidabile e degno di una
molla, atterrò in grembo a Crowley, che lo prese al volo.
-
Oh! Basta! Ci rinuncio! - fece Aziraphale, crollando su una sedia,
esausto. - Non sono tagliato per fare il mago. -
Crowley
diede una rassicurante grattatina dietro alle orecchie al povero
coniglio che tremava ancora tra le sue mani. Come poteva dirsi
perfettamente d'accordo con quell'affermazione senza ferire i suoi
sentimenti? Ogni traccia di livore nei suoi confronti per quanto
accaduto nel 1862 era svanita, sostituita da una reale pena per
quella batosta alla sua autostima.
-
Ehm, magari ti serve solo un po' più di pratica. - azzardò, per
niente convinto.
Aziraphale
gli scoccò un'occhiata torva. - Non ci credi neanche tu. -
La
piccola palla di pelo candido gli si acciambellò sulle gambe e,
all'improvviso, Crowley ebbe un'idea per risollevare il morale
dell'amico.
-
Senti, perché non vai a prendere un paio di bicchieri di vino e poi
magari potresti ritentare l'ultimo numero. Che ne dici? -
L'angelo
alzò le spalle, scoraggiato, ma seguì comunque il suggerimento di
Crowley.
Il
demone approfittò del fatto che Aziraphale fosse di spalle per
sussurrare rapidamente qualcosa alle lunghe orecchie del coniglietto,
per poi rimetterselo sulle ginocchia.
In
effetti, dopo qualche sorso di Château Lafitte, l'angelo parve più
incline all'idea di un secondo tentativo, e sperò che la sorte fosse
dalla sua parte.
Crowley
gli passò lo sventurato coniglio che ebbe un fremito quando finì
nuovamente tra le dita grassocce di Aziraphale ma rimase
insolitamente calmo.
L'angelo
costrinse Crowley a voltarsi mentre disponeva ogni cosa per la
riuscita del numero, dopodiché gli diede il permesso di tornare al
suo posto e si preparò allo show, la fronte aggrottata per la
concentrazione.
Mostrò
a Crowley l'interno del cilindro rovesciato e il demone poté
constatare che, in effetti, esso era completamente vuoto, poi afferrò
la bacchetta di legno e gli diede un colpetto mormorando un'assurda
formula magica inventata di sana pianta.
Due
orecchie pelose fecero immediatamente capolino dal cilindro, seguite
da un paio di zampine, due occhietti neri e intelligenti e lunghi
baffi sottili che incorniciavano un nasino rosa.
Aziraphale
fissava l'animaletto a bocca aperta e stentava a credere che il
numero fosse effettivamente riuscito senza il minimo intoppo.
-
Ehm, angelo? - fece Crowley. - Non sono un esperto, ma non dovresti
dire qualcosa a questo punto? -
-
Oh, sì! Ma... ma certo! -
Aziraphale
sollevò il coniglietto con delicatezza e fece come per offrirlo
orgogliosamente agli sguardi della platea. - Ed ecco a voi Harry, il
leprotto! -
Crowley
non poté trattenersi dal sorridere, felice che l'amico avesse
ritrovato la fiducia in se stesso. Poco importava se non sarebbe mai
diventato un grande prestigiatore.
Era
ormai tardo pomeriggio, e, dopo aver fatto onore a un altro paio di
bicchieri di vino, Crowley s'incamminò verso la porta, accompagnato
da Aziraphale, ora decisamente più allegro.
-
La prossima volta potrei esibirmi in un numero di escapologia appeso
a testa in giù in una gabbia di vetro piena d'acqua e con le manette
ai polsi, che ne dici? -
Il
demone lo guardò, allarmato.
-
Rilassati, caro, stavo scherzando. - ridacchiò Aziraphale. - Ma non
smetterò di esercitarmi con le carte e le monete. -
-
Come vuoi, ma per il prossimo spettacolo vedi di trovarti qualcun
altro come spettatore. Io ho chiuso con questi trucchetti umani da
due soldi. È stato imbarazzante, se proprio vuoi saperlo. Anche se
devo ammettere che quell'ultimo numero con il coniglio e il cilindro
ti è riuscito proprio bene. -
L'altro
sollevò un sopracciglio, severo. - Crowley, lo so che sei stato tu.
-
-
A fare cosa? -
Aziraphale
gli lanciò uno sguardo da: “Non fare il finto tonto. Lo sai
benissimo.”
-
Non eri tenuto a farlo, ma grazie. È stato molto gentile da parte
tua. -
-
Ancora quella parola! Lo sai che non la sopporto! Quante volte devo
dirtelo?! - sbottò il demone.
-
Va bene, va bene. Scusa. -
Crowley
gli scoccò un'occhiata d'avvertimento, dopodiché s'infilò il
cappotto, i guanti e il cappello, afferrò il bastone da passeggio e
uscì dalla libreria. Il temporale era ormai passato anche se il
cielo sopra la gloriosa Londra Vittoriana era plumbeo come il fumo
prodotto dalle fabbriche disseminate per la città.
-
Ci vediamo in giro, angelo. - disse Crowley sollevando mollemente una
mano in segno di saluto mentre si allontanava.
Aziraphale
sorrise richiudendo la porta e pensando che, dopotutto, la vera magia
della giornata era consistita nel risanamento della loro amicizia.
*Questa informazione è presente nel libro ma non è stata inserita nella serie TV.