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Autore: Tatystories    21/08/2019    1 recensioni
Maya è una ragazza come tante che però deve fare i conti con una sedia a rotelle, con un vicino fastidioso e con una realtà celata nella sua memoria che si ripete fin dai tempi più antichi e che prevede la lotta del bene contro del male, di Madre Natura contro Caos e di cinque Elementi contro forze oscure e diaboliche. Passione, magia e mistero...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Maya dobbiamo andare. Sei pronta?
- Si mamma, arrivo.
Sono passate quattro settimane dal giorno in cui ho ricominciato a camminare. Non dimenticherò mai cosa successe quella sera e non mi riferisco solo al fatto di essermi liberata della carrozzina. Quella sera ho ritrovato la mia memoria e ho scoperto la verità: io sono Terra e sono uno dei cinque cavalieri di Madre Natura. Dopo averlo capito Fuoco mi ha spiegato perché siamo stati svegliati dopo tanto tempo. La terra è percossa da manifestazioni catastrofiche ben diverse da quelle concesse naturalmente da nostra madre, tali da mettere in pericolo l’intero pianeta e con esso la sopravvivenza di tutti i suoi figli. Pian piano la foschia in cui la mia memoria era immersa si è schiarita mostrandomi ogni attimo nel corso delle epoche in cui Madre Natura ci ha chiesto di intervenire per salvare il mondo e chiudere Caos nella sua gabbia infernale. Nonostante ciò rimangono dei vuoti, momenti sbiaditi e sensazioni sopite, avvolte in una fitta nebbia intorpidita, per lo più sono legate a Fuoco o agli attimi immediatamente successivi alle battaglie finali. Ma tutto il mio essere è concentrato su altre emozioni, di quella sera non dimenticherò mai la bocca e le mani di Lukas il cui tocco ha lasciato segni indelebili sulla mia pelle che anche a distanza di settimane scuotono il mio animo. Quella sera è stata anche l’ultima volta in cui ho visto Lukas. Quando ho capito cosa era successo davvero l’ho cacciato e gli ho chiesto di non farsi mai più rivedere, anche se so che non è possibile perché dovremo affrontare questa minaccia insieme.
Quella sera dopo la presa di coscienza di chi fossi mi sono sentita viva e potente. Ero nuda di fronte a lui, ma nessun imbarazzo perché sapevo di essere nella mia forma più giusta, è così che sono nata ed è così che il mio potere si manifesta nella sua forma più potente. Non provavo vergogna o pudore davanti a Lukas, sentivo di essere me stessa, fiera e bellissima, potente e giusta. Nonostante questo però il languore non cedeva il posto alla fierezza e il desiderio di stare con Lukas non cessò di possedere la mia anima. Mi avvicinai e girai intorno al suo corpo lasciando che mi rimirasse, la temerarietà che provavo in quel momento era invincibile e dominante. Ero pronta a donarmi completamente, sfacciata e impudente. Ero così piena di me stessa da esser certa che lui provasse lo stesso desiderio e mi volesse esattamente quanto io volevo lui, ma non era così. Lukas bloccò la mia danza discinta prendendomi per un polso, pensavo volesse afferrarmi per trascinarmi a sé e baciarmi senza vergogna e senza fine, quello dicevano le fiamme dei suoi occhi, quello diceva il rantolo del suo respiro e quello diceva il suo corpo eretto e fiero, ma quello non fu ciò che accadde.
Raccogliendo da una sedia la mia vestaglia e porgendomela, mi disse:
- Maya… scusa, Terra, devo dirti una cosa.
Il tono mi confuse, sebbene non avesse ancora ripreso la sfumatura normale, ma il respiro fosse ansimante e accelerato, aveva una traccia di freddezza che mi disarmò a tal punta da sentire tutto l’imbarazzo della situazione. Io nuda e bramosa e Lukas completamente vestito e ansioso di parlare piuttosto che di baciarmi. Mi avvolsi la vestaglia e mi accomodai sul letto per ascoltare quello che aveva da dirmi, non senza rabbia.
- Madre Natura mi ha chiesto di risvegliarti perché il male che sta investendo il nostro mondo è di origine terrena, nasce dalle viscere della terra e solo tu hai il potere per fermarlo, io ho il compito di aiutarti e proteggerti. Sarà la nostra Signora a decidere se e quando richiamare anche Aria e Acqua. È per questo motivo che sono qui. Dobbiamo andare al suo cospetto, solo così sapremo cosa ci aspetta e quali altri ordini dovremo seguire.
Le sue parole mi frullavano nella mente, si mescolavano, si scontravano, ma non riuscivano a darsi pace. Poi l’illuminazione!
- Quali altri ordini hai ricevuto fino ad ora?
Un dubbio, un sospetto, infido e terribile se confermato.
- Dovevo risvegliarti Terra…
- Perché non lo ha fatto direttamente Madre Natura? Come ha fatto con te.
Tentenna, non può rispondermi o forse non vuole, ma alla fine deglutisce, abbassa lo sguardo e lo rialza.
- Solo io posso farlo.
-In che modo?
Sapevo già la risposta, ma volevo che lo ammettesse, volevo che la stessa bocca che aveva succhiato con l’inganno il mio seno, ammettesse il tradimento.
- Sei la più umana e terrena tra di noi, lo sei sempre stata e certamente ad ogni risveglio lo diventi sempre di più. Sei la più passionale, la più materiale, la più ancorata alla vita umana e alle sue emozioni. Non c’era altra scelta, non avevo altra scelta. Perdonami.
Ero furibonda, umiliata e indignata, ma soprattutto decisa a fargliela pagare. Mi sono alzata dal letto lasciando cadere la vestaglia a terra, ho percorso il breve spazio che ci divideva e mi sono piazzata di fronte a lui, abbastanza lontana perché mi potesse vedere in tutta la mia determinazione, ma abbastanza vicina perché non gli sfuggisse il languore del mio corpo. Il furore si rivelò sulla mia pelle che si accese come illuminata dal sole ed emise delle scosse violente che si proiettarono sia a terra che nell’aria. Lukas fu investito da queste onde che lo scaraventarono dall’altra parte della stanza.
- Terra calmati, devi controllare il tuo potere… calmati.
Persi il controllo, continuai ad alimentare le onde con la rabbia mettendo in pericolo l’intera casa fino a quando Lukas non si lanciò su di me placcandomi a terra. Tutto finì in un lampo, il potere rientrò nel mio corpo e la terra smise di tremare ed io ero di nuova nuda tra le braccia di Lukas. Questa volta non permisi alla lussuria di prendere il sopravvento e rotolai via. Mi rannicchiai vicino al letto e gli sussurrai di andarsene, di lasciarmi sola e di non farsi rivedere mai più. Lukas si rialzò e voltandomi le spalle uscì dalla mia stanza e dalla mia vita.
- Maya forza o farai tardi il giorno della tua maturità! La commissione non aspetta…
Mia mamma ha ragione, continuo ad indugiare su ricordi penosi. Non ho più visto Lukas dopo quella serata. Non ho fatto domande, ma un paio di giorni dopo l’accaduto ho sentito una conversazione tra Grazia e mia madre e ho scoperto che è partito, ma che tornerà presto. So che dovremo rivederci, abbiamo una missione, ma gli sono grata per avermi lasciato del tempo per capire chi sono e cosa voglio. Sono ancora furiosa per il modo in cui sono stata trattata e ancor di più lo sono con Madre Natura per aver dato a Fuoco un compito così ingiusto nei miei confronti. La mia vita nel frattempo procede regolarmente. Quella sera oltre ad aver scoperto la mia vera identità, ho anche riacquistato la completa capacità motoria. Fin dal momento in cui Lukas ha riacceso i miei sensi ho capito che ero guarita, guarita dalla mia paura. Il giorno seguente l’ho comunicato anche ai miei genitori, è stata una scena commovente e non dimenticherò mai le lacrime di mio padre.
 Mamma e papà erano in cucina per la colazione, gli sforzi della serata precedente mi avevano lasciato senza energia e avevo dormito fino a tardi. Decisi di non passare nemmeno un giorno in più su quella carrozzina e mi presentai in cucina sulle mie gambe. La porta della cucina era socchiusa e sentivo il vociare dei miei genitori fin dal corridoio. Stavano discutendo sulla serata e non si trovavano d’accordo sulla necessità di rivelare a Fabiola della sua incapacità in cucina, dopo tutto era una buona amica e si impegnava sempre tanto per sorprenderli. Diedi un paio di colpi di tosse prima di aprire la porta della cucina, non volevo spaventarli. Subito si voltarono aspettando di vedermi entrare sulla carrozzina, quando al contrario mi videro camminare sulle mie gambe si alzarono di scatto rovesciando le sedie e le tazzine del caffè fortunatamente già vuote. Non un respiro, non un fiato e nemmeno un gridolino, solo meravigliose lacrime di gioia. Quando finalmente lo stupore lasciò il posto alla gioia corsero verso di me facendomi mille domande, fortunatamente senza aspettarsi delle risposte. Non gli importava come o perché, ma solo che fossi tornata a camminare. Persino mia madre che per inclinazione e lavoro cerca sempre la ragione di ogni fatto e di ogni scelta si arrese alla gratitudine e alla semplice felicità. Stessa faccia e stesse lacrime per Chicco, che come spesso accadeva era passato da casa per accompagnarmi al liceo. Nemmeno lui mi fece domande, riuscì solo ad esclamare:
  • Era ora… per i miei gusti c’hai messo fin troppo tempo.
E poi una delle sue meravigliose risate e il suo abbraccio così famigliare, ma che da tempo era stato sostituito per necessità fisiche.
Oggi è tutto diverso, oggi devo concentrarmi su un'unica cosa, oggi è il gran giorno, finalmente mi diplomerò e nonostante sono certa di voler mantenere viva la mia umanità, non vedo l’ora di chiudere questo capitolo della mia vita.
- Maya sei bellissima, lo sapevo che quel completo avrebbe esaltato la tua carnagione. Da qualche tempo sei più bella del solito.
Un paio di settimane fa è arrivata a casa eccitata come una bambina che ha appena ricevuto il suo primo lecca-lecca e ha spalancato la porta della mia camera. Aveva il fiatone in parte per la corsa e in parte perché aveva più o meno dieci sacchetti tra le mani. Era uscita con Grazia e Fabiola, rispettivamente mamma dei gemelli e sorella di Lukas e mamma di Chicco, per un pomeriggio di shopping e il risultato erano quelle buste colorate piene di ipotetici vestiti per il giorno del mio diploma. Non me la sentii di ricordarle che ero grande e potevo scegliermi gli abiti da sola, credo che sia una cattiveria togliere ad una madre queste piccole gioie che a noi figli costano poco sacrificio, ma che a loro regalano piccole perle di gioia insostituibili.
Uno dei sacchetti conteneva biancheria intima di vari colori e modelli, slip, reggiseni, canottiere, body. Mia madre aveva letteralmente svaligiato il negozio, la domanda sorse spontanea:
- Mamma, pensi che dovrò spogliarmi all’esame?
- No, ma se dovesse capitare sarai pronta e bellissima.
E parlava con un tono talmente serio che per un attimo pensai mi proponesse uno spogliarello per alzare il voto.
- Dai Maya, sto scherzando. È da un po’ che volevo rifarti il guardaroba dell’intimo, indossi ancora gli slip con i coniglietti che ti ha regalato la nonna… sei una donna e mi sembra giusto che tu abbia biancheria da donna.
(Meno male che Lukas mi ha trovato nuda in quella doccia!)
Tutto sommato devo darle ragione, sono sempre stata una fanatica degli abiti comodi, in particolar modo ciò che stava sotto gli abiti lo deve essere tassativamente. Quella famosa volta in cui io e Chicco ci spogliammo uno di fronte all’altro portavo giusto un paio di quelle mutande con i coniglietti rosa e sebbene Chicco non avrebbe mai osato farmelo notare, non devo essere stata particolarmente sexy. Se non altro con Lukas ero già nuda… ok, questo pensiero è molto meno divertente dal momento che adesso conosco il motivo per il quale mi trovavo nuda tra le sue braccia e non ha nulla a che fare con il mio sex appeal o con l’attrazione fisica. Gli altri sacchetti contenevano rispettivamente una tuta intera color mogano molto elegante con relativo giacchino di pelle rosso, un completo giacca e gonna lunga fino al ginocchio con un’irriverente spacco laterale e calze di pizzo, pantalone a palazzo a vita alta abbinato ad una maglia a collo alto senza maniche e nell’ultimo sacchetto la mia vera passone in contrasto con la mia politica “abiti comodi”, ma senza dubbio un vezzo tutto femminile. Un paio di scarpe con il tacco: decolleté rosse. Non sono mai mancate nemmeno quando ero obbligata sulla sedia a rotelle, ma la sensazione - ovviamente - non era la stessa. Dalla scelta della scarpa avevo intuito che la sua preferenza si spostava sulla tuta intera abbinata alla giacca di pelle, ma mi fece davvero piacere che non mi imponesse il suo gusto, ma mi lasciasse scegliere tra diverse tipologie di outfit che comunque aveva precedentemente approvato. Tecniche da psicologa, ma ormai ci sono abituata e ci casco solo se voglio cascarci e quella volta mi andava bene così, però ho giocato anche io alla psicologa dei poveri e mi sono tenuta il segreto. Non le ho detto cosa avrei indossato quindi appena scenderò saprà se le sue manovre hanno funzionato.  
In questo momento è in trepidazione sulla porta di casa con le chiavi in mano e la borsa a tracolla pronta per accompagnarmi al liceo per il mio esame. Peccato che siano solo le otto e il mio esame non sarà prima di mezzogiorno. Quando ieri sera mi ha comunicato a quale orario saremmo usciti ho preferito non discutere. Lei sostiene che è importante che ascolti le interrogazioni dei miei compagni prima del mio turno per farmi un’idea di quello che mi aspetta e per incanalare l’ansia in concentrazione e determinazione. Come si può competere con una filosofia così lineare, non si compete, si svicola. Ho deciso che ascolterò solo parzialmente il suo consiglio. Mi presenterò presto a scuola, farò una abbondante colazione al bar appena fuori e con calma, dopo aver ripassato mentalmente la mia tesina, andrò in aula per ascoltare un paio delle mie compagne. Di certo voglio esserci per l’esposizione di Mia e di Chicco che sono appena prima di me. Ho però chiarito a mia madre di starmi ben lontana, non la voglio a scuola fino a quando non sarò io a chiamarla per dirle che ho finito. L’ho minacciata che se la vedrò in aula o nel raggio di almeno un chilometro da essa non darò l’esame. Non è cattiveria la mia, è solo sopravvivenza. Conosco mia madre e per quanto bella, grintosa e di successo, piangerebbe come un vitello. È la donna più forte che io conosca, quando c’è un problema o una situazione difficile è sempre in prima linea, ma dopo l’incidente con me è diventata un agnellino impaurito e qualsiasi prova o esperienza io debba affrontare diventa motivo di ansia. Per questo motivo oggi non la voglio al mio esame. Ci tengo a fare bella figura e mi sono a lungo preparata per coronare cinque anni di studi con un bel voto, non ho nessuna intenzione di farmi turbare da gridolini di gioia o lacrime di commozione.
Esco dalla camera e non appena sono visibile sento un’esclamazione e un fischio.
  • HOHOHO!
È di mia madre che gioisce quando vede che ho scelto la tuta intera mogano sbracciata con la giacca di pelle rossa abbinata alle scarpe rosse. Il fischio successivo invece è di mio padre che stamattina ha chiesto un’ora di permesso solo per salutarmi e per farmi il suo personale in bocca al lupo.
- Maya sei davvero bella ed elegante. Mi sono innamorata di questo completo appena l’ho visto in vetrina, ma addosso a te è decisamente perfetto. Il colore si abbina con i toni dei tuoi capelli e il rosso ti dona quell’aria sofisticata che ci vuole in queste occasioni. Sono certa che andrà tutto benissimo.
Le prime lacrime stanno già formando un laghetto nei suoi occhi celesti, devo fermarla o contagerà anche mio padre e io non resisterò a lungo. Saluto mio padre con un bacio, prendo mia madre per il braccio e la trascino verso la macchina. La spingo sulla seduta del guidatore e mi accomodo accanto. Il tragitto è breve, in venti minuti siamo già a scuola. La abbraccio e le accarezzo il volto, le assicuro che andrà tutto benissimo e che la chiamerò non appena avrò terminato. È paradossale che sia io a confortare lei, ma glielo devo. Dopo l’incidente se non avessi avuto la sua forza a sorreggermi sarei precipitata nel baratro della disperazione e anche quando i dottori insistevano dicendomi che non c’era motivo per non tornare a camminare non ha mai insistito, ma ha atteso che trovassi da sola il modo per risollevarmi da quella dannata sedia a rotelle. Certo che se sapesse come sono riuscita a trovare la forza per farlo forse avrebbe qualcosa da ridire, ma preferisco non pensarci, non sono ancora del tutto indifferente al discorso “Lukas” e vorrei evitare di agitarmi proprio oggi.
Scendo e continuo a salutarla agitando la mano fino a quando non la vedo svoltare l’angolo, poi mi dirigo verso il bar. Sono un po’ goffa perché ho con me la cartelletta con tutte le tavole selezionate per l’esame, la tesina rilegata ad opera d’arte e una scatola di cartone bianco al cui interno si trova una piccola scultura in gesso per il professore di arti plastiche e scultoree. Dopo scienze naturali è la mia materia preferita ed il professore mi ha aiutata a preparare questo modello che riprende la copertina della tesina. Il bar è stranamente vuoto, durante l’anno brulica di studenti a tutte le ore. Mi piace molto e lo preferisco a quello interno alla scuola, si chiama Arnold’s in onore al telefilm Happy Days che andava in onda negli ’70. Ha il tipico stile “tavola calda americana”: tendine a scacchi verdi che coprono solo la metà inferiore della finestra, divanetti in pelle marrone usati per separare i tavoli in legno grezzo, rivestimento perlinato alle pareti, un finto jukebox e persino le bandiere dei college americani creano un ambiente unico e intimo. Scelgo il mio tavolo preferito, mio e di Chicco, quello nell’angolo in fondo, vicino al jukebox. È particolarmente appartato e perfetto per rivedere gli appunti o chiacchierare senza essere visti e uditi, perché si trova in posizione protetta rispetto al resto dei tavoli e c’è un piccolo separè in legno che lo isola acusticamente. Mi accorgo che è occupato solo quando sono già lì, chiedo scusa e mi guardo intorno per scegliere un altro tavolo. La persona seduta al mio posto alza lo sguardo e mi offre di accomodarmi lo stesso.
- Io sto per andarmene, ho solo altri dieci minuti. Se intanto vuole accomodarsi le prometto che non la mangio… e cercherò di non disturbarla.
Sono un po’ imbarazzata, non so esattamente il motivo, ma la sua voce mi ha fatto venire i brividi. Lo guardo con più attenzione, è più giovane di quello che avevo pensato di primo acchito. Trent’anni o forse anche meno. È stato il suo completo elegante ad ingannarmi. Di taglio perfetto, quasi disegnato sul suo corpo che mi scopro a rimirare con apprezzamento. È un tipo atletico, su questo non ci sono dubbi, raffinato e affascinante, ma ha anche qualcosa di misterioso e un poco diabolico. Sembra piuttosto alto e ha tratti vagamente orientali, occhi scuri affilati come quelli dei gatti e folti capelli neri. Il suo viso è un ovale perfetto e la pelle è leggermente abbronzata e liscia come la seta, cosa che non posso sapere perché non l’ho toccato, ma ne sono assolutamente certa lo stesso. Le spalle sono larghe, dritte e fiere, sa il fatto suo e ricopre sicuramente un ruolo di potere. La parte che però mi colpisce di più sono le sue mani: gradi, con lunghe dita affusolate che promettono passione e protezione. Sta leggendo il giornale che è appoggiato sul tavolo, con una mano lo tiene fermo, mentre con l’altra sorseggia il suo cappuccino, scommetto che ha voluto la cannella, quasi riesco a percepire il suo sapore e il suo odore. Sono completamente impazzita, non so nemmeno chi sia questa persona e gli ho appena fatto un screening completo utile solo per suggerirmi quanto speziata devono essere le sue labbra e quanto possenti le sue mani.  Mi ritrovo ad accettare l’offerta quasi senza accorgermene e mi siedo sul divanetto opposto senza smettere di fissarlo.
- Le ho promesso di non disturbarla, ma se continua a guardarmi così dovrò necessariamente ricambiare la cortesia.
Che imbarazzo! Ma perché lo sto fissando in questo modo? Non è certo il primo bell’uomo che incontro nella mia vita! Accampo una scusa, la prima che mi viene in mente.
- Chiedo scusa, mi sembrava di conoscerla, ma certamente mi sbaglio.
Sono stata brava?
- Non credo proprio, mi ricorderei del suo viso… e anche di tutto il resto.
Questa volta è lui che mi fissa come se fossi un pasticcino. Forse dovrei alzarmi e andarmene. Un uomo decisamente più grande di me ha appena fatto un apprezzamento poco appropriato e mi ha squadrato come se volesse mangiarmi, anche se mi aveva appena assicurato di non volerlo fare. Ma non posso e non voglio. Rimango seduta e tralascio la sua provocazione nella speranza di ritornare ad ignorarci come avremmo dovuto fare fin dall’inizio e come nessuno dei due è riuscito a fare.
Ordino un caffè doppio, una spremuta d’arancia e una brioche liscia con la granella. Non ho fatto colazione e prima di affrontare l’esame voglio avere lo stomaco pieno. 
Oh cielo! L’esame! 
Per un attimo me ne ero scordata! È prestissimo, ho tutto il tempo. Prendo la tesina perché è perfettamente inutile ripassare le altre materie, ormai quel che è fatto è fatto, ma posso riguardare l’ordine di esposizione dei vari punti del mio lavoro. Non credo mi daranno molto tempo per esporlo, devo quindi essere molto brava a sintetizzare senza tralasciare nulla. L’uomo dalle belle mani è distratto dai miei movimenti e mi sembra incuriosito dalla copertina della tesina. Effettivamente è davvero bella, quasi un’opera d’arte originale. Mi sento lusingata e decido di perdonargli quella piccola caduta di stile di poco fa. Comincio a sfogliarla e nervosamente farfuglio parole che mi ricordano date e fatti.
L’uomo si alza, ripiega il giornale e lo appoggio sul divanetto, scrolla la giacca per stirare le piccole pieghe che si sono formate e da un paio di colpi di tosse, immagino per attirare la mia attenzione. Non che ne abbia bisogno, ogni movimento di quelle mani ipnotizzano il mio sguardo e per quanto cerchi di concentrarmi sul mio lavoro, non posso fare a meno di osservarlo da sotto le ciglia con attenzione e curiosità.
- Piacere di averla conosciuta, ora la saluto, ho una commissione d’esame che mi aspetta.
Si volta e in cinque falcate ha attraversato il locale e superato la soglia d’uscita. Sebbene se ne sia andato aleggia nell’aria un permeante profumo di cannella che mi stuzzica le narici e mi fa venir voglia di leccarmi le labbra. Cerco di riprendere il contatto con la realtà e decido che è ora di andare in classe. Raggiungo la cassa, estraggo il portafoglio ma Vale, la barista che ormai è anche un'amica, mi fa segno di metterlo via. Forse vuole offrirmi la colazione, sa che oggi ho l’esame di maturità.
- Grazie Vale, ma non devi, davvero...
- Non devi ringraziare me, ma il tuo ammiratore…
- Di chi parli?
- Del tipo che sorseggiava un fantastico cappuccino alla cannella!
Non ci credo! Ma come è possibile? Quando lo avrebbe fatto? Non si è mai alzato durante i nostri dieci minuti di silenzio e poi si è diretto speditamente all'uscita. Glielo domando. Vale alza le braccia in segno di resa.
- Prima ancora che tu arrivassi aveva già pagato il suo cappuccino più un caffè doppio, una spremuta d’arancia e una brioche liscia con la granella.
Sono davvero davvero sconcertata, ma non ho il tempo per soffermarmi su questa sensazione. Devo andare a scuola, ho perso fin troppo tempo per colpa di quello sconosciuto dalle belle mani. Entro in aula giusto in tempo, Mia è ancora in piedi e sta facendo i saluti di rito stringendo la mano ad uno dei professori. Dalla mia posizione non lo vedo, ma per esclusione credo sia il professore di arti plastiche e scultoree. E’ l’unico che non riconosco. Mi volto per salutare con lo sguardo Chicco che è seduto un paio di sedie dietro la mia. nell'istante esatto in cui do le spalle alla cattedra i muscoli della mia schiena si ritraggono obbligandomi a spostare il bacino in avanti, percepisco un tocco, no è meno, è uno sfioramento. Prima è sul collo che automaticamente si piega di lato illanguidito, poi è sulle spalle e infine si posa sui fianchi che percorre con più energia. Ho la pelle d’oca e mi sfugge un gemito. Sono mani delicate, ma potenti, forti... sono le sue mani, lo so con certezza. 
Mi volto di scatto e lo vedo. Vedo l’uomo che mi ha squadrato come fossi un cioccolatino, che mi ha ipnotizzato con le sue mani, che mi ha offerto la colazione, ma soprattutto che sapeva quando sarei arrivata in quella caffetteria e cosa avrei ordinato molto prima che io stessa lo avessi deciso. Lui mi fissa, ma distolgo lo sguardo per cercare le sue mani. Non le vedo, sono nascoste sotto la cattedra, ma so che sta facendo qualcosa di pericoloso perché mi sento percorsa ormai su tutto il corpo e i brividi diventano sempre più intensi. fisso il vuoto e mi concentro usando il mio potere per allontanare quell'intrusione bramosa cercando però di non illuminarmi come l’ultima volta. Ce la faccio, avverto lo sfioramento ritrarsi. Torno a guardarlo, sta sorridendo più con gli occhi che con quella bocca sfrontata, ha incrociato le mani sopra la cattedra e lentamente le avvicina alle labbra, quasi volesse accarezzarle. Ma chi diavolo è? 
Provo a chiederlo alla mia vicina di sedia.
- E’ il sostituto del professor Pedroni di discipline plastiche. Ieri pomeriggio ha avuto un incidente e si è rotto una gamba.
- Ma come si chiama?
- Dai! Non lo riconosci. È Nike, promessa della scultura moderna, laureato con due anni d’anticipo. Le sue opere sono richieste in ogni galleria che si rispetti. È qui solo perché è amico del dirigente e gli ha fatto questo favore dell’ultimo minuto. 
   
 
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